Dialoghi Da Un Luogo Remoto

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Enrico D’Antonangelo

DIALOGHI DA UN LUOGO REMOTO

(C) E D’A - Fabrica di Roma 1 luglio 1996 PRIMODIALOGO + Nome? 1

* Tizio. + Cognome? * Caio. + Nazionalità? * Apolide. + Religione? * Nessuna. + Ateo. * No, non ateo. + Credente non religioso. * Neppure. + Insomma che ci scrivo? * Figlio di Dio. + Signor Capitano, qui ce n'è uno per lo psichiatra. Dice di non avere alcuna religione e di essere il figlio di Dio. C - Tienilo lì che avverto il Pretore. Signor Pretore, c’è qui, Uno che dice di essere il figlio di Dio. P - Tienilo lì che avverto il Sommo Pontefice. Sommo Pontefice, è tornato il figlio di Dio. S - Tienilo lì che parlo un attimo col Segretario di Stato. Eminenza, abbiamo a disposizione qualche croce spoglia? E - Ehh! Ne volessimo! S - Pretore, domani all’ora terza ripeteremo l’operazione. E speriamo che sia l’ultimo. + Cosa ha Sua Santità? Da stamattina sta inginocchiato in meditazione e non tocca cibo. *Ha dovuto prendere una estrema decisione: un altro pazzo che crede di essere il figlio di Dio. + Se si tratta di un pazzo, perché crocifiggerlo? *Potrebbe non essere pazzo. 30 giugno 1996

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SECONDODIALOGO - Madre mia, quando tu lo vorrai, io camminerò nella morte. * Ah figlio, figlio mio! - Perché piangi madre? So che tu mi richiamasti in questo luogo; perciò ti chiedo di assolvere un tuo naturale diritto. Come mi mostrasti al mondo, a lui mi nascondi. * Nasconderti al mondo? Nasconderti a me! Ed io... per chi più avrò, al mattino, la forza di alzarmi dal letto? Quando più, ascolterò nel mio cuore il canto soave che rende leggere e veloci le mani? - Madre! Madre ascoltami. La lana ed il lino trasformi in comode vesti. La bianca farina in saporito pane. I frutti maturi in dolci marmellate e succhi gustosi. Le insapori verdure e i duri legumi in cibi appetitosi. Tutto ciò che tocchi trasformi così come un giorno trasformasti me. * No! No, io ti formai! - E come!? Se fosti incosciente finché non sentisti un peso gravarti nel ventre! Mi dedicasti la vita e, ancora, vorresti, per alleviare la colpa che pensi di avere. * La colpa!? - Di avermi chiamato alla vita per consegnarmi alla morte. * Ah morte morte! Potessi io morire mille volte! - Non mille ma ancora più volte morrai finché crederai che sia questa, la vita. * E' questa la vita, figlio. Non ce n'è un'altra. - No madre. Questa è una stagione della vita. Ascolta: quando io parto tu sei triste perché ti sono lontano, però non ti disperi. Perché? * Perché so che tornerai. - Come puoi essere certa del mio ritorno? Tu speri. 3

* Ebbene io spero. - Eppure io dico che la tua speranza ti sorregge, solo perché il tuo cuore conosce il mio piacere di viaggiare. Non è la mia assenza che ti addolora, ma il mio dolore. Non è la mia vicinanza che ti rende felice, ma il mio mostrarmi gioioso. Vedi ora. Ti sono vicino, ti parlo; eppure sei triste, eppure tu piangi. Mi ami? * Mi chiedi se t'amo!? - Dunque, perché mi rifiuti? * Io rifiutarti? - Chi non mi ascolta, mi allontana da sé. E tu non vuoi ascoltarmi. Tu ascolti il ricordo del tuo ventre e la pena del tuo cuore, così come ascolteresti il vuoto dello stomaco in un tempo di carestia. Non piangere madre mia. Se la verità offende, l'offesa non nasce dalla verità ma da chi rifiuta di accettarla. * Qual è la verità, figlio? - La verità è questa: nessuno nasce, nessuno muore, tutti vivono. Tutto è vita perché la vita è sempre. * Figlio mio, dove ti condurrà la tua follia! - Io folle? * Si, folle. - Anche Prometeo fu folle; ma gli uomini ebbero il fuoco. * Ed egli dolore e solitudine. - Si, ma ogni volta che qualcuno accende un fuoco, egli rivive in quelle mani e in quella memoria e vivrà finché ci sarà qualcuno per accendere un fuoco. * Egli solo? - Nel fuoco, egli solo; nel cuore, lo possono tutti. * Nel cuore? - Offri il tuo respiro al respiro del mondo; i tuoi occhi agli occhi del mondo e guarda tutti come fossero me, tuo figlio. Offri il tuo cuore al cuore del mondo e potrai comprendere la mia follia, la tua salvezza. 4

* Oh Dei, quali parole insulse proferisce mio figlio! Egli è sobrio. Da giorni non beve del vino, eppure vaneggia. Offri il tuo cuore al cuore del mondo, guarda ciascuno come fosse tuo figlio... Chi ha mai udito un tale linguaggio? Quale demone gli muove la lingua? Dovrei guardare lo Spartano e il Cretese e il barbaro Persiano come guardo lui. Chi mi rivolgerebbe più la parola? Chi non mi caccerebbe dalla mia città? E quale altra città mi accoglierebbe? Chi mi difenderebbe dal disonore e dalla morte? - Nessuno. * Si, nessuno. - E questo ti renderebbe libera. * Non libera, folle! - Si, folle, perché la libertà è nella verità e la verità è follia. * Come puoi parlare della verità? Chi te l'ha indicata? Quale Dio si è avvicinato a te nel sonno per rivelarti il mistero o quale Dea ti ha allucinato con il suo ingannevole sorriso? - Quale dio? Quale dea? Oh madre, le vostre immobili statue alle quali bruciate tonnellate di cera e di incenso, come puoi chiamarle Dei? * Taci! Taci... Non temi la folgore del padre degli Dei? Non temi la loro vendetta? Gli Dei non sopportano di essere irrisi. - Io non li irrido, non potrei. Essi non sono. * Allora temi gli uomini! Essi sono e sono i custodi degli Dei e della città. Le tue sono parole di distruzione: tu neghi gli Dei e neghi la città. Per questo saranno tutti concordi nel condannarti. - Si, nego gli dei costruiti dalle mani degli uomini e nego la città che distingue tra uomo ed uomo; però affermo il Dio che non è mai nato e l'uomo che è uguale ad ogni altro uomo. 5

* Ah figlio! Quale erba malefica ti avvelena la mente, suscitandoti visioni terribili e insensate? Come può essere, un Dio che non è mai nato? Come può essere, l'uomo, uguale ad ogni altro uomo? - Erba tu dici? Visioni? Se di erba si tratta, è entrata in me sin da bambino, con il tuo latte, perché le visioni iniziarono allora; e tu fosti la prima. * Io una visione? - Tu, una visione. Tu che amavi ciò che il tuo corpo aveva formato e che ti apparteneva per diritto di natura. Amavi la mia voce, le mie coscette paffutelle, il mio primo dentino, le mie piccole dita che giuocavano con i tuoi capelli e ti pizzicottavano il seno, la mia piccola bocca che succhiava il tuo capezzolo. Come un qualsiasi animale, amavi ciò che era uscito dal tuo ventre. Amavi il mio corpo. Ma me? Io che muovevo quel corpicino, quanto ero presente nel tuo amore? * Tu che muovevi quel corpo? Che significa? - Significa che questo corpo avrà movimento, quello che ti ostini a chiamare vita, finché io ne avrò il piacere. * Io chi!? - Io, lo stesso che muove il tuo corpo. Ho un solo nome: Io e mi rifletto in tu per trasformarmi immediatamente in Io. Ciascuno è Io, lo stesso Essere che muove tutti i corpi. Comprendi ora perché ho ti detto: guarda tutti come fossero tuo figlio? Perché ti ho detto che nessuno nasce e nessuno muore? Perché uno soltanto possa morire, è necessario che muoiano tutti. Ciò può succedere soltanto se muore Colui che non è mai nato. Può morire chi non è mai nato? 15 agosto 1993

