Eduardo Scarpetta-miseria E Nobilta

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I

Eduardo Scarpetta

MISERIA, E NOBILTA A cura di

SIRO FERRONE

FABBRI EDITORI

Nota

MISERIA E NOBILTÀ (1887-88)

© 1990 Giulio Einaudi editore S.p.A., Torino © 2002 RCS Collezionabili S.p.A., Milano sulla presenre collana IL GRANDE TEATRO DI EDUARDO DE FILIPPO Pubblicazione periodica serrimanale Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 645 del 19 novembre 2002 Direrrore responsabile GIANNI VALLARDI

Iscrizione al ROC richiesra In coperrina: foto di Luca De Filippo

Eduardo Scarpetta nacque da una famiglia della media borghesia napoletana il 13 marzo 1854 nel popolare quartiere di Toledo. Il padre lo condusse precocemente a teatro (al San Carlino dove si esibiva il grande «pu!cinella» Antonio Petito e ai Fiorentini dove si rappresentava il teatro 'serio'), facen­ dogli conoscere anche molti attori. La grave malattia e la mor­ te del genitore ('68) obbligarono il ragazzo a lasciare gli studi e a cercare lavoro: che trovò naturalmente sul palcoscenico, all'età di soli quattordici anni, interpretando parti di «servi­ torello». Cominciò cosi la sua carriera teatrale, passò poi da una compagnia all'altra finché nel'70, rappresentando per la prima volta il perso~io di Felice Sciosciammocca, a cui sa­ rà legata la sua popolarltà, ottenne una scrittura dall'impresa­ rio del San Carlino. Costui lo invitò a scrivere riduzioni dia­ lettali dal teatro francese e italiano, e anche farse, una delle quali (Quinnece salde so' cchiu assai de seimila lire) fu portata al successo dallo stesso Perito nel '76. In seguito alla morte del Petito e dell'impresario, il San Carlino dovette chiudere (' 77) e Scarpetta si trovò nella ne­ cessità di dare vita a una formazione propria, nonostante le difficoltà che gli procurarono i raggiri di molti impresari e la bizzarria dei guitti. Vide la sua fama consolidata da comme­ die come Don Felice maestro di calligrafia del '77 (poi intitola­ ta Lu curaggio de nu pumpiere napulitane) facendosi applaudi. re, oltre che a Napoli, anche a Roma e a Milano (dove recitò, con Ferravilla ed Emma Ivon, Nu milanese a Napule nel 1880). Finalmente, dal 1880 al 1884 poté realizzare il suo so­ gno: riaprire il glorioso San Carlino con un repertorio che aboliva la recitazione a soggetto e le maschere, con una com· pagnia tutta nuova e bene addestrata, con allestimenti.,punti­ gliosi e degni del repertorio in lingua piu collaudato. E la ri· forma del teatro popolare napoletano fondata sul secolare me· stiere degli attori e sulla pratica scenica, organizzati secondo l'ordine di strutture drammaturgiche ricavate dalla commedia borghese. Del resto gli stessi soggetti (quelli originali come quelli desunti per riduzione e traduzione da testi francesi o italiani) hanno ocr tema l'osservazione del comico oronrio al­

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SIRO FERRONE

l'interno della borghesia. Tra le opere che in questo periodo destarono grandi entusiasmi: La presentazione di una compa. gnia comica ('80), 'O scarfalietto, tratto da La boule di Meil. hac e Halevy, e Tre pecore viziose da Le procès Veaurardier di Hennequin ('81). Non mancarono le polemiche, soprattutto con i colleghi come il bravo Gennaro Pantalena che piu volte abbandonò e ricercò la collaborazione di Scarpetta; anche la critica si divise nel giudizio sulla «napoletanità) scarpettiana a cui contrappose spesso un uso piu colto e letterario della tra­ dizione dialettale popolare (Di Giacomo, Torelli, Verdinois), altri cercarono di tradurre i testi di Scarpetta in italiano: la compagnia Belli Blanes, nel 1881, mise in scena al Teatro Sannazaro Bebè ammogliato ricavato dalla scarpettiana Tetilo

'nzurato.

Dopo la chiusura del San Carlino (che fu anche demolito), Scarpetta tentò con sfortuna l'accostamento a generi piu so­ fisticati di commedie, forse indotto anche dal particolare am­ biente in cui si trovò ad operare, il Teatro dei Fiorentini. Ma gli applausi tornarono con la ripresa del suo genere: Li nepute de lu sinneco ('85), rielaborazione di una fischiata operetta (La nottefatale) che circolava in quei giorni ed era a sua volta la ri­ duzione da un vaudeville francese; l'originale Miseria e nobiltà ('88); 'Na santarella ('89), ricavata da M.lle Nitouche di Meil. hac e Millaud, e culmine dci suo successo con centodieci repli­ che consecutive a Napoli e piu di cento rappresentazioni in tutta Italia, per non parlare delle numerose imitazioni e riela­ borazioni che suggeri. Furono questi gli anni trionfali di Scar­ petta che tuttavia continuò a vagare da un teatro all'altro del­ la sua città, a compiere interminabili tournées (durante le quali meritò le lodi di Tommaso Salvini e rinsaldò l'amicizia con Ferravilla di cui fu ancora partner sui palcoscenici milane­ si), resistette alle defezioni di molti attori che non sopporta­ vano l'interpretazione monarchica che egli dava del ruolo di capocomico, vinse la crescente concorrenza degli altri teatri partenopei (in questo periodo il Pantalena collaborò con To­ relli, per una riduzione da I mariti, e con Di Giacomo, di cui interpretò il dramma Malavita). Il declino cominciò solamente dopo il '90, quando l'aper­ tura a Napoli del Salone Margherita, presso la Galleria Um­ berto I, segnò la nascita del nuovo genere del «varietà) e del café chantant. Il suo istintivo sperimentalismo e la smania di successo lo spinsero a provare anche lui questa strada, ma sen­ za molta fortuna. Ritrovò raramente le ovazioni di un tempo, non raccolse consensi neanche quando riprese (dal '98 al

NOTA

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1902) un'attività stabile presso il Sannazaro; ma fece ancora parlare di sé con una parodia dannunziana, Il figlio di forio (1904), che gli procurò un processo per plagio e contraffazio­

ne. Lo difesero Giorgio Arcoleo e Benedetto Croce; furono

dalla parte dell'accusa Roberto Bracco e Salvatore Di Giaco­

mo. Vinta la causa, si ritirò non ancora vecchio dalle scene

(1909),lasciando la compagnia al figlio Vincenzo, a cui impo­

se la continuazione del personaggio prediletto di Felice Scio­

sciarnrnocca. Fino alla morte (avvenuta il 29 novembre 1925)

fu salutato, nella sua villa vesuviana intitolata «La Santarel­

lu, come il padre dci teatro napoletano moderno.

Protagonisti di Miseria e nobiltà sono Felice Sciosciam­ mocca, l'amante Luisella, il figlio Peppeniello, e poi ancora Pascale, la moglie Concetta, la figlia Pupella: vivono in una «camera squallidissima» (I atto), patiscono la fame, sono mi­ nacciati di sfratto, sopravvivono a forza di pegni. Costoro (tranne Pepj>Cniello e Luisella) organizzano, per conto del marchesino Eugenio, un imbroglio che potrà almeno sfamarli

per qualche ora: dovranno travestirsi da nobili, fingersi pa­

renti del giovane e chiedere per lui la mano di Gemma, figlia

di Gaetano, un ricco borghese. Nel salotto di quest'ultimo si svolge (II e III atto) la commedia dentro la commedia, con equivoci e colpi di scena che ricordano le pochades francesi. Si determina cosi un groviglio di equivoci, scambi di persone, sotterfugi, in una catena ininterrotta di situazioni teatralissi· me fino all'agnizione generale e conclusiva. Il tema è lo stra· volgimento comico (e anche grottesco) a cui i popolani sono costretti prima dalla fame e poi dal travestimento; la spia piu vistosa è il linguaggio che oscilla fra il dialetto (nel I atto, ne­ gli 'a parte', nelle scene di baruffa, nei dialoghi interni al mondo popolare) e un italiano ibrido, convenzionale, ipercor­ retto e di maniera. La conclusione avviene in virtU di una rete di matrimoni che sanzionano l'inglobamento della miseria e della nobiltà all'interno dell'area borghese impersonata dalla famiglia dell'arricchito e stupido Gaetano. Solo Luisella, amante irregolare di Felice, rimane estranea allieto fine. Gli altri hanno intravisto la fine della miseria proprio nel mondo dei «putecari) (bottegai) contro cui aveva imprecato Felice; lo stesso aveva detto (II, 7): «Neh? lu pezzente che nce campa a fa'? .. Il mondo dovrebbe essere popolato di tutti nobili. .. 'Tutti signori, tutti ricchi! ... Pezziente film nce n'avarriene da sta'L .. Eh? ... E se nun nce starriene pezziente, io e Pascale sarrieme muorte... )

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VIII

NOTA

Rappresentata per la prima volta il 7 gennaio 1887 al Tea­ tro del Fondo con il figlio di Eduardo Scarpetta (Vincenzo) nella parte di Peppeniello, la commedia ebbe presto molte re­ pliche al Valle di Roma e al Manzoni di Milano (dove raccolse le lodi dell' autorevole Ferdinando Martini); ancora nel set­ tembre del 1910 Maksim Gorkij assisteva a una sua rappre­ sentazione al Teatro Mercadante di Napoli. Testo ricorrente nei repertori delle diverse compagnie dialettali napoletane (nella parte di Peppeniello debuttò lo stesso Eduardo De Fi­ lippo), fu ripreso nel 1940 dalla Compagnia del Teatro di Raf­ faele Viviani e nel 1956 tradotto in francese da Jacques Fab­ bri. Si ricordano inoltre alcuni films: uno con lo stesso Scar­ petta ('14); uno diretto da Gaetano D'Errico, con Virgilio Riento e Vincenzo Scarpetta ('4 I); un altro interpretato da Totò per la regia di Mario Mattoli (' 54). Vittorio Viviani rica­ vò dalla commedia un libretto per opera comica, musicato da Jacopo Napoli (prima edizione: ' 46; seconda: '64). Le opere teatrali di Scarpetta furono pubblicate, di volta in volta, da editori napoletani. Una serie cospicua fu avviata prima dal Pironti (Napoli 1909- I I) e poi dal Gennarelli (N a­ poli 1922), ma la piu antica raccolta fu opera del De Angelis (Napoli 1876). La prima edizione di Miseria e nobiltà, a detta dello stesso autore, è quella prefata da G. Bovio, Pierro, Na· poli 1900 (che qui riproduciamo). Due redazioni autografe (del 1887 e del 1888) sono conservate da Vittorio Viviani, mentre altri manoscritti originali delle commedie si trovano presso il nipote di Eduardo Scarpetta e presso Eduardo De Filippo che fu anche fondatore, nel 1955 al teatro San Ferdi· nando di Napoli, della cosiddetta «Scarpettiana», impegnata nel rammodernamento e aggiornamento delle commedie ori­ ginali: a questo proposito cfr. Quattro commedie di Eduardo e Vincenzo Scarpetla, a cura di E. De Filippo, Einaudi, Torino 1974·

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MISERIA ENOBILTÀ

SIRO FERRONE

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Atto primo Personaggi Gaetano, padre di Gemma e Luigino Marchese Ottavio Favetti Eugenio, suo figlio Pasquale Felice Concetta, moglie di Pasquale Luisella, amante di Felice Bettina, prima moglie di Felice e domestica di Gaetano Pupella, figlia di Concetta Giacchino Castiello . . di G V icienzo } servItOrI aetano . Btase Peppeniello, ragazzo di otto anni, figlio di Felice Due facchini che non parlano

La scena è in Napoli. Epoca presente.

Una camera squallidissima. Porta d'entrata in fondo. Ac­ costo all'uscio, a destra, uno strapuntino abballinato I con sopra una coperta e due guanciali. Alla prima quin­ ta a destra una finestra; alla seconda quinta, un uscio. Altro uscio a sinistra della prima quinta. Pili in là un canterano 2 sul quale sono ammucchiati alcuni utensili di cucina: un colabrodo, una pignatta', una graticola, ecc. A destra, scendendo la ribalta, una rozza tavola con sei sedie mezze spagliate ed una senza fondo. In fondo, a si· nistra, un catino e un bacile per terra. In un tiretto del canterano sono riposti un soprabito nero, due lenzuola di bucato e un grande fazzoletto a scacchi, colorato. A piè dellettuccio, sopra una sedia, è un piccolo braciere col fuoco spento. Su di un'altra sedia sono buttati un vecchio cappello e un vecchio scialle di donna.

Scena prima Concetta e Pupella, poi Luisella.

Concetta lavora la calza; Pupella è vicino alla finestra; entrambe sono sedute. Mammà, songo li quatte e mmeza, e papà nun se vede ancora; mo vide che facimmo lu stesso fatto d'aiere '. A n'ora de notte nce magnaieme nu ventre de puorco 2 cinche perzune. (Gridando) l' tengo famma', i' tengo famma!

PUPELLA

I. strapuntino abballinato: materassino arrotolato (d.l linguaggio marinare· sco). 2. canterano: mobile con grandi cassetti, adoperato per conservare la biancheria. 3. pignal/a: pentola rustica. I. aiere: ieri. 2. ventre de puorco: ventresc.. 3. famma: fame.

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EDUARDO SCARPETTA

(alzandosi) Haie ragione, figlia mia, haie ra· gione, tu me sparte' lu core, ma che aggio da fa' io pu­ verella? Mannaggia quanno maie me iette a spusa' a chiIIu disperatone! Me fosse rotte li gamme primme de i' ncoppa a lu municipio '! Da che m'aggio spusato a isso, sto passanno nu sacco de guaie! Mo nc' ha cumbi­ nato chist'auto piattino '. Steveme sule de casa, e cheIlu ppoco che teneveme, nce lu sparteveme a magna' nuie suIe, puteveme sfuca' na chiacchiera senza che nisciuno nce senteva; a maggio truvaie sti doie cammere e se vu­ lette auni" cu ch'iII'auto disperatone de don Felice, ma stasera la faccio fernuta, vi'! '. PUPELLA Oh! po sa' che ve dico, mammà! Avisate a la mugliera de don Felice che nun me ncuitasse l0. CONCETTA Chi mugliera?

PUPELLA Comme chi mugliera? Donna Luisella!

CONCETTA Ah! già, mugliera! (CheIla è la nnammurata).

Pecché, che è stato? PUPELLA Aissera io steva affacciata a la fenesta, aspettan­ no quanno passava chiIIu giovinotto che va pazzo pe me. Tutto nzieme venette essa e se mettette ad alluc­ ca' ", dicenno che nun steva bene a fa' ammore da cop­ pa a la fenesta. CONCETTA Vh! teh, teh, ha fatto scrupolo 12 donna Lui­ sella! E chello che fa essa sta bene? E po tu si' figlia a me, haie da da' cunto sulo a me dinto a sta casa e a ni­ sciuno chili! (Luisella esce) Vuie vedite addo' nce steva aspettato stu guaio "! LUISELLA Mo avite ditto buono donna Conce', overo che avimmo passato lu guaio, e me parene miII'anne che pas­ sene sti quatte mise... Ne voglio fa' miglia IC, Mamma mia, e che gente disperate e superbe! CONC~TTA Nuie si vulimmo essere superbe, nun avimmo da da' cunto a nisciuno' Pe riguardo po a disperazione, vuie nun putite parla'... CONCETTA

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MISERIA E NOBILTÀ

Sempe cchili disperate de nuie state! Eh, avite ragione, che v'aggio da dicere? Me l'aggio da piglia' sulamente cu chillu sfurcato U che m'ha miso a chesto. Ma va' trova qua' iuorno de chiste lO, fer­ nesce malamente dinto a sta casa! CONCETTA Gue'l1! Donna Luise', tu senza che faie la guappa lO, fernesce malamente, e nun fernesce malamen· te, nuie nun simme fatte gente de miezo a la strata l', che ghiammo truvanno de fa' chiasso... '" Zitto zitto te piglie la rrobicella toia, e te ne vaie, sa'! LUISELLA Me piglio la rrobicella e me ne vaco? Donna Conce', io credo che staie cu li pazzieIIe ncapo! li. Ve ne iate vuie, ma no nuie. PUPELLA No, ve ne iate vuie, pecché papà facette l'affitto, isso firmaie. LUI SELLA Neh? E lu patrone de casa pecché nce la dette? Pecché Feliciello facette lu garante... chillo piezzo de stupito! Intanto mo lu patrone de casa avanza cinche mesate, e voglio vede' chi li caccia" sti denare. Isso ha da penza' primme a me spigna' li pigne "', e specialmente l'anieIlo cu li turchine" che me lu mpignaie pe ve fa' magna'. CONCETTA E io lu ssapeva che a chesto aveveme asci'''! L'anieIlo cu li turchine! ... Comme avesse ditto stu gran· ne oggetto, n'aneIluccio tutto strutto '., che nun saccio quanto pesaie. ChiIIu povero mpignatore pe me da' cin­ che lire, nce vulette la mano de lu Cielo! LUI SELLA E che vulite, io chillo oggetto teneva, a la fine na sarta era, e chellu ppoco d'oro me lu faceva cu la fa·

tica "... Si avesse fatto l'ammore io pure cu nu signori· no... (marcato).

PUPELLA Mammà, l'ave cu mmico? ".

CONCETTA (Ma tiene mente! ". Chesta comme vo' ncuita'

la gente!) Gue', donna Luise', si figliema fa l'amore cu

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PUPELLA LUISELLA

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sfuggito alla forca. 16. va' trova qua' iuorno de chiste: chis­

sà che un giorno di questi (va' trova: va a trovare, chissà; qua' iuorno: quale

giorno). 17. Gue', esclamazione di meraviglia. 18. Rllappa: camorrista,

4· sparte: dividi, spezzi. ,. Mannaggia: imprecazione popolare equivalen. qui usato nel senso estensivo di «sfrontata» (dallo sp. Ruapo). 19. Rente de

te a «maledetto!» (da «male ne abbia! ») 6. i' ncoppa a lu municipio: an­ miezo a la slrata: gente triviale, volgare. 20. Rhiammo... chiano: andiamo

dare fino 'al municipio (per sposarsi). 7. chist'auto piattino: quest'altro a cercare la confusione. 2I. staie cu li pazzielle ncapo: stai scherzando. brutto affare (lett. «piallino» è il vassoio con cui gli ambulanti raccoglie_ 22. caccia: tira fuori. 23. spiRna' li piRne: riscattare gli oggetti depositati vano il denaro per la loro questua). 8. auni': unire. 9. fernuta, vi': fini­ al banco dei pegni. 24. turchine: turchesi (pietre p=iose). 2'. aveveme

ta, guarda! IO. ncuitasse: che non mi faccia inquietare. I l. allucca': gri. asci': dovevamo uscire, arrivare. 26. strutto: consumato. 27. fatica: la­

dare. 12. ha fatto scrupolo: è diventata scrupolosa. 13. addo'... stu Rua­ voro (fatica': lavorare). 28. l'ave cu mmico?: ce l'ha con me~ 29. tiene

io: che guaio ci si preparava. 14. Ne vORlio fa' miRlia: ne voglio vivere altri mille di mesi. mente!: guarda!

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EDUARDO SCARPETTA

nu signorino, nce fa l'ammore onestamente, e tu nun si degna de parla' de 'sta guagliona, sa', pecché li fatte tuo­ ie se sanno. LUI SELLA Donna Conce', li fatte mieie so' chiare, e parla comme haie da parla', si no te rompe la capa! CONCETTA A me me rumpe la capa? Vattenne, zantra­ glia lO! LUISELLA Uht vi' chi parla! Ma che, te si scurdata che frateto è solachianiello li? PUPELLA Uh! Zi' zio è solachianiello, neh mammà? ... CONCETTA Nun le da' udienza, figlia mia, chillo fa le scar­ pine de raso a tutte li ballarinole de San Carlo ", e quan­ no s'annommena a Masto Mmalora nun se passa cchili nnanze". LUI SELLA Oh, chesto è overo, chillo fa buone affare cu li ballarine... CONCETTA Luise', statte zitta, si no ogge te tiro tutte li capille da la capa. LUISELLA Tu a chi tire li capille, a chi? (Gridando). CONCETTA A te! a te! (Gridando). PUPELLA A te! Si, a te! (Gridando. Di dentro suona il campanello) . CONCETTA lo chiacchiere nun ne faccio, me piace de fa' li fatte. LUISELLA E io pure, donna Conce', perciò pe tutto di­ mane, vedimmo de nce spartere, si no succede brutto! (Pausa, di dentro suona di nuovo il campanello). PUPELLA Mammà, 'a porta! (Tutte e tre seggono) (Chi­ sto pò essere che è don Felice, nun lu voglio arapi'" (alla madre). CONCETTA (E io manco voglio i' arapi', pecché si è chillo assassino de maritemo, comme stongo mo, le chiavo JJ nu muorzo appena lu veco!) (Altro squillo di campanel­ lo di dentro). LUI SELLA 'A porta nun la sentite?

CONCETTA E ched'è, nce stamme sole nuie dint' a la casa?

PUPELLA Va arape tu.

31. fralelo è solachianello: tuo fratello è ciabat­ 32. baI. larinole de San Carlo: ballerine del San Carlo; fu il piu celebre teatro mu· sicale napoletano, costruito nel r737 da Carlo di Borbone. ospitò anche spet· tacoli di danza e una scuola statale di ballo a partire dal 1812. 33· nun se passa cchi'; nnanze: non si va piu avanti, non c'è niente di meglio. 34. 30. xanlraglia: servaccia.

tino (cfr. anche «soreta», ~mammeta»,
arap;': aprire.

3'. le chiavo: gli caccio.

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lo nun voglio arapi', pecché pò essere che è lu marito vuosto, e io nun songo la serva soia! PUPELLA Ma pò essere pure don Felice? LUI SELLA E pò essere pure pateto, chi ne sape niente? CONCETTA Và arape tu, Pupe', nun mporta, và arape tu. PUPELLA (Haie ragione che po' essere papà, si no mo me muveval) (Via pelfondo; poi torna). CONCETTA (Si è Pascale, aggio da fa' revota'" la casa!) LUISELLA (Si è Felice, l'aggio da fa' fernuta!) PUPELLA (uscendo) Don Giacchino, lu patrone de casa. LUI SELLA Oh! CONCETTA È arrivato a tiempo!

LUISELLA

Scena seconda Don Giacchino e dette. (esce fregandosi le mani) Buongiorno.

Buongiorno.

Come state, state bene?

Eh! nun nc'è male.

Don Pascale nun c'è?

Nonsignore, ancora s'ha da ritira' '.

Mo so' li cinche manco nu quarto e ancora

s'ha da ritira'? CONCETTA Ancora s'ha da ritira'. GIACCHINO (a Luisella) E don Felice manco nce sta? LUI SELLA Nonsignore. GIACCHINO Eh! ma sapete, io nun pozzo i' e veni' conti­ nuatamente, io tengo gli affari miei! Dite ai mariti vo­ stri che me pagassero, si no nce ncuitammo seriamente, io avanzo cinque mesi di pigione, e non posso aspettare pili. LUI SELLA Queste sono cose che a noi non ci riguardano, rivolgetevi a chi ha firmato l'affitto. GIACCHINO Va bene, l'affitto l'ha firmato don Pasquale, ma vuie abitate cu isso?

GIACCHINO

CONCETTA GIACCHINO CONCETTA GIACCHINO CONCETTA GIACCHINO

36. revola': rivoltare. 1. ancora s'ha da ritira": deve ancora rientrare.

IO

EDUARDO SCARPETTA

Che c'entra? Sempe don Pascale ha da paga'.

Donna Conce', vuie sentite?

CONCETTA V'avarria da paga' don Pascale sempe che vuie

avisseve avuto fiducia de isso, ma vuie vulisteve lu ga­ rante, e per conseguenza il garante paga. LUI SELLA Lu garante ha da penza' pe me, e pe nu figlio che tene. CONCETTA Caspita! E tu lu cure assaie chillu guaglione, lu faie i' senza cammisa '! LUISELLA E che nce aggio da penza' io?! Nce ha da pen­ za' lu padre. Bastantamente' chello che l'aggio fatto. A la fine po nun m'è figlio a me, è figlio a la primma mu­ gliera. CONCETTA Osia, osia', a la vera mugliera!

