Ducato_7-09_xinternet

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Quindicinale - 10 aprile 2009 - Anno 18 - Numero 7 “Ducato on line”: www.uniurb.it/giornalismo

il Ducato Periodico dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino

Distribuzione gratuita Spedizione in a.p. 45% art.2 comma 20/b legge 662/ 96 - Filiale di Urbino

La tragedia dell’Abruzzo e la scossa del 5 aprile creano angoscia e apprensione

Tanta paura, ma nessun danno Rispetto all’Aquila esiste tuttavia un rischio sismico inferiore. “Controllare gli edifici antichi” Angoscia e paura dopo la tragedia in Abruzzo, ma nessun danno. A Urbino il pericolo di terremoti è minore che all’Aquila. Non tutti gli edifici, però, sono antisismici. La maggior parte delle scuole è stata costruita prima dell’entrata in vigore delle norme specifiche. Imprevedibili poi gli effetti nel centro storico. Nella peggiore delle ipotesi 5000 cittadini dovrebbero abbandonare le loro abitazioni.

L’EDITORIALE

Innamorati di Raffaello

I molti dubbi del dopo-terremoto

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“Siamo pronti a reagire in rapporto alle nostre forze”. L’assessore alla Protezione civile Lino Mechelli conferma che in caso di terremoto ci sono mezzi e piani di intervento. Sempre in primo piano la prevenzione. A breve la distribuzione di un opuscolo che spiega come comportarsi in caso di calamità. alle pagine 2 e 3

Crisi economica

Le banche: serve fiducia La crisi ha colpito in maniera differente i privati e le aziende di Urbino. I cittadini non hanno quasi risentito del periodo nero di economia e finanza in quanto forti risparmiatori e poco inclini a rischiosi investimenti. Le aziende invece, le difficoltà le hanno e chiedono aiuto alle banche che, però, non possono concedere credito a chi è potesnzialmente insolvente. È una questione di fiducia. a pagina 4

affaello torna protagonista nella città in cui è nato e dove ha imparato l'arte della pittura. Il Ducato dedica otto pagine all'avvenimento, offre qualche consiglio al visitatore,lo aiuta a valutare la rassegna allestita a Palazzo ducale, a conoscere la vita del pittore e a non trascurare - anche nelle poche re del turismo mordi e fuggi - gli altri gioielli racchiusi nella capitale del Montefeltro e del Rinascimento. nell’inserto

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Spettacoli

Università

Sport

Teatro Sanzio: buono il bilancio

Pari opportunità Champions League per tutti gli studenti per Lorenzo Micelli

Si è conclusa la stagione di prosa al teatro Sanzio. Il bilancio è tutto in positivo: cresce il numero degli abbonati rispetto all’anno precedente. Spettacoli di qualità, registi affermati e grandi attori hanno determinato il successo della rassegna.

Con le votazioni del 25 e 26 marzo gli studenti hanno eletto per la prima volta il Comitato pari opportunità. Le tre rappresentanti spiegano che a tutti gli studenti - uomini, donne, stranieri o disabili - va data la possibilità di avere gli stessi punti di partenza.

Sul tetto d’Europa con la squadra di volley che allena dal 2007. Dopo la Coppa Italia, un’altra grande vittoria per Lorenzo Micelli e le campionesse della Foppapedretti Bergamo. “Una grande soddisfazione ma ora scudetto”. L’allenatore di Urbino si racconta.

a pagina 5

a pagina 6

a pagina 7

affaello era appena tornato a Urbino quando sono incominciate ad arrivare le notizie dall’Aquila. Qui l’amore, con il viso dell’angelo che è capace, da solo, di rendere tutti e tutto più vivi. Lì la morte, con il viso di chi gli è caduta addosso la casa, la sua città. Urbino e l’Aquila, lontane e vicine, una accanto all’altra oggi fanno riflettere. E’ come stare in piedi ai piedi del letto di una persona cara che se n’è andata. Stiamo eretti, ben dritti: esprimiamo un forte dolore, ma senza volerlo affermiamo che siamo vivi. Con Raffaello in città, le nostre antiche costruzioni risplendono. Le sale di palazzo Ducale si proiettano fuori, sulla via delle mura. Da lì, infatti, la chiesa di san Bernardino si vede davvero, nell’identica grandezza che ha dipinta sullo sfondo nella “Madonna con bambino”. Questa non è una metafora sul rapporto tra cultura e vita reale, ma è una concreta messa in campo del passato e del presente. Ognuno, urbinate o viaggiatore, la tocca di persona dalla panchina che guarda sulle Cesane. Da lì si capisce meglio perché sia così importante il ritorno di Raffaello: un valore che entra direttamente nei bilanci. Ma l’Aquila fa pensare e mette tutto in dubbio. Anche Urbino è una antica città, anche noi abbiamo le case vecchie. Sono sicure’? Quali sono i rischi, che cosa dicono le carte sismiche? Ci sono aree rosse, di vero pericolo? E se non sono rosse c’è qualcosa che bisogna ugualmente fare? Come è tutelata la città? Le scuole dove vanno i nostri bambini come sono messe? E quel che “Il Ducato” ha cercato di accertare. Le strutture pubbliche sono le prime a crollare. E’ solo una sensazione oppure è l’amara verità di un Paese cialtrone laddove potere e danaro camminano insieme? Nel terremoto, il 31 ottobre 2002, a San Giuliano di Puglia crollò la scuola elementare uccidendo 27 bambini e la loro maestra. All’Aquila la casa dello studente, e addirittura l’ospedale è inagibile. In Giappone e in California, quando c’è un sisma, non muore nessuno, se non per infarto. In quei paesi hanno messo molti saperi e anche tanto danaro perché le rotture della terra più gravi lascino in piedi le case. Ci sono zone dell’Italia dove si sa con certezza che terremoti verranno e si sa anche con quale forza distruttrice. Pensiamo alla Calabria e a Messina dove nel 1908 sono morte 100 mila persone. E’ chiedere troppo anteporre le vite delle persone al ponte sullo Stretto? Una città civile, come Urbino è, fa le sue scelte. [email protected]

il Ducato

I sismologi valutano i pericoli per le Marche

Urbino rischia meno dell’Aquila Ma non si conosce l’antisismicità degli edifici del centro storico FABIO GOBBI rbino, 5 aprile. Alle 22,20 il boato; i vetri battono, i muri oscillano. Il sisma con epicentro a Forlì non causa danni, solo un po’ di paura. Qualche ora dopo un terremoto cancella L’Aquila. Dove c’erano case, edifici storici, palazzi e chiese, ora ci sono solo disperazione, polvere e cumuli di macerie. Urbino rischia di vivere lo stesso dramma? “Possiamo aspettarci terremoti meno forti rispetto a quello che ha colpito la città abruzzese”. Il professore Stefano Santini, docente di sismologia all’università di Urbino e responsabile scientifico dell’osservatorio Valerio di Pesaro, spiega che Urbino “è in una zona di minor pericolosità sismica rispetto al capoluogo abruzzese. Comunque in altri paesi come gli Stati Uniti e il Giappone, unterremotodimagnitudo5,8non avrebbe fatto gli stessi danni che ha causato all’Aquila. Bisogna investire nella costruzione di case che resistono, concentrarsi sull’antisismicità degli edifici”. Il terremoto sbriciola gli edifici mal costruiti; scuote ma lascia intatti quelli ben fatti. L’assessore Lino Mechelli afferma che a Urbino“tutti gli edifici, costruiti dopo il 1983 rispettano le leggi sismiche. Per le strutture fabbricate precedentemente è già stato fatto il possibile per consolidarle e renderle sicure in caso di terremoto. Allo stato attuale la situazione è buona”. L’ingegner Giuseppe Leonardi, non può fare previsioni precise ma nel caso di un evento sismico simile a quello dell’Aquila “le case rurali e vecchie potrebbero crollare come quelle abruzzesi”. Il centro storico di Urbino, antico quanto quello dell’Aquila, è a rischio?PerLeonardi:“Nonsipuòsapere con certezza. Per dirlo biso-

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gnerebbe valutare gli edifici uno per uno ma sarebbe un lavoro di tre generazioni. E non sarebbe nemmeno molto utile: non si può distruggere e rifare un paese intero. Si può migliorare qualcosa ma non adeguare tutto. A una vecchia possiamo tirare le pelli e fare punture ma non diventerà miss Italia; rimane comunque vecchia. Ma vecchio non significa necessariamente cattivo. Alcuni edifici antichi, tra cui Palazzo Ducale, sono ben fatti e più solidi di certi fabbricati più recenti. Ad esempio alcune strutture fatte negli anni 70, quando non erano ancora in vigore le leggi sismiche, possono subire molti più

danni in caso di terremoto”. Dai dati del Servizio Sismico Nazionale emerge che 3658 urbinati risiedono in edifici altamente vulnerabili; vivono cioè in strutture che hanno forti possibilità di essere danneggiate in caso di terremoto. 2508 cittadini risiedono in abitazioni a media vulnerabilità e 9031 a bassa vulnerabilità. Considerando il massimo grado di intensità sismica prevedibile per il comune di Urbino, si stima checirca 5000 persone dovrebbero lasciare la propria abitazione ed avrebbero bisogno di strutture di accoglienza. [email protected]

Cartina del rischio sismico in Italia, con in evidenza le Marche. Le zone blu viola e rosse quella a più elevato rischio di scosse, come illustrato dai colori della freccia

Uomini, mezzi e piani operativi. Ma solo venti posti tenda

Terremoto, pronti a intervenire SIMONE CELLI

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utto regolare, parola di assessore. In caso di terremoto, Urbino è pronta a reagire. Anche se nei limiti delle sue possibilità. “Abbiamo un piano operativo di intervento”, dice Lino Mechelli, titolare dell’assessorato alla protezione civile del comune ducale. Un piano molto articolato. Come vuole la prassi, la Regione Marche coordinerebbe le operazioni. I primi a intervenire sarebbero i vigili del fuoco, poi le forze dell’ordine, il pronto soccorso, l’esercito, i volontari. La macchina sembra esserci in ogni sua parte. Sapere se funziona significherebbe provare lo stesso dramma che in questi giorni affligge l’Abruzzo. Perciò, meglio il dubbio. Circa cinquantacinque persone sono pronte a intervenire. Trenta sono dipendenti comunali, venticinque sono membri del Gruppo volontari di protezione civile di recente formazione.