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TERZODIALOGO Il vecchio aprì la porta. La mano che aveva bussato apparteneva ad uno sconosciuto, un viandante trentenne. - Ho fame. + Entra. Pane e pomodori. Ieri avevo anche un pò di formaggio. - Grazie, un pò di pane basterà. + Chi sei? - Uno che cerca. + Che cerchi? - Se te lo dicessi, capiresti? + Lo saprai dalla mia risposta. - Cerco il Padre. + Il padre? - Si. + Come si chiama questo padre? - Padre. + Padre e basta? - Se avesse un altro nome non mi interesserebbe: non potrebbe fare nulla per me. + Lo cerchi soltanto perché potrebbe darti qualcosa? - No. Lo cerco perché il Padre può dare tutto per il figlio. + Tutto cosa? - Non lo so; ma il Padre lo sa. + Tu lo conosci questo padre che vai cercando? Lo hai visto mai? - Quand'ero fanciullo ho vissuto con lui. + Perciò lo riconosceresti subito, non appena tu lo vedessi. - Si. + Ed egli ti riconoscerebbe? - Sono suo figlio. 7

+ Perché hai vissuto con lui soltanto da fanciullo? Ti ha poi abbandonato? E' dovuto partire senza poter più ritornare? - No. Sono stato io ad andarmene. + Perché? - Volevo conoscere dove portava la strada. + Quale strada? - Quella che passava davanti alla casa del Padre. + E dove portava quella strada? - In nessun luogo. + Era una strada chiusa? Finiva poco più in là? - Se fosse terminata, avrebbe condotto in qualche luogo. + Dunque? - Quella strada s'immetteva in una strada che si univa ad un'altra strada che proseguiva in un'altra strada... e così via, sempre, continuamente, infinitamente. + Hai sempre camminato da quando hai lasciato la casa di codesto tuo padre? - No, mi sono fermato in tante altre case. + Ma non sei rimasto in alcuna: perché? - Perché davanti ad ogni casa passava la strada. + La strada che conduce in nessun posto? - Si. + La strada che ti ha allontanato dalla casa di tuo padre? - Si. + La strada non finisce mai, si; però la strada conduce sempre in qualche luogo poiché la strada ha un nome ed anche il luogo ha un nome. - Quando sono partito non sapevo il nome della strada che passava davanti alla casa del Padre; e il nome delle altre strade mi è indifferente. + E il luogo dov'era la casa, come si chiama? - Non l'ho mai saputo. 8

+ allora è proprio vero: la tua strada è senza fine. Ho conosciuto altri che andavano cercando un padre; ma costoro conoscevano il luogo dove cercarLo. Chi al nord, dove la notte è regina; chi al sud, dove il deserto è re. - Il Padre che cerco è luce perenne e dolce calore: dove Egli è, non cresce la notte. E' acqua viva e sorgente di vita: dove Egli è, non esiste deserto. E' la gioia e la pace, la sazietà e il quieto riposo. La sua parola riempie di piacere e la sua carezza cancella ogni ferita; ma questo non lo sai quando sei vicino a Lui. Quando sei lontano da Lui, in quel momento conosci il Padre. Per questo Lo vado cercando. + Il suono della tua voce entra nel mio cuore come un seme che ha già messo radici. Fammi venire con te. Anch'io vorrei conoscere codesto padre che genera una così grande passione. - I tuoi capelli sono come la neve e la tua pelle come una corazza di tartaruga. L'età dovrebbe aver infuso saggezza nel tuo cuore. Perché chiedi di venire con me che non conosco dove sono e dove andrò? + Io non ho mai saputo che esistesse il Padre rivelatomi dalle tue parole; ma adesso in me è nato un desiderio che non è soltanto speranza. Io... è talmente assurdo ciò che sto per dire, eppure, io ho fede in te che sei smarrito. Tu ritroverai il Padre, ne sono certo e, insieme a te, anch'io potrò conoscerLo. - Ti ringrazio vecchio. Le tue parole scavano nella sorgente delle lacrime, i miei occhi stillano rugiada come le corolle del biancospino e dal mio cuore il manto della riconoscenza si espande in tutto il corpo. Ti ringrazio ma non posso portarti con me. Io cerco il Padre per me; per questo devo andare da solo. + Anch'io vorrei cercarLo per me; ma questo non ci impedirebbe di camminare insieme. 9

- Se camminassimo insieme, io sarei preoccupato per te e tu per me, occupato da te e tu da me. Tanto è sufficiente per non poter riconoscere il Padre nell’incontrarLo. + Tu dici che il Padre ti conosce; se nell’incontrarLo non dovessi riconoscerLo, sarà Egli a riconoscere te. - No, tu non sai. Egli non può rivelarmisi e chiamarmi "figlio" finché io non Lo chiamo per primo "Padre". E' così, ma non so spiegare il perché. + Pensi che io non possa capire? - No. Sono io che non riesco a comprendere e nessuno ha mai saputo spiegarmelo. + Come fai, allora, ad affermare ciò che non comprendi? - Non lo so, ma posso. + Poesia o pazzia? Non capisco. - Neppure io. Eppure potrebbe esserci qualcuno in grado di capire ciò che tu ed io non capiamo, spiegare ciò che tu ed io non possiamo spiegare. + Tu vivi di desideri e la tua strada è senza fine. - No, io vivo di ricerca e la mia strada ha un senso poiché dovunque passo lascio un segno. + Che vuoi dire? - Tu hai conosciuto il Padre perché un viandante smarrito è passato davanti alla tua casa. Non ha saputo dirti dove cercarLo è vero, però Te lo ha rivelato e ti ha istillato l'ansia di conoscerLo. Se quest'uomo non fosse stato smarrito, forse tu non avresti mai saputo del Padre. Ora in te c'è il mio segno. + E a cosa mi serve? Io sono vecchio e tu non mi vuoi con te nella ricerca. Da solo non andrei lontano. - Quando vivevo nella casa del Padre, Egli era spesso assente. + Dove andava? - Per la strada. + A passeggio? 10

- No: percorreva tutte le strade. Diceva di avere altri figli che non vivevano nella Sua casa; altri che erano partiti senza fare ritorno; altri che non lo conoscevano affatto. + Dunque, anche il Padre cerca. - Si, ma quando trova non può fare nulla se non è riconosciuto. + Perché? - Non lo so, è un mistero + I misteri sono fantasie. - Anche il tartufo è fantasia? + Perché il tartufo? - Il mistero è come il tartufo: ne senti l'odore ma non sai dove scavare per trovarlo. + Dimmi: se il Padre percorre tutte le strade, passerà anche di qui, no? - Passerà, come potrebbe essere già passato. + Io non sapevo. - Adesso sai. + Potrebbe passare di nuovo? - Si, passa sempre, continuamente. + Quand'è così, non c'è bisogno di andare a cercarLo. Posso restare nella mia casa e attendere che ripassi di nuovo. - Purché non ti addormenti. Il Suo passo è leggero come la neve e il suo bussare è come un soffio di vento. + Come farò a rimanere sempre sveglio? - Anche se il corpo riposa, il cuore vigila sempre. Accendi un lumino nel tuo cuore e provvedi che non manchi mai olio allo stoppino, mentre il tuo corpo riposa. Il Padre vede nel cuore e saprà che il lumino è acceso per Lui e attenderà il risveglio del tuo corpo. + E' come se tu mi stessi raccontando una bella favola, eppure non posso fare a meno di credere alle tue parole. 11