LUISELLA Donna Conce', statte zitta, si no me faie passa'

nu guaio! CONCETTA No, lu guaio lu passo io! LUI SELLA No, lu passo io lu guaio! CONCETTA No, io! LUI SELLA No, io! GIACCHINO No, lu guaio l'aggio passato io! (Gridando) Vi' che bello affitto che facette! CONCETTA Don Giacchi', scusate che facimmo 'sti chiac­ chiere nnanze a buie? GIACCHINO Che me ne preme a me de li fatte vuoste! lo vengo per essere pagato, e non voglio chiti aspetta', che­ sta è l'ultima vota che so' venuto, mo m'assetto' ccà, e ccà faccio scura' notte'. Quanno véneno m'hanno da di­ cere chi ha da paga', altrimenti mi avvalgo dei dritti che mi accorda la legge: prima e seconda citazione, poi sen­ tenza, e poi sequestro! (Guarda in/orno) Eh! '" E che se­ questro ccà?! Chiste stanne cumbinate de chesta mane­ ra, nce so' ancappato iusto io! (Siede) Che porcheria! Vintidoie lire a lu mese ... Unnece lire pedono', Duie uommene che nun ponna caccia' unnece lire a lu mese! '" E nun vulimmo paga' li doie lire a lu guardaporta - e nonsignore non le pagate. Nun vulimmo caccia' nu sol­ do la sera pe lu lampione - e nun lu cacciate. Doie lire LUISELLA GIACCHINO

camm;,a: camicia. 3. Bastantemente: è già abbastanza. 4. Osi.: c'oe. ,. mJaJSftto: mi seggo. 6. laccio scura' notte: aspetto la notte. 7. Pedo­

2.

na: cìascuno.

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II

a lu mese nun li putimmo caccia' pe l'acqua de Serino', nce iammo a tira' l'acqua dinto a lu palazzo derimpetto­ fate come volete, nun cacciate manco 'sti doie lire, e ve facette chiudere lu rubinetto. Che altro doveva fare? ... So' proprio trufIatori. .. nun vanno paga'! LUISELLA Donna Conce', quanno vene lu marito vuosto, m'avite fa' spiega' che vanno di' chelli parole che m'avi· te ditto. CONCETTA Va bene, ve li facimmo spiega'. LUISELLA Pecché, capite, vuie site vecchia, e una eu buie nun se pò mettere. CONCETTA No, nun mporta che so' vecchia, quanno vuo' parla', parlammo. LUISELLA E va bene, stasera parlammo, e si chillu turzo' de mariteto se mette pe lu miezo, lu scommo de san­ go IO! (Via). CONCETTA Vattenne, seumme de sango! ... Tu nun haie fatto maie niente ... nun fa' la ricca de vocca \1! PUPELLA Va buono, mammà, fernitela ma! (Va alla fine­ stra). CONCETTA Vedite chi ave lu coraggio de parla'... Na po­ vera criatura de otto anne che la fa sta' senza cammisa! ... Chella, essa, nun l'è mugliera a don Felice... la vera mu­ gliera nun l'è morta ... Stanno spartute da seie anne! ... (A Giacchino). GIACCHINO Donna Conce', a me chesto nun me preme, io sto penzanno a li cinche mesate, lassateme sta'! PUPELLA E papà nun se vede! Mammà, io tengo famma, io tengo famma! CONCETTA Haie ragione, figlia mia, ma comme faccio? ... Don Giacchi', mprestateme cinche lire, dimane ve li dongo. GIACCHINO Niente, donna Concetta mia!!... So' asciuto cu duie centeseme dinta a la sacca. CONCETTA E va bene, isso non se ritira, e io ma vaco a fa' n'auto pigna (apre il tiretlo del comò). Stu soprabito niro e sti doie lenzole (fa un involto col fazzoletto). Pu­ 8. l'acqua de Serino: l'acquedotto di Serino, tra i piu antichi e famosi, co­

struito ai tempi di Augusto, cosi detto dal nome del territorio (di Serino ap­ punto) in cui si trovano le sorgenti del fiume Sabato, in provincia di Avei· lino. 9. turzo: torsolo, sciocco. IO. 114 scommo de sango: lo ricopro con una schiuma di sangue, l'ammazzo di botte. II. la ricca de vocca: la chiac· chierona.

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MISERIA E NOBILTÀ

EDUARDO SCARPETTA

pe', io ma vengo lesto lesto, porto miezo ruotolo 12 de maccarune pe nuie sole, doie custate, una a te e una a me, e nce magnammo tutte cose a la faccia lloro! PUPELLA (a Giacchino) A la faccia vasta! GIACCHINO A la faccia toia... e de mammeta! CONCETTA Tu pe tramente", Pupe', miette la caudara", e fa' volIere l'acqua. PUPELLA Si, si, ma faccio lesto lesto (via dalla prima quinta a sinistra). CONCETTA (si mette il cappello, e si butta sulle spalle lo scialle rappezzato che trovasi in iscena) Permettete, don Giacchi'! (Via pel fondo). GIACCHINO Fate, fate. Mamma mia, che gente, che dispe­ razione! ... E chiste camme me li dànno ciente e diece lire? ... Eh, camme me li dànno? ... E a me che me ne preme, nce hanno da pensa' lloro, si no pe la fine de 'stu mese le manna sequestro e sfratto! ... Vide ccà! ... Li segge 1.l spagliate, na caccavella 16 ncoppa a lu comò, nu vacile pe terra ... Gente sguaiata! gente sguaiata! ...

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Dovete sapere che io amo pazzamente la figlia di don Pasquale, Pupella, una vera pupatella', e per quella giovine, bellezza mia, farei qualunque cosa. GIACCHINO E cu papà come state, in pace o in urto? LUIGINO In urto, bellezza mia, sempre in urto! GIACCHINO E bravo! LUIGINO Due mesi fa, me pigliaie 1500 franchi da dentro a la scrivania, e me n'andai. Lui non disse niente, sola­ mente nun me va' ricevere piti in casa. GIACCHINO E avite ditto niente! LUIGINO No, ma quello fa cosi, e poi le passa. Sempre co­ si facciamo, bellezza mia! Quanno me servene denare io me li piglio e me ne vaco. Appena li ho finiti, o per mez­ zo di mia sorella, o per qualche amico che metto per lo mezzo, nce faccio pace... Mo, per esempio, bellezza mia, me so' rimaste quatte salde dinta a la sacca, dimane as­ solutamente aggio da fa' pace cu papà, bellezza mia. GIACCHINO E si dimane papà è tuosto J, e nun va' fa' pace, vuie camme magnate, bellezza mia? LUIGINO Eh! nun fa pace! ... lo ne so' sicuro, nce sta mia

sorella che lu cumanna a bacchetta. E po papà è ric­

co, bellezza mia! ... L'inglese quando mori, lasciò tutto

a lui.

GIACCHINO Chi inglese?

LUIGINO Camme chi inglese? Addo' isso steve pe cuoco!

GIACCHINO Ah papà era cuoco?

LUIGINO Sissignore, bellezza mia, e come, non lo sapete?

GIACCHINO Si, saccio qualche piccola cosa.

LUIGINO Sissignore, papà tre anni fa era cuoco, e io aggio

fatto tre anne lu sguattero cu isso.

GIACCHINO Ah! neh? (È stato tre anne impiegato cu lu

ministro de li finanze!)

LUIGINO Stava cu n'inglese ricchissimo, il quale non te­

nendo parenti, bellezza mia, non tenendo a nessuno,

quando mori lasciò tutto a papà... Me pare da 300 mila

lire.

GIACCHINO Ah! LUIGINO Si, pecché lu voleva bene camme a nu padre,

erano vinticinche anne che lu teneva, e poi senza pa­

renti.

LUIGINO

Scena terza Luigino e detto, poi Pupella. dentro) È permesso, bellezza mia? Chi è? Favorite. LUIGINO (fuori) Oh! chi vedo! Don Giacchino! E voi co­ me state qua, bellezza mia? GIACCHINO SO' venuto perché avanzo cinque mesate da due galantuomini che se fittarono stu quartino l mio; e vuie che ghiate facenno da chesti parte? LUIGINO Lo volete sapere? E io ve lo dico, bellezza mia, ma basta che non dite niente a nessuno, e specialmente a papà, bellezza mia! GIACCHINO Oh! nun nce penzate. LUIGINO (di GIACCHINO

ruololo: unità di misura corrispondente al peso di 33 onCllo e quindi a un chilogrammo. 13. pe tramente: intanto. 14. caudara: pentola. l'. segge: sedie. 16. caccavel/a: pignatta, pentola di terracotta. l. quartino: quartiere, appartamento. 12.

2.

pupalel/a: diminutivo di .pupata>: bambola.

sigente.

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3. tuosto: duro, intran­

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EDUARDO SCARPETTA

E bravo! Vi' che bella fortuna! LUIGINO Eh! solo questo? Oltre poi di questa fortuna, bellezza mia, papà tiene la figlia, mia sorella, che è pri­ ma ballerina di S. Carlo, e ogni stagione piglia cinque o sei mila lire... e capite, tanta denare po, bellezza mia, che n'hann'a fa'? GIACCHINO Oh! questo è certo, è buono che frusciate' voi qualche cosa, bellezza mia! LUIGINO Ma, don Giacchi', se vedete a papà, ve racco­ mando, non dite niente. GIACCHINO Oh, non dubitate; anzi, siccome domani nce aggio da i' pecché se vo' accatta" na casarella che tengo ncoppa a lu Vommero', se mi riesce, in discorso, met­ terò qualche buona parola per voi. LUIGINO E io vi ringrazio tanto tanto, bellezza mia! ... Vh! vene essa da chesta parte... Quanto è bella! ... Don Giacchi', le voglio fa' na sorpresa, non dite che so' venu­ to (si nasconde in fondo). GIACCHINO

Scena quarta Pupella e detti, indi Concetta. (con un ventaglio in mano) Aggio allummato I lu ffuoco e aggio mise la caudara. Me parene mille anne che vene mammà. LUIGINO (mostrandosi) Eccomi a te, bellezza mia! PUPELLA Isso! (Si nasconde il ventaglio dietro la schie­ na). Ma scusate, pecché siete venuto aceussl. .. tutto nzie­ me? ... (Che scuorno, si me vede lu ventaglio!) LUIGINO E che fa? .. forse ne avete avuto dispiacere, bel­ lezza mia? Ieri al giorno', se vi ricordate, vi feci segno che stamattina sarei salito... Se poi volete che me ne va­ do, io me ne vado. PUPELLA No, chesto, no ... ma capite... si avesse saputo... PUPELLA

4· frusciate: letto «fregate», quindi rubate. ,. accatta': comprare. 6. Vommero: Vomero, collina napoletana su cui sorse a partire dal 1889 un moderno quartiere residenziale. I. allummato: acceso. 2. al giomo: al mattino.

MISERIA E NOBILTÀ

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(Don Giacchi', pigliateve lu vèntaglio) (Gioacchino ri­ de e finge di non udire). Quanno na figliola sta sola, non è regolare che ricevesse nu giovinotto, e specialmente po quanno 'sta figliola nun sta prevenita J ••• pecché io saccio l'educazione, e saccio comme s'ha da ricevere nu signorino. (Don Giacchi', pigliateve lu ventaglio). LUIGINO Ma che educazione, ma che ricevere, tu stai sem­ pre bene, bellezza mia! lo son venuto per due cose: pri­ ma, per sentire da quella bocca se mi ami veramente, e poi, per parlare con mammà e con papà. Dunque, ri­ spondimi sulla prima cosa, bellezza mia. GIACCHINO (Vi' che bella figura sto facenno da ccà dere­ to' io!) PUPELLA Pe la primma cosa, mi pare che non ci sta nes­ suna difficoltà ... vuie avite pututo vede' se io ve voglio bene o no ... (Don Giacchi', pigliateve lu ventaglio). Ogne ghiuorno site stato n'ora fermato mmiezo a la strada, de rimpetto a la fenesta mia, e io, o chioveva' o faceva friddo, so' stata llà affacciata senza me movere. Pare che chesta sia na prova che ve voglio bene, e mo cchiu ve ne voglio, pecché aggio ntiso che vulite parla' cu mammà e cu papà. LUIGINO Oh! brava! brava chella Pupella mia! ... Ma per­ ché nascondi quelle belle manine? Fammene baciare una, bellezza mia! PUPELLA Oh! chesto po no, scusate ... quanno avite par­ lato cu mammà e cu papà, si loro vonno, ve la faccio vasa' '. GIACCHINO Eh! mi pare che sia regolare. LUIGINO È giusto, bellezza mia, e io ti giuro che farò tut­ to quello che vuoi tu. Ma perché tieni questa faccia COSI pallida? Forse è la passione che tieni per me, o ti afflig­ ge qualche altro pensiero? Parla! PUPELLA No, vedite... io sto sempe accussI. .. a li vvote tanto della faccia bianca che tengo se credene che io sto malata, mentre io sto benissimo! Non è vero don Giac­ chi'? GIACCHINO Ah, sicuro! ... (Don Luigi', chella se more de famma, la mamma è ghiuta a fa nu pigna pe le porta' duie maccarune e na custata!) 3. prevenita:

vasa'; baciare.

preavvertita.

4. dereto: dietro.

,. chioveva: pioveva.

6.

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EDUARDO SCARPETTA

(Voi che dite, bellezza mia?! ... Come quell'an­ gioletto si muore di fame? Possibile!) GIACCHINO (Se more de famma, bellezza mia!) LUIGINO (E io tengo quattro soldi! Già, che fa? Se non tengo denari, tengo credito per tutte le trattorie... Ma faccio venire il pranzo per quattro persone... macchero· ni, carne, polli, pesce, tutto! Quella ragazza non deve star digiuna!) GIACCHINO (Bravo! questo significa aver cuore!) (Entra Concetta). PUPELLA (~edendo la madre) (Ah! mammà, site venu­ ta?) CONCETTA (con l'int1olto del pegno) (Eh! so' benuta... Aggio trovata l'agenzia chiusa, chella chiude a li quat­ te). PUPELLA (E camme facimmo? ... Basta, stateve zitta, ccà nce sta chiUu giovinotto che me va' spusa'). LUIGINO Signora rispettabile... bellezza mia! GIACCHINO (E che!. .. poteva manca'!) LUIGINO Se mi trovate qui in casa vostra, è stato perché amo immensamente vostra figlia, ed essendomi assicu­ rato che lei pure mi ama, io senza perdere tempo, vi di­ co che la voglio sposare. CONCETTA Signore, questa vostra sollecitazione nel par­ lare, mi gonfia di gioia e di condoglianza. lo come ma­ dre non potrebbo dare una decisione concisa! All'infuori di me c'è puranche il padre, che sarebbe il suo genitore, sono certa però che anch'egli quando sentirà questa co­ sa ne avrà molta giubilazione. La ragazza avesse molta roba da portarle in dote, ma per le troppe disgrazie ca­ pitanate al padre, non tiene neanche il corriere. Come la vedete... la scrivete. Nella nostra casa non trovate al­ tro che buone viscere e dissonore 7! LUIGINO (Don Giacchi', vuie avite ntiso?) GIACCHINO (Ha fatta na bella parlata!) LUIGI NO (Me ne so' accorto!) Signora, io non voglio nien­ te, voglio solamente la ragazza. LUIGINO

7. buone viscere e diSJonore!: la risposta di Concetta contiene una serie di equivoci scmamici dovuti alla ipercorrez.one secondo l'italiano colto del parlato dialettale: roliecitazione per «sollecitudine.; condog.lianza per «contentezza»; concisa per « precisa »; All'infuori di per «oltre a ;i; giubila. zione per «
17

MISERIA E NOBILTÀ

Va bene, allora tornate domani, e parlate purto: col padre. LUIGINO Perfettamente! (Don Giacchi', ma li maccarune nun l'ha portate?) GIACCHINO (E io che ne saccio!. .. Ma ci domando io qual. che cosa). (Va da Concetta) (Donna Conce', vedite de combina', pecché chisto è figlio de n'amico mio ricchis­ simo ... Vuie iate dinto a lu nietto '!) CONCETTA (E camme! Ve pare? Sarria na fortuna!) GIACCHINO (Li maccarune non l'avite portate?) CONCETTA (Lassateme sta don Giacchi', aggio trovata l'a­ genzia chiusa!) GIACCHINO (Pure chesto!) (Si avvicina a Luigino e gli di­ ce) (Non ha pututo fa' lu pigna, ha truvata l'agenzia chiusa! ) LUIGINO (Sangue de Bacco, e si nun veneva io, camme facevano? Ma le manna tutte cose!) Dunque, signora, ci vediamo domani. CONCETTA Venite senza meno. LUIGINO Oh! vi pare!. .. Don Giacchi', VOi ve ne ca­ late? '. GIACCHINO E camme me ne calo, io aspetto a chilli llà, LUIGINO (Non ve n'incarricate lO, iammoncenne, domani vi pago io!) GIACCHINO (Veramente?) LUIGI NO (Qua la mano). GIACCHINO (Va bene!) Donna Conce' a rivederci, saluta­ temi tanto tanto a don Pasquale. CONCETTA E ched'è, nun 'o vulite aspetta' cchiu? GIACCHINO Non fa niente, torno un'altra volta - Stateve bene (via). LUIGI NO A rivederci, bellezza mia, e buon appetito! ... buon appetito! ... (marcato, e via). PUPELLA Grazie - Eh! ... Buono appetito! ... Ccà non nce sta speranza de magna'! ... Mammà, camme ve pare 'sto giovene? CONCETTA Eh, non c'è male, è nu simpatico giovinotto, e po, figlia mia, basta che te lieve da dinto a 'sta pezzen­ taria Il - Don Giacchino m'ha ditta che è figlio de n'a­

CONCETTA

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8. iale dinlo a lu niello: andate sul sicuro. IO. Non ve n'incarricate: non vi preoccupate.

9. ve ne calale?: scendete? pezzentaria: casa di pez­

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EDUARDO SCARPETTA

MISERIA E NOBILTÀ

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mica suio ricchissimo ... Sperammo a lu Cielo che faces­ se overamente ".

Scena quinta Luisella e dette, poi Pascale. (entra e va a vedere se c'è acqua nel catino) Ac· qua nun nce ne sta? CONCETTA Me pare che l'avite visto. LUI SELLA E camme se fa senz'acqua? lo sen!o sete! CONCETTA E ghiatevella I a tira'. PUPELLA Ched'è, non lo ssapite che s'ha dda i' a tira' a lo palazzo derimpetto?! LUI SELLA Lu saccio, ma io aiere ne iette a tira' tre cate '; po~arrisseve l ave' la compiacenza de ne tira' nu cato LUISELLA

VUle.

lo ogge nun me fido, me fa male 'o pietto.

E a me me fa male 'a capa.

LUISELLA Me dispiace ... ma chesto po è cosa de niente.

Pe lo pietto nce va' na carta senapata', e pe la capa nu pare l de prese de tabacco: facite cinche seie sternute, scaturite', e ve passa. CONCETTA lo non aggio bisogno de scaturi', scaturite vuie donna Luise'!. .. LUI SELLA E io non tengo dolore de capo, io sto bona '. PUPELLA E nuie pure stamme bbone, ma l'acqua nun lu bulimmo tira'! LUISELLA Vi'! che dispietto, teh! Pare che si è accussi, vuie pure nun avite da vevere •... Q'Janno vevite vuie, vevo io. CONCETTA lo pe me nun tengo sete. PUPELLA E io manco. (Io tengo famma, auto che sete! ... La caudara starrà vullenno pure!) LUI SELLA (alla finestra) Ah, che bell'aria fresca!." Mc pa· PUPELLA CONCETTA

facesse overamente: dicesse il vero. ghiatevella: andatevela. 2. cate: secchi. 3. {1otarrisseve: potreste. 4. carta senopata: impdcchi di carta e semi di senape. .5. nu pare: un paio. 6. scaturite: scatarrate espettorate. 7. sto bona: sto bene. 8. t'evere: bere.

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reno mill'anne che vene Feliciello... Me voglio manna" accatta' miezu chilo de sacicce, nu poco de lattuca e nu litro de vino buono... Me voglio cunzula'! PUPELLA Mammà, ma che vene papà e porte li denare, avimmo accatta' tre custate d'annecchia l0, nu ruotolo d'alice pe nce li fa' nturtiera 11 e duie litre de vino buo­ no ... Nce vulimmo addecria' "! CONCETTA A la faccia de chi nun lu pò vede'! ... LUI SELLA (canta) «Fronne 'e cerasa mia, fronne 'e cera­ sa, collera ncuorpo a me nun nce ne trase 13 ... » (di den­ tro suona il campanello). PUPELLA Chisto è certo papà! ... Che bella cosa! ... (va ad aprire, e torna subito con Pasquale). Papà, finalmente site venuto! ... lo nun ne puteva chiu da la famma ... Iammo, cacciate li denare, avimmo da piglia' tre custate, nu ruotolo d'alice pe nce li fa' nturtiera e duie litre de vino buono. Facite ampressa H, iammo, cacciate li de­ nare! PASCALE (siede in mezzo alla scena e getta il cappello) Pupe', che aggio da caccia', figlia mia! Sto cammenanno da stammatina, e nun aggio pututo cumbina' na lira!... Tengo duie salde dinto a la sacca: uno è papalino, e l'au­ to è francese"! CONCETTA Tu che dice! ... E camme se fa ogge cu 'sta po­ vera guagliona? ... Chella tene famma. PASCALE E che aggio da fa'? Anze, io me credeva che me faciveve truva' quatte maccarune. CONCETTA E camme te li faceva truva'? ... Che m'è rima­ sto quacche cosa stammatina? PASCALE Nun t'aggio rimasto niente, ma tu vedenno che s'era fatte tarde, putive fa' nu pignetiello. CONCETTA E nce vuleva che me lu dicive tu! ... So' ghiuta e aggio truvata l'agenzia chiusa (Luisella ride). PUPELLA Mammà, chella ride, la vedite? CONCETT A Eh, se capisce!... Ma donna Luisella ave ra­ gione de ridere, pecché tu aspettave a pateto pe magna', e io aspettava a maritemo, senza penza' che chisto nun 9. Me voglio manna': voglio mandare per me. IO. annecchia: giovenca di un anno o poco più. vilella (cfr. la!. annicula). II. nturliera: letto una le­ glia, una tegliata. 12. addecria ricreare, ristorare. 13.« Fronne 'e cera~ sa.. Irase,,: leI!. « Fronda di ciliegia mia, fronda di ciliegio, collera in cor­ po non mi passa.. 14. Facite ampressa: fate in fretta (. pressa »: frella). ",. uno è papalino.",: sono cioè di altri slati e quindi non spendibili.

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EDUARDO SCARPETTA

è stato maie nè padre, nè marito ... È stato sempe nu sfaticato! PASCALE Sa'! si avimmo accummincia' la solita storia, io aizo ncuollo e me ne vaco IO, pecché bastantamente la vita che sto facenno! Po donna Luisella ne putarria fa' lu meno de ridere Quanno stammo a ridere... nuie putimmo ridere assaie ncoppa a li spalle soie! LUI SELLA Redite ncoppa a li spalle meie? Iatevenne, pez­ zentune! PASCALE Pezzentune SI, ma onesti! ... chello che nun son­ go Il'aute! LUI SELLA Don Pasca', parle comme haie da parla', pec­ ché si no chello che nun aggio fatto a mugliereta, lu fac­ cio a te! PASCALE Già, tu si' femmena, figlia mia, e cu te nun me pozzo mettere. CONCETTA Te li buo' sentere tu sti parole, pe la capa toia! Si nun avisse iucato, si nun te fosse piaciuto lu vino, mo tenarrisse ancora la puteca de salassatore. PASCALE Tenarria ancora la puteca de salassatore? E che l'aggio levata pe causa mia la puteca? È stata l'epoca ca s'è cambiata! ... So' state li miedece che hanno rovi­ nata l'arte nostra! Non piu salassi, non piu salassi, non vi togliete sangue! E nce hanno fatte i' sotto e ncoppa " a nuie puverielle, e intanto siente morte repentine ogne ghiuorno. E perché? Per l'abbondanza di sangue. Han­ no fatto male a la gente e a nuie! lo quanno sente na morte de subito, ah, me recreo tutto quanto! ... È muor­ to lu si' Ciccio, lu putecaro, de subito, bene! .- È muorto lu si' Pascale, lu canteniere, de subito, benone! Si se sa· lassavene nun murevano. Nuie 'sta morte certo nun la facimmo. CONCETTA E che buo' muri de subito! Nuie murimmo de debolezza. Nun me dispiace pe me, ma pe chella po­ vera criatura! (Una pausa). PASCALE (a Concetta) Lu sapunaro è passato? CONCETTA Nun 'o ssaccio! (Di malgarbo). PASCALE (a Pupella piano) Felice s'è ritirato? PUPELLA No ancora. PASCALE Figlia mia, agge pacienza, core de papà tuio.