Una pala meccanica e una pala gommata, due scavatori, un autocarro con gru, tre autocarri grossi e alcuni miniautocarri, insieme ad altri mezzi specifici pronti all’uso, anche se in condivisione con i comuni di Petriano e Montecalvo in Foglia. Non mancano, poi, i bagni chimici e i gruppi elettrogeni di varie dimensioni per la fornitura di corrente elettrica. Più altro materiale di consumo. E due tende da dieci posti, una per gli uomini e una per le donne. Solo due tende. L’ingegner Lazzaro Spadoni, coordinatore del gruppo volontari, giustifica la cosa spiegando che in caso di calamità i punti di accoglienza non mancano. L’asilo Neruda, il palazzetto dello sport e alcune palestre. E non solo. E in caso anche la Croce Rossa e i vigili del fuoco di Pesaro darebbero il loro contributo. Comunque, precisa Spadoni, “il parco mezzi del comune è in continuo aggiornamento”. Di certo ci si sta muovendo, anche su altri fronti. Prevenire è meglio che curare, e la via

della simulazione è considerata una delle più utili. Lo scorso 14 marzo, a Palazzo Ducale si è svolta una prova di salvataggio di persone e opere d’arte in condizioni di incendio o di crollo, anticipato da un corso di formazione ad hoc. Perché un terremoto a Urbino sarebbe causa di problemi analoghi a quelli dell’Aquila, dove reperti storici e culturali sono andati distrutti. Dove gli edifici sono crollati provocando la morte di tante persone, ma anche di una fetta della memoria storica della città. Mechelli specifica che si è pronti “a una reazione in rapporto alle proprie forze e al senso civico della popolazione, la quale viene costantemente informata”. E’ per questo che è già in stampa una guida ai comportamenti in caso di terremoti, allagamenti, incendi, fughe di gas. Un pieghevole che vorrebbe fare da vademecum per le emergenze, e che dovrebbe essere distribuito tra poco più di una settimana. [email protected]

CITTÀ

La regione Marche finanzia la messa in sicurezza delle strutture scolastiche

Scuole, controlli antisismici L’assessore Mechelli: “Effettuate verifiche sulla stabilità degli edifici. Gli studenti possono stare tranquilli” YLENIA MARIANI

Altezza

I grattacieli, in virtù della loro altezza sono particolarmente elastici. Paradossalmente resistono meglio di un edificio di 5 o 6 piani

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nche gli edifici più possenti possono sbriciolarsi come biscotti. Il terremoto che ha colpito l’Abruzzo ce lo ha ricordato prepotentemente. Le scuole dovrebbero essere le strutture più sicure, ma in realtà non è così. San Giuliano di Puglia e la casa dello studente all’Aquila ne sono una testimonianza. La normativa anti sismica è entrata in vigore solo nel 1983. La maggior parte delle scuole di Urbino sono state costruite negli anni 40. Ma non si possono fare facili parallelismi. Molti edifici scolastici sono stati costruiti prima che la legge entrasse in vigore. Il comune di Urbino ha effettuato, e continua a fare, delle verifiche sulla staticità delle strutture in caso di terremoto e sovraccarico. Le scuole sono sicure”. L’assessore ai lavori pubblici, Lino Mechelli, rassicura così gli urbinati. La Regione ha istituito da poco un gruppo di lavoro, composto da prefetture, provveditorati interregionali alle opere pubbliche, Comuni e Province, per monitorare la sicurezza sismica delle scuole. “Vecchio non significa necessariamente pericoloso. Ancora oggi esistono centri storici e acquedotti romani, nonostante i terremoti. Se fatto male, può essere più pericoloso un edificio costruito in cemento armato di uno fatto in travi e mattoni. Per il controllo sullo stato di rischio sismico delle scuole marchigiane ci siamo dati cinque anni. Si tratta di accertamenti molto lunghi e costosi”, le parole dell’architetto Massimiliano Marchesini, responsabile del gruppo di lavoro per il monitoraggio. Per la messa in sicurezza dal rischio sismico sono in programma dei lavori all’istituto tecnico industriale E. Mattei, all’Isia e alla scuola del libro di Urbino. Parlare di sicurezza significa anche altro. Barriere architettoniche, impianti antincendio, uscite di sicurezza ecc.. La regione Marche ha stanziato 615.00 mila euro per la tutela e la funzionalità delle scuole. La stessa somma che è stata tagliata con la finanziaria 2009. In meno di un anno verranno effettuati lavori di ristrutturazione nell’accademia delle belle arti, nell’istituto comprensivo G. Pascoli, nel liceo psicopedagocico Baldi e nella scuola superiore Raffaello Sanzio. “Non abbiamo grossi problemi in termini di sicurezza – dice il dirigente scolastico, Silvia Gherardi, dell’istituto P. Volponi – ma ci sono alcune cose da risolvere. Abbiamo fatto più volte richiesta al comune per avere manutenzione al tetto della scuola, perchè in alcune aule e laboratori ci piove dentro”. [email protected]

Uso del legno

Il legno è un materiale elastico e deformabile. Inserire delle travi di questo materiale aumenta la resistenza degli edifici

Dissipatori

Sono sistemi di cilindri e pistoni simili agli ammortizzatori delle auto. Vengono messi nella diagonale tra un piano e l’altro per assorbire le scosse

Rinforzi di carbonio I pilastri sono avvolti in una struttura di carbonio, materiale capace di assorbire l’energia delle onde sismiche grazie alla sua elasticità

Nei punti sensibili degli edifici possono essere installati dei dissipatori realizzati in un acciaio particolarmente plastico, che si deforma assorbendo la scossa

Cemento armato rinforzato

L’armatura del cemento armato non viene distribuita omogeneamente, ma è concentrata nei pilastri verticali. Questo impedisce il crollo dell’intero edificio

Isolamento sismico

Cilindri di gomma rinforzati da molle d’acciaio vengono piazzati alla base dell’edificio. Assorbono soprattutto gli scuotimenti orizzontali, quelli più pericolosi

Nella grafica un esempio di edificio costruito usando le più recenti tecnologie antisismiche previste dalla legge

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ECONOMIA

il Ducato

Le banche: “I privati non ne hanno risentito tanto perchè non sono investitori”

“La crisi c’è, ma è di fiducia” La situazione è molto più grave per le aziende. La piccola impresa artigiana il settore più in difficoltà FEDERICO DELL’AQUILA

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a a Urbino la crisi che ha coinvolto economia e finanza si è fatta sentire? A questa domanda i direttori di filiale delle sette banche presenti nella città ducale hanno risposto in coro: “non tanto”. “Urbino – spiegano tutti - è un po’ un’isola felice per un motivo particolare: oltre i tre quarti dei suoi abitanti sono dipendenti statali o parastatali, impiegati nel settore pubblico, all’università o all’Ersu. Il loro è uno stipendio fisso, sicuro e non tanto alto”. Insomma, grossi capitali non ne hanno. Quelli che ce li hanno non intendono investirli, o meglio, non intendono impiegarli in investimenti rischiosi. Un effetto della crisi è stata la messa al bando della parola rischio. Gli urbinati chiedono solo garanzie e sicurezza. “Ora i clienti – spiega Enrico Ugolini di Banca dell’Adriatico, gruppo Intesa San Paolo - quando vengono in banca domandano, si informano, cercano di capire a fondo tutte le operazioni che fanno e tutto ciò che viene loro proposto”. La crisi ha portato a una quasi completa erosione della fiducia da entrambe le parti. Da un lato i clienti si fidano sempre meno degli istituti di credito. Dall’altro, le banche diffidano di soggetti potenzialmente insolventi. “Ma - secondo Paolo Morri, direttore della filiale di Credito Cooperativo del Metauro - proprio la fiducia sarà un elemento importante per uscire dalla crisi”. Proprio il rapporto con i clienti storici ha permesso alle banche di non cadere in rovina. Per non perderli, le banche, ad esempio, hanno spesso concesso il dilazionamento dei mutui così come previsto dal decreto Bersani del 2006. Questo per quanto riguarda i privati. Ma le aziende? Qual è la situazione dell’imprenditoria locale? Su questo è in corso

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un’indagine da parte della Confindustria provinciale. I risultati di questo studio saranno resi noti l’8 maggio prossimo in occasione della settima Giornata dell’economia. Ma fra i clienti delle banche ci sono ovviamente anche le aziende oltre ai privati. E da quello che hanno detto, la piccola e media impresa non se la passa poi così tanto bene. “I casi critici sono pochi, però la situazione non è florida in generale” dicono Pierluigi Ruggeri direttore della filiale Bnl e Giovanni Maggiore direttore della filiale della Popolare di Ancona. In più, l’accesso al credito è ora molto più difficile per la diffidenza delle banche. Diffidenza mitigata dalle associazioni di categoria che aiutano le imprese con lo strumento dei Confidi, dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi che prestano garanzie alle banche per agevolare le

imprese nell’accesso ai finanziamenti. Ma qualche aiuto le imprese lo ricevono anche direttamente dalle banche. “UniCredit ad esempio – spiega il direttore di filiale Massimo Ugolini - non chiede il rientro dei crediti e non revoca i fidi (o affidamenti: l'impegno assunto da una banca di mettere una somma a disposizione del cliente, di assumere o di garantire per suo conto un'obbligazione) trasformandoli spesso in altri tipi di prestazioni che rispondono maggiormente alle esigenze attuali dell’azienda”. La Banca delle Marche invece, spiega il direttore di filiale Marco Petrosillo, “punta sul dilazionamento dell’esposizione (l’ammontare totale del prestito in essere al momento dell’insolvenza) a breve, nel medio e lungo termine”. [email protected]

Scommesse, NewSlot e lotterie le galline dalle uova d’oro

Si spera di più nella dea bendata EMILIANA PONTECORVO

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unti 2 o 3 euro sulla squadra vincente e puoi vincerne anche 10.000. Il bello delle scommesse sportive è tutto qui. Piccoli investimenti ed enormi guadagni. Una possibilità stuzzicante che anche a Urbino sta spingendo gli amanti del gioco a prediligere le scommesse persino rispetto alle gettonatissime NewSlot. “Pochi giorni fa - spiega il responsabile del Punto Snai - ho pagato 5.000 euro in vincite, ma in un mese posso arrivare anche a 15.000”. A Urbino i due centri scommesse sono sempre affollati. A puntare sono soprattutto gli studenti universitari. La folla aumenta durante i week end, in vista dei campionati più importanti. La passione degli urbinati per le scommesse conferma l’aumento del 61,73% che il gioco ha registrato in tutta la Regione. Secondo i dati Agicos, l’agenzia di stampa specializzata in concorsi e scommesse, la somma complessiva delle giocate è passata da 42.888.473 euro del 2007 alle 69.349.691 euro nel 2008.

Nonostante la spietata concorrenza dell’universo delle scommesse anche il mondo delle Newslot non se la passa male. Alle postazioni delle dieci slot della sala giochi di corso Garibaldi si alternano continuamente i tanti clienti in cerca di fortuna. Studenti e lavoratori. Ma anche gli abitanti dei comuni confinanti. La “Haunted house” è la slot più gettonata. Qualcuno spende poche decine di euro, altri, quelli più accaniti, arrivano in un giorno a spenderne anche 200. “Si vince massimo 600 euro - spiega uno dei gestori ma capita un paio di volte al mese. Le Newslot hanno permesso alle sale giochi di sopravvivere alla crisi che ci è piombata addosso con l’arrivo delle playstation”. Le macchinette dalle uova d’oro sono redditizie anche per i bar nei dintorni di piazza della Repubblica. Al netto di quanto ripartito tra Stato e imprese che gestiscono gli apparecchi, possedere un paio di slot machine può fruttare anche 1000 euro al mese. Secondo i dati forniti dall’Aams i bar di Urbino possiedono 56 Newslot, alle quali si aggiungono quelle delle agenzie di scommesse, circoli privati e sale giochi per un totale di 108 apparecchi.

Nonostante il moltiplicarsi delle forme di gioco d’azzardo, anche le altre lotterie e il Lotto si difendono molto bene. L’Agicos ha segnalato che con i Gratta e Vinci staccati nel 2008 nella provincia di Pesaro-Urbino sono stati raccolti 68.967.000 euro, in aumento del 56,48% rispetto al 2007. E tra Lotto, Superenalotto e Gratta e Vinci, ci sono state giocate per un totale di 115.682.000 euro. I punti vendita del centro effettuano ordinativi di Gratta e Vinci anche fino a 20.000 euro al mese. “Il Miliardario” è il biglietto è il più richiesto. La storica tabaccheria “Fratelli Boni” emette 1600 scontrini del Lotto a settimana. “Le vincite complessive dell’ultima estrazione spiega il proprietario Claudio Boni - ammontano a 2.570 euro, ma si arriva anche a 30.000”. La fortuna, insomma, prima o poi bussa, se si ha la costanza di inseguirla. Del resto la dea bendata si è già fermata nella città ducale lo scorso inverno, regalando 100.000 euro a un fortunato giocatore. E allora tanto vale provarci ancora, aspettando, magari, il Superenalotto record da 40 milioni di euro. [email protected]

il Ducato Periodico dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino

12 Aprile 2009 Internet: “Ducato on line” - www.uniurb.it/giornalismo

SPE CIAL E RA FFAE LLO La mostra

alle pagg. II e III

Giudizi: i visitatori a pag. II

Giudizi: la critica alle pagg. IV e V

Il business a pag. VI

I gioielli di Urbino a pag. VII

Il Duca e il Maestro a pag. VIII

Non c'era mai stata una mostra così. Raffaello torna protagonista nella città in cui è nato e dove ha imparato l'arte della pittura. Il Ducato dedica otto pagine all'avvenimento, per capire se è da qui che partirà il rilancio di Urbino. Offre qualche consiglio al visitatore, lo aiuta a valutare la rassegna allestita a Palazzo, a conoscere la vita del pittore e a non trascurare - anche nelle poche ore del turismo mordi e fuggi gli altri gioielli racchiusi nella capitale del Montefeltro e del Rinascimento.