- Tu non credi per le mie parole: è il bisogno del Padre che ti spinge. + Si, è il bisogno, bisogno di un tal Padre. Dimmi: come posso accendere un lumino nel cuore? Come posso mettere olio nel cuore? - "Dove sta il tuo cuore, là sta il tuo tesoro"; almeno una volta nella tua vita, avrai sentito esprimere questa verità. Io aggiungo: dov'è il tuo tesoro, là è il tuo lumino. Dov'è il tuo lumino, tu aggiungi olio affinché non si spenga. + Tu parli per enigmi. - Non posso dirti: “io mangio questo perché è buono, perciò mangiane anche tu". Potresti rispondermi: "quel che tu mangi e reputi buono, mi disgusta". Perciò ciascuno sceglie il cibo secondo il proprio gusto; ma il fine è lo stesso. + Si, il fine è lo stesso; ma tu mi hai detto di cercare un cibo che non conosco. - No, io ti ho soltanto detto di nutrire il tuo cuore; tu sai cos'è che fa bene al tuo cuore. + Non capisco. - Sei duro d’orecchio per quanto sei vecchio. Ti dirò questo: il desiderio del Padre è il lumino e il ricordo di Lui è l'olio. Questa è l'unica offerta che conquista il Padre e il cuore è l'unica casa nella quale Egli dimora con piacere: “E’' giunto il momento in cui né su questo monte né in Gerusalemme adorerete il Padre; il momento in cui i veri figli adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre cerca i veri figli". + Tu parli come un maestro eppure non sei un maestro; dici di essere smarrito e nello stesso tempo indichi a me come trovare: chi sei? - Te l'ho già detto: sono uno che cerca il Padre. + Ma se il Padre è in cammino ed anche tu sei sempre in cammino, potreste non incontrarvi mai. Fermati qui con 12

me, la mia casa è grande. Aspetteremo e veglieremo insieme. Potremmo fare dei turni in modo che, se uno dorme l'altro veglia; uno di noi dovrà per forza riconoscere e accogliere il Padre. E lo farà per tutti e due. - Mi accorgo che la tua pena si chiama solitudine. E non puoi farci niente. Quand'eri giovane e potevi godere i piaceri della vita, la tua casa era piena di amici. Quando frequentavi le associazioni e i commerci eri circondato di conoscenti. Ora che a malapena riesci a camminare, nessuno più ti degna di uno sguardo. Questo è l’uomo, ma tu non sei stato fatto per l’uomo. Anche tu, vecchio, sei un figlio. Anche tu sei stato fatto per il Padre. Perciò non crucciarti se la solitudine è attorno a te. Ora che conosci il Padre e hai acceso un lumino nel tuo cuore, non sei più solo. Questo lo scoprirai da te stesso, man mano che il desiderio e il ricordo del Padre Lo condurranno sempre più vicino alla tua casa. + Si, è vero. Finché potevo dare ho sempre avuto compagnia. - Anche la compagnia è solitudine. + E' vero. Tutto ciò che si muove all'esterno di me è solitudine. Ho vissuto una vita di solitudine: è troppo tardi per piangere? - Su, vecchio. Lascia stare il passato, dimenticalo. Riunisci le tue forze e vivi il presente e ciò che il presente ti porta. Ora puoi costruire il futuro. Nessuno potrà rubare il tesoro dal tuo cuore. - Si, il presente mi ha donato un tesoro. Ora comprendo anche la tua ricerca che è soltanto attesa. Tu hai la forza per camminare e percorri la strada; però tu non cerchi, tu attendi. + Addio vecchio. - Addio fratello. 13

21 aprile 1985

QUARTODIALOGO - Uno venne per dividere i suoi dagli altri. Io vengo per riunire i già divisi. Un terzo verrà per guidare i riuniti nel luogo di piacere che loro spetta per diritto di fedeltà. + Perché non parli attraverso la televisione, invece di affrontare pericoli e privazioni viaggiando di continente in continente? - Molti degli strumenti della scienza non vengono dal Bene.Io cammino in mezzo a voi e parlo in mezzo a voi perché non temo la verità. Io vi dico la verità e la verità esce dalla carne. Tutto quello che esce dalle cose appartiene alle cose; quello che esce dalla carne appartiene allo spirito. Lo spirito del Bene esce dalla carne. Lo spirito del nemico del Bene esce dalle cose e il nemico del Bene, allorché parla, o esce dalle cose o si pone sopra palchi circondandosi di guardie del corpo e di lacchè battimani. + Noi comprendiamo di chi stai parlando. Sono costoro tutti nemici del Bene? - Solo quelli che voi stessi uccidete perché vi parlano di pace e di giustizia vengono dal Bene. + In tutto il mondo possiamo contarli sulle dita di una mano. - Costoro che potete contare sulle dita di una mano, vi avrebbero aiutati ad intuire il senso della vostra esistenza se voi non li aveste uccisi; voi, ebbri della vostra osannata ignoranza. Eppure non potrete mai dimenticarli né potrete pensare a loro senza sentirvi in colpa. 14

+ Ci stai dicendo cose insensate. - Io vi sto dicendo che coloro che vengono dal Bene sono immortali mentre invece i nemici del Bene scompaiono dalla vita e di loro si perde memoria, oppure il loro ricordo suscita orrore. E per mascherare la vostra ipocrisia e la vostra dabbenaggine per averli applauditi ed onorati, erigete loro monumenti e li chiamate Grandi. Ma la loro grandezza non è stata altro che la vostra sofferenza. Il Bene, invece, non chiede sacrifici, il Bene sacrifica se stesso chiedendo in contropartita che le opere degli uomini siano indirizzate all'amore. + Coloro dei quali tu parli fanno parte del passato. Ora noi siamo civili. - Voi dite di essere civili eppure continuate a fabbricare armi e a venderle a chi non potrebbe neppure immaginarle. E le armi sono fabbricate per il male e l'ingiustizia. Dite di essere civili eppure state distruggendo ciò che non avete costruito e che vi è stato donato per permettervi la vita: la terra, l'acqua l'aria. Chi distrugge il luogo fabbricato dal Bene perché vi si manifestasse e riproducesse la vita, è nemico del Bene. Dite di essere civili eppure permettete che i vostri amministratori si arricchiscano spropositatamente mentre molti di voi soffrono la fame e il freddo e non hanno una casa e non possiedono un letto. Voi dite di essere civili eppure vivete nell'ingiustizia. Perché affermate di essere civili? I vostri padri non sapevano leggere né scrivere, eppure vi hanno lasciato l'acqua potabile, l'aria respirabile, la terra vergine. Anche la loro fame era grande come la vostra, eppure loro non hanno divorato le foreste. Voi, con tutta quella che chiamate la vostra civiltà, lascerete un ambiente vivibile ai vostri figli? Avrete ancora dei figli? Voi andate tutti a scuola ma dimostrate di possedere una ingiustificabile abbondanza di ignoranza. Certo conoscete Reagan 15

Gorbaciov Komeini Shamir, Marlon Brando, Kim Basinger, Dante, Moravia il Dalai Lama, Giovanni Paolo II e tanti altri che non incontrerete mai e che non avranno mai significato nei vostri problemi quotidiani; ma non conoscete il nome del vostro vicino di casa. Per questo, il vostro vicino di casa vi ignora allorché siete nel bisogno e nel pericolo. Voi andate per la via e guardate solo il vostro corpo riflesso dalle vetrine dei negozi; ma se, malauguratamente, incappaste in qualcuno che vi molesti, immediatamente accusate, coloro che abitualmente non vedete, di non avervi prestato aiuto. Il vostro senso del pudore è unilaterale. Voi volete vivere liberi e indipendenti; ma dovreste essere abbastanza "civili" da accettare i pro e i contro di questa intaccabile fortezza di egoismo. Invece ignorate gli altri quando tutto vi è favorevole e pretendete, poi, di trovarli nel momento del vostro bisogno; e poiché tutti vi comportate nella stessa maniera, siete l'espressione della massima inciviltà mai raggiunta da una generazione umana. L'unica vostra civiltà sono le cose; ma le cose sono tutte estranee all'uomo. Voi siete l'ultima pagina scritta nel libro della storia dell'uomo perché non usate più le cose, bensì avete consegnato alle cose la sostanza della vostra esistenza. 17 gennaio 1987