21

MISERIA E NOBILTÀ

Chillo mo vene Feliciello, porta quacche cosa de denaro, e io te faccio magna' ... Tanta vote nce l'aggio prestato io a isso -. Tiene famma assaie? PUPELLA Assaie! PASCALE Lascia crescere, è segno di salute. CONCETTA Poco primma è benuto don Giacchino lu pa­ trone de casa, e mo se n'è ghiuto. PASCALE E ca chillo è lu guaio! So' cinche mesate che avanza, e addo' se pigliene ciente e diece lire? Chillu povero Feliciello sta arruinato peggio de me, cu chella vita che fa da la matina a la sera, cu chillo tavolino sot­ to San Carlo! So' passato da llà verso l'una, l'aggio tro­ vato tutto arrugnato ", muorto de friddo, e fino a chel­ l'ora nun aveva scritto ancora na lettera... M'ha cercato nu muzzone de sicarro, e io nun lu teneva manco! ­ (Di dentro suona il campanello). Ah, chisto sarrà isso! Va' arape Pupe'. PUPELLA (va ad aprire, poi torna) È Peppeniello, lu figlio de don Felice.

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Scena sesta

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Peppeniello e detti, poi Felice. ,illli'.'.1

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(ragazzo di otto anni, veste miseramente, ha un volto pallidissimo) Buongiorno. PASCALE Gue', Peppenie', pateto quanno vene? PEPPENIELLO Mo vene, l'aggio lassato che steva arricet­ tanno l lu tavolino. PASCALE E tu pecché staie accussl, che è stato? PEPPENIELLO Che ha da essere don Pasca'!. .. Primme de tutto me more de famma! PASCALE Gue', tutte de nu culore! PEPPENIELLO Stammatina che aggio fatto marenna? Duie easatielle, quatte pizze fritte, e nu soldo de sciu­ seelle'.

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1:I:ii1il' 18. arrugnato: rattrappito, ritirato.

16. aizo ncuollo e me ne vaco: prendo le mie çarabattole e mc n~ vado. 17. sotto e ncoppa: sottosopra.

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arricetlanno: sparecchiando. gialla. I.

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casalielie.. sciuscelie: panini di farinJ

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EDUARDO SCARPETTA

Scuse! Pecché so' ghiuto a truva' lu cumpare, e isso me l'ha accattate, si no adderittura starria diuno' E pe causa de lu cumpare, aggio avuto duie cauce' da papà. PASCALE E pecché? PEPPENIELLO Pecché m'aveva mannato da nu signore cu na lettera, cercannole quacche cosa de denaro. lo me l'aggio mise dinta a la sacca, e so' ghiuto primma da lu cumpare. Chillo m'ha accattato li pizze, e io tre me l'ag­ gio astipate' addò steva la lettera. Quanno so' ghiuto da lu signore, n'auto ppoco me ruciuliava pe li grade .... Ha vista la lettera tutta nquacchiata de nzogna " e s'è mise a allucca': «Dincello a quel porco di tuo padre che sti lettere l'ha da manna' a li putecare comme a isso, nun già a nu signore! » PASCALE E se capisce! ... Tu miette li pizze addò steva la lettera! LUISELLA T'ha dato duie cauce? lo t'avarria acciso! Gue'! sa' che te dico, vide de te mpara' n'arte, e va' fa­ tica', pecché nuie nun te putimmo da' a magna'! PEPPENIELLO Sissignore, chesto lu sapimmo... e nun du­ bitate che ve levammo 'a seccatura... Lu cumpare è sen­ zale de serviture .... me vo' bene, e ha ditto che me met­ te isso a patrone. Pare che accussl, cu li fatiche meie, me pozzo accatta' pizze, casatielle e sciusceIle! PASCALE T:.Itti cibi delicati! Ma pateto porta quaccosa de denaro o no? Nuie stamme aspettanno a isso. PEPPENIELLO Ah, state aspettanno a isso? E state fri­ sche! Chillo nun ha fatto manco nu soldo 'sta iurnata. PASCALE Possibile'! (Di dentro suona il campanello) Pu­ pe', va' arape (Pupeila via, poi torna). PUPELLA Don Felice (entra Felice, pallido, scarno, vesti· to miseramente). . PASCALE Felicie', buongiorno.

FELICE Buongiorno, Pasca'.

PASCALE Ccà stammo aspettanno a te, lu ssaie?

FELICE E mangiate, io mangio dopo.

PASCALE

PEPPENIELLO

3. ditino: :.iigiuno.

4. CQuce: calci.

,. l1Stipate: nascoste.

6. me ruciu·

liava pe li grade: mi faceva ruzzolare le scale. 7. "quacchiala de "Zog"a: unla di grasso. 8. senz.ale de ;rerv;ture: colui che reclutava j servi tori per i signori.

MISERIA E NOBILTÀ

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23

Dico stamme aspettanno a te p'accatta' quac­ cosa.., lo stammatina nun aggio pututo fa' niente. FELICE E aspettate a me, neh Pasca'? lo mo aggio fe­ nuto de iastemma' comme a nu turco. Dall'otto fino a mo fosse venuto uno a farse scrivere na lettera! Me so' fatto nu piezzo de gelo. Poco primme steve menanno pe ll'aria lu tavulino cu tutto lu calamaro e Ii penne! È na vita che nun me la fido de tira' cchili nnanze! Mo se dice che nce vonno mettere pure la tassa. Ogne lettera duie centeseme, e ncoppa a lu foglietto nce ha da sta' lu francobollo de nu centesimo. PASCALE Pure chesto?!

FELICE E all'anno nuovo, li scrivane hanno da paga' la

ricchezza mobile! PASCALE Eh! FELICE Aveva mannato a chill'assassino de figliemo cu na lettera addò' nu signore. (Vedendo Peppenieilo) Ah, staie lloco IO!! Zitto mo! ... Chillo è nu signore tanto buo­ no, che me canosce da tanto tiempo, sape comme steva primma io, e sempe che aggio avuto bisogno de quacche cosa, me l'ha mannato. Mo doie lire, mo quatte lire, mo cinche lire, e la Pasca e lu Natale m'ha mannato fino a dieci lire. Embè?! ... chillo stammatina le porta la let­ tera tutta nquacchiata de nzogna ... Ah! .., (Fa per in­ veire) . PASCALE Lassalo i', Feli', chillo è guaglione! PEPPENIELLO E che so' stato io? So' state li ppizze... Ma po la sudisfazione ve l'aggio data? FELICE Che sudisfazione m'aie data? PEPPENIELLO ChelIi tre pizze che hanno nquacchiata la lettera, nn'aggio fatto tre morze! FELICE Ah, n'e' fatto tre morze?! (Fa per inveire, ma Pa­ squale lo trattiene). Pasca', lasseme, chillo me cufIeia "! PASCALE Nun mporta, lasso i'! ... PEPPENIELLO Nun 'o vattere! (Felice vuole inveire, ma Pasquale lo trattiene ancora). FELICE Pasca', lasseme! ... Lasseme fa lu patre! Tu ac­ cusSl me faie perdere lu rispetto. LUISELLA Vedite che padre! Scili pe la faccia toia! Miet­ tatenne scuorno! ".

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PASCALE

9. addò: presso, da. IO. 1I0co: qui. II. cuffeia: mi prende in giro. 12. Scili pe la faccia loia' Mietlate""e scuomo.': esclamazioni di disprezzo di significato analogo: «Vergognati! ~

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24

EDUARDO SCARPETTA

Ma quanno chisto Pascale me tene! ... Guaglio'! dimane penza a chello che haie da fa', vattenne da nu masto e mparate n'arte, pecché si no te faccio fa' 'a morte ... PEPPENIELLO (interrompendo in tono canzonatorio) De li surece e de li scarrafune "! FELICE Ma vaco vennenno lu beleno pe li surece mo? Pasca', lasseme! ... PASCALE Nun mporta, Peli'. FELICE Va buono, nun te n'incarrica', stasera parlammo! LUI SELLA Eh! parle dimane! ... Da quanto tiempo l'a­ varria pigliato, e me l'avarria mise sotto! PEPPENIELLO (si az,'vicina a Luisella) Vuie a chi ve met­ tite sotto? Ma che m'avite pigliato pe cavalluccio "? ... Me ne vaco, sissignore!. .. Ogne tanto na mazziata ", ogne mumento na strillata... E che so' fatto nu cane?! 'Mo vaco addò Il! cumpare, e isso me mette a servi', fa­ tico e magno. Pò essere che trovo nu patrone che me va' bene, e ccà nun nce vengo cchiu! ... Maie cchiu! ... (Quasi piangendo va via di corsa). CONCETTA (piangendo) Povero guaglione! PASCALE (piangendo) Povera criatura! FELICE Pasca', tu si' brutto assaie! ... Me pare na capa de morte! PASCALE Chiammatelo! Chesto che cos'è1! ... (Va alla fine­ stra e chiama) Peppenie'! ... Peppenie'!. .. Eh! chillo sta currenno de chella manera! ... CONCETTA Ha fatto buono che se n'è ghiuto! ... Povero piccerillo! Sempe maltrattato... LUI SELLA Vuie ntricateve de li fatte vuoste. Chiste son­ go affare che nun v'appartenene! CONCETTA A me?! ... E chi nce risponnel È stato pecché m'ha fatto cumpassione. LUI SELLA Iatevenne! Cumpassione? .. Viate" chi ave cumpassione de vuie! CONCETTA Luise', mo accummience n'ata vota? ... Vi' si la vuo' femi'! LUI SELLA E vi' si la vuo' femi' tu! ... Da stammatina me

FELICE

MISERIA E NOBILTÀ

25

staie mettenno cu li spalle nfaccia a lu muro, tu e stu mamozio 17 de mariteto! PASCALE Ched'è, ma so' mamozio? LUISELLA (a Felice) Gue', sa' che te dico! Dimane vide de trova' na cammera, na puteca, pure nu suppigno", basta che nce ne iammo da ccà. CONCETTA E lu stesso dico pure a te! (Urtando Pasquale cade addosso a Felice). FELICE Va bene, dimane se ne parla, chesto che cos'è? ... Avite da fa' sempe chiacchiere! PASCALE A la fine nun è stata na gran cosa, avimmo avu­ to dispiacere che se n'è ghiuto lu guaglione. FELICE Ma che ghiuto e ghiuto! Chillo ma va da lu cum­ pare, se magne tre o quatte ava toste \9, e po torna. Pen­ sammo nuie invece camme avimmo da fa'! - Se putesse fa' nu pigna? PASCALE Nun se pò fa', pecché l'agenzia sta chiusa. LUI SELLA (a Felice) E doppo che lO steva aperta, che te mpignave? lo pe me nun caccio manco nu muccaturo" cchiu! PASCALE Chi v'ha ditta niente a buie, donna Luise'? Mamma mia! Me parite nu fiammifero, subito v'appic­ ciate "! LUISELLA (a Felice) lo po vularria sape' na cosa da te. Tu tre ghiuome ta me puttaste na lira e mmeza, l'au­ triere me purtaste ventiseie salde, aiere na lira, ogge nun haie purtate niente? E che lu tiene a fa' lu tavolino sotto San Carlo? FELICE E che aggia fa'? Che buo' da me? Dimane o dopo po dimane me lu venno Chillo nce sta pure nu pede attaccato cu na funicella! E po, caro Pascale, è na spe­ culazione che nun ba cchiu... simme assaie! Ogne tan­ to te vide presenta' a uno cu nu tavulino senza sape' leggere, senza sape' scrivere ... Primme pe fa' lu scri­ vano sotto San Carlo, s'aveva da' n'esame: lingua ita­ liana, lingua francese e calligrafia! Ma addò sta? ... Tut­ te quante fanno li scrivane!

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13. 5urece .. .fcarra/une: sorei ... scarafaggi. J4. cavalluccio: espressione di­ spregiativa. l';, maZ1.iata: bastonata: in senso estensivo, sgridata (dr. an­ che «mazziatone,,). 16. Viale: beato. Tutta la frase è da intendersi: «So­ lo 'un santo può avere compassione di voi ».

17. mamozio: corruzione di Timoteo, vescovo di Pozzuoli, la cui statua sof·

frl gravi danni nel corso del tempo: quindi statua goffa, fantoccione: quin. di uomo stolido e grossolano (dr. ivi, Il.r: «mamozio de Puzzule»). IS. suppigno: soffitta. 19. ova loste: uova sode. 20. doppo cbe: quand'ano che. 21. mucca/UTO: fazzoletto. 22. v'appieda/e: vi accendete.

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26

EDUARDO SCARPETTA

l'A SCALE

Lu fatto mio, che nisciuno vo' ietta' cchili san·

go. E pecché? Pecché nisciuno se salasse cchili. Pasca', non sapeva che dicive! ... nisciuno vo' iet­ ta' sango. PUPELLA Vuie parlate, ma se pò sape' quanno magnam­ me? PASCALE Conce', tu che vulive mpigna'? CONCETTA Lu soprabito tuio cu doie Ienzole... Sta ancora la mappata ncoppa a lu lietto. PASCALE (prende l'imlolto e si avvicina a Felice) Felicie'? FELICE Aggio capito, aggio capito, e chesto stamme facenno ogne ghiuorno. PASCALE Va' da lu putecaro a la cantonata. FELICE Qua' cantonata? PASCALE Da lu putecaro che sta a lu puntone". FELICE E di' a lu puntone! Tu te ne viene Cti la canto­ nata. PASCALE Te faie da' nu chilo e mmiezo de lengue de pas­ sere, nun te fa' da' li maccaruncielle pecché io nun ne mangio. FELICE Pasca' cu 'sta famme che tiene, vaie penzanno pure a la qualità de la pasta? PASCALE No, pecché li maccaruncielle me fanno peso a lu stommeco. FELICE Tu cu 'sta famme che tiene, te mangiarrisse pure li corde! PASCALE Po te faie da' miezo quarto de nzogna buona... E lu zuchillo" comme Iu facimmo? Te faie da' miezo chilo de sacicce, e na buatta 26 de pomidoro... Fatte da' na buatta grande, bona, pecché io li maccarune li ma­ gno nquacchiate nquacchiate. Po rimmanimme asciutte asciutte? ... Te faie da' diece ova, doie ova pedono. Tu li doie ova toie te li magne? (Felice fa segno di si). Te faie da' miezo chilo de muzzarella, pecché io ova assolute nun l'aggio mangiato maie... Sempe ova e muzzarella! Te faie da' nu panetto de burro frisco, pecché n'ova e muzzarelIa se fanno cu lu burro, mai con la sugna 17. Te

FELICE PASCALE FELICE

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23. mappata: involto di panni, fagotto. 24. puntone: sinonimo di «can· tonata,.. 2.'. zuchillo: sugo di carne per la pastasciul.l.a. 26. buatta: sca­ tola (hanc. baite). 27. sugna: nap. «nzogna», grasso di maiale.

MISERIA E NOBILTÀ

27

faie da' doie paIate de pane e quatte frutte sicche, noci

e castagne, e te faie da' pure na lira ndènaro, e piglle

duie litre de vino a lu canteniere derimpetto... Va'!

FELICE (con ironia) Ma ccà dinto nce sta l'orologio e la catena? PASCALE Nce sta rrobba che va chili de l'orologio e la catena! FELICE Mo te la chiavo nfaccia la mappata! Chillo si pu­ re" me lu dà nu chilo e mmiezo de menuzzaglia!. .. E chillo se ne vene cu lu burro, la buatta de pomidoro... lo si le cerco tutto chello che m'aie ditto, chillo me li mena appriesso sette o otto buatte vacante". PASCALE LIoco dinto sta lu soprabito mio de quanno fa· ceva lu salassatore. FELICE E me vuo' mpara' a me lu soprabito tuio! Chillo s'arricorda '0 '48! E po, io nun nce pozzo i' da lu pute­ caro, pecché tene nu cazone lO e nu gilè mio da nu mese, e nun me l'aggio pigliato chili. PASCALE E io manco nce pozzo i', pecché quinnece iuor· ne fa le portaie la coverta d'inverno. FELICE E chisto lu putecaro tene tutta la rrobba nosta.

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Scena settima

Eugenio e detti. (di dentro) È permesso? Chi è? favorite. Scusate, abita qui un certo don Pasquale... Ah! eccolo là. PASCALE Chi vedo! Lu marchesino! FELICE Lu marchesino? PASCALE Marchesino rispettabile! E come va da queste parti? Accomodatevi! (Tutti si affollano per prendere le sedie. Pascale prende una sedia spagliata e la butta via, ne prende un'altra sulla quale è il catino, ma vede che è bagnata e la butta via, ne prende una terza sulla quale

EUGENIO FELICE EUGENIO

28. sE pure: ai proprio. 29. vacante: vuote. loni.

30. cazone: paio di panta­

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EDUARDO SCARPETTA

MISERIA E NOBILTÀ

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è il braciere con la cenere, e la gitta via, prende la quar­ ché è stato cuoco fino a tre anni fa. Poi ereditò tutt'i ta la pulisce' bene, e l'offre al marchesino. Tutto questo beni del suo padrone, e oggi si fa dare l'eccellenza e vuoI con molta fretta). fare ii nobile, mentre non sa né leggere, né scrivere. Tie­

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Carissima donna Concetta.

ne un angelo di figlia, alla quale fin da bambina fece stu­

diare il ballo, ed ora è scritturata al San Carlo come pri­

Caro marchesino.

Mi dispiace che ci trovate di questa maniera.

ma ballerina. Essa però non è contenta del suo stato at­

tuale, mi ama veramente, vorrebbe esser mia ...

Per voi questa è una stalla, è una rimessa ... PASCALE E il padre si oppone? FELICE E chisto è lu ciuccio! (Mostra Pasquale, il mar­ FELICE Il padre è streppone '? chesino ride). PASCALE Il padre si oppone! PASCALE Accomodatevi (tutti seggono, Felice siede sulla FELICE Ah, io aveva capito il padre è streppone. sedia senza fondo). E papà, il marchese, come sta? EUGENIO No, ecco qua, vi dirò: il padre vuole maritarla, EUGENIO Eh! non c'è male, grazie. l ma dice che deve sposare un nobile. PASCALE Va appriesso ancora a tutte li ballarine? PASCALE E buie nun site nobile? EUGENIO Sempre, sempre, e poi con me fa iI severo. EUGENIO Si, ma l'intoppo sapete qual è? È che i miei pa­ PASCALE Già! me ricordo... Neh, vi presento l'amico mio, renti non acconsentiranno mai a questo matrimonio. Felice Sciosciammocca. EUGENIO Tanto piacere! CONCETTA Ma allora scusate, nun è lu padre de la figliola ma so' li pariente vuoste. FELICE Fortunatissimo! E pronto sempre a servirvi a EUGENIO Sicuro, ma ecco qua, io gli ho detto che ci fa­ barda e a sella. cesse sposare, e quando tutto è fatto, mio padre si per­ EUGENIO Grazie, grazie (seggono). suaderà e saremo felici. Questo non lo vuoI fare, e mi PASCALE Quanno io teneva la puteca de salassatore, lu ha detto: «Allora metterete piede in casa mia quando padre de stu giovene, era lu patrone de casa mia ... Che porterete qui il marchese vostro padre, vostra zia, la perla de signore, che nobilone! ... E mammà, la marche­ contessa del Pero... » sa, mori, non è vero? PASCALE Ah! n'auta signorona! EUGENIO Sicuro! Sono quattro anni.

EUGENIO E vostro zio, il principe di Casador... PASCALE (volgendosi a Felice in tuono patetico) Mori, la

PASCALE Ah! n'auto nubilone! marchesa! I, 'I FELICE (E tu si' nu seccantone!) FELICE (E che me ne preme a me!) EUGENIO Ora, scusatemi, che posso fare io, povero gio­ PASCALE Che signorona! ... Era na dama! ... Dunque? ... vine? Posso andare da mio padre, mio zio, e mia zia, e Che v'aggio da servi', che va' dicere 'sta visita? dir loro: venite in casa di Gaetano Semmolone, l'ex EUGENIO Si tratta di un gran favore, che solamente voi e cuoco, a parlare del mio matrimonio con la figlia che è vostra moglie mi potete fare. ballerina? Ditemi voi se lo posso fare? PASCALE lo, e mia moglie? (Felicie', chisto vulesse quac­ PASCALE Oh, è impossibile! Chille so' la crema de la no­ che cosa de denaro?) biltà! Proprio chello de coppa coppa la nobiltà '! (a Fe­ FELICE (E s'è diretto bene!) lice). . PASCALE Parlate! (Un momento di titubanza da parte di FELICE Comme a nuie, per esempio, che simme chello de Eugenio) No, marchesi', putite parla' liberamente. Fe­ sotta sotta la miseria! lice piu che amico è un fratello. PASCALE Embè, scusate, come vi regolate? EUGENIO Posso fidarmi? (Dà la mano a Felice). EUGENIO Avevo risoluto dì non pensarci piu. Ma che vaFELICE Fidatevi pure. (lo nun me fido cchiu, tanto de la famma!) III EUGENIO Dovete sapere che io amo pazzamente la figlia L streppone: piccolo, un soldo di cacio (Iell. un gambo di fiore). 2. coppa

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coppa la nobiltà: la parte piu elevata della nobiltà. di un certo Gaetano Semmolone, detto Fritto misto, perEUGENIO CONCETTA PASCALE

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EDUARDO SCARPETTA

lete? io amo troppo Gemma, e sento che non posso di­ menticarla facilmente! PASCALE E che bulite fa? EUGENIO (avvicinandosi con la sedia, mentre gli altri fanno lo stesso) Voi solo, amico mio, voi solo mi potete aiu­ tare. PASCALE Ma in che modo, scusate? EUGENIO Voi dovete diventare il marchese Ottavio Fa­ vetti, mio padre. (A Concetta) Voi la contessa del Pero, mia zia, e qualche alt~o amico vostro... (a Felice) il si· gnore, per esempio, il principe di Casador, mio zio. FELICE (ridendo) Vuie che dicite, marchesi'? Ma chesto è impossibile, io sto cumbinato de chesta manera! lo faccio lu principe de Casanova?! . PASCALE Che Casanova, Casador! Marchesi', ma voi che dite? Come è possibile che noi .. EUGENIO SI, voi, e dove trovar di meglio? Faremo una bella finzione; io stesso vi presenterò in casa di Gemma. FELICE Ma, marchesi', scusate, qui non bisogna abbor­ dare'. Voi adesso vi trovate accecato dall'amore, e non badate alle conseguenze; qua bisogna ben ponderare le cose. Chesta nun è na pazziella " si chillo se n'addona' 6 e nce fa nu paliatone , nuie addo' nce lu iammo a ca­ gna'? '. EUGENIO Ma che! A questo non ci pensate nemmeno, io conosco il tipo. Il padre di Gemma è un asino, e quando crederà di avere in casa una famiglia tanto nobile, per la troppa gioia non comprenderà piu niente, e io avrò tutto il tempo di riuscire nel mio scopo. FELICE Allora va bene. PASCALE lo chi songo, chi songo? EUGENIO Mio padre, il marchese Ottavio Favetti. PASCALE lo so' Favetta. FELICE E io, e io? EUGENIO Mio zio, il principe di Casador. CONCETTA E io chi songo? EUGENIO Mia zia, la contessa del Pero. PUPELLA Papà, e io nun songo niente? 3. abbordare: tirare via. 4. pazziella: scherzo (pazzia': scherzare). ,. se n'addona: se ne accorge. 6. palia/one: solenne bastonatura (cfr. ivi, 11.7: palia/a). 7. addo' nce lu iammo a cagna',: dove andiamo a cambiarla la ba­ stonatura?: chi ascolterà le nostre lamentele?

MISERIA E NOBILTÀ

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Già! ... E con mia figlia come facciamo? lo po addo' la resto? '. EUGENIO Aspettate! ... mia zia tiene una figlia ... mia cu­ gina... Benissimo! verrà anche lei, e sarà la contessina del Pero. PUPELLA Vh! che bella cosa! che bella cosa! EUGENIO Quello che vi raccomando, aria di nobiltà, alba­ gia .... lo poi domani mattina verrò, e vi darò altre istru­ zioni. Se farete bene le vostre parti, saprò ricompensar­ vi, e poi là mangerete, beverete... Per esempio a cole­ zione - omelette, cotolette, formaggio - A pranzo: mac­ cheroni, ragu, patatine, funghi, fagiolini, pesce, polli, dolci ... (Pasquale sta per isvenire ascoltando quella enu­ merazione). FELICE Marchesi'! ... Marchesi' ... voi fate perdere nu pa­ dre de famiglia. EUGENIO Perché? FELICE E chillo, Pascale, già sta mangianno! EUGENIO Eh! ... Là starete allegramente, e chi sa per quan­ ti giorni. PASCALE (Che dice, neh, Feli'?) FELICE (Iamme! ... Che putimmo ave' cchiu de na maz· ziata?) PASCALE E addo' avimmo da i', luntano? EUGENIO Non tanto, ecco il suo indirizzo (cava fuori da un portafogli un biglietto di visita e lo dà a Pasquale). PASCALE (leggendo) «Cavalier Gaetano Semmolone». Ah! è cavaliere? EUGENIO Ma che cavaliere! È un titolo che si è dato egli stesso. PASCALE (leggendo) «Riviera di Chiaia, Numero 155, primo piano nobile» (mette il biglietto di visita sul ta­ volino. Luisella lo prende). Oh! marchesi', n'auta cosa: comme venimmo llà? ... Nuie stamme de chesta mane­ ra!. .. EUGENIO Oh! si capisce, penserò io a tutto! Domani ver­ rò con tutto quello che occorre. PASCALE Ah! mo va bene. FELICE Ma scusate, arrivati llà, noi che dobbiamo dire? EUGENIO Lo saprete domani, per ora lasciatemi andare. Vado a scrivere una lettera a Gemma per prevenirla di PASCALE

8. addo' la resto?: dove la lascio?