il Ducato

I tre mesi per Raffaello come un trampolino: il sindaco propone una biennale

La mostra guarda al futuro Si riafferma l’apprendistato urbinate del genio contro l’opinione del Vasari. Una scommessa da 3 milioni ALBERTO ORSINI rbino si riprende Raffaello. Ha i tratti di una vera e propria rivendicazione di cittadinanza la grande mostra che ha da poco aperto i battenti nella città feltresca, dopo quattro anni di preparazione, e che potrà essere visitata fino al 12 luglio. Una gestazione lunghissima, in cui sono state studiate centinaia di antichi documenti, creato un percorso artistico molto preciso e intrecciate trattative per avere in prestito quadri da tutti il mondo e portare quel canovaccio di formazione pittorica dalla carta alle mura di Palazzo Ducale. Un lavoro certosino che aveva scopi chiari: in primis, “sfidare” una colonna portante della storia dell’arte come GiorgioVasari, che nelle sue Vitenon fa cenno del periodo d’apprendistato urbinate dell’artista. Ancora, dimostrare che è in questa città (sulla scia di suo padre, Giovanni Santi) che il creatore delle stanze di Papa Giu-

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lio II ha messo a punto il suo genio. Ricordare a chiunque si interessi di arte, infine, che volendo capire il Rinascimento e conoscere Raffaello, per Urbino si deve necessariamente passare. Questo è il “credo” culturale che ispira l’evento. Le sfaccettature sono tante, trattate su queste pagine ormai da quattro mesi. Innanzitutto c’è la mostra come evento. Allestita nel salone del trono e nell’appartamento della Duchessa a Palazzo Ducale, offre ai visitatori 39 opere giovanili di Raffaello, 20 dipinti e 19 disegni originali. In aggiunta compaiono opere di Giovanni Santi e di altri pittori collegati in qualche modo alla fase di formazione urbinate. Una sezione a parte è dedicata alla maiolica basata sulle immagini raffaellesche, con l’esposizio-

ne di alcuni esemplari antichi. L’offerta è particolarmente ricca grazie alla presenza di numerosi dipinti e disegni provenienti dall’estero, ben 14. Musei molto prestigiosi hanno acconsentito a fare a meno per tre mesi di alcune opere raffaellesche, dal Louvre di Parigi alla Galleria degli Uffizi di Firenze, dal Getty Museum di Los Angeles al Museo nazionale del Prado di Madrid. Proprio dagli Uffizi proviene il celebre autoritratto dell’artista, mentre l’angelo che “presta il volto” alla locandina della mostra è arrivato dalla pinacoteca Tosio Martinego di Brescia, e fa parte della pala dell’Incoronazione di San Nicola da Tolentino. La mostra è promossa dal ministero, dalla direzione regionale dei Beni culturali e dalla soprin-

Tele prestate da musei di tutta Europa Un evento pensato quattro anni

LA CURATRICE

“Per noi una promozione definitiva” La sfida a Vasari, certo. Ma la mostra non è solo figlia di un puntiglio culturale. Ne è convinta la curatrice e soprintendente Lorenza Mochi Onori (nella foto), a capo del comitato scientifico e vera e propria “innamorata” del pittore urbinate, come ha candidamente confessato durante l’inaugurazione. “L’effetto-mostra - ha detto - non passerà alla fine dei tre mesi ma avrà anche esiti economici e sociali. Dopo questo evento, per capire il Rinascimento nella sua espressione più alta bisognerà passare per uno dei luoghi più alti di quell’epoca, Urbino. Riassociare Raffaello a questa città è una promozione definitiva del territorio, speriamo che il binomio diventi inscindibile”. La Mochi Onori sin dal 2004 è la prima paladina dell’assunto che sostiene la mostra. “La formazione di Raffaello a Urbino - spiega - serpeg-

giava da tempo come possibilità ma non era mai entrata nell’immaginario collettivo. Anche perché va contro Vasari, che di solito vince, e gli storici dell’arte faticano a cambiare abitudini consolidate. Non c’erano documenti, così li abbiamo cercati con un lungo lavoro e alla fine trovati; ne è venuta fuori uno studio forte su cui poggia la mostra e così l’abbiamo allestita, con una costruzione solida e una tesi visiva chiara. Personalmente ci ho messo la faccia e il cuore, ma tutto il comitato ha lavorato con grande entusiasmo”. La soprintendente può godersi ora il frutto del lavoro suo e dello staff di 21 persone. A chiederle qual è la sua opera preferita tra le 39, quasi le cita tutte. Alla fine ne restano quattro. “La piccola Madonna Cowper - snocciola - poi i due Duchi tornati assieme, l’Incoronazione di San Nicola e il Sogno del cavaliere. È davvero difficile scegliere!”. (alb.or.)

tendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici delle Marche. L’organizzazione è curata da Gebart, società di servizi museali partecipata da Civita. Il costo è di tre milioni di euro, tanto vale la scommessa di riportare Raffaello a essere cittadino urbinate. Tra i finanziatori anche Comune, Provincia e Regione. “Una grande festa - ha commentato soddisfatto il primo cittadino Franco Corbucci - al nostro più illustre concittadino. Glielo dovevamo, dopo cinquecento anni! Questa mostra può dare il via a un evento annuale o biennale, una rassegna periodica dei grandi maestri del Rinascimento ospitata dalla sua capitale”. L’Università ha partecipato con le preziose consulenze dei suoi esperti nel comitato scientifico ma non con un contributo economico, tanto che non compare tra gli organizzatori e il rettore uscente Giovanni Bogliolo ha assistito al taglio del nastro mescolato tra la folla. “Mi piace molto - il commento del rettore - perché è una delle poche ad avere una linea interpretativa innovativa e solida. In più mi dà l’occasione di vedere o rivedere quadri straordinari senza fare il giro del mondo! Quanto al ruolo dell’Università, siamo stati coinvolti nel comitato scientifico e abbiamo fornito un apporto culturale ma non economico. L’assenza tra gli organizzatori è un problema che non sussiste”. Un’altra questione discussa è stata presto sopita, quella dell’accesso a prezzo pieno (9 euro intero e 7 ridotto) cui sono costretti gli urbinati: su proposta del Ducato, un’intesa tra Comune e Civita ha portato alle tre giornate del 21, 22 e 23 aprile con possibilità di ingresso a soli 3 euro presentando la carta d’identità o il libretto universitario della “Carlo Bo”. “La mostra è un grande evento per la cultura italiana - ha aggiunto il sindaco - ma è mio desiderio che sia vissuta pienamente da tutti gli urbinati e da coloro che sono legati alla nostra città, vivendoci come studenti”. [email protected]

I NUMERI

4 Gli anni di preparazione trascorsi dall’ideazione all’inaugurazione dell’evento.

9 euro Il prezzo del biglietto intero. Il 21, 22 e 23 aprile per gli urbinati ingresso a 3 euro.

14 Le opere provenienti da musei internazionali. Manca la Resurrezione di Cristo, negata dal Brasile.

22 I membri del Comitato scientifico che ha curato le fasi di studio e preparazione.

672 I documenti vagliati durante la ricerca archivistica, 136 dei quali riconducibili a Raffaello.

3 milioni Il costo complessivo, spartito tra Civita, il ministero dei Beni culturali e gli enti locali.

Pochi manifesti, nessuna pubblicità all’estero. Numerose le scolaresche

I visitatori: “Molto bella”. Con qualche lamentela CHIARA BATTAGLIA

“M

olto bella, se non fosse stato per la mostra non avremmo mai conosciuto Urbino, che è una città bellissima” dice una coppia di pizzaioli romani dopo aver visitato l’esposizione di Raffaello. “Peccato che domani si ritorna al lavoro, perciò facciamo andata e ritorno in giornata.”Poco dopo una coppia con due figli esce dal Palazzo Ducale, sono norvegesi. “Eravamo in giro per l’Italia, a Bologna abbiamo letto di questa mostra sui giornali e così abbiamo deciso di fare una deviazione; altrimenti non saremmo mai venuti a Urbino.” Sono più o meno tutti d’accordo i visitatori: la mostra è bella, interessante e ben fatta. “È sem-

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plicemente eccezionale” dice un pensionato romagnolo. “ Ho 77 anni, ma Raffaello non me lo potevo perdere”. Ognuno apprezza aspetti diversi: la mamma di uno studente Erasmus, venuta da Philadelphia a trovare il figlio, ha apprezzato particolarmente la collezione di maioliche del ‘500; una ragazza da poco laureata in storia dell’arte proprio a Urbino nota come l’illuminazione delicata valorizzi le opere esposte. “Non sapevamo niente di come Giovanni Santi ha influenzato la pittura del figlio” dicono Paolo e Adriana, venuti da Genova appositamente per la mostra. Non tutti però concordano sulla scelta delle opere: “La mostra avrebbe dovuto chiamarsi Giovanni Santi e Raffaello, non Raffaello” dice Roberto. Ma qualcuno prova anche a darsi una

risposta, forse era inevitabile se si voleva incentrare tutto sulla formazione dell’artista. Tutti entusiasti, ma alcuni qualche appunto lo fanno. Due ragazze hanno notato per esempio che il percorso previsto dall’audioguida non è lineare. “Saltella un po’. Così abbiamo avuto difficoltà a ricordarci quali opere avevamo visto e quali no”. “Sarebbe meglio mettere le guide obbligatorie per gruppi di 20/30 persone” suggerisce un impiegato emiliano.“Avrei tanto voluto avere delle immagini, ma al bookshop non si trovano cartoline e le foto non si possono fare” si lamenta Laura, venuta da Genova per vedere Raffaello. Tanti turisti, sia italiani che stranieri, e tante scolaresche. Antonio e Cesario, per esempio, sono venuti in gita con la scuola. L’alberghiero di Aversa (Caserta) ha or-

ganizzato una gita di 4 giorni proprio per la mostra. I turisti italiani vengono a Urbino più o meno tutti appositamente per la mostra. Sui giornali e su internet l’evento è stato pubblicizzato, ma forse a livello locale non tantissimo. “A Marotta c’è solo un manifesto; e qui a Urbino mi sarei aspettata molti più cartelloni e drappi come questo che c’è a Palazzo ducale per esempio” dice Ascania Bagnini, di Marotta. I turisti stranieri, perlopiù tedeschi, inglesi, olandesi e norvegesi, hanno visto la mostra un po’ per caso. “ Ero in giro per l’Italia e l’ho saputo; in Inghilterra - dice Nicholas, un professore di letteratura di Oxford - non se ne è parlato tanto”. [email protected]

SPECIALE RAFFAELLO Palazzo Ducale sala per sala

Il pittore e Urbino, un rapporto inedito MANUELA BALDI

rima o poi la primavera doveva arrivare. Scendi da un pullman a borgo Mercatale, ti incammini per salite che spezzano il respiro e poi finalmente recuperi il fiato a piazza duca Federico, tutta restaurata. Un bel sole tiepido. Acquisti il tuo biglietto nel porticato del palazzo ducale, nove euro. Raffaello costa caro. Due rampe di scale e comincia il viaggio. La luce scende di colpo, il salone del Trono si intravede appena, l’attenzione si concentra inevitabilmente solo sulle opere del Rinascimento urbinate. L’allestimento è curatissimo, propone nicchie di diversa dimensione e profondità. Alcuni dipinti sono protetti da teche, altri sono lasciati alla visione ravvicinata dello spettatore. I faretti li illuminano di un giallo tenue, che valorizza e dà enfasi ai colori. Il percorso espositivo propone un “racconto” che comincia da Giovanni Santi, padre e maestro di Raffaello, e serve a ricostruire il suo stretto legame con il territorio e con Urbino. La sala offre inoltre le opere di quei pittori che furono vicini alla formazione giovanile di Raffaello. Si può osservare il Perugino, con le storie della vita di Maria; proseguendo con lo studio di Maddalena in ginocchio di Timoteo Viti, che il Vasari definì “gagliardo disegnatore […] del quale sono alcuni disegni […] molto belli e certamente lodevoli”. Sempre di Viti, l’opera i santi Tommaso Beckett e Martino con il vescovo Giovan Pietro Arrivabene e il duca Guidubaldo, propone sullo sfondo un paesaggio che secondo alcuni critici è frutto di un bagaglio di memorie visive del Montefeltro. Un librone è aperto su una pagina datata 11 ottobre 1507, la calligrafia impeccabile e ornata trascina indietro a quel giorno, sigla l’impegno preso da Raffaello di dare cento fiorini alla Camera ducale per conto della famiglia Cervasi. Al ventesimo dipinto, ecco i primi firmati dal Sanzio. Il paragone con il padre e i suoi contemporanei non lo scalfisce, anzi lo esalta. Il busto di un angelo, il Padre eterno, la Vergine Maria sono frammenti superstiti della pala dell’Incoronazione di San Nicola da Tolentino, commissionata per la cappella Baronci a Città di Castello. Furono chiamati a lavorarci il giovane Raf-