QUINTODIALOGO - Beati quelli che soffrono a causa della Giustizia. * Perché? - Perché la loro sofferenza è il frutto della Sapienza. 16

* Cos'è la Sapienza? - E' un dono Divino; e tutti coloro ai quali viene elargito, sono destinati ad essere perseguitati, in quanto la Sapienza concede la comprensione della Giustizia. * Cos'è la Giustizia? - La Giustizia non permette il proprio, immediato e, sempre fluttuante interesse; mentre gli uomini vivono in funzione di questo: grande o piccolo, palese o nascosto che sia, a seconda della personale capacità di conoscenza. La Giustizia non tiene in nessun conto il vincolo di sangue, poiché ella è Principio di Equità: amatevi gli uni gli altri; amate chi vi fa del male; amate chi vi è nemico. E poi: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Coloro che, ascoltando la mia parola, la riconoscono; e mettono in pratica, nelle loro opere, l'insegnamento che ne ricevono. Ed ancora: Chi ama il padre e la madre più di quanto ami me, non è degno di me. Ed inoltre: Lascia che i morti seppelliscano i morti. La Giustizia è distruttrice poiché ciò che è Perfetto cancella tutto ciò che è imperfetto: Sono venuto a portare la spada. La Giustizia, ti ripeto, è un dono Divino riservato ai Coscienti di Dio poiché non può essere insegnata né imparata: Se vuoi essere perfetto, vai; rinuncia a tutto ciò che possiedi, rifiuta tutto ciò che conosci, poi ritorna da me e seguimi. * Tutto ciò che dici è incomprensibile. - Se tutto quel che dico è incomprensibile per te, tu non dovrai temere alcuna sofferenza a causa della Giustizia. Purtroppo non ne conoscerai neppure la beatitudine. 4 gennaio 1995

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SESTODIALOGO A - Buongiorno, permetta che le offra un caffè. B - Buongiorno, volentieri. A - Mi sono trasferito qui da pochi giorni e non ho avuto ancora modo di fare delle conoscenze. B - Vuole cominciare con me? A - Lei ha colpito la mia curiosità, se così posso esprimermi. B - Rende bene il suo pensiero. A - Non mi fraintenda. E’ che, l'ho notata molte volte seduto a questo tavolo e sempre da solo. Forse anche lei arrivato da poco, o è qui in vacanza? B - Sono nato in questa città ed ho sempre vissuto qui. La mia solitudine non è un qualcosa di fisico. A - Vuole spiegarsi? B - Se lei, per solitudine, intendesse assenza di compagnia, concorderei con il suo stupore di avermi visto sempre da solo. Ma non è il mio caso. Posso assicurarle che quello che lei chiama solitudine è, per me, invece, una compagnia numerosissima. A - I suoi pensieri le impediscono di sentirsi solo? B - Esattamente. A - Scusi, non mi sono ancora presentato. B - Non ha importanza. Non sono un pubblico ufficiale. Per me lei esiste indipendentemente dal suo nome, anzi le dirò di più: lei esiste proprio perché non ha nome. A - Non la seguo. B - Il suo nome sarebbe come quello di tanti altri e non la distinguerebbe dagli altri; ma nello stesso tempo indicherebbe la sua etnia, la sua religione e quindi la sua cultura: la prova della sua esistenza. Al di fuori di esse lei non esisterebbe. Ma lei sarebbe disposto ad ammettere di 18

non esistere, se non appartenesse ad una etnia, non avesse un nome e una qualifica religiosa? A - Beh no. B - Quindi concorda con me nell'affermare che l'atto della presentazione si risolve in un pedaggio pagato all'ipocrisia dell'ignoranza. A - Ignoranza dice? B - Si, ignorare di essere autonomi dai ceppi genealogici e dai documenti ufficiali. Siamo in quanto siamo, non perché è dimostrato che siamo. A - Non sono preparato per affrontare un simile argomento. Permetta che ci pensi su. B - Non chiedo di meglio. Nel proiettarle la mia visione, il mio intimo desiderio è quello di presentarla ai suoi occhi neutrali ai quali non potranno sfuggire quegli eventuali difetti che sfuggono all'affetto di ogni costruttore per la propria opera. Voglio comunque giungere ad una conclusione: essendo in quanto siamo, essendo, al di fuori delle etnie, dei nomi e delle religioni, siamo tutti accomunati in una dimensione di medesima dignità e quindi di dipendenza da ciò che ci fa degni. Ed è questo pensiero che mi rivela che in questo momento, mentre sto parlando con lei, ci sono brandelli di me stesso che stanno organizzando ruberie, programmando guerre e persecuzioni, consumando omicidi, adorando, in definitiva, l'Ignoranza; e in codesta compagnia non mi è difficile rinnegarmi e desiderare di non essere mai nato; ma nello stesso momento, pensando che ci sono altri brandelli di me stesso chiusi nel silenzio dei loro cuori, oranti, piangenti, adoranti la Sapienza ed anelanti alla visione del Bene e alla realizzazione della Pace e della Giustizia, non posso soffocare la riconoscenza per Chi mi ha posto in simile beata comunione. Anche se ci fosse un 19

solo giusto, in mezzo agli uomini, l'universo avrebbe già assolto la sua funzione. Non crede? A - Mi scusi ma adesso debbo andare. Ci penserò su e le farò sapere la mia opinione. Arrivederci. 13 luglio 1993

SETTIMODIALOGO * Un'acqua tonica, per favore. - Un'acqua tonica anche per me, grazie. * (Finalmente si è deciso!). - Quante volte te lo sarai chiesta, perché ti guardo? * Veramente, mai. - Vuol dire che sei cosciente della tua bellezza ed essa non ti spaventa perché valuti l'interesse che suscita, come un tributo dovutole. E' così? * Veramente non ci avevo mai pensato; ma è proprio ciò che sta scritto nel mio istinto. - E perché fino ad ora ti ho guardata senza mai farti un sorriso, un cenno, una qualsiasi iniziativa per parlarti e conoscerti, te lo sei mai chiesto? * Questo si e mi sono anche risposta. - Che cosa? * Non è simpatica. - Accetto tutto, purché sia la verità. * Io dico sempre la verità. - Anche agli sconosciuti? + Soprattutto agli sconosciuti. - Allora voglio darti uno stimolo in più ad essere sincera. Questa è la prima volta che ti parlo e l'ultima che verrò in questa discoteca. Domani partirò. Non ti ho detto il mio 20

nome e non ti ho chiesto il tuo. Sono e resterò uno sconosciuto ma ti prometto una cosa: dopo stasera tu sarai un'altra persona e mi ricorderai come una parte del tuo corpo. Una di quelle parti che non vedi ma che sai di avere e di portarti appresso per sempre. * E' una prospettiva interessante; diventerò una specie di mostro. - Niente di meno di ciò che ora sei e... neanche un grammo di più. * Proprio come dice la mia mamma. - Sei proprio quella che il mio intuito fotografava. Sarai sincera, per quanto possa essere stato terribile il tuo pensiero? * Prometto. - Bene. Eri rimasta a: e mi sono anche risposta... * Che forse sei un pervertito. Uno di quelli che guardano ciò che suscita loro piacere e poi si masturbano in solitudine. - Adesso invece, cosa pensi? * Non ti sei offeso? - Per il tuo pensiero? Non mi tocca minimamente. Appartiene a te, e solo a te può fare del bene o del male. Ti ha fatto bene o male? * Bene e male. Male perché mi escludeva dal tuo piacere; bene perché eccitava la mia immaginazione. - Lo sai perché sto parlando con te? * Perché ti piaccio. - Mi piaci già da tante settimane eppure ti sto parlando soltanto adesso. Non è sufficiente come motivo. * Allora perché? - Per dirti chi sei. * Non incominciare a fare lo stravagante o ti lascio qui e me ne vado a ballare. - Fai pure. 21