9. albagia: alterigia.

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tutto, e vi ringrazio di cuore del gran favore che mi ave· FELICE Mannaggia la capa mia, mannaggia! (Si strappa dal petto un lembo del soprabito). te fatto. PASCALE Ma voi siete il padrone di tutto il mio sangue, PASCALE Oh, haie fatto chesto! del sangue di mia moglie, di mia figlia, de lu sango... FELICE Nun fa niente, era la sacca pe li sicarrette. Chella FELICE (canzonando) 'E puorco!... De lu sango 'e puor­ me lu diceva Bettina muglierema: na femmena camme a me, tu nun la truove! co!... (Eugenio fa per andarsene). LUISELLA Marchesi', scusate, quanto ve dico na cosa. LUI SELLA E se capisce che nun la truove camme a mu­ gliereta! EUGENIO Parlate. LUISELLA Questo signore, che deve essere il principe di FELICE Pecché? Che le vuo' dicere a chella? ... Statte zit­ Casador, vostro zio, non vi ha detto che tiene una mo­ ta, sa'! ... Nun parla' de chella femmena, pecché si no me faie fa lu pazzo! glie, la quale sono io... M'avarria purta' pure a me, nun LUI SELLA Vattenne, faie lu pazzo! Tu nun haie fatto ve pare? EUGENIO Mi dispiace, cara mia, ma non è possibile. Sa­ maie niente! ... Isso fa lu principe, chella fa la cuntessi· remmo troppi... E poi mia zia, la principessa di Casador, na, e ccà rimmaneva la serva lloro. si trova gravemente ammalata, e tutti lo sanno... Malat­ CONCETTA Nun nc'era niente de male!. .. Quanno se va' tia di petto! ... È un anno che non esce di casa. bene a n'ommo se fa tutto. FELICE Nonsignore, chella ha pazziato, va llà, vattenne! LUI SELLA Tu statte zitta tu, peccbé a te te tengo ncan­ Si lu marchesino puteva, t'avarria fatto veni' pure a te. na.l''. Noi non vogliamo distogliervi da quello che avete sta­ CONCETTA A mme me tiene ncanna? Vattenne, ca io cu bilito. ttico nun me voglio appicceca' '>' pecché me sporco li EUGENIO Dunque, a rivederci domani... Carissimo don mmane! ... LUI SELLA E sporcatelle 'sti mmane, famme stu piacere! Pasquale! PASCALE Caro marchesino. PASCALE T'aggio ditta tanta vote, tu nun risponnere! ... Quanno stongo io nnanze, tu statte zitta! EUGENIO E di nuovo grazie, grazie, grazie (stringe la ma­ LUISELLA E sicuro! ... Quanno nce sta l'ommo, ha da ri­ no a Pasquale). sponnere l'ommo (ride). PASCALE Niente, niente, niente. (Eugenio via). LUISELLA Guè! ... Vi' ca sta vita nun me fido de la fa' PASCALE Pecché, scusate, donna Luise', io nun songo om­ cchiu, perciò vide cbello cbe haie da fa', spigneme tutto ma? cbello che tengo mpignato, pecché me ne voglio i'. LUI SELLA Iatevenne, ommo! Nun nce va' niente cchiu! ", FELICE Luise', t'aggio ditto tanta vote nun m'annumme­ PASCALE Feli', agge pacienza, chesta insulta, e io nun vo­ na' li pigne, pecché me ne faie i' de capo IO! Tu saie cam­ glio passa' nu guaio! me steva, e si me facevano impressione li pigne tuoie! ... CONCETTA Ma quanno lu vuo' passa' nu guaio, quanno?

Chi sente ogni tanto 'sti pigne, va trova che se crede li. N'auto marito a chest'ora l'avarria già scummata de san­

Pe spigna' tutte cose, che nce va'? .. Quarantasette fran­ go a cbella!

LUISELLA (gridando) A cbi scumme de sango, a chi? chi miserabili! LUI SELLA E quanno te servettene nun erano miserabili? FELICE Cbiste po, ve dico a buie, nun so' cunsiglie che

li dà na mugliera bona! (Pupella sta in mezzo, ed ora

FELICE Me servettene pe te da' a magna', capisce! trattiene l'uno, ed ora l'altro) Scumme de sango, e nun

LUI SELLA E chi te l'ha fatto fa'? Quanno io aveva da magna' cu li pigne mieie, nun steva suggetta a te. scumme de sango... Pascale nun è ommo de passa' guaie!

PASCALE Adda', quanne maie! PASCALE Va buono, fernite1a! IO. i' de capo: andare via di cervello, perdere la lesla. crede: va a finire che ci si crede.

------------

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va trova che se

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te tengo ncanna!; ti tengo in mio potere! 13. appicceca': entrate in 14. Nun nce va' niente echi';.': Ci vuole ben altro'

contatto.

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A te po, quanne è dimane, me voglio vennere l'uocchie pe te spigna' li pigne, e po vattenne, che nun te voglio vede' cchiti, sa'! LUI SELLA Se capisce che me ne vaco, ma haie da vede' primme che te faccio! FELICE Che me faie, che me faie? Me vulisse vattere... di' la verità? LUI SELLA E che ne saccio, mo vedimmo! CONCETTA Lassatela, lassatela, si no chesta ve fa i' nga· lera! PASCALE Statte zitta tu, si no te piglio a schiaffe! CONCETTA Uh! me piglie a schiafIe a me! PASCALE Si, a te, a te! PUPELLA Papà! papà! FELICE Va bene, nun l'avisse maie ditto 'sta parola, vo· glio vede' che faie! LUI SELLA E po lu bide! CONCETTA Haie ditto che me piglie a schiaffe, a me! Te l'aggia fa annuzza' ncanna 15 'sta parola! PASCALE E ma vedimmo! (scambio d'ingiurie e d'invet· tive, a soggetto e volontà dell'attore). FELICE

Questa scena deve essere eseguita con molto calore. Poi tutti seggono. Dalla porta in fondo, a dritta, si avanzano uno sguattero ed un facchino, che portano una grande stufa. Senza parlare, si avvicinano alla tavola, e posano a terra, ai piedi di Felice, la stufa. Il facchino va via, poi torna con due fiaschi di vino. Lo sguattero scopre la stu· fa, tira fuori una grossa zuppiera di maccheroni, poi dei polli, del pesce, due grossi pezzi di pane, tovaglioli e po. sate, mentre il facchino pone in tavola i due fiaschi di vino. Egli e lo sguattero riprendono poi la stufa vuota, arrivano sotto la porta in fondo, si voltano salutando con un cenno della testa, e vanno via. Pasquale, Concet· ta, Pupella, Luisella e Felice si avvicinano alla tavola. Poi si alzano di botto e, tutti in piedi intorno alla tavola, si slanciano con grande avidità sui maccheroni fumigano ti, divorandoli e abbrancandoli con le mani. Cala la tela.

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annU1.1.a' ncanna: rimanere di traverso in gola.

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Atto secondo Salotto in casa di Don Gaetano. Mobili dorati, un di· vano, due poltrone, sei poltroncine. Due mensole con specchi, orologio e candelabri. Nel centro della came­ ra pende un lampadario. Molte corbeilles di fiori so. no sparse per la scena, e tutte recano il biglietto di visita del donatore. Un tavolino con occorrente da scrivere, campanello a timbro e album di fotografie. Porta d'in. gresso in fondo. Quattro usci laterali, da uno dei quali - il secondo, a destra del pubblico - si accede in giar. dino. ~! I';

Scena prima ,

Viciem:o e Peppeniello, poi Gaetano e Biase. "

(dal fondo a Peppeniello) che lo segue con un in­ volto sotto il braccio) Trase, trase, Peppenie'!... Nun ave' paura, aspetta ccà, e nun te movere. Chillo ma esce lu patrone, e io te ce presento. Haie capito? PEPPENIELLO Sissignore. VICIENZO Vedite llà! ... A chell'aità '! ... Povero guaglione, va truvanno de fa' lu servitore pe magnà. Ma, dimme na cosa, viene ccà... tu a Michele lu senzale comme lu ca­ nusce? PEPPENIELLO Pecché ha fatto lu cumpare a paterno... e io le songo cumpariello. VICIENZO E isso t'ha mmanato ccà? PEPPENIELLO Sissignore, ha ditto va' l1à, ca chella è na bona casa pe te, nce sta Vicienzo che è amico mio stret. to, parla cu chillo, e nun te n'incarrica'.

,

VICIENZO

1.

ailà: età.

,!

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EDUARDO SCARPETTA

Va bene, ma fino a nu certo punto, Peppeniello mio, pecché io nun songo lu patrone. Ma vedimmo isso che dice. Si te va' fa' sta', bene, e si no che aggio da fa'? ... Te ne vaie. PEPPENIELLO Me ne vaco? E addo' vaco, neh, don Vi· cie'? ... lo me more de famma! VICIENZO (Vuie vedite chisto camme è curiuso! Da na parte me fa pure cumpassione!) Ma dimme na cosa: tu tiene mamma, tiene patre? PEPPENIELLO Li ttengo, li ttengo, ma camme nun li tte­ nesse. VICIENZO E pecché? PEPPENIEI.LO Pecché stanne cchiti disperate de me ... A casa mia se magna nu iuorno si, e nu iuorno no. VICIENZO Aggio capito! Ma pateto e mammeta po aves· sene da strilla' che tu staie luntano da la casa, che faie lu servitore? PEPPENIELLO A chi?! ... Chille hanno ditta: mparete n'arte, e vattenne, pecché nuie nun te putimmo da' a magna'. VICIENZO Ah! chesto hanno ditta? E bravo! ... Vi' che belli patre e mamme! ... Va buono, Peppenie', nun te ne incarrica', nce stanga io che penzo pe te! ... Dinto a 'sta mappata che puorte? PEPPENIELLO Lu vestito da servitore, che m 'ha rialato' lu cumpare. VICIENZO Va bene. (Ma dico a lu patrone che chisto m'è figlio, e, o va' o nun bo', se l'ha da piglia' pe forza). Siente, si tu vuo' rimmane' certo dinto a 'sta casa, haie da dicere che io te so' patre; e quanno lu patrone t'ad· dimanna: «Vicienzo che t'è? », tu haie da risponnere: «M'è patre, eccellenza >~ - Haie capito? PEPPENIELLO Vuie abbasta che me facite magna', io ve chiammo pure mamma! VICIENZO E chiunque t'addimanna, haie da dicere sempe che me si' figlio? PEPPENIELLO Va bene. GAETANO (di dentro, gridando) Tu si' na bestia, tu nun si' buono a niente, vattenne fora! VICIENZO Zitto, lu patrone! Mettimmece ccà (si ritirano in fondo).

VICIENZO

2.



rialalo: regalato.

MISERIA E NOBILTÀ

37

(comparendo in iscena) Lassa, lassa a me! Man­ naggia l'arma J de mammeta! (Reca una lunga treccia di rose e camelie. Biase lo segue). BIASE Ma addo' la vulite mettere? GAETANO La voglio mettere ncapo a mammeta! ... Guar­ date! Aggio da dicere a isso addo' la voglio mettere... VICIENZO Eccellenza, che è stato? GAETANO Vicie', staie lloco, e me faie veni' stu mam01io de Puzzule? Viene ccà, saglie ncoppa a chella seggia, e miette 'sti fiori ncoppa a chella porta (indica il secondo uscio a sinistra). VICIENZO Subeto! (Esegue). BIASE Ma ch'avite 'a fa' la festa, neh, signa'? (Ride). GAETANO Tu statte zitto e nun ridere, pecché si no te mengo da coppa abbascio '! ... Entrate fuori! BIASE Uht entrate fuori! (Ride). GAETANO Guè! Non tanta confidenza, sa'! BIASE Ma io... GAETANO (gridando) Fuori! fuori! BIASE Bis! Bis! (Via pel fondo). GAETANO Va buono, te voglio fa' fa' io lu bis, 'o ssa'!... Vi' che ciuccio! ... Faccio 'a festa! Camme si avesse mise tutte lampiuncielle. lo ho messo tutte rose e camelie, e ogni camelia m'è custata cinque soldi... Eh! E doppo che me custave cinche lire, che me mpurtava?! ... Per mia figlia Gemma voglio spendere qualunque somma. Oggi è l'anno avversario della sua nascita, e l'aggio da sullen­ nizza' come si deve... E poi, povera figlia, so' denare suoie, se li fatiche cu li piede... Vicie', aissera, chillu pas­ so a duie '! ... Di' 'a verità? ... VICIENZO Ah! che lu dicite a fa', eccellenza! ... 'A signu­ rina me pareva n'auciello '. GAETANO Bravo! N'auciello! ... Che bella cosa! ._. Te ri­ cuorde quanno avette chella sbattuta de mane che du­ raie cchiti de nu quarto d'ora? VICIENZO Sicuro, eccellenza! GAETANO E tu pazzie! ... Chella facette chillu passo accussi diffìcele, te ricuorde? ... Mettette nu pede cu la ponta ntena e cu Il'auto pede po, da coppa a lu palcoscenico, GAETANO

3· l'arma: l'anima. 4. le mengo... : te lo faccio ingoiare. ,. passo a duie: passo di danza eseguito da un ballerino e una ballerina. 6. auciello: uc­ cello.

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EDUARDO SCARPETTA

scennette fino abbascio menanne cauce! (Esegue in cari­ catura). Che bella cosa! Benedetta figlia mia, benedet­ ta!. .. Quanno avette chella sbattuta de mane, n'auto ppoco me steva venenno na cosa dint' a la quinta. VICIENZO E se capisce! GAETANO Mo avarria essere viva Angelarosa, la mamma! Quanto la voleva bene! ... VICIENZO Ma scusate, signo', chelli camelie pecché l'avite mise llà? GAETANO Pecché chella è la cammera soia, e mo che se ritira dalla passeggiata, trova la sorpresa. Vide ccà quan­ ta mazzette! Quanta fiori! ... (Addita alcune «corbeil­ les»; poi prende un biglietto di visita ch'è sulla prima a sinistra, e legge) Alfonso... Alfonso... Vicie', liegge tu,

chisto è nu carattere troppo piccerillo. (legge) «Alfredo». Ccà dice Alfredo.

Me credeva Alfonso, aggio visto «A» 'nnanze.

(legge) «Alfredo del Cane, Barone di Terra­ nova». GAETANO Capisce, tutte nobele! - Barone Alfredo dei ca­ ni di terranova. - E chist'auto? (Prende il biglietto di

VICIENZO GAETANO VICIENZO

visita che è su un'altra corbeille; in fondo a sinistra)

Liegge, Vicie'. VICIENZO «Aurelio Frichè dei Duchi di Castelquagliato» (leggendo ). GAETANO

Scuse!... Castelquagliato! ... E chist'aute? (Co­

me sopra, dal fondo a sinistra) Liegge, Vicie'. VICIENZO (legge) «Il signor Bebè».

Ah, va buono, chisto è il signor Bebè... È nu viecchio che è benuto tre o quatto vote ccà; e nun pu­ timmo sape' comme se chiamma... È abbonato a la pol­ trona, vene ogne sera. Seh! ... E sulo isso vene! ... Ne ve­ narranno da nu centenaro, e tutte pe figliema veneno, tutti suoi adoratori! VICIENZO Signo', scusate, e cu lu marchesino don Euge­ nio che facite? A me mme pare che la signorina le vo' bene assaie. GAETANO Che bene e bene! ... Vicie', ma che si' pazzo? Chella lu cufIea! VICIENZO Ma isso dice che se la vo' spusa'? GAETANO Ah, dice, ma non lo fa ... lo per me ne avrei pia­ cere, ma so' i parenti suoi che si oppongono, e io nun

GAETANO

lIIl.­

MISERIA E NOBILTÀ

39

pozzo tene' nu spittinicchio 7 dint'a la casa. Pò essere

che chella povera criatura overo nce mette na passione.

lo aiere matina nce lu dicette: «Marchesi', fenimmo

sta storia!. .. Quanno vuie me purtate a papà cu lu zio

e la zia, e nnanze a me ve danno lu consenso, allora tra­

site dint'a la casa mia, e si no nun nce venite cchiu, pec­

ché nce ncuitammo».

VICIENZO E isso che ve rispunnette? GAETANO Niente. Me las8aie comme a na carota, e se ne iette. Ma io lu ssaccio: lu padre e li zii ccà nun nce ve­ neno, pecché so' nobili, SO' superbi. VICIENZO Embè, ched'è? Vuie nun site nobele? GAETANO Sicuro! ... Embè, che nce vuo' fa'? ... Anze, Vi. cie', io te voleva dicere na cosa, quanno me parle, nun te scurda' de lu titolo. Tu dice sempe: «Eccellenza, ec­ cellenza, eccellenza!» Ma vene primma lu titolo, e po l'eccellenza. Per esempio, io te dico: «Vicienzo, avete fatta la tal cosa?» «Si, cavaliere eccellenza... » - Haie capito? VICIENZO Va bene! ... Cavaliere eccellenza, vi dovrei dire na cosa. GAETANO Che cosa?

VICIENZO Peppenie', fatte nnanze, e saluta lu signore.

PEPPENIELLO (si fa avanti) Servo vostro, eccellenza.

GAETANO Buon giorno! E chi è stu guaglione? VICIENZO Cavaliere eccellenza, m'è figlio, nun aggio ad­ do' lu mettere, lu vurria tenere vicino a me, e se il cava­ liere vostra eccellenza vuole, lu faccio sta' cu me Ve serve pur'isso, e le date na cusarella e lu magna'! . GAETANO Ah! bravo! ... Tu si' figlio a Vicienzo? PEPPENIELLO Sissignore, e isso m'è patre a me! GAETANO E se capisce! Si tu si' figlio a isso, isso ha da essere patre a te... Seh! me piace!... È nu bello guaglio­ ne. (Piano a Vicienzo) (Vicie', ma tu mme pare che me diciste che nun ire 'nzurato '?) VICIENZO (Nun songo 'nzurato, ma comme si fosse ... Ca­ pite?) GAETANO (Va buono, aggio capito!) Sissignore! fallo sta' ccà cu ttico. Pe mo le damme diece lire a lu mese, si po se porta buono, l'avanzammo pure... 7· spi//inicchio: uno spiedino (da upito»: spiedo), quindi: tormento. 'nzura/o: sposato.

8.

I

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EDUARDO SCARPETTA

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Grazie eccellenza... osia, cavaliere eccellenza! Vase la mano a lu signore, Peppenie'! ... (Peppeniello

VICIENZO

bacia la mano a Gaetano). GAETANO Grazie, grazie.

PEPPENIELLO Vicienzo, m'è patre a me!

GAETANO Va bene, aggio capito! ... Gue', chillo

me lu dice n'ata vota! ... Sf, ma chisto nun pò sta' vestuto accussf? VICIENZO Nonsignore, cavaliere eccellenza, io l'aggio fat­ to lu vestito da servitore ... Lu tene dint'a 'sta mappata. GAETANO Embè, allora va' lu vieste, e po lu mettimmo fore a la sala, vicino a lu casciabanco·... O lu vulimmo mettere ncoppa a lu casciabanco? VlciENZO E allora pare na statuetta de gesso! GAETANO Haie ragione ... Miettelo vicino a lu casciabanco, comme si fosse nu valletto. VICIENZO Va bene. GAETANO Viene ccà! ... Tu comme te chiamme? PEPPENIELLO Peppeniello. GAETANO Peppenie', ccà sta lu timbro. PEPPENIELLO E ched'è lu timbro? GAETANO Lu campaniello. (Suona un tocco) Un tocco, è la cameriera di mia figlia. Ma tu nun te n'incarrica', nun te movere. (Suona due tocchi) Due tocchi. BIASE (entrando) Comandate, eccellenza! GAETANO (Gue', chillo nun è stato mai esatto come a mo!) Chi t'ha chiammato? BIASE Due tocchi, eccellenza. GAETANO A te te n'ha d'afferra' uno e buono!... Vattenne che nun aggio chiammato a te!

MISERIA E NOBILTÀ

Va bene, cavaliere eccellenza, nun nce penzate! Chillo, lu guaglione tene talento. Iammuncenne, Peppe­ nie' ... PEPPENIELLO Permettete, signo' ... (Arriva sotto l'uscio in fondo, si volta, e ripete a Gaetano) Vicienzo m'è pa~ tre a me! GAETANO E che buo' da nuie? (Vicienzo e Peppeniello vanno via pel fondo a sinistra) Che giornata, che bella giornata, che bella giornata! ... Comme pare bella 'sta cammera tutta fiori! ... Intanto stamrnatina aggio urdi­ nato lu pranzo pe dodici persone, e ccà nun sarrammo manco seie. Aissera mannaie l'invito a lu miedeco de lu primmu piano, e chillo stammatina m'ha mannato a di­ cere che nun pò veni', pecché è vigilia e mangia pane e mellone. Mmitaie IO pure all'architetto de lu terzo pia­ no cu tutta la famiglia, e stammatina m'ha mannato a dicere che nun pò veni', pecché la mugliera tene do­ lore de mola ". lo po dico: 'sti guaie me li putiveve fa' sape' aissera, e io nun avarria ordinato lu pranzo pe du­ dece. Pure è buono che vene l'avvocato mio cu la mu­ gliera e li doie figlie. So' quatte, e duie nuie, seie, e don Dummineco, lu negoziante a Toleto 12, sette... Pure na bona tavola è... Ma dudece era meglio, tengo tutto lu servizio completo! ... Nun nc'è che fa'! ... Quanno se dan­ no tanta cumbinazione! ... Nce sarria stato pure chill'as­ sassino de figliemo Luiginoj ma no, nun lu voglio vede', me n'ha fatte assaie! E pe la capa soia se perde chesti ghiurnate! ...

VICIENZO

Biase guarda i festoni di fiori attaccati alla porta, e va via ridendo. No, io a chillu cestariello ne l'aggia manna'. Perdonatelo, cavaliere eccellenza, chillo è nu poco scemo. GAETANO Seh! PortatiIlo a casa, chillo scemo!... Dunque? Due tocchi, o chiammo a pateto o a chill'auto animale anfibio, che mo se n'è ghiuto. (Suona tre tocchi) Quan­ no po siente 'sti tre tocche, è segno che chiammene a te, e tu te presiente... Haie capito?

I

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Scena seconda

GAETANO VICIENZO

Ottavio e detto.

OTTAVIO (di dentro) GAETANO Chi è? ...

È permesso? Ah! il signor Bebè!. .. Avanti, favori­

sca. Mmilaie: invitai. II. mola: dente molare. 12. Tolelo: Toledo, quar­ tiere di origine spagnola (sec. XVI), famoso centro commerciale della città.

lO.

9. carciabanco: cassapanca.

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L

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MISERIA E NOBILTÀ EDUARDO SCARPETTA 43 (di fuori) Grazie... Se disturbo, ritornerò un'al­ GAETANO Ma scusate, voi perché non volete dire come vi tra volta. chiamclte? GAETANO Ma niente affatto, voi ci fate sempre onore e OTTAVIO Perché è inutile. Che ve n'importa a voi? Mi piacere. chiamo Bebè... il signor Bebè. OTTAVIO Gra2ie, troppo gentile! GAETANO Va bene, come volete voi. GAETANO Accomodatevi. OTTAVIO (tira fuori un portasigarette, ne prende una e ne offre un'altra a Gaetano) Posso offrirvi? OTTAVIO Gra2ie! (Seggono). Come state? State bene? GAETANO Che è chesta? ... Na bacchetta de spirito d'a­ GAETANO Eh, non c'è male. E voi sempre svelto, sempre allegro! menta '? OTTAVIO (ridendo) Ma no, una sigaretta. OTTAVIO Che volete? ... io non sto mai di cattivo umore. I GAETANO Bravo! ... Sempre cosi!... GAETANO Ah, se fumano? .1 OTTAVIO Sicuro! (accende un cerino) Accendete. (Gaeta­ OTTAVIO Quanti fiori! ... Sono tutti regali di vostra figlia, :1' non è vero? no acce.nde) Queste vengono dal serraglio '. GAETANO Ah ... Li ffanno li guagliune llà dinto! ... GAETANO Sicuro, perché oggi è l'anno avversario della sua :1 nascita. OTTAVIO Ma che! Vengono da Costantinopoli, c'è den­ "j tro la barba del Sultano. OTTAVIO (ride) Ah, ah! l'anno avversario? L'anniversa. GAETANO SO' fatte cu la barba del Sultano?!... Vi'! com­ rio volete dire? :il me hanno d'addura'! GAETANO E nun aggio ditto accussi? .. Oggi ha finito di. OTTAVIO (ridendo) Son fatte con un tabacco che si chia­ ciotto anni. I ma cosi: la barba del Sultano. OTTAVIO Diciotto anni! ... Che bell'età! ... L'età dell'alle. gria, dei fiori e degli amori! Gaetano fumando si disturba e tossisce. GAETANO Ah! nuie l'avimmo finete da nu piezzo diciotto anni! ... Anche voi avete mandato dei bei fiori... Ho let­ OTTAVIO Che cos'è?

to il vostro nome. Il Signor Bebè! GAETANO M'è ghiuto nu pilo de la barba ncanna!