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faello ed Evangelista da Pian di Meleto. I verdi e i rossi sono quelli ereditati dal padre Giovanni: la pala Buffi (distante solo pochi metri) ne è la dimostrazione. La seconda sala espositiva ha una nuova atmosfera, più intima e accogliente. L’appartamento della Duchessa, un manifesto di architettura sobria e armoniosa, ospita alcuni dei più preziosi capolavori raffaelleschi. Uno dietro l’altro. La tavoletta di Santa Caterina d’Alessandria, che nei caratteristici colori oro e blu del verso vincola il pittore alla città ducale. Si cammina quasi in punta di piedi, per non far rumore. I ritratti di Elisabetta Gonzaga e di Guidubaldo da Montefeltro, uno accanto all’altro, provenienti dagli Uffizi di Firenze. I personaggi sono entrambi raffigurati a mezzo busto in posa frontale, austeri. Il nero delle vesti, in quanto “non colore”, era considerato di raro pregio per le difficoltà tecniche della sua realizzazione. E poi due opere piccole in dimensioni, ma preziose nella fattura e nei colori: San Michele e L’Allegoria. Anche qui, sullo sfondo in lontananza si intravede un paesaggio montuoso, forse urbinate. Qualche passo e si ammirano la Sacra famiglia con l’agnello, la Madonna con Bambino e la Madonna Cowper, quest’ultima arrivata a Urbino dalla National Gallery di Washington. In mezz’ora si è già nella terza area espositiva, che sembra allestita per sorprendere il visitatore. Da solo, nella parete opposta all’ingresso, è sistemato lo splendido e famosissimo Autoritratto. Il giovane pittore appare di tre quarti, ci guarda negli occhi, la luce lo colpisce da sinistra, l’ombra si proietta su uno sfondo scuro. Anche questo celebre dipinto, la cui paternità è ancora oggi dibattuta, arriva dagli Uffizi. Tutto intorno altri ritratti di giovani arredano la sala. L’iter prevede un ultimo ambiente, che raccoglie una serie di splendide maioliche cinquecentesche, molte delle quali realizzate dal maestro Nicola da Urbino. Ce n’è una in particolare, L’uccisione di Achille, che prende spunto da un disegno di Raffaello. La sensazione è che il “viaggio” sia terminato. Si riemerge a vedere il sole. [email protected]

Paragonare l’artista a suo padre chiarisce il legame con il territorio

I quadri vengono ammirati nella Sala del Trono. (Foto LUCA TONI)

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il Ducato

Gli storici dell’arte Antonio Pinelli, Vittorio Sgarbi e Marco Carminati commentano

I critici: “Talento divino GIORGIO BERNARDINI

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na mostra che racconta la storia di un amore. Non solo l’arte, ma la vicenda umana del figlio di un padre attento, di una città generosa, di un tempo di gloria. Quasi un risarcimento all’affetto e all’attenzione che Giovanni Santi seppe dare al suo bambino. Agli storici dell’arte Pinelli, Sgarbi e Carminati abbaimo chiesto di commentare la mostra di Raffello: un talento “nel nome del padre”. Proprio coloro che sono chiamati a compiere un’analisi tecnica e storiografica fanno emergere il profilo romantico e passionale della figura di Raffaello. Un garzone cresciuto in fretta nell’Urbino dei Duchi che fece tesoro di tutto ciò che aveva imparato in undici anni di educazione, calore, insegnamenti. A quell’età vide morire il padre, che gli aveva dato tutto. Forse proprio per questo una delle maggiori doti del divin pittore è quella di essere particolarmente capace di assorbire in fretta tutto ciò che di buono gli sta attorno: una “grande spugna”, lo definisce lo storico dell’arte Antonio Pinelli. In pochissimi anni Raffaello seppe insomma ereditare quanto di più prezioso il padre poteva lasciagli: l’amore e la curiosità per il mondo, la voglia di raccontarlo con il pennello. “Questa mostra – spiega Pinelli – approfondisce e rende irreversibile sul piano critico l’idea che Perugino non sia stato maestro diretto di Raffaello. Dopo questo prezioso lavoro scientifico di preparazione alla tesi della mostra è chiaro che il Sanzio ha avuto soprattutto una formazione paterna, con una indubbia capacità di sapersi guardare attorno e godere dei capolavori dell’Urbino dell’arte, che contemplava artisti come Bramante, Genga e Viti”. Il lavoro del comitato scientifico guidato dalla sovrintendente Mochi Onori riabilita totalmente la formazione urbinate del pittore. Una novità assoluta rispetto alle recenti mostre di Londra e Roma. Tre anni di intenso lavoro che hanno portato alla luce testimonianze sconosciute e particolari inediti. Una tesi che mette d’accordo in maniera trasversale tutti i critici. Persino Vittorio Sgarbi: “La mostra risarcisce davvero il rapporto fra Raffaello e la sua città. In questo senso mi sentirei di compiere un paragone fra Giovanni Santi e Monaldo Leopardi. Si tratta di due padri che seppero dare ai propri figlioli il senso poetico del fare, due uomini che influirono molto più di quanto si è immaginato su

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tutta la loro opera”. Di sera, poco prima che la mostra aprisse i battenti, Vittorio Sgarbi era stato accompagnato dalla sovrintendente per una visita alla sala del trono del palazzo, dove sono esposte le opere: “I quadri sono di indubbia bellezza: osservandoli uno ad uno si comprende chiaramente che Raffaello ebbe molti maestri. Sicuramente quello che influì maggiormente su di lui fu il padre, che gli donò la poetica dell’arte che seppe esprimere”. Nel sottolineare la qualifica di “illustris” ottenuta a soli nove anni dal Sanzio, anche il critico del Sole 24 ore Marco Carminati intende evidenziare il principio che la formazione paterna del piccolo pittore fu fondamentale: “Il titolo, certificato da un atto del notaio Matteo Oddi, è sinonimo di una considerazione che il territorio gli riconosceva già a quell’età”. L’esposizione di palazzo ducale stronca definitivamente la tesi di Vasari: “Raffello non era affatto un garzone del Perugino – ha ribadito Pinelli – ma un ‘magister’ che lavorò presso di lui e lo superò. Tra l’altro seppe fare molto meglio di lui, poco più tardi: utilizzando un lessico vicino alla formula uno, è come se gli fosse entrato in scia e l’avesse superato alla grande sul rettilineo della storia dell’arte”. Secondo i critici l’evento “Raffaello a Urbino” era comunque divenuto una necessità: “Le mostre sono tante, sempre di più. Sono divenute modi - ha continuato il professor Pinelli – per riaccendere l’attenzione dei flussi turistici sui luoghi dell’arte. In parte ad Urbino sta avvenendo anche questo, ma l’operazione critica della mostra ha il merito di avere un senso. Sono pochi i quadri del divin pittore che stanno in maniera permanente nella città ed io ho dubbi anche sulla paternità del più famoso di questi, la “Muta”. Per questo mi pare che l’evento messo in piedi in questi anni costituisca un’operazione culturalmente onesta e giustificata”. E Sgarbi rivendica il suo ruolo:“ Di certo non si può chiedere a me dell’esigenza di un evento raffaellesco in questa città. Fui sicuramente io, nel corso di un forum delle idee al quale venni chiamato dal presidente della provincia, a caldeggiare una mostra di Raffaello nella città. Alla fine io non sono stato più coinvolto: la mostra è ben fatta, ma penso che in definitiva si potesse chiedere un maggior impegno al ministero. Di certo – ha sbottato il critico – il mio maggior coinvolgimento sarebbe stato più proficuo per il bene della mostra, anche dal punto di vista pubblicitario. La mia naturale antipatia avrebbe creato un’attenzione diversa nei confronti dell’evento”. [email protected]

SPECIALE RAFFAELLO

a mostra di palazzo ducale. “Raffaello non era affatto un garzone del Perugino”

o nel nome del padre” Dopo secoli un paesaggio ancora intatto

Accanto nella foto grande, la Piccola Madonna Cowper, sul cui sfondo è riconoscibile il Mausoleo dei duchi, ancora oggi sulle colline urbinati. In basso, Il sogno del cavaliere, in cui è dipinto il tipico paesaggio del Montefeltro

Nei suoi dipinti i luoghi del Montefeltro CHIARA ZAPPALA’

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uando Raffaello muore, nella Settimana Santa del 1520, consumato dalle pene d’amore per la sprezzante Lucrezia e dalla febbre alta, “la gabbia, o la trappola, improvvisamente si rompe. Scompare come la nebbia sul mare di Pesaro”. Flavio Caroli, docente di storia dell’arte moderna al Politecnico di Milano, immagina la morte del pittore urbinate simile a uno dei paesaggi marchigiani che Raffaello conosceva bene. E che talvolta ha riportato nei suo quadri. Sullo sfondo dei suoi ritratti, che sia quello di Elisabetta Gonzaga o di Guidobaldo da Montefeltro, o la Sacra Famiglia o la Piccola Madonna Cowper, è il paesaggio dell’Italia centrale a offrire lo scenario perfetto per compiere la perfezione figurativa che Raffaello cercava. “Quello marchigiano e della bassa Romagna è un paesaggio dolce, pausato, equilibrato, classico che bene si sposa con la sensibilità artistica di Raffaello”, dice il professore Caroli. Il paesaggio più bello del mondo, almeno fino a sessant’anni fa, ha affermato lo storico dell’arte, anche durante la trasmissione Che tempo che fa. Rocce, colli, arbusti, acque e abitazioni, che avevano fatto da sfondo per le pitture del padre Giovanni Santi, ritornano nei quadri del figlio Raffaello Sanzio, così come si ripetono nei dipinti di Timoteo Viti che aveva seguito l’adolescenza del genio urbinate nei suoi primi anni da artista. E d’altra parte, dopo la smentita di quanto scritto dal Vasari, ovvero di un Raffaello mandato ancora fanciullo lontano da Urbino presso la bottega del Perugino, si può immaginare il giovane pittore osservare i colli del Montefeltro quando la primavera squarcia la nebbia che per tutto l’inverno aveva avvolto la città con i suoi nobili palazzi, con le botteghe, con le abitazioni del popolo e che aveva ristagnato nelle vallate. Raffaello “ha visto sempre la luce, che ha dipinto” scrive Caroli. Quella stessa luce che ha ispirato l’architettura di Urbino, secondo il parere di Fausto Testa, docente di storia dell’architettura al Politecnico di Milano, è dentro i quadri di Raffaello, che rappresentano talvolta proprio quei capolavori architettonici. Come nel caso del dipinto “San Michele e il drago” in cui un palazzo che ricorda quello Ducale di Urbino è testimone dell’uccisione del mostro simbolo del demonio per mano del Santo interprete del bene. O come nel caso della Piccola Madonna Cowper sul cui sfondo si riconosce il Mausoleo dei duchi, ancora oggi elemento caratterizzante dei colli delle Cesane. Ma non bisogna riconoscere il ripetersi di questi luoghi d’infanzia del pittore come rimembranza romantica. “Bisogna inquadrare Raffaello secondo un modello storico” afferma il critico d’arte Carlo Arturo Quintavalle, ordinario di storia dell’arte all’università di Parma. “Senza utilizzare chiavi di lettura post-romantiche, il paesaggio non rappresenta un ricordo della fanciullezza, ma è accompagnato a elementi che riconducono ad un contesto storico preciso, secondo quanto commissionato al pittore. Se Michelangelo è pittore di idea, Raffaello è pittore di storia”. [email protected]