* Non posso. - Perché? * Perché mi hai legata. Con cosa? Mi sento prigioniera e contenta di esserlo. - Stai soltanto riconoscendomi. * Ti ho già conosciuto? Dove? Quando? - Mai. Riconoscendomi, significa che noi siamo formati della stessa sostanza; proveniamo dalla stessa sorgente. * Come lo sai? - Diciamo che io sto sempre nella sorgente e tu sei una di quelle gocce bevute da un uccellino di passaggio e poi disperse nel mondo. Ti ho guardata per tanto tempo, per esserne certo. * Ed ora lo sei. - Ascoltandoti, si. Ora potrò dirti ciò che è giusto tu sappia, poiché provieni dalla conoscenza: non ti è concessa l'ignoranza. * Conoscenza di che? - Di te stessa. Ricordi? Ti ho già detto: sto parlando con te per dirti chi sei. * E pensare che ero sempre stata convinta di sapere chi fossi! - Brava. Non lasciare mai che qualcuno ti rubi il dono dell'ironia. E' una porta a soffietto senza serratura ed offre sempre una possibilità di ritirata morbida. - Non so di possederlo, perciò nessuno me lo può rubare. Mi sento in sintonia con la tua presenza. - Ci sei, ogni secondo di più. Sei tanto vicina che stiamo per fonderci in un unico essere. * Stiamo sul punto di fare all'amore? - Lo stiamo già facendo, sin dalla prima parola. Senti il desiderio? Percepisci l'accumulo della sua densità? * Si lo sento. 22

- E il tempo? La cadenza del tempo che scompone e ricompone il ritmo del desiderio? - Si, lo sento. - Ora ti manca soltanto una cosa perché tu sia perfetta nella conoscenza di te stessa. * Che cosa? - La caccia al tesoro nel tuo corpo. Devi conoscere dove sono nascoste le radici dell'albero del piacere, per innaffiarle con l'emozione del desiderio, seguendo le cadenze stabilite dal tempo. * Per ottenere cosa? - Il germoglio dell'albero del piacere. Potrai vederlo fiorire come un ciliegio, coprirsi di foglie come un tiglio, riempirsi di frutti come un pesco. Potrai vederlo nella sua pienezza e goderlo nella sua interezza. * Perché questo? - Perché tu vieni dal Piacere e sei uno dei Signori del Piacere. * Tu chi sei? - Sono l'acqua che rimane sempre nella sorgente, te l'ho già detto. + Ed io sono la goccia rubata, lo so. Potresti però essere un pò più chiaro. - Lo sai perché ti è stata data la vita? * Perché un uomo e una donna si sono amati. - E' più corretto dire che hanno compiuto un atto sessuale e con quell'atto ti hanno dato un corpo. Ma tu, come essere, sei stata generata da un altro essere in un altro luogo e in un altro tempo, anche se non sono misurabili né definibili. Tu hai avuto la vita nel momento stesso in cui ha avuto la vita il Piacere. Tu appartieni al Piacere e il tuo scopo deve essere quello di manifestarlo e donarlo in tutta la sua essenza. * Mi sto perdendo. 23

- Si, e ti stai ritrovando. 18 settembre 1993

OTTAVODIALOGO - Quando lo scriverai, un romanzo? * Non c'è nessun romanzo da scrivere: soltanto una vita da vivere. 17 febbraio 1995

NONODIALOGO - No, non conosco questo luogo dove il conformismo è sinonimo di rettitudine; dove il compromesso è virtù; dove il nemico è tale di giorno sulle piazze ed amico di sera nei banchetti. Neanche il loro linguaggio conosco; piatto ed incolore, smorto ed ambiguo, come la loro voce. Si offendono allorché, ladri, vengono chiamati ladri; omicidi, vengono chiamati omicidi; criminali, vengono chiamati criminali; bugiardi, vengono chiamati bugiardi; distruttori di terre, vengono chiamati usurpatori ed autori di genocidi. Nessuno si offende quando viene offesa la verità, l'onestà, la giustizia; la loro elementare giustizia, indifesa di fronte ai cavilli giuridici, all'abilità oratoria, alla sollecitazione del denaro. Ogni cosa è bella, è buona, è onesta purché frutti un guadagno. Reputano follia tutto ciò che non renda. Dove non c'è ricchezza vedono il male; maledicono la povertà come la peggiore condanna ed i poveri sono 24

disprezzati ed evitati finché se ne stanno buoni nei loro tuguri; allorché si ribellano, vengono uccisi perché destabilizzatori dell'ordine sociale. In pochi possiedono tutto. Tanti vivono nell’abbondanza; tantissimi muoiono di fame e quelli che restano, miliardi, sopravvivono nella miseria. Nella loro diversità, c'è una sola cosa che li accomuna: allorché incontrano qualcuno che volontariamente rifiuta il denaro e la ricchezza, esclamano, ricchi e poveri, sani e ammalati, moribondi e neonati: “E' pazzo". E nella loro esclamazione c'è dolore, commiserazione, compassione, pietà; c'è il riconoscimento di qualcuno che non appartiene al loro mondo e la pena per la sua condizione di esiliato: “E' pazzo". Chi sono costoro? A quale perverso mondo appartengono? Da quale ignobile cultura provengono? Su quale deserto mi hai inviato a seminare, Padre? * Il troppo pensare annulla l'azione. - Agire? Come? * Parla. - Parlare a chi? Di che? * Dell'amore. - Dell'amore? In questo luogo è già, tutto, amore. Amore dell'oro, amore dell'arte, amore delle pietre preziose, amore della buona cucina, amore delle civiltà sepolte, amore della scienza, amore dei prodigi della tecnica, amore del benessere, amore della bandiera, amore della cultura, amore della squadra del cuore, amore per tutte le cose. Ogni cosa ha diritto alla sua razione d'amore e tutte le cose hanno la loro associazione amorevole e protettrice. No, non c'è più niente da proporre all'attenzione del loro amore. Anche gli animali sono presenti nel loro amore; tutti gli animali, vivi o morti, in gabbia o impagliati; e gli insetti, infilzati con spilli su grandi fogli di carta e collezionati con commozione. La loro sensibilità d'amore è 25