OTTAVIO Sicuro... perfettamente! ... E la signorina Gem­ OTTAVIO Se vi disturba, non fumate.

ma non c'è? GAETANO Si, la verità (posa la sigaretta). Signor Bebè, vi

GAETANO Nonsignore, è uscita in carrozza colla sua came­ ricordate ieri sera che festa a mia figlia? riera ... Ma poco po' trica' '. OTTAVIO Ah sicuro! ... C'era però un pochino di contra­ OTTAVIO Se non vi dispiace, l'aspetterò. Voglio personal­ sto, ma la sinistra vinse. mente darle i miei auguri, e di piu offrirle un piccolo ri­ GAETANO Già! lo questo osservai: tutte le poltrone a si­ cordo (tira fuori da una tasca un astuccio con un anel­ nistra sbattevano le mani, facevano chiasso, e chelle a lo). Ecco! ... Un anellino. dritta nun se muvevano Perché, don Bebè? GAETANO (osservandolo) Bellissimo! Altro che anellino, OTTAVIO Eh! ... Perché? Partito contrario, mio caro! ... questo è un anellone! ... C'è una lettera sopra tutta in Tutte le poltrone a destra proteggono Erminia Pax, l'al­ brillanti. tra prima ballerina. OTTAVIO Sicuro, è una B... Bebè, il mio pseudonimo. GAETANO Ah, perciò! ... E vonno mettere la Pax con mia

GAETANO Già, Bebè, il vostro pesolonimo! ... Per ora vi Seh! ... Nce ne vanno Pax per mia figlia!

figlia? ... mia figlia ringrazio con la bocca mia; quando poi viene vi ringrazierà a voce, colla bocca sua. 2. Na bacchetta ... : un bastoncino di estrailo di menta. 3. serraglio: era

OTTAVIO Oh niente, per carità! cos( detto comunemente l'ospizio dei poveri (nel quale è ambientato 'O me·

OTTAVIO

.1

1

'1

se maria1lo di Salvatore Di Giacomo, per il quale cfr. questo .tesSo volume);

I.

trira': tardare.

qui è scherzosamente confuso con il Serraglio (palazzo residenziale) del Sul.

tana di Costantinopoli.

44

EDUARDO SCARPETTA

Oh non c'è paragone! Dite la verità, don Bebè? D'altronde che ci volete fare? Sono i partiti!. .. Poi vi sono i capi partiti; io, per esempio, sono capo par­ tito della sinistra, e se domani sera ... questo già non sa­ rà mai, dico per dire, se domani sera voglio subissare' vostra figlia, la subisso! GAETANO Eh! va bene, ma mia figlia tiene l'arte. OTTAVIO Che vuoI dire! ... Il pubblico a questo non ci ba­ da. lo mi metto in testa di fischiarla, e la fischio! ... Dico per dire. GAETANO Già! È l'istessQ fatto, per esempio, che io, es­ sendo suo padre, dopo che voi l'avete fischiata, v'aspetto fora, e ve faccio nu paliatone! OTTAVIO Oh! ... GAETANO Dico per dire! OTTAVIO Ah, va bene. GAETANO Ma voi siete un gentiluomo, e non la fischie­ rete. OTTAVIO Ma che! Ho portato un paragone per farvi com­ prendere di che sono capaci i capi partiti. GAETANO Ed io vi ho portato un altro paragone per farvi comprendere di che sono capaci i padri. (Ottavio ride) Don Bebè, lu vi'! ... Don Bebè! A proposito, don Bebè, potrei avere il piacere di tenervi a pranLO con noi, que­ st'oggi? OTTAVIO Quest'oggi? .. Mi dispiace, ma non posso... So­ no stato già invitato, mi procurerò il piacere un'altra vol­ ta ... Questa sera, se vi fa piacere, verrò a prendere il caffè con voi. GAETANO Va bene. Intanto, permettetemi, vado a lavar­ mi un poco, a fare un po' di toletta. Da che mi sono al­ zato, non ho fatto altro che attaccare rose e camelie per mia figlia. Vedete llà! (Mostra la porta). OTTAVIO Ah bravo! ... Fanno bene! GAETANO Con permesso? OTTAVIO Attendete. GAETANO (dopo una pausa) Ma che? .. Mi dovete dire qualche cosa? OTTAVIO No. GAETANO E voi mi avete detto: «Attendete».

OTTAVIO GAETANO OTTAVIO

4. suhinare: di fischi.

MISERIA E NOBILTÀ

45

Dico, attendete, fate pure il vostro comodo. Ah, va bene... Intanto voi potete vedere i ri­ tratti nell'album... potete passeggiare un poco in giar­ dino. lo vengo subito. OTTAVIO Ma si, fate pure. GAETANO Grazie, signor Bebè! ... lo nun capisco pecché v'aggia chiammà Bebè. Ogne vota che parlammo, aggio da suna' lu tammurro pe nu quarto d'ora ... be brè... be brè... Ma voi dite che è il vostro pesolonimo, e io non voglio contrariarvi (via, dalla quinta a destra). OTTAVIO (ridendo) Ah! ah! ah!. .. Che tipo curioso! ... Per forza vuoI sapere come mi chiamo. Dire il mio vero no­ me a lui! ... Dovrei esser pazzo! Se mio fratello, il prin­ cipe di Casador, e mia sorella, la contessa del Pero, ve­ nissero a scoprire che io faccio la corte ad una ballerina, povero me!. .. Starei fresco!.. .. Se non avessi sciupato quasi un milioncino con queste ragazze, non darei conto a nessuno delle mie azioni; ma oggi, purtroppo, ho bi­ sogno dei miei parenti, e debbo agire con molta cautela. Tanto piu che faccio sempre delle lezioni di moralità a mio figlio Eugenio! Se egli sapesse che vengo in que­ sta casa, povero me! Povero me!

OTTAVIO GAETANO

i I

Scena terza Gemma, Bettina e detto. (di dentro, ridendo con Bettina) Ah! ah! ah! Va bene... grazie, grazie. OTTAVIO Ah, eccola qui (va in giardino). GEMMA (viene avanti con due mazzolini di fiori in mano, in abito da passeggio, elegantissimo. - Bettina la segue con altri due mazzolini in mano. Indossa un abito di seta ne­ ra) Ma chesta veramente è na cosa curiosa! 'Sta iur­ nata me subissene de buehè '. Pure Biase me n'ha dato uno! ... Fiori da tutte le parti!. .. Teh! guarda ccà! lo mo che ne faccio de tutti 'sti fiori? BETTINA L'anno che bene, nee l'avite avisa' quatte iuor-

GEMMA

I.

huchè: mazzi di fiori (franc. houquets).

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EDUARDO SCARPETTA

ne primme a tutte quante che fiori nun ne vulite, sen­ tite a me (si levÌlno i cappellini). GEMMA Vedimmo chisto chi è? (prende il primo biglietto di visita come ha fatto Gaetano, elegge) «Alfredo del Cane» Ah! chisto è lu baruncino! ... Chill'antipatico... Nun lu dammo audienza! (Prende il secondo biglietto e legge) «Aurelio Frichè». (A Bettina) E chi è 'stu Fri­ chè? BETTINA E chi lu ssape! GEMMA Ah, chisto è chillu nobile, curto curto... Si vvide quanto è curiuso! ... La sera se fa mettere quatte cuscine ncoppa a la pultrona, e po s'assetta. BETTINA E chisto ha da essere Tombus. GEMMA Proprio Tombus! Accussi lu chiammammo nuie... E chist'auto chi è? (Prende il terzo biglietto, e legge) «lI signor Bebè». OTTAVIO (avanzandosi) Mi avete chiamato? GEMMA Ah, vuie stiveve ccà? OTTAVIO Si, stavo qua, tesoretto mio. Son venuto per au­ gurarvi tutte quelle felicità che il vostro bel cuore desi­ dera! Anche io questa mattina ho voluto mandarvi dei fiori; ma poi, personalmente, vi prego di accettare que­ sto piccolo dono, che terrete come semplice ricordo del signor Bebè. GEMMA Ah bravo! (Prende l'astuccio, lo apre ed osserva l'anello) Carino! OTTAVIO (Carino! ... Quello mi costa 1600 lire!) Quella è una «B» tutta in brillanti. GEMMA Già, una «B»! ... Tiene, Betti', mietti llà ncop­ pa! ... (Bettina prende l'astuccio, e lo pone sulla men­ sola).

Se voi, signorina, foste meno crudele con me, quante e quante cose farei per voi, perché vi giuro che mai in vita mia ho amato una donna come amo voi, o Gemma! ... BETTINA Uht signuri', io nun nce aveva badato! ... Guar. date quanta rose e quanta camelie stanno vicino a la porta de la cammera vosta! GEMMA Uh! veramente! ... E chi nce l'ha poste? OTTAVIO Vostro padre mi ha detto che da stamattina non ha fatto altro che attaccar rose e camelie... Forse sarà stato lui. OTTAVIO

MISERIA E NOBILTÀ

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Povero papà! Quanto me vo' bene! ... Pe 'sta na­ scita mia sta ammuinato 2 da otto iuorne, e se pò di' che la notte nun ha durmuto. OTTAVIO Non solamente vostro padre, signorina. An­ ch'io stanotte non ho potuto riposare, e pensando a voi, dicevo fra me: «Chissà se mi accorderà una sola parola di speranza, quella parola che non ho potuto mai otte­ nere, e non so perché... » GEMMA Ma scusate, signore, io credo che v'aggio parlato chiaro bastantamente. Site vuie che vi piace de perdere lu tiempo. Quanno venisteve la primma vota, e me dici­ steve tante belle parole, e me facisteve tanta belle pro­ messe senza mai parlare della cosa piti essenziale, io su­ bito capii, e che ve rispunnette? ... «Signor Bebè, voi avete sbagliato, io non voglio diventare chello che me vulite fa' diventa' vuie. Si veramente tenite na gran pre­ mura pe me, spusateme, chesto è chello che desidero». A 'sta parola «spusateme» che v'aggio ripetuto cchiti de ciente vote, vuie nun parlate cchiti e v'arrefreddate. Ma pecché vurria sape'? OTTAVIO Ecco qua, Gemma mia, vi dirò... lo appartengo ad una nobile famiglia ... e i parenti miei, capisci ... GEMMA Capisco... i vostri parenti... la vostra nobile fami­ glia, nun vedarriano buono 'stu matrimonio, pecché io so' na ballerina... e siccome chesta ballerina, amerà su­ lamente a chillo che le parlarrà de matrimonio, cosi, ca· ro signor Bebè, scusate se vi dico che dovete battere la ritirata. (Bettina canterella il motivo della ritirata, e

GEMMA

Gemma le fa coro. Tutte e due ridono con aria di scher­ no). OTTAVIO (dopo una pausa) E mi lasciate cosi barbaramen­

te? .. Non mi dite altro? Nient'altro, non ho altro da dirvi. Ebbene, ci penserò, e spero di farvi contenta, perché mi sarà impossibile dimenticarvi, o Gemma. Vi amo troppo, e col tempo ve ne convincerete! (Una pau­ sa) Uno di questi giorni resterò a pranzo da voi. Vostro padre voleva farmi rimanere oggi; ma con mio dispia­ cere non ho potuto accettare, perché avevo un altro im­ pegno... Vi farà dispiacere se pranzerò un giorno con voi?

GEMMA OTTAVIO

2 • • ",,,,uin.to:

afiannato (cfr. Il.,: .",,,,uin.: afianno).

L

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EDUARDO SCARPETTA

Oh, anzi, staremo piu allegri! Bravissimo! Dunque, arrivederci mia cara! ... A questa sera. GEMMA A rivederci. OTTAVIO Col tempo ve ne convincerete... ve ne convin­ cerete... (Bisogna aver pazienza e costanza, io so il me­ stiere!) (Via). GEMMA Ah! ah! ah! (Ridendo) Quanto è curioso! BETTINA A chell'età vo' fa' ancora lu giuvinotto! GEMMA Appena sente parla' de spusalizio se ne scappa! ... Basta, Betti', mo che simme trasute dinto a lu palazzo, lu guardaporta m'ha cunsignato 'stu biglietto. Dice che nce l'ha dato Eugenio da stammatina, e non ha avuto tiempo de me lu da' primma... Vedimmo che dice (apre il biglietto). Attiente, Betti'! Avesse da veni' papà? BETTINA Nun avite appaura, leggite! (Va a guardare ver­ so l'uscio a destra). GEMMA (legge) «Cara Gemma, oggi presenterò a tuo pa­ dre la mia famiglia, e se la sorte ci sarà favorevole, se riuscirà la finzione, saremo felici e per sempre. Per ora non ti dico altro; a voce ti dirò il resto. Ama sempre il tuo Eugenio». E che vo' dicere chesto? Che sarrà sta finzione? BETTINA E che ne saccio, signuri'? .. Chello che ve pozzo dicere sulamente: stateve attiente, perché a li vote na figliola, quanno meno se crede, è ngannata! GEMMA Tu che dice, Betti'!? ... Chillo, Eugenio, va pazzo pe me! ... BETTINA E chill'assassino de maritemo pure lu pazzo fa­ ceva, e po quanno me spusaie... GEMMA Comme! ... Betti', tu si' mmaretata? BETTINA Sissignore, signuri', da ott'anne! Me spusaie nu giovene de notaro, nu certo Felice Sciosciammocca, e doppo duie anne de matrimonio nce spartetteme. GEMMA E pecché ve spartisteve? BETTINA Pecché chillu birbante se mettette a fa' l'ammo­ re cu na sarta, e pe chella femmena steva facenno i' la casa sott'e ncoppa. lo l'appuraie, e le facette prime nu paliatone, e po me ne iette. Me credeva che 'stu mio si­ gnore, doppo quacche tiempo, se fosse ricurdato de me. Ma niente! ... So' seie anne che sta cu chella tale, e io comme fosse morta adderittura! GEMMA Povera Bettina!

GEMMA OTTAVIO

MISERIA E NOBILTÀ

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A me nun me dispiace pe isso, signuri', credi­ teme, ma pe nu guaglione che le rimmanette, e che isso nun m'ha vuluto maie da' ... Ma si me vene ncapo, nu iuorno de chiste lu vaco piscanno', e mar'a isso' vi'! ... Mar'a isso! M'aggio da scunta' tutto chello che m'ha fat­ to! ...

BETTINA

, Scena quarta Luigino e dette, poi Eugenio, indi Gaetano.

(dal giardino) Psst! ... Gemma! ... Gemma! . Gue', Luigi'! ... Mannaggia all'arma toia! E comme? ... Te pigliaste n'auti 1500 franche da dint' 'a la scrivania? LUIGINO E so' finite, bellezza mia!. .. Nun tengo manco nu sordo. GEMMA Eh! ... E che buo' da me, mo? ... Chillo papà nun te vo' vede' cchiu. LUIGINO Addo' sta papà? GEMMA Starrà dint'a la cammera soia. BETTINA Sissignore, sta ccà. LUIGINO E chiude la porta cu la chiave, agge pacienza, io t'aggio da parla'. (Bettina chiude l'uscio a chiave) Gem­ ma, famme fa' pace cu papà. GEMMA È impossibile! Chillo sta arraggiato I cu ttico de na mala manera! LUIGINO Tu puoi far tutto, bellezza mia! Vuoi vedere pu­ re chi te ne prega? (Si avvicina alla porta del giardino, e chiama) Marchesi', venite! EUGENIO Eccomi qua, Gemma mia!

GEMMA Eugenio! ... E pe do' site trasuto?

LUIGINO Papà aveva dato ordine a lu guardaporta de nun

fa' passa' nè a me e nè a isso, ma s'era scurdato però de lu ciardino Lu canciello steva apierto, e nce simme mpizzate ' .

LUIGINO GEMMA

3. lu vaco piscanno: vado a peseado. 4. mar'a isso: maledetto lui. 2. mpit.t.a/e: cacciati dentro.

x. arraggia/o: arrabbiato.

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EDUARDO SCARPETTA

Basta! Euge', che vo' dicere stu biglietto, ched'è 'sta finzione? EUGENIO Ho fatto tutto! Abbasso c'è la mia famiglia in una carrozza chiusa, ed aspetta me per salire. GEMMA La famiglia toia? EUGENIO Si, è na finta famiglia. Sono quattro miei amici che fingeranno di essere miei parenti. GEMMA Tu che dice!. .. E si papà se n'addona? . EUGENIO È impossibile, sono travestiti alla perfezione! .LUIGtNO E po, chillo papà è nu ciuccio! ... Se crede qua­ lunque cosa ... GEMMA Ma pecché haie fatto chesto? EUGENIO Per vederti, Gemma mia, e parlarti con libertà. (Si picchia alla prima porta a destra). GAETANO (di dentro gridando) Neh? Chi ha chiusa 'sta porta?! ... GEMMA Papà! EUGENIO Zitto! ... Andate via tutti, lasciatelo qui solo... lo ritornerò fra poco. LUIGINO lo voglio fa' pace cu papà, si no le dico tutte cose. GEMMA Va buono, pe mo vattenne, nce penzo io. LUIGINO Grazie, bellezza mia! (Via pel giardino). EUGENIO Mia cara Gemma! (Le bacia la mano, e via pel giardino). GEMMA Betti', arape la porta, e trova tu na scusa (via dal secondo uscio a sinistra). GAETANO (bussando e gridando) Vicienzo! ... Biase!... Chi ha chiusa 'sta porta? BETTINA (apre) Eccellenza, scusate, l'aggio chiusa io, pec­ ché me credeva che nun nce steva nisciuno. GAETANO (in frac e cravatta bianca) Nun nce steva nisciu­ no? E io, ched'è, era squagliato? BETTINA Me credeva che stiveve dinto a lu ciardino. GAETANO Gemma addo' sta? BETTINA Sta dint'a la cammera soia, eccellenza. Mo pro­ prio nce simme retirate. GAETANO Sta bona? .. Se sente bona? BETTINA Sissignore, eccellenza. Specialmente stammatina sta comme a na rusella J de maggio. GEMMA

3. ".sella: bocciolo di rosa.

MISERIA E NOBILTÀ

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Benedetta figlia mia, benedetta!... La surpresa l'avite vista? BETTINA Qua' surpresa? GAETANO La porta chiena de camelie e rose. BETTINA Ah, sissignore, eccellenza. N'ha avuto tanto pia­ cere! ... Chillu viecchio, il signor Bebè, l'ha purtato 'stu bello aniello (glielo mostra). GAETANO Lu ssaccio! E essa ch'ha ditto? ... N'ha avuto piacere? BETTINA Accussi, accussi... Vuie po sapite che chella te­ ne tanta oggette, e difficilmente le fa specie na cosa. GAETANO Se capisce! ... Pe fa' specie a chella, nce vonno brillante accussi! (Fa segno con le mani). BETTINA lo vaco dinto, signo', permettete? (Via a sini­ stra). GAETANO Lu cumplimento mio po nun se lu pò maie aspetta'! Me sto accattanno na casarella ncoppa a lu Vommero Attuorno nce faccio fa' nu bello ciardino, e ncoppa a lu canciello nce faccio scrivere: Villa Gem­ ma. Stamattina aspettava lu proprietario pe finalizza" tutto, e nun è benuto ancora.

GAETANO

Scena quinta Eugenio, Biase e detto; poi Vicienzo e Biase; indi Pa­ scale, Eugenio; infine Concetta, Pupella e Felice.

(di dentro gridando) Tu sei una bestia qualun­ que, capisci!

BIASE (di dentro) lo tengo Il'ordine de nun ve fa' passa'!

EUGENIO (di dentro) Una volta! ... Ma adesso l'ordine si

cambierà! Non mi rompere la testa! (Dà un urtone a

Biase ed entrano insieme in iscena).

GAETANO Che cos'è? Che cos'è?

EUGENIO Egregio cavaliere! ...

GAETANO Marchesi', ma io v'aveva pregato...

EUGENIO Di far venire qui mio padre, e i miei zii... Ebbe­

EUGENIO

4. /inaliua': definire.

J

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EDUARDO SCARPETTA

MISERIA E NOBILTÀ

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BIASE Va bene, non dubitate. ne, essi son venuti, e stanno abbasso in carrozza... Aspet­ GAETANO Accussf, dritto, e nun te movere, sa'! tano me per salire. BIASE E si me vene nu sternuto? GAETANO Possibile! GAETANO Nun t'hanne da veni' sternute, e si te venene te EUGENIO Possibilissimo!. .. Sono state tante le mie pre­ li ttiene... Zitto, li bi' ccà! (Si pone in atto rispettoso). ghiere che finalmente li ho persuasi. Vi raccomando pe­ EUGENIO Venite, venite, papà... Ecco qui il cavaliere. rò di riceverli bene... Si tratta del principe di Casador, della contessa del Pero, del marchese Ottavio... GAETANO Uh! mamma mia, aspettate! ... Bia', va' chiam­ Pascale viene avanti in parrucca bionda, basette, guanti me a Vicienzo, subeto! (Gridando). chiari, cappello a cilindro e bastone. Indossa un lungo BIASE Eccome ccà! (Via correndo pel fondo a sinistra). pastrano scuro e si presenta in iscena con molto sussie­ GAETANO Menumale che me trovo la sciassa I ncuollo! ... go, guardando a destra e a sinistra attraverso un paio di Ma nce vularriene li guante; che dicite, marchesi'? lenti a manico di tartaruga. EUGENIO E si capisce! I miei parenti non danno la mano se non c'è il guanto. GAETANO Rispettabilissimo signor marchese... (dandogli GAETANO Fortunatamente ca tengo nu pare de guante! la mano). L'onore che lei mi accorda, mi fa diventare, (Tira fuori un paio di guanti dalla saccoccia, e se l'in­ direi quasi, scemo, e io mi credo d'essere proprio impo­ fila frettolosamente). tente, vale a dire, non mi trovo alla portata di poter de­ EUGENIO Dunque, io vado, mi raccomando! (Via pel fon­ gnamente contracambiare... do a destra). PASCALE Psst! Basta... basta... basta! ...

GAETANO Sangue de Bacco! Questo è un grande onore, GAETANO E chi sta parlanno cchili! ...

figlia mia fortunata! ... S'avarria da leva' 'st'ammuina da PASCALE Basta! ... Se io mi trovo... se io mi trovo (mostra

miezo. (Gridando) Vicienzo!... Biase! ... a Biase il cappello e il bastone perché glieli tolga di ma­ VICIENZO Comandate, cavaliere eccellenza! ... lo stongo no, ma il servo non si muove). Se io mi trovo ... basta... vestenno lu guaglione. basta... GAETANO Che guaglione e guaglione! Se ne parla dop­ GAETANO (lo nun sto aprenno cchili la vocca!) po! ... Levate 'sta rrobba da miezo! Stanno saglienno principe, marchese, contessa, tutta la famiglia de don Pascale mostra di nuovo a Biase iI cappello e iI bastone Eugenio! e, visto che egli non si muove, li butta a terra. VICIENZO Vuie che dicite?! Stanno saglienno? .. , lo ve Il'aveva ditto, caspita! (Biase porta via, una per volta, GAETANO (ad Eugenio) (Che è stato, neh? .. Pecché ha iet­ tutte le corbeilles di fiori). tato nterra lu cappiello e lu bastone?) GAETANO Mettiteve li guante! ... Guante ne tenite? EUGENIO (Perché nessuno glieli ha tolti di mano). VICIENZO Addo' li pigliammo, signo'? GAETANO (Ah, sicuro! ... E chi nc'ha penzato?!... E chil­ GAETANO E nun mporta! ... Vicie', tu va' te miette vicino l'animale che nun se move! ... Aiza llà! '). a la porta, accussi, dritto comme a na sentinella. BIASE (Vuie avite ditta nun te movere!) (Raccattando VICIENZO Nun nce penzate, lassate fa' a me! (Via pel fon­ il cappello e il bastone). do). EUGENIO (a Gaetano) (Andate a ricevere mia zia la con· GAETANO Bia', tu miettete ccà, vicino a la porta, e nun te tessa... Spetta a voi). movere... Quanno io te chiammo, ricordete cavaliere, GAETANO (Ah! spetta a me ... Eccomi qua). Con permesso! eccellenza! (Via pel fondo, di corsa). 1. sciassa: giacca a larghe falde e corte, per i cacciatori eleganti (cfr. franco chasse: caccia).