V

il Ducato

I negozi accolgono i visitatori della mostra esponendo poster di Raffaello nelle vetrine

Le prenotazioni sono già 24.000 ma le aspettative non sono ancora soddisfatte

Un affare? Presto per dirlo Gli albergatori propongono promozioni, i negozianti aprono la domenica ed espongono poster del pittore ANNALICE FURFARI

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affaello per battere la crisi? Forse. Gli esercenti di Urbino attendono. È ancora presto per trarre conclusioni. Di certo c’è che le aspettative sono elevate. E per adesso sono state soddisfatte solo in parte. I più pessimisti sono i gestori degli alberghi. Nonostante il numero di biglietti staccati fino al 5 aprile (2.525) e la quantità di prenotazioni raggiunta (24.289), i proprietari delle strutture ricettive pensano che si tratti per lo più di un turismo mordi e fuggi. Senza mezzi termini il commento di Giulio Lonzi, proprietario dell’Hotel Raffaello: “La campagna pubblicitaria è stata impostata molto male. Ho viaggiato tanto in questi mesi e non ho mai visto una locandina della mostra in giro per l’Italia”. Rincara la dose Elisabetta Vichi, responsabile della promozione dell’albergo e ristorante Nenè: “La promozione della mostra è stata pessima. La macchina organizzativa si è mossa troppo tardi. Il sito internet dell’evento è stato attivato solo da qualche mese. Noi abbiamo cercato di muoverci autonomamente per diffondere la notizia: abbiamo pubblicizzato la mostra nel nostro sito e abbiamo inviato materiale informativo alle agenzie di viaggio. Non spettava, però, a noi. Iniziative del genere devono essere promosse almeno con un anno di anticipo, altrimenti si rischia di trasformarle in occasioni sprecate”. Concorda Graziella Giacomelli, titolare dell’agriturismo Pietra Rosa: “La mostra è stata così mal pubblicizzata che alcuni clienti, interessati a vederla, sono arrivati prima dell’inaugurazione e l’hanno persa. Il turismo a Urbino non si evolve, perché non c’è lavoro di rete. La città non è accogliente: i negozi chiudono la domenica, ci si annoia, non si trovano parcheggi, gli abitanti non sono ospitali, i politici sono troppo distanti dalle dinamiche della

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vita comune”. Ma una voce fuori dal coro c’è. È quella di Fabrizio Marcucci Pinoli, figlio del proprietario della catena Vip Hotels, che comprende Hotel e Residence dei Duchi, Albergo San Domenico e Hotel Bonconte. “Siamo sponsor della mostra e abbiamo iniziato a lavorare già da settembre per pubblicizzarla. Abbiamo anche proposto dei pacchetti promozionali. Di sicuro, in un periodo di crisi come questo, Raffaello ci darà

una mano, ma molto dipende dal grado di apprezzamento dei primi visitatori e dal passaparola che si riesce a mobilitare. In ogni caso, la speranza è che non si tratti di un evento isolato: un’iniziativa di questa portata andrebbe organizzata ogni tre anni”. Anche i gestori dei negozi sembrano un po’ più ottimisti. Hanno atteso con ansia la mostra e si sono preparati a dovere: quasi tutti espongono in vetrina poster di Raffaello, persi-

no tra i vestiti e gli occhiali da sole. C’è poi una grande novità: hanno finalmente deciso di rimanere aperti la domenica. “Sono speranzosa – dice Monica Mancini, titolare de Il gatto con gli stivali – perché un evento di questo tipo dovrebbe attirare tanta gente”. Stefano Gamba, proprietario dell’Emporio Gamba, conferma: “Per l’occasione, ho ritirato nuovi capi d’abbigliamento e addobbi per la vetrina. E dico alla sarta di fare i lavori in giornata, di modo

da venire incontro alle esigenze del turista”. Anche la titolare della Montefeltro libri tiene aperto la domenica e ha comprato cataloghi sul pittore urbinate. I gestori dei ristoranti hanno, però, un appunto da fare. A loro avviso, la mostra si sarebbe dovuta prolungare fino a settembre, perché è proprio nel pieno dell’estate che Urbino ha bisogno di risollevarsi. Turisticamente parlando. [email protected]

In pochi si fermano a dormire. Gli stranieri spendono di più

Mostra, ristorante e poi a casa FRANCESCO CIARAFFO

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ttirato da Raffaello, ma di passaggio e poco disponibile a spese extra per souvenirs o regalini da riportare a casa. É il ritratto del turista che, a pochi giorni dall'inaugurazione della mostra, gira per il centro di Urbino. Unico “lusso” il pranzo o la cena. Sono in pochi a preferire uno spuntino veloce alla pizzeria al taglio o al bar, rispetto a un pasto al ristorante, magari con un piatto tipico. I meno attenti alle spese sono gli stranieri. “Quanto vi fermerete?” “Non lo so, non abbiamo programmato nulla”.“E quanto pensa di spendere?” “No budget” risponde sicuro un signore venuta dalla Svizzera. Come a dire: quello che serve, serve. Con accento americano, ma sforzandosi di parlare in italiano, un uomo statunitense illustra la sua vacanza: tre notti, cene e pranzi fuori bagnate da un buon vino, qualche bibita al bar. Ipotesi di spesa? “400 euro”. La moglie storce prima la bocca, poi lo corregge “No, è troppo, facciamo 300”. Ma il marito è sicuro: “400 ci servono tutti”. Molto diverso l'atteggiamento degli italiani, la maggioranza. Fare una stima è difficile, ma su un punto molti concordano: zero euro per le spese extra. Urbino è una meta irrinunciabile per chi ha organizzato un tour nelle Marche o nel centro Italia e la mostra è un bel motivo in più per salire nella città ducale. Ma si preferisce dormire altrove, dove si spende meno, o andare e tornare in giornata, per chi

Piccoli budget che non lasciano spazio agli extra abita nelle vicinanze. I costi fissi non possono essere eliminati e incidono sulle spese futili: 35 euro il viaggio di andata da Roma (pedaggio autostradale e carburante), 55 euro da Milano, 63 da Napoli. Più il ritorno. A questo si deve aggiungere il costo del parcheggio nelle strisce blu, il biglietto della mostra, il pranzo (o la cena) e, per chi non si accontenta della informazioni scaricate da internet, la guida. Totale: 35 euro circa. “Veniamo da Cantù. Speriamo di cavarcela con 30 euro per il pranzo. Siamo in due più il piccolo”, dice un signore indicando il figlio in braccio alla moglie. Chi non si limita al menu turistico, però, e vuole almeno l'audioguida per girare tra le opere di Raffaello, deve aumentare il proprio budget di almeno quindici euro. Per chi si ferma a dormire, poi, i costi lievitano ancora. “Pensiamo di spendere tra i 250 e i 300 euro in due”, dice un signore romano venuto appositamente per la mostra e che dormirà due notti in un albergo del centro. Extra? “Al massimo una decina di euro”. Fa eco una coppia di Cremona: “Rimaniamo due giorni e abbiamo preventivato una spesa di 200 euro. Spese ulteriori? Qualche libro interes-

sante, se lo troviamo”. Taglia di molto i costi, invece, chi arriva in camper, così da aumentare la cifra per regalini e souvenirs: “Ci fermiamo una notte sola. Pensiamo di spendere un centinaio di euro, 30 per gli extra”, dice una ragazza di Merano. Se molti turisti camminano diretti verso palazzo ducale seguendo le indicazioni della mostra senza fermarsi ai negozietti di via Vittorio Veneto, ci pensano i ragazzi delle scolaresche a dare la caccia a cartoline, braccialetti e gadgets vari. “Alla fine 10 euro li spendono, forse anche qualcosa di più”, dice il professore alla guida di una scolaresca di Napoli. La mostra, anche se scarsamente pubblicizzata, è sicuramente un valore aggiunto per Urbino, ma trattenere i turisti in città per più di una giornata è difficile. “Stavamo facendo un tour nell'Emilia Romagna. Abbiamo saputo della mostra sfogliando i quotidiani quando eravamo a Bologna e non potevamo fare a meno di venire”, dice una signora norvegese circondata da marito e figli. Si fermerà a mangiare qui? “No, stiamo già tornando alla macchina”. Il grande boom fino ad ora non c'è stato. “E' ancora troppo presto”, conferma il titolare di un ristorante vicino piazza della Repubblica. I negozianti non perdono la fiducia, ma per ora quasi nessuno gira con le buste dello shopping. I portafogli dei turisti non sembrano essere così pieni da risollevare l'economia urbinate. [email protected]

SPECIÀLE RAFFAELLO

In giro per la città angolo per angolo. Monumenti antichi e restauri moderni

Quattro passi dopo Raffaello Urbino offre tanti luoghi di interesse da visitare. A cominciare dalle oltre 250 stanze di Palazzo Ducale

Fortezza Albornoz Oratorio di San Giovanni Battista Monumento a Raffaello

Palazzo Battiferri

Mausoleo dei Duchi (zona Cesane)

Monastero di Santa Chiara Teatro Sanzio

LUCA FABBRI

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ue ore possono bastare per vedere i quadri di Raffaello. Poi o si tira il fiato, rilassandosi davanti a un aperitivo o facendo shopping per le vie della città; oppure si continua con la cultura, perché Urbino non è solo Raffaello e sarebbe un peccato andarsene via senza aver visto tutto quel che offre. A cominciare dalla sede della mostra, palazzo ducale: la residenza di Federico da Montefeltro ospita la galleria nazionale delle Marche. Da non perdere, tra le 250 stanze che si annidano intorno al cortile d’onore, lo studio del duca con le tarsie in legno, l’appartamento della duchessa e i sotterranei del palazzo. Per apprezzare il resto di Urbino, un’idea può essere partecipare a “Utopia di Raffaello”: una serie di appuntamenti nei week end fino alla metà di luglio, che offre percorsi per scoprire la città in ogni angolo e degustare prodotti tipici del Montefeltro.

Casa di Raffaello

In alternativa si può sempre andare in giro per conto proprio. Prima tappa: il monastero di Santa Chiara, fatto costruire dal duca Federico nel 1445. In questo edifico nei secoli si è fatto praticamente di tutto: fino al 1864 ospitava le suore clarisse. Per settant’anni, dal 1904 al 1974, al monastero convertito a ospedale, portavano gli ammalati; oggi invece a Santa Chiara entrano gli studenti iscritti all’Isia. Altra meta è l’oratorio di San Giovanni Battista, dove i fratelli Jacopo e Lorenzo Salimbeni hanno dipinto affreschi considerati come la testimonianza del gotico internazionale nelle Marche. Scendendo per via Saffi, si arriva a Palazzo Battiferri, sede della facoltà di Economia. L’edificio, costruito nel XIV secolo e restaurato dall’architetto Giancarlo De Carlo, è noto per le sale di lettura a scaffale aperto che si affacciano sul panorama dell’appennino e per la biblioteca all’ultimo piano che ospita oltre 30.000 volumi e 1000 riviste di economia e sociologia.