tale che ha persino suscitato un organismo per la morte indolore; gli animali destinati al loro fabbisogno alimentare possono essere uccisi soltanto da personale specializzato in anestesia totale. In questo luogo l'amore ha un mercato totale e capillare; la domanda supera sempre l'offerta; è l'unico bene di consumo che non subisce contrazioni, recessioni, crisi di produzione e di mercato. Tu dici che mi mandasti per questo; ma io arrivo ultimo e tardi. Tutti i canali nei quali convogliare il loro amore sono già stati aperti da altri. * Non tutti; ne resta ancora uno. - Soccorri lo smarrimento del mio pensiero: quale? * L'uomo. - L'uomo?! * Indica l'uomo all'uomo. - Come può aver dimenticato se stesso, se ogni sua azione rivela che il suo primo pensiero è per se stesso? * Si è amato tanto da perdere la memoria di se stesso. Ha cancellato i suoi difetti ed esaltato le sue virtù, così come si cancellano i difetti della persona amata e si esaltano le sue bellezze, perché quelle bellezze sono le prime necessità del suo amore. - Allora, amandosi nelle sue bellezze, l'uomo ama soltanto una parte di se stesso; e dimenticandosi delle sue bruttezze egli... Padre, è terribile! E' un mostro con un occhio aperto e lucente e l'altro chiuso e cisposo; un orecchio buono ed uno sordo; una narice aperta ed una chiusa; un braccio flessibile ed uno rattrappito; una mano ben curata ed un artiglio; una gamba slanciata ed una sciancata; un polmone... Dio del cielo! L'uomo non sa di essere così... orrendo... perché l'unico suo occhio vedente guarda solo una parte del suo corpo: quella sana. E' dunque questo il mio compito? Convincere l'uomo ad aprire l'occhio chiuso ed aiutarlo a non inorridire nel vedere l'altro lato di se 26

stesso; anzi, ad amare la sua metà brutta quanto quella bella? Se tu questo pretendi, non può essere impossibile, anche se io lo temo. Tu non puoi chiedere l'impossibile...( perché, poi, non potresti?). * Guardati, cosa vedi? - Il mio braccio, la mia mano, la mia gamba; forti e belli, degni di lode e di giusto orgoglio. * Perché dici il mio braccio, la mia mano, la mia gamba? E l'altro braccio? L'altra mano? L'altra gamba? - Non li vedo. * Avvicinati a quella fonte e specchiati. Cosa vedi? - Ora nulla. Sto piangendo. * Prima di piangere, cosa hai visto? - Anch'io sono come loro. Metà del mio corpo è orribile. * Eppure eri convinto di essere perfetto. - Come può essere ciò? * E' la memoria degli antenati che si trasmette nei discendenti. - Ma in me... tuo figlio... * Ed anche figlio dell'uomo. La natura è stata stabilita una volta per tutte. Non posso andare contro me stesso. Lavati. Ti sei lavato soltanto l'occhio aperto. - Non me ne sono reso conto. + Lavati anche l'altro. Se non conoscerai tutto te stesso, non potrai amarti, né costruirti, né costruire. - Come potrò sopportare la continua vista della mia deformità? * Senza di me non potresti; ma tu ricordi la mia bellezza totale. Questo ti aiuterà a sopportarti all'inizio ed infine ad amarti perché solo amandoti interamente potrai riuscire a trasformare le tue deformità e diventare tutto Bellezza. - Dunque se io dovessi riuscire, sarà possibile anche per tutti gli uomini? * Per tutti coloro che vorranno conoscersi. 27

- Io riuscirò perché solo la Bellezza è degna di essere posseduta. 5 maggio 1991 DECIMODIALOGO - Quell'uomo ti ha offeso, ma tu non hai reagito: perché? * In che modo mi ha offeso? - Ti ha rivolto delle parole offensive. * In questo caso non ha offeso me: ha offeso se stesso. - Come puoi dire questo? * Il giudizio appartiene a chi lo esprime. Io non posso sentirmi offeso da ciò che grava completamente su di un altro. Nessuno può offendermi all'infuori di me stesso. - Non capisco. * Nessuno può offendermi all'infuori di me stesso, significa che, rifiutando io, il principio dell'offesa, nessuna offesa può colpirmi. Nel momento in cui io volessi offendere un altro e perseguissi nel proposito ed infine proponessi l'offesa, io non farei altro che accettare il principio dell'offesa ed autorizzare chiunque a portare offesa a me. Rifiutando il principio, mi astengo dall'offesa e non posso in alcun modo subirla. E’ chi crede di offendere me, che offende se stesso rinunciando alla propria dignità. - Continuo a non capire. * Se qualcuno ti colpisse, tu che faresti? - Reagirei e cercherei di colpirlo anch'io. * Perché? - Perché è naturale; altrimenti sarei un vigliacco. * Esatto. E' naturale, ma non è razionale. E se, naturalmente, non reagendo saresti un vigliacco, razionalmente saresti un vero uomo. - In base a che, affermi questo? 28

* Non reagendo, razionalmente tu non autorizzi il principio della violenza. Un altro esempio: un uomo concupisce, insidia e infine possiede la donna che si è promessa ad un altro. Che uomo è costui? E' degno di essere invidiato? - Certamente, se la donna fosse bella. E' un uomo che sa essere tale. * Invece io ti dico che costui è degno di pietà e di commiserazione in quanto, rifiutando il principio del diritto altrui, autorizza altri a calpestare il suo proprio diritto. - Ha ragione la bibbia: quel che fai ti sarà fatto. * Guardala sotto quest'altra formulazione: quel che ti permetti, permetti. - Non è la stessa cosa? * Io credo che l'espressione biblica imponga; l'altra invece chiarisca. L'espressione biblica sancisce l'uomo fatto per la legge; l'altra dichiara che la legge è stata fatta per l'uomo. Quale delle due è più degna? 4 ottobre 1994

UNDICESIMODIALOGO P - Dove te ne vai Oreste? O - Vado ad assistere ad una conferenza di Tarcose. P - Chi sarebbe? O - Non hai mai sentito parlare dell'eresia Tarcosiana? P - Tu sai che preferisco passare il mio tempo al biliardo e in sala corse piuttosto che davanti alla televisione. 29

O - Che c'entra la televisione? P - Tutte le cose nuove le dice la televisione. O - Questa no e penso proprio che la televisione non se ne occuperà mai. P - Perché? O - Appunto perché si tratta di una eresia mentre la televisione è guidata e programmata dalla canonicità. P - Ti sarei grato se tu avessi un pò più di rispetto per chi non può permettersi di girare con il vocabolario in tasca. O - Canonicità significa rispetto ed asservimento a ciò che una cultura ha stabilito sia vero e giusto e quindi il comportamento generale degli individui deve adeguarsi a quella verità. Chi invece mette in dubbio quella verità e ne prospetta un'altra, diventa eretico e la sua verità eresia. P - Ho capito, è un rivoluzionario. - Non hai capito. Il rivoluzionario è uno che agisce con la violenza per cambiare la propria condizione sociale e convogliare la massa popolare su un binario del quale controlla tutti gli scambi. L'eretico invece, è uno che agisce con la ragione per liberare l'individuo dal consueto ed indurlo a cercare nel proprio intelletto il raffronto tra la verità ufficiale e la nuova verità. Sono due posizioni diametralmente opposte: il rivoluzionario non farà altro che suscitare, nel tempo, altri rivoluzionari perché non coltiva la coscienza dell'individuo ma quelle che egli ritiene siano le esigenze della massa; e sarà un continuo rinnovarsi di rivoluzioni. L'eretico invece, coltivando la coscienza razionale dell'individuo, se è portatore di una verità universale, susciterà una cultura più umana e quindi tutta l'umanità potrà salire un altro gradino nella scala della civiltà. L'eresia cristiana ne è un chiaro esempio. Ha capovolto i valori fondamentali della cultura del suo tempo; ma poi, ahimè... P - Ahimè che? 30