2.

Aiza /là!: Suvvia, alzati!

I~

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EDUARDO SCARPETTA

(sottovoce) Bravo, bravo don Pasquale! ... Vi raccomando. PASCALE Nun ve n'incarricate, lassate fa' a me. GAETANO Venite, venite, illustrissima signora contessa. (La conduce per mano. Concetta è vestita di un abito chiaro, elegante, con cappello alquanto esagerato e guan­ ti. Pupella veste anche un abito molto elegante con cap­ pellino e guanti. Segue Concetta a braccetto di Felice, che vestirà di nero ed avrà due piccoli baffi). Accomo­ datevi, la prego. EUGENIO Cavaliere, vi presento la illustrissima signora contessa del Pero mia zia, sua figlia Clara contessina del Pero, mio padre il marchese Ottavio Favetti, e mio zio il principe di Casador. GAETANO Fortunatissimo di aver conosciuta una famiglia tanto illustrata! EUGENIO Il cavaliere Gaetano Semmolone, padre di Gem­ ma. PASCALE Molto piacere! FELICE Fortunato! (Tutti seggono). GAETANO (Bia', fa' veni' cinche gelati, ma ma proprio!) BIASE (Subito, cavaliere eccellenza) (via). PASCALE Dunque, voi siete il padre della ragazza, che mio figlio dice di amare tanto? GAETANO Sicuro, per servirla! ... E anche mia figlia, posso assicurarla, gli porta un amore inqualificabile, ci tiene proprio una gran passione. FELICE Questa, per esempio, per me è una novità . Quando mai le ballerine hanno tenuto una passione! .. (Sdraiandosi sul divano a molle vi affonda). PASCALE (Statte fermo!) FELICE (Ma che? ... È vacante da dinto?) PASCALE (Chelle so' li molle!) GAETANO Ma, ecco, signor principe... È vero che le balle­ rine sono stravaganti, e non tengono affezione per nes­ suno; ma mia figlia è un'altra cosa. Quando la conosce­ rete, vedrete... che direte ... sapete... avete... una bella cosa... lo appunto pensando che mia figlia era una balle­ rina, mettevo quasi l'imponibile J, sempre da parte di EUGENIO

J. mettevo quasi l'imponibile: ci facevo sopra molti dubbi; ma nel discorso srrampalaro di Gaerano la semantica non ha piu alcun senso (insufficienza per «sufficienza~, lustra per «illustre ~).

MISERIA E NOBILTÀ

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lor signori illustrissimi, e con poca propenzione... anzi, con molta insufficienza io subivo questo amore ... ma dal momento che mi veggo assediato, circuito da una fami­ glia tanto lustra, non posso che prendere mia figlia, e buttarla in mezzo a voi! ... Amatela e compatitela, e a me suo padre poi credetemi per sempre vostro umilìs­ simo parente Gaetano Semmolone. FELICE Napoli IL. (dice la data del giorno della recita). PASCALE (Ha chiusa 'a lettera!) Signore! ... io era molto contrario a questo matrimonio, ma vedendo che mio figlio piangeva la mattina... il giorno... la sera... la not­ te... FELICE (Chisto chiagneva sempe!) PASCALE Dissi fra me e me: questo ragazzo ne piglierà certo una malattia, contentiamolo, e non ne parliamo pid. D'altronde, egli tiene seicentomila lire di rendita, e può sposarsi una giovane di suo piacere ... GAETANO Seicentomila lire di rendita?! PASCALE Oh! ... E che cosa sono! ... FELICE (Ma chi l'ha viste maie!) PASCALE Mio fratello, il principe di Casador, ha già fatto il testamento tutto in suo favore ... FELICE Già! '" i miei milioni sono suoi. CONCETTA Scusate, c'è mia figlia, che è pure vostra ni­ pote. FELICE E mi dite sempre questo, contessa! lo la roba mia la voglio dare a chi mi pare e piace. La contessina tiene il vostro... Il vostro che ne fate? ... Avete tanta roba! EUGENIO Va bene, di questo potrete poi parlare a casa. Qui non mi pare il momento. PASCALE Dunque, dicevamo ... vedendo che Eugenio si era ridotto mezzo per causa di questa signorina Gemma ci riunimmo tutti i parenti, e si decise di contentarlo. Solo mia sorella la contessa, qui presente, era un poco duretta ... un poco duretta ... FELICE (Era? .. Molti anni fa! ... Ma ma è molla, mo!) PASCALE Ma poi ha finito col cedere anche lei. GAETANO Bravissimo! CONCETTA lo se era duretta, aveva mille canne' di ra­ gione. FELICE (Quanto so' belle 'sti mille canne de chesta!) 4. mille canne: mille volte.

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EDUARDO SCARPETTA

Che ci passava per sopra mio fratello, il mar­ chese Ottavio, e l'altro mio fratello, il principe di Cas­ sarola... FELICE Casador, contessa, Casador! CONCETTA Oh, sicuro, Casador, ho sbagliato... FELICE La contessa sbaglia sempre i cognomi. .. Ah! que­ sta contessa! ... questa contessa... (nce scumbina a nuie!) CONCETTA Erano padroni di fare ciò che volevano... ma io ... la contessa del Piede... FELICE Del Pero, contessa, del Pero. CONCETTA Scusate, principe, del Pero lo dicono i lazzari '. Noialtri nobili diciamo del Piede. FELICE (Nun nce fa' avuta' lu stummaco!) GAETANO Perdonate, principe, me pare che ave ragione la contessa... Lu Pero chi lo dice? Proprio chilie de mie­ zo a la via. FELICE (Siente a chill'auto pede de vruoccolo' da llà!) CONCETTA Dunque, io, la Contessa del Piede, apparen­ tare con una ballerina? Questo solamente mi faceva sta­ re in attitudine di sospensione; ma poi sentendo che la ragazza aveva buoni principi e fini, ho detto: «Ebbene, sia fatta la volontà vostra! ... » GAETANO Ed io ve ne ringrazio con la faccia per terra. BIASE (recando un vassoio con cinque gelati) Ecco ser· vito, cavaliere eccellenza. GAETANO Ah, bravo, qua, a me! ... Prego, signori, di ac­ cettare un gelato. PASCALE Oh, ma perché questo disturbo? FELICE Sa'! ... noi mangiamo sempre gelati. GAETANO Ma che disturbo! È dovere, nient'altro che do­ vere! ...

CONCETTA

Pasquale, Felice, Concetta e Pupella sorbiscono i gelati con grande avidità. (Nun pigliavo gelate da seie anne!)

Ma vostra figlia, questa Gemma, quando ce la

farete vedere? GAETANO Subito! ... (Chiama) Biase! BIASE Cavaliere, eccellenza! FELICE PASCALE

,. lauari: cosi venivano designati gli uomini dell'infima plebe (cfr. sp. laxa, o); pere è la forma volgarizzata di pede. 6. pede de vruoccolo: cesto di broccoli, con il significato di ~ balordo., • sciocco ».

MISERIA E NOBILTÀ

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GAETANO Andate a chiamare mia figlia Gemma. BIASE Subito, cavaliere eccellenza! (Esce dalla

seconda porta a sinistra). GAETANO Vedrete! ... Un angioletto ... un tipo di virtu e di candore! FELICE E poi balla divinamente! Poche volte l'ho vista, e posso dirvi che balla molto meglio di quante ballerine ho veduto a Parigi. GAETANO Ah, principe, siete stato anche a Parigi? FELICE Se sono stato a Parigi! ... Ma io conosco piu Pa. rigi che Napoli!. .. Fratello, quante volte siamo stati in Francia? PASCALE Vb! ... BIASE Ecco ccà la signorina! GAETANO (va ad incontrarla)

Vieni, figlia mia (la prende per mano). Figlia mia, fortunata! Nobile figlia! ... Bacia la mano al tuo secondo padre e ai tuoi nobili parenti.

Scena sesta Biase, Gemma e detti. Obbedisco (bacia la mano a Pascale, Concetta e Felice). PASCALE Bravo! ... Bella ragazza! Siedi (Gemma siede vi­ cino ad Eugenio). FELICE (Chesta overo è bona!) CONCETTA (la guarda attraverso le lenti) È veramente una graziosa franciulla! FELICE Ah! (Grida per non far sentire lo sproposito di Concetta) Sarà una coppia proprio invidiabile! GAETANO I parenti del tuo caro Eugenio acconsentono con piacere al matrimonio. Mo sei contenta? GEMMA E vi pare! ... Contentissima! FELICE Abbiamo fatto tutto ciò che volevate, e siamo ve­ ramente lieti di avervi data quella felicità da voi tanto desiderata. PUPELLA Dopo il matrimonio di mio cugino, dovete pen­ sare di maritare anche a me, perché se no parlo, e scum· bino tutto! GEMMA

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Comme! ... scumbina? Si, è un intercalare che tiene. Quando non può avere una cosa, dice: «Badate che io scumbino tutto!» GAETANO (ride) Ah! ah! ... Ho capito. PASCALE La biricchina, la biricchina! FELICE La biricchina, la biricchina! (All'arma de mam· meta!) GAETANO Va bene, contessina, si penserà anche per lei! ... A proposito, marchesi', voi giorni fa mi diceste che la principessa di Case-e-ova '... voglio dire Casador, moglie di vostro zio, qui presente, era ammalata... Adesso, co­ me sta? EUGENIO Ah, male, molto male!

FELICE Malattia inguaribile, caro mio, si tratta di petto.

PASCALE Poveretta! Non capisce niente piti, si è ridotta

cosi... FELICE Ieri sera sono arrivati quattro medici da Londra e due dall'America e, dopo di averla osservata, dissero: «Caro principe, non ci pensare piti a tua moglie, essa non tiene piti né polmone, né fegato Tiene si un poco di fegato, ma è poco, è troppo poco! » GAETANO Nun avasta 2 manco pe nu fritto. FELICE Dissero:« Se la milza si mantiene ancora fresca, potrà vivere un'altra settimana; ma è difficile, perché la milza sta già per putrefarsi». EUGENIO Poverina! Fa proprio compassione! ... (Non ca­ pisco perché dire tante bestialità!) GAETANO Mi piace però il carattere del principe! (Tiene la moglie quasi moribonda, e non se ne incarica). FELICE Ah, io sto sempre cosi! ... Sempre di buon umo­ re!. .. E poi si deve morire una volta... Che si deve fare? Pazienza! ... Ne sposeremo un'altra. GAETANO (ridendo) Ah, ah! ... che bel carattere!

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1-AISERIA E NOBILTÀ

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GAETANO FELICE

Gl'invitati hanno intanto finito di sorbire i gelati, e Bia­ se, dopo di aver rimesso i piattini nel vassoio, esce dal fondo, a sinistra. I.

Case·e·ova: cacio-e-uova.

2.

avasla: basta.

Scena settima Viciem.o e detti, poi Giaccbino, indi Luigino.

Cavaliere eccellenza, c'è in sala una persona che desidera ài par1arvi. GAETANO E chi è? VICIENZO Dice che si chiama don Giacchino Castiello.

PASCALE (Don Giacchino Castiello!)

FELICE (con terrore) ('O patrone 'e casa!)

GAETANO Ah, ho capito. Questo è il proprietario di quel casino al Vomero che io forse acquisterò... Ma adesso non mi sembra il momento... Basta! ... fallo entrare... VICIENZO Subito. (Dal fondo) Favorite, signore. VICIENZO

Pasquale, Felice, Concetta e Pupella si aggrappano e re­

stano a testa bassa per non farsi riconoscere. Gaetano si

è alzato per andare incontro a Gioacchino. Vicienzo

esce.

Grazie... Carissimo don Gaetano. Don Giacchi', io v'aspettava da stammatina... Site venuto iusto mo! GIACCHINO Che volete? Ho avuto tanto da fare! GAETANO Ma mo è impossibile de parla'. Tengo qua una famiglia nobìlissima... si tratta della fortuna di mia figlia, capite? GIACCHINO Oh, io non voglio incomodarvi, tornerò sta­ sera. GAETANO Me faciarrisseve nu gruosso piacere, scusate. GIACCHINO Ma niente affatto, per carità. (Avvicinandosi a Pasquale, Felice, Concetta e Pupella senza riconoscer­

li) Signori, scusate se vi ho disturbato ... ma io non p0­

teva supporre che don Gaetano era occupato con voi...

Fate pure il vostro comodo. (Ma che se stanno piglianno

a capuzzate l?) Don Gaeta', stateve bene, nce vedimmo

stasera.

GIACCHINO GAETANO

I.

capuv..Ie: testate.

L_­

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EDUARDO SCARPETTA

A rivederci (Giacchino esce). Signori, faccio le mie scuse... FELICE Ma che scuse e scuse!... Quando si parla con noi, non si dà retta a nessuno. PASCALE Noi non siamo abituati ad essere trattati cosi! GAETANO Perdonatemi, non lo farò piu, è stata la prima ed ultima volta! (Gue'! se so' pigliate collera! Ah! per­ ciò se pigliavene a capuzzate!) Vi chiedo mille scuse! PASCALE Va bene, non se ne parli piu. FELICE Ma se ritorna quell'uomo, non lo fate piu entra­ re, mandatelo via! PASCALE Si, si, non lo fate entrare piu! GAETANO Va bene, vi servirò. EUGENIO Dunque, pare che si sia tutto conchiuso per il matrimonio? GAETANO Tutto, non ci è altra difficoltà, non è vero? PASCALE Ma nessun'altra, nessun'altra. FELICE Siamo tutti contenti. GAETANO Bravissimo! ... Adesso vorrei dirvi una cosa, ma non so come la prendete... mi metto paura di offender­ vi... PASCALE Ma che cosa? GAETANO Ecco qua ... Siccome oggi è stata la nascita di mia figlia ... io aveva ordinato al cuoco un piccolo pran· zetto, ed ora vorrei sapere se... Voi certo ve pigliate col· lera... FELICE Ma parlate! PASCALE Di che si tratta? GAETANO LO dico o non lo dico? ... PASCALE Ditelo. GAETANO Ma ve pigliate collera? FELICE No! ... parlate per Bacco! GAETANO Siamo a tavola io e Gemma solamente, non ci sta nessuno estraneo... Potréi avere l'alto onore di farvi pranzare con noi. FELICE Oh!. .. GAETANO (Aggio fatto lu guaio!) FELICE Aveva ragione che non lo voleva dire ... PASCALE Noi non siamo abituati... Contessa, che ne di­ te? CONCETTA Fate voi, marchese. PASCALE Che ne dite, principe? FELICE Per me accetterei.

GAETANO

MISERIA E NOBILTÀ PASCALE GAETANO

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Allora accettiamo. Bravissimo! E io ve ne sarò grato fino alla mor­

te! FELICE GAETANO FELICE

Ma vi fa molto piacere che mangiamo qui?

Moltissimo!

Allora per farvi contento, resteremo anche do­

mani. Domani, dopo domani, quanto volete voi!

Pure una settimana?

Ma pure un mese!

Anche due mesi?

Anche sei mesi!

Un anno?

Due anni!

FELICE (E staie frisco!) E noi vi terremo contento.

GAETANO Bravissimo! Intanto permettetemi che vado a

dare gli ordini necessari e a sollecitare il tutto! Gemma, porta nella tua stanza la signora contessa e la contessina, e falle togliere i cappelli, tutto quello che vogliono ... Questa è casa vostra! Il principe e il marchese possono girare un poco per la villetta... Qualunque cosa deside­ rate, bussate il campanello, e sarete serviti. lo tornerò subito da voi. PASCALE Fate pure. FELICE Senza cerimonie. GAETANO Grazie tanto. Dunque resterete a mangiare con me due anni? FELICE Ma si, ma si. GAETANO Oh, che onore! ... Oh! che grande onore! ... E chi se l'aspettava mai tanta fortuna. Tenere in casa mia quattro signoroni come voi! lo nun nce capo' dint'a li panne pe la cuntentezza. Vuie nun v'avite a movere cchiu da ccà, e per stare piu sicuro mo vaco da nu fer­ raro " faccio fa' na catena, e v'attacco a tutt'e quatte. FELICE (E nuie accussi iammo a feni', che te cride!) GAETANO Che piacere!... Che grande consolazione! ... Che bella cosa, che bella cosa! ... Addo' me steva astipato que­ sto grande onore! (Via pel fondo a sinistra). EUGENIO Bravi! Bravi! Seguitate sempre cosi. FELICE Basta che se magna!. .. Nun ve n'incarricate de lu riesto. GAETANO FELICE GAETANO FELICE GAETANO FELICE GAETANO

2.

"un "ce capo: non ci sto.

3. ferraro: fabbro ferraio.

62

EDUARDO SCARPETTA

Don Feli', ma badate di non dire tante bestia­ lità! Il fegato, il polmone, la milza! ... Che nc'entrava tutto questo? FELICE Che volete da me? ... Riguardo alla malattia, io non aveva che dicere. LUIGINO (dal giardino) Neh, signori miei!... Che vedo! Pupella! ... La madre! . PUPELLA Don Luigino! E comme state ccà? LUIGINO Come?! ... lo sono il padrone di casa, bellezza

EUGENIO

. I

Inla .... PUPELLA

Ah! benissimo. E siete voi che avete fatta la finzione? Oh! che piacere!... Allora putimmo sta' sempe vicino, bellezza mia! (L'abbraccia). PASCALE Amico! ... lo so' lu patre, sapete! . LUIGINO Ah! voi siete il padre? Benissimo! lo so' ve­ nuto in casa vostra stammatina, e non v'ho trovato... Sappiate che io amo vostra figlia, e me la voglio sposare. PASCALE Va bene! ... Ma mo nun putimmo penza' a che­ sto! GEMMA E se capisce! ... Dimane se ne parla. Pe mo, Lui­ gi', vattenne! LUIGINO Me ne vaco? ... E quanno faccio pace cu papà? GEMMA Sa che buo' fa'? Mo che nce iammo a mettere a tavola, tu te presiente cu na barzelletta, e vide che fer­ nesce tutte cose. FELICE Signori miei, lasciatece mettere primma a tta­ vola! LUIGINO Va bene, cosi farò, bellezza mia. Pupe', statte bona, a ccà a n'auto ppoco' nce vedimmo... Amami, sa' ... amami, sa'... PASCALE Amami sa'! ... Embè, io vi ho pregato che sono il padre! ... Scusate, diteme na cosa, voi chi siete? LUIGINO lo sono un giovine ricchissimo, posso fare la for­ tuna di vostra figlia ... (prende Pasquale a braccetto e, discorrendo insieme, vanno via per la porta che conduce in giardino). FELICE (avvicinandosi a Pasquale, mentre questi va via) Pasca', cumbina " Tu staie a li piede de Pilato! EUGENIO Cara Gemma, non puoi immaginarti come sono contento. LUIGINO

4. a n'aula ppoco: tra poco.

,. cumbina: (sollinteso) il mauimonio.

MISERIA E NOBILTÀ

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E io pure; ma nun saccio comme m'aggio mante· nuta • la risa. FELICE Stammece attiento però, pecché si papà se n'ad· dona, nuie l'avimmo na cauciata '! GEMMA Ma che cauciata! Nun avite appaura, nce stongo io ch'arreparo a tutto ... Signo', venite cu me, iammo dinto (a Concetta e Pupella. Escono tutte e tre dalla por· ta a sinistra). CONCETTA Andiamo pure! Pe me nun se ne pò adduna', pecché'io la cuntessa la faccio bona assaie' (uscendo do· po Gemma e Pupella). FELICE Me ne so' accorto! ... Ha ditto chelli quatte ciuc­ ciarrie 9! ... lu pede, la cassarola... EUGENIO E voi no? Lu fegato, lu pulmone, la milza... FELICE lo ve l'aggio ditto. Riguardo alla malatia, io nun sapeva che aveva 'a dicere. EUGENIO Ma stateve attiento, don Feli'! FELICE Nun dubitate... Ma quanno se mangia? EUGENIO Da qui a momenti. FELICE Capite! tengo nu poco d'appetito. EUGENIO Nce pare da la faccia! (Via dietro alle donne). FELICE E pure che bella cosa è fa' lu nobele! ... Rispetta­ to, ossequiato da tutti ... cerimonie, complimenti ... È

un'altra cosa, è la vera vita! ... Neh? lu pezzente che nce

campa a fa'? ... Il mondo dovrebbe essere popolato di

tutti nobili ... Tutti signori, tutti ricchi! ... Pezziente nun

nce n'avarriene da sta'! ... Eh! ... E se nun nce starriene

pezziente, io e Pascale sarrieme muorte... Nce ha da sta'

la miseria e la ricchezza, se capisce! ... Ma sangue de Bac­

co! ... Chillo cancaro de perllcchiere m'ha cumbinato alla

perfezione (mirandosi allo specchio). Pare proprio nu

principe! Nun pozzo ridere che se ne cade Ili mustac­ cio! ... Eh, chi sa che la sorte nun me farrà diventa' quac·

che cosa veramente! ... A la fine so' giovene... Che nce

vo' a beni' nu colpo de furtuna? ... Niente! ... Allora iar­

l'ia truvanno IO a muglierema, e le diciarria: «Guarda! tu

mi hai trattato in quel modo, tu non ti sei piu curata di

me, ed oggi sono un signore! Vuoi far pace? ... Ebbene,

mettiti il cappello, perché non puoi venire con me senza

GEMMA

6. mantenuta: trattenuta. 7. cduciata: rabbuffo, rimprovero aspro \lell . • gragnuoia di calci~). 8. la faccio bona assaie: la faccio molto bene. 9. ciuccia,,,I.': errori madornali. IO. iarria truvanno: andtei a cercare.

L

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EDUARDO SCARPETTA

cappello! Che bella soddisfazione! Eh? ... Che bella vendetta! » Che bella paliata me facette quanno me truvaie ncoppa addo' Luisella, la sarta? !... Quatte per· zune nun me putevano leva' da sotto a essa!. .. Basta! .,. Mo va' a trova addo' sta! ... Pensiamo adesso che sono un principe, e come principe posso fare quello che vo­ glio io... Che potrei desiderare? ... Ah! ... un bicchiere di vermouth, tanto per stuzzicare l'appetito! ... (Suona un tocco al campanello, ch'è sul tavolino).

MISERIA E NOBILTÀ

65 si 'sta femmena era viva morta! Seie anne, senza far­ me vede' na vota chella povera criatura! ... Addò sta Pep­ peniello? Addo' sta figliemo? ... Parla!' .. assassino!. .. FELICE Sissignore, io te dico tutto, ma nun allucca'! ... BETTINA Tu haie ragione che io nuo pozzo fa' chiasso, pecché si no faciarria nu male a la signorina... nun poz­ zo parla'... nun pozzo dicere chi si' ... Ma però, gue'! tu lu vide 'stu curtelluccio... (tira fuori un coltello a serra­

°

manico). Bettina! ... Posate il cortelluccio! ... Dinto a la panza te lu chiavo, si nuo me dice figliemo addo' sta! (Si guarda intorno con precauzione). FELICE (E chesta è capace de me lu da' dinto a la pan­ za! ... Ma ha ditto che nun pò parla', nun pò dicere chi songo... Ah! aspetta ca mo t'acconcio io). BETTINA Dunque? .. , FELICE lo non so voi chi siete, e che cosa dite... lo sono il principe di Casador! ... (Eh! allucca mo! ...) BETTINA Ah, si' lu principe de li cassarole? FELICE (No, so' lu princepe de li caccavelle!) BETTINA E che me ne mporta a me! ... Figliemo addo' sta? ... (minacciando Felice col coltello). FELICE Indietro, vaiassa '! ... O chiamo un servo e ve ne faccio cacciare! (Suona tre tocchi). PEPPENIELLO (si presenta un servitore in livrea corta) Comandate, eccellenza! FELICE (Peppeniello! !!) BETTINA Chi è 'stu guaglione? FELICE (avvicinandosi a lei) Zitto! È Peppeniello! È no­ stro figlio! ... BETTINA Figliemo! (Dà un grido e corre ad abbracciare il ragazzo) Ah! Peppeniello mio, quanto te si' fatto bel­ lo! ... Damme nu vaso! (Lo bacia). PEPPENIELLO E buie chi site? BETTINA Songo màmmeta, la vera mamma toia! VICIENZO (entrando) Neh, ch'è stato? .. Ched'è? BETTINA Vicienzo mio, chisto m'è figlio! ... Erano seie an­ ne che nun lu vedeva! ... (Al ragazzo) Ma parla! ... Com­ me te truove dint' 'a 'sta casa? PEPPENJELLO Vicien:lo, m'è patre a me! (Felice, stupe­ fatto, sorpreso, salta su una poltrona). FELICE BETTINA

Scena ottava Bettina e detto, poi Peppeniello, indi Vicienzo. BETTINA Comandate, eccellenza. FELICE (atterrito) (Muglierema! ...