Anche i dintorni di Urbino meritano attenzione. In zona Cesane, a due km dal centro, Giorgio Martini ha realizzato attorno al 1491 il Mausoleo dei Duchi, voluto da Federico da Montefeltro. Sul punto più alto della città, sorge la fortezza Albornoz, luogo adatto per osservare Urbino e il Montefeltro. Infine prendono il nome da Raffaello una serie di luoghi degni di una visita. Il teatro Sanzio, inaugurato nel 1853 con il Trovatore di Giuseppe Verdi e rimesso in sesto dopo anni di abbandono da De Carlo. Il collegio Raffaello, in Piazza della Repubblica dove ora ha sede il consiglio comunale. La casa di Raffaello, riconvertita a museo che ospita alcune opere di rilievo. Dopo la visita, il consiglio è di salire in cima a via Raffaello fino a piazzale Roma, vedere il monumento a lui dedicato, sedersi su una panchina e chiudere la giornata guardando il panorama del Montefeltro. [email protected]

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SPECIALE RAFFAELLO

il Ducato

Il Rinascimento conteso tra il guerriero e l’artista Il signore di Urbino investì le ricchezze della guerra in opere d’arte

Sommava in sè “arte e virtute”, diventò un mito già prima di morire

Raffaello: “Non Federico, duca d’armi e di cultura uomo, dio mortale” ALICE CASON

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hissà se ci sarebbe stato Raffaello senza Federico da Montefeltro. I due grandi di Urbino non si conobbero mai: l’artista nacque l’anno dopo la morte del duca. Però fu Federico a rendere la città marchigiana uno dei centri culturali più vivaci e stimolanti d’Italia, dove Raffaello ricevette la sua primissima formazione artistica. Figlio illegittimo del signore di Urbino, Guidantonio da Montefeltro, Federico (1422) trascorse l’infanzia nella Massa Trabaria, insieme a Gentile Brancaleoni, che sposò nel 1437, a 15 anni. A 11 anni fu mandato ostaggio dal padre prima a Venezia, e poi a Mantova, dove venne istruito nella scuola cà Zoiosa dell’umanista Vittorino da Feltre. Gli insegnamenti del maestro influenzarono poi notevolmente la politica culturale del duca, che fece ritrarre Vittorino tra i grandi del suo studiolo. Fin da giovane Federico seppe di voler diventare cavaliere. Convinse il padre ad affidargli, sedicenne, il comando della compagnia di ventura di Urbino: dal 1438 al 1445 fu al servizio del duca di Milano, e venne istruito all’arte della guerra. Nel 1444 il fratellastro Oddantonio, che era succeduto al padre, venne ucciso in una congiura. Che fosse o meno coinvolto nel complotto, a 22 anni Federico divenne così signore di Urbino. Nel 1460, quando sposò Battista Sforza, figlia del signore di Pesaro, che gli portò in dote Fossombrone, era ormai signore di quasi tutte le Marche. Fu abilissimo condottiero e mecenate amante delle arti. Fu anche accorto politico e diplomatico, un principe globale, esemplare dell’epoca in cui visse. Con

le immense ricchezze che accumulò grazie al suo genio militare finanziò le arti e la cultura: fu durante il suo ducato che Urbino diventò un prestigioso centro per gli artisti di tutta Italia, e fu Federico a ordinare la costruzione di Palazzo Ducale, che affidò a Luciano Laurana prima, e poi a Francesco di Giorgio Martini. Si circondò di artisti del calibro di Piero della Francesca e investì un patrimonio in opere d’arte e libri miniati. Federico mise il proprio esercito e la propria abilità al servizio dei vari signori italiani, di volta in volta valutando e scegliendo il partito che recava maggiori vantaggi al suo ducato, senza mai compromettere in maniera definitiva i rapporti con la parte momentaneamente avversa. L’unico suo storico nemico fu il signore di Rimini e Fano, Sigismondo Malatesta, con il quale si scontrò per più di 20 anni e che sconfisse nel 1463, mentre era al comando della Lega Italica. Nel 1469 però difese il figlio di Sigismondo,Roberto, dalle mire papali, e gli diede in sposa la figlia. Per gran parte della sua carriera Federico difese il papato, e ottenne così il titolo di vicario papale prima, poi (nel 1474) di duca. Con un papa si imparentò anche, facendo sposare una sua figlia a un nipote di Sisto IV della Rovere. Poco prima di morire di febbre, a 60 anni, fu forse implicato nella congiura dei Pazzi del 1478, che tentò di rovesciare i Medici a Firenze. Il figlio Guidobaldo, che gli succedette nel 1482, fu il duca estimatore e committente del giovane Raffaello. Federico lasciò Urbino splendida, potente, vivace. Qui si formò Raffaello, che poté così assorbire l’Umanesimo, l’amore per la cultura classica, le innovative conquiste formali degli artisti di corte, che il duca guerriero aveva regalato alla città. [email protected]

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possessori delle dote di Raffaello non sono uomini semplicemente, ma dèi mortali”. Erano trascorsi solo 30 anni dalla sua morte, e la vita di Raffaello già sfumava nel mito. Giorgio Vasari, nelle Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, stampato nel 1550, lo paragonò a un dio, perché in lui “chiarissimamente risplendevano tutte le egregie virtù dello animo, accompagnate da tanta grazia, studio, bellezza, modestia e costumi buoni, che arebbono ricoperto e nascoso ogni vizio quantunque brutto, et ogni machia ancora che grandissima”. Raffaello Sanzio, figlio di Giovanni dè Santi, nacque a Urbino il 6 aprile 1483, di venerdì santo. E sempre di venerdì santo morì, 37 anni dopo. Il padre era un pittore e un intellettuale che frequentava la corte, all’epoca uno dei centri culturali italiani più vivaci. Il duca Federico da Montefeltro, morto un anno prima che Raffaello nascesse, aveva riunito attorno a sé alcuni dei più grandi artisti del Rinascimento: nella seconda metà del quattrocento operarono a Urbino Luciano Laurana, Leon Battista Alberti e Piero della Francesca. Raffaello trascorse così i primi anni di vita in un ambiente culturale di altissimo livello, e cominciò a dipingere nella bottega del padre. A 8 anni rimase orfano di madre, a 11 gli morì anche il padre. Probabilmente in questo periodo trascorse alcuni anni a Perugia, nella bottega del Perugino. Fin da giovanissimo Raffaello, già “magister” a 17 anni, ricevette committenze dal duca di Urbino Guidobaldo (successore di Federico) e dalla duchessa Elisabetta di Gonzaga. Fu poi la figlia del duca Federico a raccomandarlo al gonfaloniere di Firenze Pier Soderini: nel 1504, a ventuno anni, Raf-

faello raggiunse la città di Leonardo e Michelangelo (che nello stesso anno terminò il David), affascinato dalle suggestioni artistiche che gli arrivavano dalla repubblica toscana. Qui si completò la formazione del pittore dell’armonia, e la sua fama crebbe talmente che arrivò alle orecchie del papa. Giulio II lo chiamò a Roma nel 1508, forse su suggerimento di Bramante, e rimase talmente colpito dalla sua maestria da licenziare tutti gli altri pittori e affidare a lui solo le decorazioni delle stanze papali del palazzo Vaticano (una di queste è la famosissima Scuola di Atene). A Roma Raffaello divenne architetto e approfondì l’amore per l’arte classica. Ma non solo: fu anche “persona molto amorosa et affezionata alle donne”. Vasari racconta che un suo committente, il banchiere Agostino Chigi, per farlo concentrare sugli affreschi ai quali stava lavorando dovette ospitare alla Farnesina anche la sua donna. Nel 1514 il nuovo papa, Leone X, lo nominò architetto della fabbrica di San Pietro e conservatore delle antichità. A Roma la fama di Raffaello divenne trionfo: le sue opere si conoscevano ormai “fino in Fiandra et in Francia”, come testimonia Vasari. Già mentre era in vita nasceva il suo mito, fatto di perfezione stilistica e cortesia: Raffaello era l’uomo esemplare del Rinascimento, che sommava in sé “arte e virtute”. Si fece crescere in quegli ultimi anni barba e capelli, e divenne così anche fisicamente divino, un Cristo. Quando morì, il 6 aprile del 1520, venerdì santo, si disse che in realtà di anni non ne compiva 37, ma 33, come Gesù. Pico della Mirandola il giorno successivo alla scomparsa del pittore scrisse che alla sua morte i cieli avevano mostrato gli stessi segni che mostrarono alla morte di Cristo e che il palazzo dei papi, su cui si era aperta una crepa, minacciava di crollare. (a.c.)

ASSOCIAZIONE PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO, fondata da Carlo Bo. Presidente: GIOVANNI BOGLIOLO, Rettore dell'Università di Urbino "Carlo Bo". Vice: GIANNETTO SABBATINI ROSSETTI, Presidente dell'Ordine dei Giornalisti delle Marche. Consiglieri: per l'Università: BRUNO BRUSCIOTTI, LELLA MAZZOLI, GIUSEPPE PAIONI; per l'Ordine: STEFANO FABRIZI, DARIO GATTAFONI, CLAUDIO SARGENTI; per la Regione Marche: SIMONE SOCIONOVO, LEONARDO FRATERNALE; per la Fnsi: GIOVANNI GIACOMINI, GIANCARLO TARTAGLIA. ISTITUTO PER LA FORMAZIONE AL GIORNALISMO: Direttore: LELLA MAZZOLI, Direttore emerito: ENRICO MASCILLI MIGLIORINI. SCUOLA DI GIORNALISMO: Direttore: RAFFAELE FIENGO IL DUCATO Periodico dell'Ifg di Urbino Via della Stazione, 61029 - Urbino - 0722350581 - fax 0722328336 www.uniurb.it/giornalismo; e-mail: [email protected] Direttore responsabile: RAFFAELE FIENGO Stampa: Arti Grafiche Editoriali Srl - Urbino - 0722328733 Registrazione Tribunale Urbino n. 154 del 31 gennaio 1991 VIII

SPETTACOLI

Aumentati gli abbonati rispetto all’anno scorso

Stagione di prosa bilancio coi fiocchi Gli urbinati non rinunciano al teatro. Gli spettatori sono stati 4445 Sopra lo spettacolo “Trilogia della villeggiatura” di Goldoni CLAUDIA BANCHELLI

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i abbassano le luci sulla stagione di prosa al teatro Sanzio, e adesso tocca fare i conti. Sarà pur rimasto un piacere per pochi, un antico modo di stare nella società e di fare cultura, ma sta di fatto che il teatro a Urbino non passa mai di moda. Ogni volta che una compagnia sale sul palco del Sanzio, platea, palchetti e galleria si riempiono. E il bello è che in questa città a teatro ci vanno un po’ tutti. Tanti anche i giovani: da quelli con l’aria da intellettuali un po’ demodè, ai finti trasandati con i capelli arruffati, al Sanzio ci sono per tutti i gusti. Il fatto è che la stagione di prosa è piaciuta proprio agli urbinati; a parlare sono i numeri. La rassegna, conclusasi lo scorso 3 aprile con “La commedia di Candido”, porta con sé un risultato significativo e decisamente in controtendenza: l’aumento degli abbonati . Se ne contano ben 292, e considerato che il teatro Sanzio ha 450 posti, i fedelissimi che non si sono persi neanche uno spettacolo ne occupano più della metà. Il numero degli spettatori arriva a 4445, con una media di ben oltre 400 persone a serata, poco meno rispetto alle presenze dell’anno scorso, quando di biglietti venduti se ne sono contati 4454. Questi sono i dati relativi alla stagione di prosa, mancano ancora i risultati di Teatro Oltre, la kermesse di spettacoli che porta sul palco linguaggi innovativi. A giocare un ruolo decisivo per il successo raccolto dalla stagione teatrale è sicuramente la scelta della program-

mazione: “La qualità quest’anno ha vinto - ha confermato l’assessore alla Cultura e Turismo, Lella Mazzoli - puntando sulla commedia classica, spettacoli socialmente impegnati e la danza”. Nonostante gli allarmi della crisi gli urbinati non hanno rinunciato alla voglia di vivere le sensazioni che solo le storie raccontate sul palco possono trasmettere. “Abbiamo avviato la campagna abbonamenti proprio nello stesso periodo in cui

falliva il colosso americano Lehman Brothers - ha spiegato il direttore di Amat, Gilberto Santini - e nonostante questo è successo un fatto curioso: il numero degli abbonati è cresciuto. Nei periodi di crisi non è la cultura a farne le spese”. Aumenta ogni giorno la paura verso la crisi economica, anche per questo il teatro non deve perdere di vista il suo pubblico. Se i tempi si fanno duri, la programmazione deve essere più attenta alle tematiche sociali.