O - Con il trascorrere dei secoli si è di nuovo sottoposta a quei valori che aveva sconvolto e i suoi rappresentanti, prima si sono arrogati il diritto di eleggere i re, poi si sono fatti re a loro volta e adesso si accontentano del titolo di principi. E qui nasce l'eresia Tarcosiana. P - Qui dove? O - Tarcose dice che il cristianesimo è morto, presumendo che sia mai nato. La storia ci ha mai tramandato una società di cristiani? La storia ci ha tramandato la maniera in cui le gerarchie cristiane si sono installate sulle poltrone del potere; ma, un popolo dal comportamento cristiano è mai stato registrato? Miti. Puri di cuore. Poveri nello spirito. Amanti della giustizia. Operatori di pace. Dove sono? I popoli, cosiddetti cristiani, sono tali e quali a tutti gli altri: l’un contro l’altro armato per la tutela e l’accrescimento dei propri interessi. Il loro cristianesimo si esaurisce nella ripetitività del rito, chiamata religione. Tarcose distingue tra superstizione manifestata nel cerimoniale del rito e la religiosità; e spiega l'una e l'altra. La superstizione è connaturata nella natura ed è presente in tutti gli animali. E' una conseguenza diretta della paura e della capacità di provare paura. Per esorcizzare la paura nasce la superstizione e quindi il rito, la liturgia. Studiando gli animali si è potuto osservare che compiono dei riti, proprio come l'uomo. I riti dell'uomo nascono prima della parola, prima della scrittura; nascono per esorcizzare il buio, il freddo, la tempesta, il tuono, il fulmine, le eclissi e giù giù fino al presente, nel quale, il rito serve ad esorcizzare la paura di sapersi inesorabilmente condannati all'ignoto. Il rito è la buca dove lo struzzo nasconde la testa nel momento del pericolo. Perciò chi si pavoneggia nel rito non dimostra una religiosità ma enfatizza la superstizione. P - E la religiosità? 31

O - E' figlia diretta della ragione che conquista la coscienza soltanto dopo aver compreso la verità delle indicazioni Divine: Beati i poveri nello spirito (perché perdonano le offese e le azioni di male ricevute e ricambiano il male con azioni di bene). E quanto occorra essere poveri nello spirito, per riuscire a perdonare, lo sanno soltanto coloro che affrontano codesta tortura, perché perdonare significa morire: alzarsi al mattino e perdonare, coricarsi la sera e perdonare, sempre continuamente in conflitto con quello spirito ignoto che pretende vendetta. Beati i miti (poiché le loro azioni saranno sempre guidate dalla ponderatezza dell’intelletto) Beati gli operatori di pace e di giustizia (perché non fanno distinzioni tra razze, ceti sociali e parentadi). Ed anche questo è tortura perché chi si affranca dal vincolo del sangue, è ripudiato e odiato dai familiari, incompreso ed evitato dagli amici: è un esiliato. Beati i puri di cuore (perché rifiutano di possedere ciò che è necessità di tutti). Estraniati dal contesto sociale (dal mondo) a causa di questo rifiuto, conoscono una sola compagna, la solitudine; e nella solitudine scopriranno di non essere soli poiché sentiranno la presenza di Dio. Beati coloro che saranno derisi e perseguitati a causa di queste cose perché saranno i figli di Dio (coloro che si sono liberati della superstizione ed hanno compreso ed attuato la religiosità). Affrancati dalla maestà dei poteri, sono perseguitati dai poteri. P - Caro Oreste, secondo me questa è letteratura, è poesia. O - Concordo con te; a giudicare dal comportamento degli esseri umani, la religiosità è soltanto poesia. Eppure consentimi di dissentire e di affermare che la religiosità è l'unica morte degna di essere vissuta dagli esseri umani. 32

10 aprile 1994

DODICESIMODIALOGO IL telefono squilla per la terza volta in un quarto d'ora: F - Pronto M, come va? M - Bene, come al solito; perché? F - Niente. E' che... mi sei sembrato un pò diverso ultimamente. M - Diverso? F - Con me. Mi è sembrato che facessi del tutto per evitarmi. M - No. F - Si, non mi sbaglio, io, su certe cose. M - In questo caso ti stai sbagliando. Non intendo evitare te, persona. E' il tuo mondo che mi respinge. F - Il mio mondo!? M - Senti F, è inutile girare attorno all'argomento con perifrasi. L'altra notte ho fatto un sogno. Mi ha sconvolto. F - Che sogno? M - Vuoi proprio saperlo? F - Se vuoi. M - Si, voglio perché sento che debbo. F - Riguarda me? M - Riguarda te e il tuo mondo. F - Di nuovo con il mio mondo. Che significa, il mio mondo?

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M - I tuoi genitori, i tuoi figli, tuo marito, la tua casa: quel particolare intreccio di affetti ed interessi che potrebbero venire sconvolti da questa nostra relazione. F - Per quanto mi riguarda, noi abbiamo fatto un patto: solo sesso. Afferrare il momento del piacere e goderlo. M - Non devi ricordarmi me stesso. Non faccio altro da vent'anni. Tu stai provando a parlare il mio linguaggio, ma riesci soltanto a recitarlo proprio perché questo è il mio linguaggio; e il tuo comportamento lo dimostra. F - Il mio comportamento!? M - Si. E' mai possibile che, afferrare il momento, per te significhi telefonarmi più volte al giorno e, nell'incontrarmi, guardarmi con occhi sanguisuga ed arrossire e mostrare tutti i sintomi della gelosia ogni volta che parlo con una qualsiasi donna: vecchia, bambina, brutta o piacente che sia? F - Io mi comporto così? Secondo te sarei una verginella di primo pelo? M - No. Sei una donna nella piena maturità che purtroppo si è illusa di poter riuscire a controllare la propria natura. Se non riesci a controllare il tuo corpo significa che non è più soltanto una questione di sesso. F - Mi stai accusando di amarti? M - Si, ti sto accusando di darmi ciò che non mi appartiene e che non voglio perché apre una porta che mi risucchia in ciò che non mi interessa: il tuo mondo. F - Mi stai offendendo a morte. Io sono una persona che conosce le proprie responsabilità. La mia famiglia è sacra, e tutto ciò che concedo a me stessa, lo faccio senza trascurare nulla di ciò che riguarda la mia famiglia. M - La tua famiglia è un problema tuo e finché è rimasto soltanto tuo, tutto è andato bene; ma allo stato attuale delle cose, sta diventando anche un mio problema, ed è un peso che non posso sostenere. 34

F - Io non capisco come tu possa sentirti gravato da questo problema. Non ti ho mai parlato della mia famiglia, neanche un piccolo accenno, mai niente. M - Non me ne hai mai parlato: a parole è vero; ma nei fatti? Ogni nostro incontro è stato un tuo furto alla tua famiglia, una menzogna: oggi la visita a un'amica, domani una cena d'ufficio, un'altra volta una riunione di lavoro e poi... tu sai quali altre scuse hai dovuto e saputo inventare. Oh si, lo sapevo sin dalla prima volta; ma non mi interessava, non mi toccava minimamente. Finché non è arrivato quel sogno. F - Il sogno che ti ha sconvolto? M - Si, quel sogno. F - E' una scusa. M - Come dici? F - Dico che sei come tutti gli altri. O credi forse di essere il primo o l'unico? M -Non alterarti. Non lasciare che la lingua vada a briglia sciolta mitragliando le pallottole cieche della delusione. F - Sei un farabutto. Ora mi conosci. Hai esplorato tutto di questo corpo che ti si è aperto come le porte dei grandi magazzini, ed ora che la tua curiosità... aspetta, fai trovare anche a me una espressione non banale... ora che la tua arsura di esploratore si è placata alla sorgente del grande fiume, vorresti andartene alla ricerca di nuove scoperte senza offendere il genio della sorgente e mi vieni a raccontare di un… sogno che hai inventato mentre defecavi, ci scommetto, vigliacco! M - (Di nuovo. Ogni volta si ripete, tale e quale, con toni più o meno accessi, con parole più o meno violente, il dramma sublime dell'addio. La scena madre non ammette variazioni; ignora semplicità, cordialità, cortesia. Mai due che si ritrovino a dirsi: "è stato bello godere con te, è stato un vero piacere, ti ricorderò con simpatia, ti auguro ogni 35