Eh! mo l'aggio lu bic­ chiere de vermouth!) (si volta dall'altra parte). BETTINA Eccellenza, pertanto sono venuta io, perché ho inteso un tocco, e con un tocco vengo sempre io. FELICE (E a me nu tocco l m'è benuto!) BETTINA Dunque, che comandate? FELICE (E io si parlo, chesta me cunosce!) BETTINA (con precauzione e quasi ridendo gli parla alle spalJe) lo saccio tutte cose, io stongo da la parte de la signorina... Chesta è stata na finzione che avite fatta tut­ te quante. FELICE (Allora sape tutte cose ... Sape che io so' lu ma­ rito! ...) Bettina mia, mugliera mia ... BETTINA Che! ... Feliciello! ... Ah, piezzo de nfame! ... As­ sassino! ... Si' tu! ... FELICE Ma lu ssaie o nun lu ssaie? ... BETTINA A chesto si' arreddutto, aghi' facenno mbro­ glie!. .. Galiota! 1 ... Birbante!... Ah, me si' capitato n'au­ ta vota sotto! ... FELICE Betti', pe carità! ... BETTINA Scellarato! ... nfame! ... Ommo senza core! ... Se­ ie anne luntano da la mugliera, senza ncaricarse cchiu I. tocco: equivoca sul precedente senso di tocco; qui sta per «colpo al cuo­ re». ,. Galiota': Galeotto!

3. 4

~

vaiassa: donna volgare, servaccia.

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EDUARDO SCARPETTA

Viene!... Vieneme conta tutte cose... figlio mio! (Via col ragazzo dal primo uscio a sinistra). VICIENZO Principe, scusate! ... Chiliu guaglione m'è figlio! FELICE (si butta giu dalla poltrona, e si precipita addosso a Vicienzo) Figlio! !! (Cala la tela). BETTINA

Atto terzo La medesima scena del secondo atto. Lampadario e can­ delabri accesi. È sera.

Scena prima Di dentro voci, Vicienzo e Biase, poi Gaetano, indi Lui­ gino, di dentro. (di dentro) Evviva l'allegria! (come sopra) Evviva! (Battute di mani e tintinnio di bicchieri). VICIENZO (entra un po' brillo dal/ondo a destra con Biase, che lo segue recando due lampioncini alla veneziana, ac­ cesi) lamme, Bia'!... iamme cu 'sti 1ampiuncielle. BIASE Don Vicie', nun ghiate de pressa che io nun me fido cchiu I da stammatina! VICIENZO Ma te chiavo nu paccaro '! Nun se fide cchiu! ... Camme si avesse fatta 'sta gran fatica ... Haie magnato e vevuto camme a nu puorco! BIASE Don Vicie', m'aggio fatto doie butteglie de 1une!­ la'. VICIENZO Mo te la faccio vede' io la 1unella... dint' a 1u puzzo! Va llà, va miette li 1ampiuncielle dint' a 1u ciar­ dina ... Nn'aie da mettere cchiu? BIASE Nonsignore, su10 'sti duie. VICIENZO E va' li mmiette, fà mpressa, pecché chilie ma escene, e 1u patrone le va' fa' piglia' 1u ccafè mmiezo a 1u ciardino. BIASE Va bene, simme leste... Don Vicie', io 1u ccafè 1u baglio amaro (via barcollando per la porta, che conduce in giardino). VOCI VOCI

I. nun me fido echi';: non ce la fo piU. 2. paeca,o: schiaffo. vino ricavato dal «luncllo., una sorta di uva bianca.

-.

3. lunella:

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EDUARDO SCARPETTA

Mannaggia Il'arma de mammeta! Chillo, vi' comme s'è cumbinato! GAETANO (entrando) Gue', Vicie', lu ciardino è pronto? VICIENZO Sissignore, cavaliere eccellenza. GAETANO Bravo! ... La guantiera' cu li tazze, miettela ncoppa a lu tavolino che sta vicino a lu trillace 5. VICIENZO Sissignore. GAETANO Vicie', aggio fatta na bella figura! Quanno han­ no visto lu servizio d'argiento dorato, so' rimaste cu li bocche aperte! ... E po, comme hanno magnato!... Di· cene che li nobele magnene poco. Nun è overo, so' tutte chiacchiere! ... Chille magnene cchiu de nuie! ... Nce sta specialmente lu marchese Favetti, mamma mia, e che s'ha magnato chillo! ... E la contessa del Piede! ... Che bella lopa' neh ... lo già n'aggio avuto piacere! ... Nun te puo' immaginà comme sto allegro stasera! VICIENZO Pe mill'anne, cavaliere eccellenza, pe mill'anne! GAETANO Grazie. Aggio fatto pace pure cu figliemo Lui· gino. Chillo è benuto pe tramente steveme a tavola, che avev'a fa'? VICIENZO Se capisce! ... E po sempe figlio v'è! GAETANO È giuvinotto, vo' fa' lu scicco', se vede senza nu soldo, e m'arrobba .... Ma mo ha giurato che nun lu fa cchiu, m'ha vasato la mano doie vote... Intanto mo stono go cu nu penziero... A tavola s'è assettato vicino a la cuntessina, e nun hanno fatto auto che parla' zitto zitto tutte e duie. lo ncuorpo a me diceva: «Mo vide che se n'addona la cuntessa, e ccà nce ntussecammo 'la serata!» Ma, furtunatamente, né la cuntessa, né lu princepe e né lu marchese se ne so' addunate. VICI ENZO Menu male!

GAETANO Voglio vede' comme fa lu ciardino illuminato.

VICIENZO lo vaco a piglia'la guantiera cu li tazze (via pel

MISERIA E NOBILTÀ

VICIENZO

fondo. Gaetano via pel giardino). (di dentro) Brindisi! Brindisi! ... Vogliamo un brin­ ., di SI. LUIGINO (di dentro gridando)

Bevo, e fo brindisi,

Di tutto cuore,

VOCI

4. guantiera: vassoio. ,. trillace: traliccio, tralice: un tipo di mobile. 6. lopa: lupa, fame insaziabile. 7. lu scicco: lo chic, l'elegantone. 8. m'arrobba: mi ruba. 9. ntussecammo: avveleniamo. ~

VOCI

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All'Illustrissimo, Signor... Amore! ... (come sopra) Bravo! Bravo! ... Molto bene! (Tintin­

nio di bicchieri).

Scena seconda

Bettina, poi Felice. Povero Peppeniello! So' tre ore che sta durmen­ no ncoppa a lu lettino mio... Quanta cose m'ha cunta­ to!. .. Lu faceva sta' senza cammisa, chell'assassina! Pe­ rò, muntagne e muntagne nun se cunfrontene maie " e pò essere che vene nu iuorno che nce ncuntrammo n'au­ ta vota, e putimmo fa' li cunte nuoste.

BETTINA

(comparisce in fondo alla scena mezzo brillo; Bet­ tina lo vede e fa per andar via) Un momento, signo­ ra! ... Lasciatemi prima parlare, sentite prima la ragione, e poi fate quello che vi pare e piace. BETTINA lo nun pozzo sentere niente, pecché vaco de pressa. FELICE lo non debbo dire che poche parole, e voi le do­ vete sentire, perché io le voglio dire. Ricordatevi che sono vostro marito! BETTINA Marito! (Ridendo) Tu, marito? FELICE Non ridete, signora, e sentitemi. BETTINA Ma iusto mo vuo' parla'? Parlammo dimane, quanno haie pariato 'lu sciampagna. FELICE lo non ho bevuto, e non ho mangiato... BETTINA E nce pare! FELICE Non ho fatto altro che piangere tutto il tempo della tavola ... Ah! ... odoratemi il fiato. BETTINA Levete da lloco! FELICE Tutto quello che vi dissero, cioè, che io sciupavo tutto con Luisella, la sarta, non era vero. Calunnie! ca­ lunnie! ... Ero stato due o tre volte in casa sua, si, è vero, questo non lo nego; ma sarebbe tutto finito, se voi non FELICE

1. muntagne e muntagne... : proverbio popolare: "solo le montagne non si incontrano mai...» (dr. anche S. Di Giacomo, 'O mese mariano, se. 111, nota 17 in Questa stessa antologia). 2. pariato: digerito.

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EDUARDO SCARPETTA

aveste fatta quella scenata. Quando voi avanti alle sue discepole mi faceste quel mazziatone, fu tale lo scorno e la mortificazione che giurai di non vedervi mai piu. Do­ po sei mesi di silenzio, mi mandaste a chiedere nostro figlio ... cioè, nostro, vostro! ... (Chillo ha ditta: «Viden­ zo m'è patre a me... lo saccio 'sti fatte! ... ») lo ve lo ne­ gai... Ma sapete perché ve lo negai? Perché dissi: «So­ lamente cosi Bettina verrà da me per far pace». Questo, Bettina non lo fece ... E allora, currivato', ritornai da Luisella. Il resto lo sapete! BETTINA Che bella discolpa! ... E chella povera criatura, senza cammisa! ... Ma camme! nu padre che fa sta' lu figlio senza cammisa! FELICE E che direste, se neanche il padre teneva la... cammisa? BETTINA Bella cosa! FELICE Adesso spiegatemi, o signora, come va che Vicien­ zo, il servo di questa casa, è il padre di mio figlio? ... Parlate! BETTINA Pecché chillo povero guaglione se moreva de famma, e lu cumpare Michele l'ha mannato a servi' dint' a 'sta casa. Lu patrone, trattannese de nu piccerillo, nun se l'avarria certo pigliato; ma Vicienzo, essenno amico de Michele e avennone cumpassione, l'ha presen­ tato ccà camme a figlio, e ha ditta nfaccia a Peppeniello: «Chiunche t'addimmanne, di ca te so' patre». FELICE Possibile! BETTINA Possibile! (Esce Vicienzo col vassoio e le tazze, e si ferma sotto la porta in fondo). FELICE Allora, Bettina mia, se è cosi. .. se m'hai detto la verità...

Scena terza

Vicienzo e detti, poi Gaetano e Vicienzo. (sorpreso dalle parole udite) Principe, permet­ tete, aggio da porta' la guantiera cu li tazze fare a lu ciardino.

VICIENZO

3. eurrivalo: indispettito.

~

71

MISERIA E NOBILTÀ

(Steva facenno lu marrone '!) Fate pure (siede sul­ la poltrona). BETTINA Vicie', agge pacienza! ... Siccome l'illustrissimo signor principe, qui presente, se crede che Peppeniello è veramente figlio a te, dille tu la verità. Pecché chillu guaglione te chiamma patre? FELICE Si, vorrei sapere perché quel bimbo vi chiama pa­ dre. VICIENZO Ecco qua, illustrissimo... Ma pe ccarità, nun dicite niente a don Gaetano! ... Chillu guaglione steva mmiezo a na strada, abbandunato da tutte quante, e pe lu fa' sta' dint'a 'sta casa a servi', io lu presentaie a lu patrone camme a figlio mio, e v'assicuro, illustrissimo, che le voglio bene proprio camme a nu figlio, pecché se lu mmereta, pecché è na povera criatura... E si potesse sape' chi è lu padre, le vularria dicere: «Piezzo de nfa­ me, galiota, cu qua' core haie pututo abbanduna' na po­ vera criatura?! ... Si' nu puorco! ... Si' na carogna! ... » E si me rispunnesse, a pparola mia, principe, passarria lu guaio! ... Vi' che nfame assassino! ... Ppuh! pe la faccia soia! FELICE (Pe la faccia de mammeta! ...) Me l'aggio vuluto sentere io 'sti quatte maleparole! VICIENZO Ma pecché, Betti'? .. Lu principe se credeva che m'ire mugliera? BETTINA Già, perfettamente. VICIENZO Nonzignore, illustrissimo, io nun le songo nien­ te. Bettina è na bona figliola, onesta e faticatora ... Per­ mettete? (Fa per andar via) Lu patre de chillo guaglione è nu nfame! ... (via pel giardino). FELICE (lo abbusco da chillo! ...) Bettina mia, perdona. me! lo ti giuro che da oggi in poi, vularraggio bene sulo a te ... Nun te faccio piglia' cchiti collera. BETTINA Va bene, starrammo a vede'. FELICE E Peppeniello addo' sta? ... Me lu voglio abbrac. cia' e bacia'. BETTINA Mo nun pò essere, pecché chillo sta durmenno, te vede accusta' vicino a lu lietto cu 'stu mustaccio, e pò essere che se sceta', e lu faie mettere appaura. FELICE No, io nun lu faccio sceta', lu vaso chianu chiana. FELICE

Io

marTone: sproposito.

2.

se seela: si sveglia.

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lo lu voglio vede' a chillu povero criaturo! ... (quasi pian­ gendo).

Nun chiagnere, ca si' brutto quanno chiagne... E ghiamme, ma zitto zitto! FELICE (infilando il braccio di Bettina) lo ti ho voluto sempre bene~" BETTINA E s'è visto! FELICE SO' state la gente che hanno posto mpuzature', ma io aggio penzato sempe a te. (Arrivano al primo uscio a sinistra) E ma avimmo fatto pace? BETTINA Gnorsi, avimmo fatto pace. FELICE E ghiammo, ia'! (Vanno via). GAETANO (entrando con Vicien:l.O dal giardino) Ma pozzo maie credere che lu princepe se nnammurava de Bet­ tina? VICIENZO Nce avite da credere, eccellenza, pecché io ne songo cchiti che certo. Ma che so' benuto cu la guantiera e li tazze, l'aggio truvate tutte e duie a stu pizzo' ccà. Lu princepe steva cu li mmane accussi, vicino a Bettina, e le diceva: «Bettina mia, se è cos1... se mi hai detto la verità... » GAETANO E che era 'sta verità? VICIENZO E che ne saccio? .. Ma io sospetto na cosa, lu princepe se credeva che io l'era marito, e Bettina forse le steva dicenno ca no ... GAETANO Ah, sicuro... E ma addo' so' ghiute?

VICIENZO E chi ne sape niente, eccellenza!

GAETANO Basta, nun te n'incarrica', se lu vede essa!. ..

Chillo è nzurato, e Bettina se pò pure ncuita' cu la prin­ cepessa. VICIENZO E se capisce, cavaliere eccellenza! ... E io perciò ve l'aggio ditta... E pure 'o princepe se pò ncuita' cu lu marito de Bettina. GAETANO Camme?! Bettina è mmaretata?

VICIENZO Sissignore Ah, vuie nun sapite niente?

GAETANO No!

VICIENZO Già ... Bettina è mmaretata, ma sta spartuta da

lu marito... Ma chesto nun bo' dicere niente, pecché da nu mumento a n'auto, appuranno lu fatto de lu prin­ cepe ...

BETTINA

3. hanno posto mpuzature: hanno creato discordie. seminato zizzanid. 4. pizzo: punto.

MISERIA E NOBILTÀ

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Se capisce... VICIENZO Tanto cchiti che Bettina tene pure nu figlio. GAETANO Nu figlio? VICIENZO Sissignore, eccellenza, e sapite chi è? ... È chillo guaglione che v'aggio presentato io, Peppeniello! GAETANO Peppeniello! ... E camme, Peppeniello nun è figlio a te? VICIENZO Sissignore, è figlio a me, ma lu padre è lu ma­ rito de Bettina. GAETANO E io ma perdo la capa! ... Tu a Bettina che le si'? VICIENZO Ma nun le songo niente, eccellenza, ma pe lu passato nce aggio fatto l'ammore. GAETANO Ah, va buono, aggio capito! ... VICIENZO Ma ve raccumanno, cavaliere eccellenza! ... Nun dicite niente. GAETANO Te pare! ... Ma che 50' fatto na criatura! ' .. , S'ha da vede' però de ripara' 'sta cosa... Tu, intanto, va piglie lu ccafè, e portale fare a lu ciardino. VICIENZO Sissignore, cavaliere eccellenza (via nel fondo a GAETANO

destra).

Vuie vedite lu diavolo! ... Ma chist'auto penzie­ ro nce vuleva! ... Ma camme, tutto rtzieme, lu princepe s'è nnammurato de Bettina? ... Già! ... Chillo cu lu sciam­ pagna ncapo ha visto che chella era bona... è princepe, e ha ditta: «Neh? che me ne preme' ca so' nzurato... » Ma, intanto, camme se pò fa'? ... Cu na mugliera mori­ bonda! ... Ah! io pe me nun capisco! ... Come si può fa­ re? ... Come si può fare? ...

GAETANO

Scena quarta Eugenio, Gemma, Pascale, Concetta, Luigino, Pupella e detto. Indi di nuovo Gaetano.

GEMMA EUGENIO

Papà, ch'avite fatto? ... Nce avite lasciate? SenZa di voi, capirete, noi siamo della gente

morta. ,. so' fallo na criatura!: sono diventato un bambino! che m'importa.

6. me ne preme:

EDU ARDO SCARPETTA

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E poi mi pare che non sia un atto legale abban­ donare i convitti a tavola e non fare piti la comparsa '. PASCALE (Conce', statte zitta, nun parla'!) Volevamo fa­ re un brindisi alla vostra salute, ma non vi abbiamo piu visto. GAETANO Sono venuto un momento per vedere se il giare dino era tutto illuminato, e se non vi dispiace pigliere­ mo là il caffè. PASCALE Nel giardino? ... Bellissima idea! LUIGINO (a braccetto di Pupella) Se i signori permettono, io vado colla contessina a vedere il giardino illuminato. GAETANO Non c'è bisogno, perché adesso andiamo tutti! (Mannaggia ll'arma de mammeta! ... Gue'! ... se la vo' purta' dint'a lu ciardino!) PASCALE A proposito, mio fratello, il principe, dov'è? GAETANO lo non lo so, anzi credevo che stava con voi. PASCALE Ma no, ha lasciata la tavola e non s'è piti visto. GAETANO (Quanto te vuo' iuca' che sta dint'a la camo mera de Bettina? ... Mo vaco a bede'! ... ) Signori, accor­ datemi tre minuti di permesso, vado a prendermi un faz­ zoletto. PASCALE Fate pure. (Gaetano va via dal primo uscio a si­

MISERIA E NOBILTÀ

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CONCETTA

nistra, poi torna). Gemma mia, quanto sono felice! Povero papà, se crede tutte cose! Pupella mia, cuore di questo petto (l'abbraccia). Me vuo' bene? PUPELLA Ma si, assai, assai! CONCETTA E tu, Pasqualino, non mi dici niente? ... Ani­ ma dell'anima... PASCALE De mammeta e de pateto! ... Statte zitta! EUGENIO Silenzio, ecco don Gaetano! GAETANO (entrando) Eccomi qua a voi! (Aggio truvato lu princepe che steva vasanno a Peppeniello, e diceva: «Fi­ glio mio! Figlio mio! ... » - Neh! ... ma se pò sape' 'stu guaglione a chi cancaro è figlio? !) Dunque, signori, vo­ gliamo andare? PASCALE Andiamo pure. GAETANO Prego, contessa! (Offre il braccio a Concetta.

EUGENIO GEMMA LUIGINO

Tutti si avviano verso il giardino). l. E poi mi pare... comparsa: solito sproloquio con equivoci semantici (le­ gale per «leale », convitli per «convitati », comparsa per «apparizione »).

~

Scena quinta

Vicienzo e detti, poi Luisella. Cavaliere eccellenza, vi è fuori la principessa di Casador! (Sorpresa generale). GAETANO La principessa di Casador! EUGENIO (Mia zia! Possibile!) PASCALE (Oh! mo che avimmo mangiato, nce spetta lu digestivo! ) GAETANO Marchesi', vostra zia. (A Pascale) Vostra cogna­ ta qua? PASCALE Ma io non so... EUGENIO Credo che sarà uno sbaglio. (A Vicienzo) Vi ha detto proprio cosi: la principessa di Casador? VICIENZO Sissignore, eccellenza, la principessa di Casa­ dor... Ma si vedite come sta malata! ... Nun se fide man­ co de parla'... lo l'aggio addimmannato: «A chi vulite?» E essa m'ha risposto: «Qui stanno i miei parenti, qui sta il principe, mio marito: perciò annunziatemi ». EUGENIO (La principessa! Ma è impossibile!) GAETANO Ma comme! ... Chella nun tene chiti né fecato e né pulmone, e se ne va cammenanno?! ... Qualche cosa di serio ci deve essere. Chi sa che vi deve dire! ... Vado subito a riceverla. (Via pel fondo con Vicienzo). PASCALE Marchesi', iammo! ... Levatece sti panne da cuol­ lo, che ccà mo assommano ll'aneme de li paIate! '. EUGENIO Ma no, non temete! Deve esserci qualche equi­ voco. LUIGINO lo diciarria, fuitevenne' pe lu ciardino. PASCALE Siente a chisto, sie'! ... A chest'ora nce vedeno fui' cumbinate de chesta manera, nce piglieno pe ma­ riuole', e ne'arrestano. CONCETTA Lu core me lu diceva de nun nce veni'! PASCALE Ma chill'assassino de Felice addo' sta? ... Mar­ chesi', pensate vuie ch'avita fa', pecché vuie site stato! EUGENIO Va bene, non avete paura, coraggio! VICIENZO

l. arrommano Il'aneme de li paiate': arrivano le anime delle bastonate! fuitevenne: fuggite. 3. mariuole: malandrini.

2.

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EDUARDO SCARPETTA

GEMMA

Ma a 'sta princepessa camme l'è benuto ncapo de

vero'? (di dentro) Piano! ... piano, principessa. Ecco, siamo arrivati. (Concetta e Pasquale voltano la faccia dall'altra parte) Luigi', na poltrona! LUIGINO Subito (prepara una poltrona nel centro della

GAETANO

scena). (entrando in abito nero con mantellina di mer­ letto, guanti neri e cappellino, molto pallida. Gaetano e Vicienzo l'accompagnano in mezzo alla scena sorreggen­ dola per le braccia) Grazie, signore. Quanto siete buo­

LUI SELLA

no! PASCALE CONCETTA EUGENIO

(Uh! Luisella!)

(Pasca', Luisella!)

(La moglie di don Felice! ... Ah!. .. respiro!)

(Gaetano e Vicienzo fanno sedere Luisella sulla poltro­ na). LUISELLA (respirando) Ah!. ..

Principessa, ma come vi viene in testa di uscire a quest'ora, voi che state tanto ammalata? ... Marchesi', baciate la mano alla zia. Marche', abbracciate la cogna­ ta... (Chiste che pariente nfame songo, neh?) PASCALE Cognata mia, cara cara (l'abbraccia). (Donna Luise', chiste so' prudite de capa '!) EUGENIO Zia mia! (Le bacia la mano). (Ma perché avete fatto questo?) CONCETTA Ci è sembrata proprio strana, cara cognata, questa vostra visita... Colla malattia che avete, uscire di casa significa proprio abbreviarsi la vita! ... (Puozze schiatta'! ) LUI SELLA (Ma proprio!) Si, è vero, cara cognata, io non doveva muovermi dalla casa. Ma che volete? ... Mi sono vista sola, abbandonata da tutti, e ho detto: «Giacché debbo morire assolutamente, voglio morire in mezzo ai miei dilettissimi parenti, fra le braccia del mio amato consorte». GAETANO (È benuta a muri' dint'a la casa mia!) LUI SELLA Lo so che voi poco mi curate, e che aspettate con ansia la mia morte ... Ah, lo so, lo so! ... Ma sapete come si dice? Morte desiderata non viene mai! (Tossi­

GAETANO

MISERIA E NOBILTÀ

77 Oh, questo è certo! LUI SELLA Se aveste avuto un poco di affezione per me, dovevate dire: «Povera principessa, che farà lei sola in casa? Noi ci divertiamo, mangiamo e beviamo, e quella povera principessa sta digiuna! » GAETANO (a Eugenio) Sta digiuna? EUGENIO (Non ci badate. Fa sempre questo!) Mia cara zia, se siete stata digiuna, è perché il medico vi ha proi­ bito di mangiare. LUI SELLA Si, lo so, ma io adesso mi sento meglio... Mi ho mangiato due uova dure e un poco di pane. GAETANO (Ha fatta na culazione leggiera, 'a principessa!) LUI SELLA Tanto per aver la forza di venire qua, e vedere anch'io la bella sposina (tossisce). GAETANO (Gue', ma sta proprio arruinata', sa'!) LUI SELLA E poi voglio parlare con mio marito, il prin­ cipe, di un affare molto serio... Ma dov'è? .. Dov'è il principe? (Si guarda intorno). GAETANO (Eh! ... staie fresca!) Non sappiamo, principes­ sa... Forse sarà andato in giardino, perché io ho fatto una grande illuminazione stasera. LUI SELLA Bravissimo! ... E allora andiamo in giardino a trovare il principe... Ho bisogno di parlare col princi­ pe!. .. GAETANO Volete andare in giardino? Ma quell'aria può essere che vi fa male? LUI SELLA Oh, no! ... Anzi mi fa tanto bene l'aria del giar­ dino ... Andiamo, datemi il braccio. GAETANO (a Pascale) Marche', che ne dite? L'avesse da fa male asci' fare a lu ciardino? PASCALE E dopo che le fa male a voi che ve n'importa? ... Che ve n'importa? ... GAETANO (E nun fa che murite de subeto tutte quante! ... Vuie vedite a me che mme succede! ... Chille me la cum. bina pure de brutto!) Allora, principessa, andiamo! LUISELLA (alzandosi con l'aiuto di Gaetano) Piano, pia­ no, signore, perché le gambe mi tremano. (Alzandosi) Ah! mi sento tanto debole che voi non potete credere ... Questa è l'ora... GAETANO (De la tiella, puparuo'! 6). GAETANO

sce). 4. prudite de capa:

--.....

pruriti di capo, tic, fissazioni, colpi di resta.