Quest’anno al Sanzio sono arrivati spettacoli di alta qualità e di forte impatto emotivo come, tanto per citarne alcuni, il dramma giudiziario de “La parola ai giurati” di Reginald Rose; le parole di due grandi intellettuali come Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia ne “La notte delle lucciole”; l’angosciante realtà di “Gomorra” tratto dal libro di Roberto Saviano e poi Toni Servillo nella “Trilogia della villeggiatura”, celebre commedia di Carlo Goldoni. La solitu-

dine e la delusione raccontate da Natalia Ginzburg ne “L’intervista”, e per finire, ma senza tregua, “La commedia di Candido”, con Ottavia Piccolo e Vittorio Viviani, hanno confermato i risultati positivi della stagione. La cultura è un motore importante per l’economia urbinate; per questo è essenziale che il teatro continui ad essere uno dei mezzi principali attraverso il quale l’arte prende forma e spinge il pubblico a riflettere. [email protected]

Mau 2009, quattro le categorie in gara. Lucio Dalla in giuria

Concorso musicale per studenti GIOVANNI PASIMENI

A

l via la prima edizione di Mau 2009, il concorso musicale indetto dall’Ersu di Urbino. “Musica all’università” (Mau) si inserisce nel progetto portato avanti dall’Ente per rivitalizzare i collegi universitari e i luoghi frequentati da studenti. Per il presidente dell’Ersu Giancarlo Sacchi “coinvolgere il più possibile gli studenti rientra nella nostra filosofia”. “Abbiamo voluto l’evento - spiega Sacchi - per due ragioni: 1) quando l’anno scorso abbiamo organizzato «Urbino: arte all’università» (Uau), un concorso artistico-culturale, la musica è rimasta esclusa; 2) forniamo i soliti servizi ma favoriamo anche la crescita culturale grazie a concorsi come questo”. Le categorie in gara sono quattro: classica; pop; parole in musica; dj set. “Possono iscriversi - spiega Stefano Mauro del Centro informazioni studenti (Cis) dell’Ersu - solisti o gruppi musicali che eseguono brani inediti o cover. Si premierà l’originalità”. Possono partecipare gli studenti iscritti al-

car te llo ne

Cinema DRAGON BALL EVOLUTION di James Wong Cinema Ducale dal 10 al 16 aprile Feriali: 20.30/22.30 Festivi: 16.30/18.30/20.30/22.30 Basato sul popolare manga giapponese ideato da Akira Toriyama, Dragon Ball Evolution racconta la storia del giovane guerriero Goku. Dopo la morte del nonno, il protagonista decide di met-

l’Università di Urbino, all’Accademia di Belle Arti, all’Isia, al Conservatorio di Pesaro e all’ultimo anno di un istituto secondario superiore marchigiano. È di 3.000 euro la dotazione economica del concorso. In palio 500 euro per il primo classificato di ogni categoria. Il vincitore finale riceverà altri 1.000 euro. I primi classificati di ciascuna categoria parteciperanno gratis a un viaggio organizzato dall’Ersu per assistere a un evento musicale nazionale o internazionale ma anche ad altri spettacoli e serate speciali. Per valutare le performance, l’Ersu ha istituito una giuria tecnica composta da personalità della musica e della cultura. Tra i giurati ci sono il maestro urbinate e presidente di Mau 2009 Michele Mangani - insegna musica d’insieme per strumenti a fiato al “Rossini” di Pesaro - e il cantante Lucio Dalla. La selezione preliminare avverrà dopo l’ascolto di brani registrati su cd. “È importante - avverte Mangani - sia l’esecuzione del brano, sia la buona registrazione perché la preselezione valutata tramite l’ascolto di cd è rischiosa. Io mi occuperò dei compositori-esecutori classici. Valuterò l’esecu-

tersi in viaggio per trovare le sette sfere magiche del Drago per salvare il mondo. CHE L’ARGENTINO di S t e v e n Soderbergh Cinema Ducale dal 10 al 16 aprile Feriali: 20.30/22.30 Festivi: 17.30/20.00/22.30 Primo episodio della pellicola realizzata sulla vita di Ernesto Guevara. Il 26 novembre del 1956 Fidel

zione, l’interpretazione e le difficoltà tecniche del brano. Il concorso - prosegue Mangani - coinvolge due realtà diverse: il Conservatorio e l’Università. Si tratta di una vetrina musicale che può essere sfruttata come un trampolino di lancio”. Per ognuna delle categorie verranno selezionati - dopo l’ascolto delle registrazioni quattro finalisti che si esibiranno dal vivo nel corso di giornate aperte al pubblico. Il vincitore di ognuna delle sezioni - al termine della serata live - sarà deciso dalla giuria (per un 75%) e dal pubblico presente (per un 25%). La serata conclusiva nella quale verrà eletto il vincitore assoluto - i primi di giugno - sarà caratterizzata dall’esibizione dal vivo dei quattro vincitori delle sezioni. Le iscrizioni (aperte l’8 aprile) possono essere presentate fino alle 12 di mercoledì 13 maggio. Massimo Fortini, direttore dell’Ersu, osserva: “Ci aspettiamo una partecipazione maggiore della positiva esperienza di Uau. Occorre vivere l’università a tutto tondo, non come un esamificio in cui studiare, dare esami e dal quale fuggire”. [email protected]

Castro salpa per Cuba con 80 ribelli per rovesciare la dittatura di Fulgencio Batista. Tra questi un giovane medico argentino a cui presto verrà attribuito il soprannome del Che. GLI AMICI DEL BAR MARGHERITA di Pupi Avati Cinema Nuova Luce dal 3 al 15 aprile Feriali: 21.30

Pasqua: 17.30/21.30 Pasquetta: 21.30 Bologna 1954. Taddeo è un ragazzo diciottenne che sogna di frequentare il mitico Bar Margherita. Con uno stratagemma il giovane inizia a fare d’autista personale ad Al, l’uomo più carismatico e misterioso del quar tiere. Taddeo così diventa il suo protetto. L’amarcord del Bar Margherita procede quasi ad episodi e le storie si intrecciano in una diver tente commedia, con un’ironia a volte amara.

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il Ducato

UNIVERSITA’

E’ stato eletto il Comitato pari opportunità

A tutti gli studenti uguali condizioni Tra le portavoci Alda Lamce, presidente dell’associazione PantaRei DANIELE FERRO

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l Comitato Pari Opportunità (CPO) «è uno strumento per comunicare», sostiene Alda Lamce. «È un modo per sensibilizzare», prosegue Luana Salvatore. «Svolge una funzione informativa», aggiunge Veronica Marescotti. Comunicare, sensibilizzare ed informare sono le fondamenta sulle quali si regge la rinascita del Comitato, rappresentato dalle tre studentesse elette nella lista delle Formiche con le votazioni del 25 e 26 marzo. Il CPO esisteva già l’anno scorso, ma - come spiega Veronica Marescotti - «era stato creato in maniera un po’ improvvisata, perché non c’era modo di organizzare delle elezioni. Le ragazze del Comitato erano state suggerite dai rappresentanti degli studenti e nominate dal Rettore». L’anno scorso, insomma, questo organismo era stato un affare interno alle rappresentanze universitarie. Ora, con la legittimazione del voto, le Pari Opportunità diventano appieno un obiettivo da raggiungere. Il CPO è costituito non solo da studenti, ma da altri sei membri tra personale docente e tecnicoamministrativo, ed ha l’intento di rivolgersi all’università nel suo insieme: le rappresentanti sottolineano che le funzioni dell’organismo non riguardano singole fasce di studenti, e non trattano solamente la disparità di condizioni tra uomo e donna. Veronica Marescotti dice che «il Comitato serve a tutti, perché tutti devono avere gli stessi punti di partenza. Spesso le persone pensano di vivere una situazione di pari opportunità, ma in alcuni casi non è così. Ecco perché dobbiamo fare una

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politica di informazione». Ma il Comitato dovrà rivolgere particolare attenzione agli studenti che più hanno esigenze proprie, come gli stranieri e gli Erasmus. E poi ci sono gli studenti diversamente abili che vivono quotidianamente grandi disagi, ed è sui loro bisogni che l’attenzione va concentrata. Alda Lamce è presidente di PantaRei - associazione culturale che si batte per il diritto alla mobilità degli studenti disabili - e le sue affermazioni sono pesanti: «Il trasporto è importante per qualsiasi essere umano. Noi che non possiamo camminare abbiamo bisogno un aiuto che spesso ci viene negato. Nessuno in università ci ha mai chiesto quali sono i problemi che incontriamo. Per questo con la mia candidatura abbiamo deciso di rappresentare PantaRei nel Comitato. Il trasporto - prosegue Alda - è un problema grave: il servizio dei bus per i diversamente abili termina alle 19, quindi la sera non possiamo uscire. Non c’è servizio la domenica, e ci tocca stare in camera tutto il giorno mentre fuori c’è il sole. Senza contare che gli autisti spesso non hanno sensibilità ed attenzione nei nostri confronti. Inoltre per avere il servizio di trasporto devi avvisare il giorno prima, o la mattina presto. Se hai un’esigenza sul momento, ti arrangi: a me è successo di stare male, e non sono stata portata all’ospedale. Comunque - conclude Alda - io non voglio rappresentare solo i diversamente abili, ma tutti gli studenti, perché attraverso il Comitato bisogna chiedere che vengano risolti i problemi di tutti. Dobbiamo costruire, per quanto ci compete, un ponte di comunicazione tra studenti, docenti e strutture». E poi, come dice Luana Salvatore, «il Comitato potrebbe essere im-

portante per tutti quegli studenti che nei corsi di facoltà non affrontano tematiche di tipo sociale ed hanno voglia di saperne qualcosa». Il Comitato Pari Opportunità aspetta di riunirsi con gli altri organi universitari per decidere le iniziative da portare avanti. Intanto potrebbe colmare il primo vuoto, lungo un anno: sul sito dell’ateneo, nello spazio dedicato al Comitato, alla pagina degli “obiettivi” non c’è ancora scritto nulla. [email protected]

Lancianese è il nuovo rappresentante all’Ersu

“Risolviamo i problemi” GIULIA AGOSTINELLI

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bruzzese, 22 anni, studente al terzo anno alla facoltà di scienze politiche alla Carlo Bo di Urbino. Questa è la carta d’identità di Simone Lancianese, appena eletto rappresentante studentesco al consiglio di amministrazione dell’Ersu, l’ente regionale per il diritto alla studio universitario. La nomina ufficiale della Regione arriverà a giorni, ma i voti guadagnati alle elezioni studentesche, con la lista “Formiche - Uniti per il futuro”, assegnano a lui l’incarico. “Farò da tramite tra gli studenti e l’Ersu”. Così Simone Lancianese cerca di sintetizzare il lavoro che lo attende e che porterà avanti per i prossimi tre anni. E’ il suo primo impegno ufficiale nella rappresentanza studentesca universitaria, come rivela anche l’emozione che prova nel parlare. “E’ importante che ci sia all’interno del consiglio dell’Ersu un rappresentante degli studenti in maniera fissa. Sono molti i problemi da affrontare e discutere tra cui quelli relativi, per esempio, al bar e alla ristorazione delle due mense universitarie. Fino all’anno scorso, nei week

end il servizio si alternava tra le due mense, invece da quest’anno a rimanere aperta è solo quella dei collegi al Tridente. Si è parlato anche della possibilità di chiudere la sera la mensa in centro. Una scelta che toglierebbe un servizio a tutti gli studenti che abitano dentro le mura, tra questi vi sarebbero anche tanti borsisti che per motivi diversi hanno scelto l’alloggio in città”. Lancianese pensa che si dovrà affrontare anche la discussione per la costruzione di nuovi alloggi a Cavallino. “Il progetto c’è, ma per il momento dovrebbe rimanere fermo anche per motivi di trasporto con il centro. Problemi di collegamento già ci sono con la sede di Sogesta e, se si dovessero aprire nuovi collegi a Cavallino, sarebbe ancora più problematico. Se si riprenderà in mano questo progetto, si dovrà discutere prima del piano dei trasporti”. Aspettando di sedere ufficialmente al tavolo del cda dell’Ersu, Simone Lancianese pensa già a qualche proposta : “Stavamo pensando di ritoccare il bando delle 150 ore che dà agli studenti la possibilità di collaborare part time nelle strutture dell’università privilegiando nell’assegnazione chi ha già ottenuto l’idoneità per la borsa di studio”. [email protected]