,. arruinata: ridotta male. rone!

6. De la tielia, puparuo": della padella, pepe.

78

EDUARDO SCARPETTA

Che ogni sera mi si abbaglia la vista, e poi, dopo un poco, mi viene la tosse, l'affanno, i dolori, le convulsioni... Oh quante cose, quante cose! ... GAETANO (Mo che vaco dinto a lu ciardino, l'atterro 7 sot­ to a n'albero de limone!) LUISELLA Però, sapete quando mi calmo? ... Quando ve­ do mio marito, il principe... Fatemi vedere il principe, e io mi calmo... lo voglio vedere il principe!... lo voglio vedere il principe! ... GAETANO Ma iammo! ... (Neh, venite vuie pure, chesta m'avesse da muri' mbraccia!) (Si avviano entrambi ver­ so il giardino). LUISELLA (gridando) lo voglio vedere il principe!. .. lo voglio vedere il principe! ... GAETANO E mo iammo! ... (Vi' che guaio de notte!) (Esco­ no). EUGENIO Come diavolo ha saputo l'indirizzo? PASCALE Forse cu chillu biglietto che io rimmanette' ncoppa a lu tavolino. EUGENIO Ma che intende di fare? lo non lo so (via pel giardino). PUPELLA lamme. lamme, viene Luigi' (via). LUIGINO Vengo, vengo, bellezza mia! (Via). PASCALE Me sento scennere dint'a li rine' che stasera abbuscammo! CONCETTA Pozza scula' 'o essa che nc'è benuta! ... Steveme accussi bello! PASCALE Cammina, balla de baccalà! (Escono).

LUI SELLA

Scena sesta

Ottavzo, poi Eugenio, indi Gaetano. (di dentro) È permesso? ... Si può? ... (Entrando) Non c'è nessuno! ... Eppure il servo mi ha detto che sta· vano qui. Forse saranno andati in giardino (si avvia ver­ so il giardino). Oh, guarda! ... C'è illuminazione stase­

OTTAVIO

7. l'atterro: la sotterro.

8. rimmanette: lasciai. 9. Me sento sce'mere.,.: mi sento scendere dentro i reni, ho il presentimento. lO. Pozza scula': con riferimento alla battuta precedente, e (On allusione o!>cena.

MISERIA E NOBILTÀ

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ra Bravissimo! (Guardando) Pare che ci sia molta gen­ te Oh! che vedo!... Eugenio, mio figlioL .. (Si allon­ tana). EUGENIO Quella donna, quella donna, farà scoprire tut· to! ... Chi è? ... (Sorpreso) Papà! ... OTTAVIO (Qui ci vuoI coraggio!) Si, proprio papà, che viene a domandarvi che cosa venite a fare in questa ca­ sa! ... Eugenio! ... Una delle due: o mettete giudizio ed ascoltate gli avvertimenti di vostro padre, oppure allon­ tanatevi da Napoli, e non vi fate piu vedere. Voi sapete che vostro padre, per le disgrazie sofferte in Borsa, non ha piu i mezzi di una volta. È la principessa che oggi pensa a me ed a voi... E se domani appurerà la vita che fate, sarà una rovina per voi e per me! EUGENIO Ma quale vita faccio io? .. Amo una buona ed onesta ragazza, ho promesso di sposarla, e la sposerò! ... OTTAVIO Parlate della ballerina? EUGENIO Sicuro! OTTAVIO Sposarla? (Ride). EUGENIO Si, sposarla, padre mio, perché è un angelo! El­ la mi ama tanto, ed io non cerco di meglio. OTTAVIO Ed io, vostro padre, mi oppongo!. .. GAETANO (entrando) Voglio avvisa' lu princepe... (y.eden­ do Ottavio) Oh! ... voi state qua? ... E come! nessuno mi diceva niente! ... Marchesi', vi presento il signor Bebè... EUGENIO Il signor Bebè! (Con sorpresa). GAETANO Già, cosi si vuoI far chiamare; è il suo pesolo­ nimo, e non sappiamo perché! ... V'importa a voi? EUGENIO No! GAETANO Signor Bebè, vi presento il marchesino Favetti, fidanzato di mia figlia. EUGENIO Tanto piacere! ... E viene spesso qui il signore? aTTAVIO Spesso? ... Cosi... qualche volta... GAETANO No, spesso! ... spesso! aTTAVIO Ma che spesso... GAETANO Si, spesso! spesso! OTTAVIO E s1, spesso spesso! GAETANO Eh! ... Ma vuie nun avite da di' buscie! (A Eu­ genio) (Capite, vene a fa' lu spasimante! Ma chillo mo ha ntiso che siete il fidanzato di mia figlia, e nun nce vene cchiu!) EUGENIO (Ho capito!)

GAETANO Intanto, permettetemi un momento! Vado a di'

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EDUARDO SCARPETTA

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a lu princepe che la mugliera lu va' vede', si no l'affanno nun se calma. (Poi ad Ottavio) Signor Bebè, vuie nun avite a di' buscie, si no site nu cattivo pesolonimo! (Via

Scena settima dal primo uscio a sinistra). EUGENIO Bravo! Lei dunque è il signor Bebè? ... Lei dun­ Gaetano, Felice e detti, poi Gaetano, Luisella, Pasquale

que viene spesso in questa casa? e Concetta.

OTTAVIO lo sono un uomo ... sono vostro padre, e non debbo render conto a voi delle mie azioni! EUGENIO È giusto! ... Non so che cosa rispondervi, ed il FELICE Dunque, di che si tratta? ... Che cosa mi dovete meglio ch'io possa fare è di andar via... (prende il cap­ dire? .. state da mezz'ora dentro, e non mi avete ancora pello). Permetterete però, caro padre, che io vada a rac­ detto niente? contar tutto a mia zia, la principessa. GAETANO Scusate, principe... Là c'era Bettina, e io non OTTAVIO Oh! ... poteva parlare. EUGENIO Oh! questo lo farò, sul mio onore lo farò! ... FELICE La cameriera? .. Ah! ... sapete! ... Mi piace quella Non sarete nominato, ma le racconterò ogni cosa con ragazza! una storiella. Vi è, cara zia, un giovane che ama ed è GAETANO Me ne so' accorto!... Sapete chi è venuta, prin­ riamato da una fanciulla onesta. Egli vuole sposarla, e cipe, e vuole parlare con voi? si presenta al padre di lei col suo vero nome. Tutto FELICE Chi?

è stabilito per le nozze. Ma questo giovine è figlio di un GAETANO Nientemeno la principessa! ... Vostra moglie! ...

signore, di un nobile signore, che, disgraziatamente, ama FELICE (stupito) Neh?!. .. E comme faccio? ...

la stessa fanciulla; però egli non vuole sposarla, né può GAETANO E io che ne saccio!

sposarla, perché i suoi nobili parenti vi si oppongono. E FELICE No, dico come farò?

che cosa fa? Sotto un falso nome si reca spesso in quella GAETANO Ci dovete parlare, si no, poveretta,l'afIanno non

casa e, incontratovi il figlio, gli dice: «lo non do conto si calma... Aspettate, ma ve la porto io stesso qua... Si­

a voi delle mie azioni!. .. » - Ebbene! cara zia, ditemi gnor Bebè, scusate se stasera non vi do tanto retta, ma

francamente chi vi sembra piu onesto dei due: il padre sono occupatissimo!. .. Vi presento il principe di Casa­

o il figlio? ... (Fa per uscire). dar... OTTAVIO Fermatevi, Eugenio!... Voi non farete ciò! Vo­ OTTAVIO (a Eugenio) Che! ... lete sposare Gemma? .. Ebbene sposatela! ... EUGENIO Ma col vostro consenso? GAETANO Llà po tengo il marchese Ottavio Favetti... OTTAVIO Col mio consenso? ... Oh, mai! OTTAVIO (lo! ...)

EUGENIO Benissimo! E allora io dirò alla zia, che quel pa­ GAETANO E la contessa del Piede... Perciò abbiate pazien.

dre si chiama Ottavio, soprannominato il signor Bebè, za!. .. Fate voi, marchesi', fate voi le mie veci. (A Felice) e che quel figlio si chiama Eugenio! ... Ma ve la porto, ma ve la porto!... (via pel giardino). aTTAVIO Venite qui, assassino! ... Va bene! ... Vedremo di OTTAVIO (ad Eugenio) Che diavolo di pasticcio è que· aggiustar la cosa... sto? .. Il principe, la principessa, la contessa! ... EUGENIO (ridendo) Venite con me, e vi spiegherò tutto ... Ci sarà da ridere a crepapelle! ... Venite... (A Felice) Ca· ro zio! ... (Ridendo). FELICE Addio, nipote (con grande sussiego).

EUGENIO (sulla porta) Caro zio! (Ridendo) Ah, ah, ah!

(Via pel fondo a sinistra). FELICE Oh! ride l'imbecille! ... ~

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EDUARDO SCARPETTA Ottavio corre verso Felice, che indietreggia spaventato.

FELICE (Me credeva che me zumpava I ncuollo!) OTTAVIO Signor principe di Casador! (Ridendo). FELICE Addio, addio! (Con sussiego). OTTAVIO (sulla porta) Signor principe di Casador! (Ri­ dendo ironicamente) Ah, ah, ah! (Segue Eugenio, e via). FELICE (va verso la porta in fondo) Neh? ... Ma perché faie lu farenella '! ... A te chi te cunosce! ... (Sulla porta) Don Euge', don Euge'! ... (Chiamando) Mo che vene la principessa comme m'aggio da regula'? Gue'! ... Chillo nun me dà udienza! ... E che me ne mporta a me! Mo vide che paliata nce facimmo, io e la princepessa! ... GAETANO (entrando a braccetto di Luisella seguito da Pa­ scale e da Concetta) Piano piano, principessa... Ades­ so vi calmerete. LUI SELLA Ah! ... Dove sta il principe? FELICE (atterrito) Luisella! ! GAETANO Eccolo qua... principe L.. Vedete chi vi porto? FELICE (Me l'ha fatto lu piacere!) LUI SELLA (abbraccia Felice) Ah marito mio, caro caroL.. Ho bisogno di dirti tante cose! Abbracciami, dimmi tu pure qualche cosa? (Abbraccia forte Felice). FELICE (Mannaggia chi t'ha allattata!) Ma come? L.. Lei non è morta ancora? ... (A Pasquale) Fratello, e voi che ne dite di questa visita? PASCALE E che ne debbo dire! ... Mi ha fatto tanto pia­ cere! CONCETTA Siamo rimasti tutti meravigliati! LUISELLA Oh! ma perché questa meraviglia? Perché tan­ ta sorpresa? Certamente io non era morta ancora! ... E tu, caro principe, avevi già dimenticata la tua cara prin­ cipessa? (Dà un pizzico a Felice). FELICE Oh! ... Ma che dimenticata! ... Poc'anzi si parlava di voi. . GAETANO Neh! lo qua sono soverchio'. Voi forse dovete parlare di affari di famiglia, e perciò, se credete, mi al­ lontano. LUISELLA Si... difatti... mi farebbe piacere di rimanere sola col principe... 1.

....

zumpava: saltava.

piu .

2.

farenel/a: impiccione, ficcanaso.

3. soverchio: in

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83

FELICE (Sicuro! p'ave' na mazziata!) Ma mio fratello e mia sorella possono restare ... sono parenti. GAETANO Eh! dice bene il principe. lo me ne vado, per­ ché sono ancora estraneo, ma fra poco sarò anche io pa­ rente, e allora ... Per ora fate il vostro comodo (via pel

giardino). Luisella guarda minacciosa verso il giardino e verso la porta in fondo. FELICE (Pasca', mantienela' a chesta! ...) LUISELLA (viene avanti con le mani nei fianchi) A quan­ to pare, nun nc'avite avuto troppo piacere che io so' be­ nuta ccà, pecché donna Concetta mazzeca limone, don Pascale se mozzeca lu musso, e tu m'avuote 'a faccia! ' ... Ma che! ... ve crediveve che a casa aviveve rimasta 'a cacciuttella '? (Dando un urtone a Felice). PASCALE Vuie tutto aviveve da fa', ma fore de veni' ccà, pecché v'era stato avvisato! CONCETTA A la fine po nun se trattava de nu mese! ... Se trattava de nu pare de iuorne! LUISELLA Nu pare de iuorne che io aveva da sta' diuna, ma già, io nun parlo cu buie; io l'aggio cu stu piezzo d'assassino, che me puteva purta' pure a me! FELICE lo nun era iuto a la villeggiatura, nun me n'era iuto ncampagna! ... Se trattava de fa' nu piacere a n'a­ mico, e tu nun nce putive veni'! LUI SELLA E io so' benuta! Sta rroba (mostrando l'abito che indossa) me l'aggio fatto mpresta' a na signora e me so' presentata. PASCALEE avite fatta na cosa bona neh, donna Luise'? Pe causa vosta avimmo avuto na cancariata 7 'a don Eu­ genio... Cheste so' penzate de femmenella, scusate! LuiselIa, adiratissima, scuote a dritta e a sinistra il cap­ pellino che ha in testa. 4. mantiene/a: tienila buona. ,. Concetta mazuca ....': Concetta mastica limone, Pasquale si morde le labbra, e tu mi volti la faccia! 6. cacc/lIl1el· la: cagnolino. 7. cancariata: sgridata.

84

EDUARDO SCARPETTA

FELICE (Ma che è nu barrettino' p' 'a notte!) LUI SELLA Gue'L .. nun me chiamma' femmenella,

sa', pecché si no comme stongo mo, nun saccio a che ghiam­ ·,9 mo asci . FELICE Luise', ca ccà nun staie a la casa toia! ... Qua stia­ mo in casa di un signore... Statte zitta! LUI SELLA Chi se sta zitta! Chi se sta zitta!". lo t'aggio ditto che 'sta vita nun la voglio fa' cchiti, nun te voglio vede' cchili! ...

Scena ottava Detti e Bettina che entra e resta ad osservare tutti tenen· dosi in disparte.

Ma chi te vo' vede' cchiti! ... Chi te va' vede'L .. Pe causa soia aggiu passato nu sacco de guaie! LUI SELLA Pe causa mia haie passate nu sacco de guaie? ... Tu si' stato sempe nu disperatone! FELICE SO' stato sempe nu disperatone? Neh, tu siente, Pasca'? PASCALE Eh! dimmello a me! ... Chesto nun lu può dicere, pecché cunuscenno a te è ghiuto pezzenno '! LUI SELLA Sciti, pe la faccia toia! ... PASCALE Pe la faccia de mammeta! LUI SELLA È ghiuto pezzenno pe me? L.. Chillo m'ha mpi­ gnato tutte cose!. .. FELICE E n'auta vota mo cu 'sti pigneL .. E n'auta vota cu 'sti pigne! ... Ma chi me li dda quarantasette lire, pe nun la sentere cchiti?! BETTINA (avanzandosi) Te li do io! ...

CONCETTA Donna Bettina! ...

PASCALE La mugliera! ...

LUI SELLA Oh! ... vuie state ccà?

FELICE (in mezzo alle due donne) Ma che bulimmo fa'

ma ccà? .. Che bulimmo fa'?l FELICE

8. barretlino: berrettino. 9. a che ghiammo asci': dove andiamo a finire. I. è ghiuio peuenno: è andato elemosinando, è caduto in miseria.

......

MISERIA E NOBILTÀ

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E allora è n'auta cosa, allora nce penzate vuie ... A vuie nun ve songo niente quarantasette lire! ... BETTINA Se capisce che nun me songo niente, pecché io me l'abbusco cu la fatica! ... E sa' che te dico, Luise'! ... Vattenne cu lu buono, pecché si no te ne vaie mala­ mente '! LUISELLA Me ne vaco malamente! ... Me ne vaco mala­ mente! ... FELICE Ca chella tene lu curtelluccio dint' 'a sacca... LUISELLA Vattenne, che tu nun haie fatto mai niente; e si vuo' fa' buono, va a fa' lu lietto alla signora, ca tu, nfaccia a me, nun puo' dicere vattenne! PASCALE Chella è mugliera! E comme a mugliera lu pò di'! (Mentre gestisce lascia cadere per terra, disotto al

LUI SELLA

pastrano, una posata d'argento). (Pasca', ca nuie iamme ngalera! Pasca', ca nuie iamme ngalera!) PASCALE (raccoglie in fretta la posata, e la ripone su una mensola. (Ma che! lo a tavola era distratto, e me l'aggio mise dint' 'a la sacca). LUI SELLA Ma 'a mugliera se l'ha da piglia' cu lu marito ca va facenno tanta mbroglie, e accussi me ngannaie a me puverella! BETTINA No, me l'aggia piglia' sempe cu ttico, che te met­ tiste cu n'ommo nzurato! CONCETTA E se capisce! ... Na bona figliola, chesto nun lu fIa! LUI SELLA Gue', trabaculo l scassato, statte zitta, pecché io piglio a schiafIe primma a te, e po all'aute! ... CONCETTA (gridando) A chi piglie a schiafIe, a chi? LUISELLA A te! A te!. .. PASCALE (gridando) Lu dice pecché staie ccà ncoppa! LUI SELLA (gridando) No, ve lu dico pure abbascio! FELICE (gridando) Statte zitta! ,.. PASCALE (gridando) Si' stata sempe na zantraglia! ... LUI SELLA (gridando) A me zantraglia?! (Si azzuffano ur­ lando e strepitando, e nella zuffa Felice perde uno dei suoi baffetti finti). FELICE

2. cu lu buono .. malamente: con le buone... con le cattive. navicella.

3. trabaculo:

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EDUARDO SCARPETTA

Scena nona Gaetano, Gemma, Luigino e Pupella, dal giardino; Vi­ cienzo e Gioacchino dal fondo; indi Ottavio, Eugenio e detti.

Guè, oh! ... E che stammo abbascio a lu Lave­ naro! '. (Accorrono tutti gli altri e riescono a separarli). GIACCHINO Ch'è stato? ... Se sentono li strille da vascio! GAETANO (guarda Felice che ha un baffo solo) Che!... Principe! ... se n'è caduta na mignatta '! ... GAETANO

Felice, sorpreso, avvicina la mano alle labbra e gira in­ torno a don Gaetano. GAETANO FELICE (a

Mo lu va truvanno da dereto a me! Gaetano) Forse, chi sa... qualche mossa di san·

gue! ... Eh!. .. Ma che è stato, principe, marchese ... Vuie qua' princepe? ... Qua' marchese? .. Si­ gno', vuie che dicite! V'hanno mbrugliato! ... Chiste so' quatte disperatune! Uno è don Felice Sciosciammocca lu scrivano, e l'auto è don Pascale lu salassatore! GAETANO Che! LUISELLA Nu certo don Eugenio, che fa l'ammore cu la figlia vosta, l'ha fatte travesti' de chella manera pe ve pute' mpapucchia", e io me so' fin~a princepessa, pe scummiglia" tutte cose! E vuie ve l'avite creduto? ... Mamma ma', e che piezzo de battilocchio 5 site, neh! (A donna Concetta, Felice, Pascale.e Pupella) Chillo era lu marchese! Chillo era Iu principe! ... Chella era la cun· tessa! ... Chell'auta la cuntessina!. .. 'Sti quatte muorte de famme! ... E mo sa' che ve dico! ... Dimane purtateme li quarantasette lire, pecché si no addo' ve trovo, ve mengo na vricciata' mmocca, e ve faccio perdere lu sa-

GAETANO LUI SELLA

I. abbascio a lu lAvenaro': il LavinaTo eTa un quartiere, pTesso porta Nola, assai plebeo, e qui viene Tichiamato ad indicaTe un luogo particQlaTmente trio viale. 2. mignatta: sanguisuga (la forma del baffo è equivocata da Gaetano per una sanguisuga; di qui la mOHa di sangue ipot;2zata nella battuta seguente). 3. mpapuc
~

MISERIA E NOBILTÀ

87

pore de lu ppane. Marchese... principe... cuntessa! ... Scili pe li facce voste! Che puzzate essere accise! accise! (Via pel fondo a destra, mentre compariscono sulla so­ glia della porta in fondo Ottavio ed Eugenio). GAETANO Possibile! Ed è vero tutto questo? GIACCHINO Sissignore don Gaeta'! Vuie qua' princepe?! ... Qua' marchese?! ... Qua' cuntessa? ... Chille m'hanno da da' cinque mesate pe nu quartino che l'affittaie! GAETANO Vuie che dicite? ... Neh! ... Gemma? ... Lu mar­ chesino addo' sta? (Gridando). EUGENIO (avanzandosi con Ottavio) Don Gaetano mio, perdonatemi, ho fatto fare questa finzione, perché ama­ vo troppo Gemma, ed ora sono pronto a sposarla col consenso di mio padre, qui presente (mostra Ottavio). GAETANO Come! Voi, suo padre?! PASCALE Sissignore, lui è il marchese Ottavio Favetti. GAETANO E perché ve faciveve chiamma' il signor Bebè? OTTAVIO Per poter venire in questa casa da incognito, parlare con Gemma, conoscere il suo carattere, e vedere se era degna di mio figlio! GAETANO Veramente? OTTAVIO Parola d'onore! GAETANO Meno male! ... Allora sposatevi, e il cielo vi be­ nedica! EUGENIO Finalmente! (Abbraccia Gemma). LUIGINO Papà, benedite anche a noi! ... lo amo la contes­ sina, la contessina mi ama, e ci vogliamo sposare. GAETANO Qua' cuntessina?! ... Faciteme capi', chesta mo chi è? PASCALE È mia figlia. CONCETTA E io songo la mamma. GAETANO E bravo! ... E tu comme te ne si' nnammurato, tutto nzieme? PUPELLA Tutto nzieme?! ... Nuie facimmo l'ammore da nu mese e mmiezo! ... Gue'! oh! ... LUIGINO Sissignore, papà, da tanto tempo! GAETANO Va bene, per il piacere che ho maritata mia figlia, vi sposerete anche voi. PUPELLA Che bella cosa! ... Che bella cosa! LUIGINO Bellezza mia! (L'abbraccia). GIACCHINO Don Gaeta', scusate, e a me le cinche mesate chi me li dda? GAETANO Ve li ddo io!

88

MISERIA E NOBILTÀ

GIACCHINO Va bene. CONCETTA Oh, che piacere! PASCALE Bravo, don Gaetano! FELICE Don Gaeta', e io? ... GAETANO A proposito. Vuie pecché

stiveve dint'a la camo mera de Bettina, e pecché diciveve nfaccia a Peppeniel­ lo: «Figlio mio! Figlio mio! »? FELICE Pecché a Bettina le so' marito, e a Peppeniello le so' padre. BETTINA Sissignore, eccellenza! Simme state spartute seie anne, e mo pe 'sta cumbinazione nce simme ncuntrate. GAETANO Bravissimo! ... E Peppeniello v'è figlio? VICIENZO Sissignore, eccellenza, e io pe lu fa' rimanne' dint'a 'sta casa, v'aggio ditto che l'era patre. . GAETANO Mannaggia ll'arma de li mamme voste! ... Vi' quanta mbroglie! ... E chill'assassino de lu guaglione, comme ha fatta la parte naturale! ... «Vicienzo m'è pa­ tre a me! »... Addo' sta? Addo' sta? VICIENZO Sta dinto a chella cammera (mostra la prima porta a sinistra). Se sta mettenno la sciassa. GAETANO Aspettate, voglio vede' se si ricorda (suona tre tocchi).

Scena ultima Peppeniello, e detti. PEPPENIELLO Comandate, eccellenza!

GAETANO Bravissimo! ... Dimme na cosa?

(Conducendolo

nel mezzo della scena) Tu a chi si' figlio? PEPPENIELLO Vicienzo m'è patre a me! GAETANO Mo te dongo nu schiaffone! ... Nun è overo! ... Chesto te l'hanno mparato. Pateto è chistu ccà! (Mo­ strandoglì Felice). PEPPENIELLO (voltandosi) Uht papà! FELICE Si, pateto, che ha passato tanta guaie, fra la mi­ seria vera e la falsa noJ;Ultà! (Cala la tela) .

......

Finito di stampare nel marzo 2003

presso Grafica Veneta s.r.l.

Via Padova 2 - Trebaseleghe (PD)

Printed in ltaly

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