SPORT

Dopo la Coppa Italia, l’allenatore di volley conquista la Champions League

Micelli: un urbinate vincente “Tanti sacrifici e tanto lavoro per vedere questi risultati. Ma sono sicuro che il bello deve ancora arrivare” BRUNELLA DI MARTINO

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a Urbino al tetto d’Europa si passa per i torricini!”. Lorenzo Micelli, urbinate di nascita, riassume con questa espressione il lungo percorso, fatto di grinta e perseveranza, che ha portato la sua squadra di volley serie A1 femminile, la Foppapedretti Bergamo, a diventare campione d’Europa. Cinque set avvincenti per una formazione tutta italiana: domenica 29 marzo la squadra di Bergamo, che Micelli allena dal 2007, ha vinto la Champions League contro la Dinamo Mosca, nella final four di Perugia. Una vittoria tutta italiana ottenuta con sudore e arrivata dopo un altro grande successo: la Coppa Italia conquistata nel 2008 contro la Scavolini Pesaro. Due vittorie consecutive per Micelli; sesto trionfo europeo e quinta Coppa nazionale per la squadra di Bergamo. Un lungo curriculum sportivo nella pallavolo femminile, quello di Lorenzo Micelli: dalla panchina della Robur Tiboni Urbino, dal 1996 al 1999, fino alla serie A1 con la Santeramo nel 2005. Una vita dedicata ad una professione che ama e che lo ha portato a ricoprire il ruolo di secondo allenatore della Nazionale italiana nel 2006 e di assistente tecnico dal 2007. “Ho cominciato a fare pallavolo a Urbino negli anni’90.Urbino mi ha fatto appassionare, e la passione, si sa, è il vero motore di ogni cosa”. E aggiunge: “Ho cominciato allenando una squadra maschile, poi ho cambiato; sono ormai quindici anni che lavoro con squadre femminili”. Ma che differenza c’è dall’allenare una squadra maschile? “La situazione di gioco e la tecnica sono totalmente diverse, così come lo sono anche le dinamiche psicologiche. Credo sia più difficile allenare le donne, essendo già per loro natura molto complicate”.

Ha una giocatrice preferita? “Assolutamente no! Credo molto nel gioco di squadra. Sono tutte professioniste bravissime, la maggior parte delle quali gioca nella Nazionale”. Bergamo punto di arrivo o punto di partenza? “Partenza vera! È la prima volta per me in una grande squadra, e ne sono orgoglioso. È la risposta ai tanti sacrifici e al lavoro fatto fino ad oggi, ma ono sicuro che il bello deve ancora arrivare”. Quali sono state le vostre carte vincenti? “La pazienza in primis! Le ragazze non hanno sempre tempi di recupero sufficienti, quindi non sempre sono in forma o adeguatamente motivate. Ma sono vere campionesse, per cui non bisogna aver fretta nel pretendere risultati. La forza tecnica e tattica hanno fatto la differenza, insie-

me alla determinazione e al cuore”. Più soddisfazioni o più delusioni nella sua carriera? “Delusioni poche, soddisfazioni tante. Non dimenticherò mai il giorno in cui abbiamo vinto la Coppa Italia, un’esperienza mai provata prima”. La crisi mondiale che stiamo vivendo si avverte anchenel mondo della pallavolo? “Purtroppo sì, tantissimo, e la riduzione degli stipendi è emblematica. Inoltre le aziende in difficoltà costringono gli sponsor ad allontanarsi, così restano solo gli appassionati ma con budget ridotti”. Obiettivi futuri? “Come da contratto, resterò alla Foppapedretti Bergamo fino al 2011. Lo scudetto ora è l’obiettivo a cui mirare.” [email protected]

Lorenzo Micelli, allenatore della Foppapedretti Bergamo

Con la crisi scarseggiano le pubblicità per le squadre locali

Gli sponsor abbandonano lo sport GIORGIO MOTTOLA

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Match di calcio a 5 al Palamondolce

he si torni a giocare in cortili polverosi con palloni di pezza e scarpe sfondate, è improbabile. L’onda lunga della recessione economica sta travolgendo, però, anche il mondo dello sport. Gli imprenditori locali, fino a qualche tempo fa, erano i grandi mecenati di ogni evento e squadra sportiva. Ora faticano a far quadrare i conti e mandano in cassa integrazione i propri dipendenti. Sui loro bilanci, la prima a scomparire, tra i capitoli di spesa, è stata la voce “sponsor”. Più del 60% delle ditte che mi avevano promesso un contributo si sono tirate indietro già all’inizio dell’anno”, rivela Lorenzo Cerioni, patron della Fermignanese, che gioca in Eccellenza. Fare il presidente di una squadra di calcio, in realtà piccole come Urbino e Fermignano, significa quasi sempre trasformarsi in piccole concessionarie pubblicitarie. Gli sponsor vengono inseguiti, tampinati, talvolta implorati. Sono loro a pagare le divise, l’iscrizione al campionato e l’affitto dei campi sportivi. E in tempo di crisi, che fatica trovarli! Giovanni Pagnoni, presidente della Futsal,

squadra di calcio a 5 che milita in C1,isuoi sponsor lui li incastra:“Io gestisco un negozio e a tuttiimieifornitorichiedouncontributo.Vistoche io compro da loro, chi più chi meno, qualcosa la danno tutti”. Per il futuro, però, è pessimista. La sua squadra giocherà i play off per la serie B. Pagnoni, però, non è così entusiasta della eventuale promozione: “La sola iscrizione al campionato di B costa quattordici mila euro. E le nostre spese annuali complessive non superano i sei mila euro: siamo già costretti a chiedere ai nostri giocatori di pagarsi da soli alcune spese, come le visite mediche”.Come ripete ultimamente anche Obama, la crisi potrebbe essere un’opportunità. La pensa così Giancarlo Sacchi, presidente della Robour Tiboni, squadra di volley urbinate da ben quattro stagioni in A2. La sua società ha meno problemi nel reperire sponsor rispetto alle piccole squadre locali. Ritiene comunque necessario un cambio di passo: “Ho proposto alla Lega delle società di pallavolo professionistiche di puntare tutto sulla Junior league. È investendo sui giovani che si costruisce uno sport sostenibili senza le spese folli del passato”. [email protected]

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il Ducato

MASS MEDIA

Giornalisti, ricercatori e divulgatori, fra informazione specializzata e generalista

Come comunicare la scienza La necessità di raccontare e quella di essere precisi. Rosati avverte: “Ma attenzione al sensazionalismo”

Il pubblico è molto esigente e chiede informazione scientifica, più di quella che è offerta oggi

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iò che sappiamo della scienza, lo sappiamo dai media. E’ infatti attraverso la comunicazione che i progressi del mondo scientifico vengono riportati alla società civile. L’Eurobarometro, rapporto della Commissione Europea su media e ricerca scientifica del 2007, indica che l’interesse per la scienza è più alto rispetto a politica ed economia, e che scienziati e medici sono molto più stimati di politici e giornalisti. Ma il mondo dell’informazione riporta correttamente ciò che la ricerca produce? I fatti scientifici divengono temi di comunicazione in molti modi. Non solo attraverso l’informazione specializzata, ma anche attraverso quella generalista. “Occorre distinguere almeno tre tipi di comunicazione della scienza” dice Mario Menichella, scrittore scientifico free lance, autore di Professione divulgatore: “C’è la divulgazione propriamente detta, attraverso cui vengono spiegate le scoperte della scienza; poi c’è l’attività di informazione, la cronaca delle novità del mondo scientifico, compiuta dai giornalisti specializzati; infine l’infotainment, commistione fra informazione e intrattenimento”. In questo panorama, se internet ha creato nuovi spazi (come gruppi di discussioni e blog) dove, oltre all’informazione e alla didattica,anche chi non è del settore può occuparsi di hobby scientifici, “la televisione – prosegue – gode del vantaggio di poter trattare alcune materie, come l’astronomia, che si prestano ad essere messe in immagini”. Ed è proprio la tv il mezzo preferito a cui attingere informazioni scientifiche, specie con i documentari. Poi vengono giornali, radio, internet e magazine. Gli argomenti più trattati sono la biomedicina e l’ambiente (dati Sissa, Scuola Internazione Superiore di Studi Avanzati), che sono quelli poi ritenuti più interessanti dal pubblico (Eurobarometro). Determinati ambiti scientifici allargano la discussione all’intera società, finendo sulle prime pagine dei quotidiani e dei telegiornali, basti pensare alle emergenze alimentari e ambientali, al dibattito sulla bioetica e alle catastrofi naturali. Ma la comunicazione scientifica aiuta i cittadini ad acquisire consapevolezza? Secondo Giovanni Spataro, redattore di LeScienze.it, mensile, edizione

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italiana di Scientific American, questo per lo più avviene, perché “anche quando l’informazione non è troppo precisa, incuriosisce e spinge a saperne di più”. D'altronde, si può fare il confronto con altri settori: “Chi ha capito tutto riguardo alla crisi finanziaria, o alle questioni di politica internazionale?”. Il giudizio sull’informazione scientifica può essere dunque positivo. Ci sono progressi rispetto al passato: “Oggi finalmente anche i caporedattori cominciano ad occuparsi di scienza, prima non era così”. Proprio a voler trovare un difetto “Forse, con la popolarizzazione delle scienze, è che spesso si vanno a cercare argomenti troppo pop”. Il compito è delicato. Occorre sempre verificare che le ricerche scientifiche di cui si sta parlando siano già state pubblicate su riviste riconosciute nel mondo scientifico. Gli stessi criteri che rendono notiziabile un evento scientifico, a volte non coincidono con quelli classici della cronaca giornalistica. Non è sempre facile “trovare la giusta misura fra la necessità dei giornalisti di raccontare in tempo utile e quella degli scienziati di essere precisi”, come dice il professor Stefano Santini, che insegna Sismologia ad Urbino, riferendosi alla cronaca del terremoto in Abruzzo. In fondo il rischio del sensazionalismo è sempre presente. “Spesso basta un titolo sbagliato per rovinare un ottimo articolo”, avverte Edoardo Rosati, medico e caposervizio delle pagine della salute di Oggi. “Perciò è bene interagire fino all’ultimo con i caporedattori ed evitare eccessiva enfasi”. Nel settore della salute il pubblico è molto esigente, anche perché in questo ambito così delicato “ogni lettore è un potenziale paziente”. E da pazienti, spesso, si affidano alla testata. Trascurando magari il medico generico. In molti casi infatti la comunicazione medicopaziente latita, e i redattori si ritrovano di fronte a domande molto specifiche. “Noi però invitiamo sempre a far riferimento al medico di base, perché si rischia una sovrapposizione dei ruoli molto pericolosa”, precisa Rosati. Nonostante i settimanali permettano poi un maggiore approfondimento rispetto ai quotidiani, gli ambiti che più interessano i lettori sono quelli più prossimi alle loro condizioni di salute. In cima: l’osteoporosi, l’oculistica, la sessuologia e la stitichezza. “Sono i problemi più concreti a generare più domande”. [email protected]

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MATTEO FINCO

Determinati ambiti scientifici allargano la discussione a tutta la società. I media più che uno specchio della realtà scientifica sono un luogo dove costruire la realtà"

L’AXXXXXXXXXTE LE NOVITÀ LA SCIENZA E LA SOCIETA’

Evoluzioni e cambiamenti

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”Negli ultimi anni è cambiata la comunicazione della scienza. C’è la divulgazione, ma anche l’intrattenimento, l’educazione, la partecipazione pubblica, e sempre più importanti sono l’interazione delle imprese e le pubbliche relazioni, e richiedono strategie diverse” dice Nico Pitrelli, ricercatore in Comunicazione della scienza alla Sissa di Trieste. “Non c’è solo bisogno di ‘traduttori’, ma anche di produttori di contenuti, e diversi sono anche i pubblici, talvolta molto competenti, che sono in grado di orientare la ricerca. Il medico e lo scienziato da soli non possono risolvere tutte le questioni che hanno a che fare con la conoscenza e la società: i media più che uno specchio della realtà scientifica sono un luogo dove costruire la realtà”.

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