felicità per il futuro". Perché deve esserci per forza la vittima e il colpevole, lo sfruttato e lo sfruttatore, il cattivo che se ne va e il buono che resta a piangere. Ed il primo che dice basta, viene indicato sempre come il carnefice, mentre invece, in realtà, è la prima vittima perché, prima di riuscire a dire basta, ha subìto, inevitabilmente subìto. Comunque non è il mio caso. Non mi sento né vittima né carnefice. Ho soltanto fatto un sogno ed ho capito, finalmente, di non essere tagliato per fare il gigolò). - Ci sei ancora? (Il guaio è che non so neanche piangere, né conosco il senso di colpa che invita a scusarsi, né so addolcire la pillola. Prendo le decisioni su due piedi e non me ne pento mai perché quello che decido in quel momento è la migliore delle decisioni che potrei prendere). F - Ci sono ancora. M - Deve esserci stata una interferenza. Forse qualcuno di coloro che telefonano a quelle... come si chiamano... banche del discorso? Sei depresso? Eccoti la risposta confortevole. Sei eccitato? Eccoti in bell'erotico amplesso vocale. Sei un egocentrico? Eccoti una bella scarica di vaffanculo che ti riportano alla tua reale qualità. Stai ridendo? F - Si M - E stai piangendo. F - Un pò. M - Noi avevamo un accordo. F - Si. M - Solo sesso, finché dura. E' così? F - Si, ma... M - ma? F - Doveva essere una cosa concorde. M - Come si può essere concordi in qualcosa che nessuno propone? F - Oh M, non adesso! Almeno vediamoci un'ultima volta! 36

M - Non ti dico di no. Però, prima di prendere una qualsiasi decisione, ascolta il mio sogno. Se dopo vorrai ancora... ma non potrà essere più come prima. F - E' proprio vero, il sogno? M - Si, è vero. F - Giuramelo. M - (Perdindiridindina... Ebbene, vero o no, nasce tutto dal pensiero. Sia da sveglio che da dormiente, è una proiezione del pensiero)... Te lo giuro. F - Dai, raccontamelo. M - (Vedo queste ultime sue parole librarsi da un bozzolo di tristissima gaiezza). - Sto camminando al bordo di una strada intasata di automobili. Un bailamme di colori. Trombe d'aria di suoni che mi entrano negli orecchi. Fatico a respirare. Li vedo dai vetri dei finestrini. Sono felici: masturbano il cambio, accarezzano il volante, eiaculano sull'acceleratore e mi sputano addosso perché sono l'unico che va a piedi. Allora salgo su un carrarmato e schiaccio le loro automobili e loro schizzano fuori dalle portiere un attimo prima che i miei cingoli levighino le loro lamiere, finché sulla strada non rimane neanche un'automobile. Schiaccio anche una autoambulanza con quel suo osceno, straziante, insopportabile sibilo. Adesso tutti vanno a piedi e si salutano, si scambiano informazioni, inviti, pacche sulle spalle. Si abbracciano, si sorridono e vogliono erigermi un monumento. Ho paura e fuggo con il carrarmato. Sto attraversando un ponte. All'improvviso è notte. Un lunghissimo viale illuminato da un solo lampione in lontananza. Non c'è più il carrarmato, sto camminando. Pioviggina. Non passa nessuno. Mi sto avvicinando al lampione. Suono di campane. E' notte e suonano le campane. Sotto al lampione ci sono due ragazzini: bagnati, 37

intirizziti, si abbracciano guancia a guancia e mi guardano. Vuoi sapere chi sono? F - No. M - Sono i tuoi figli. Mi guardano. I loro occhi... grandi, immensi. Non c'è odio in quegli occhi, né rancore. Adesso non sono più due occhi... sono un essere, una entità e mi dice... F - No, no. Per favore... per favore... M - Mi dice... mi chiede..."Perché"? Sento che sta piangendo. Sta singhiozzando. Ha riattaccato. Io sono... Chi sono? Un miserabile di terz'ordine costretto ad inventarsi giustificazioni. Lei sta piangendo ed io mi congratulo con me stesso per averla ferita a morte. L'ho colpita laddove non aveva difesa. Come Paride, ho sfruttato il sapere e l'abilità di Apollo; ma quale bene ne venne a Paride? Gli dei che giuocano con gli uomini, gli concessero la vittoria che compiva il suo destino. Gli occhi dei suoi figli mi hanno permesso di cancellarla dalla mia vita; ma hanno cancellato anche me. Non sono più quello di ieri. Rinasco a quarant'anni, ferito dalle lacrime che ho seminato e da un nulla di gradevole che mi possa consolare: "lunghi giorni affastellati ed arsi in una pira nel baleno del brillio d'uno sguardo o d'un pensiero subito rinnegato". Se è possibile rinascere a quarant'anni, se sarà possibile, capirò che gli Dei sono morti per sempre, che hanno abdicato in favore della Speranza. 8 settembre 1990

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TREDICESIMODIALOGO POLITICA E RELIGIONE * Si può fare politica senza religione? + No. * Perché? + Perché la politica, essendo principalmente razionale e funzionale, deve necessariamente tenere conto dell’irrazionale. A che ora …? * Si può fare religione senza politica? + No. * Perché? + Perché la religione, essendo principalmente irrazionale, deve necessariamente tenere conto del razionale e funzionale. Ricordati di telefonare a … * Può la politica essere subalterna alla religione? + No. * Perché? + Perché l’irrazionalità religiosa mortifica l’uomo violando i tre principi razionali fondamentali che lo rendono tale: il principio naturale (facoltà di intendere e di volere) il principio umanistico (coscienza della facoltà di intendere e di volere) il principio vitale (azione nella coscienza della facoltà di intendere e di volere). Non ti dimenticare il … 39

Allorché la politica è subalterna alla religione, vengono condannati i giusti, e un tale esempio la cultura cristiana lo propone continuamente all’attenzione di tutti nel racconto della condanna passione e morte di Gesù di Nazareth. Il Sinedrio, detentore dell’autorità religiosa e politica nella società teocratica israeliana, per bocca del suo capo, il Sommo Sacerdote Caifa, stabilì la condanna in base a convinzioni politiche guidate dalla teologia. Ti piace il …? Il Pretore Pilato, detentore dell’autorità giudiziaria per conto dell’imperatore di Roma, emise la sentenza in base ad una opportuna funzionalità politica. Lavarsi i denti sarebbe …. I militari, coloro che possono essere definiti senza tema di smentita “automi volontari” (coloro che rifiutano a priori la propria condizione di umano rinunciando ai tre principi razionali fondamentali ) eseguirono la sentenza. Ci vai al …? Dunque: la religione pretese la condanna la politica sancì la pretesa della religione l’autorità giudiziaria eseguì. Ed ancora assistiamo, ai nostri giorni, al dramma di politici subalterni alla veste religiosa che persistono nell’ignominia di addossare ad un intero popolo la colpa della propria cecità. Pausa: un po' di caldarroste e un bel bicchiere di rosso. 40

* Può la religione essere subalterna alla politica? + No. * Perché? + Perché la razionalità funzionale mortifica l’uomo violando i tre principi irrazionali fondamentali che lo rendono tale: il principio naturale (pari dignità) il principio religioso (coscienza della pari dignità). Il principio vitale (azione nella coscienza della pari dignità). Allorché la religione è subalterna alla politica, vengono condannati i deboli. Ti piace la musica …? La conquista del Nuovo Mondo, con il genocidio delle etnie preesistenti, ne è l’esempio più tragico, anche se il meno esposto alla riprovazione delle intelligenze, forse perché l’orrore supera la volontà di comprensione. La storia recente ci ha straziati con l’azione Nazista in Europa, e quella Stalinista nei territori della ex Unione Sovietica. E adesso la Bosnia e la tragedia insolubile della Palestina. Li hai fatti i …? All’eccezione che sorge spontanea, alla luce di quanto sopra, rispondo: non è una veste che fa di un uomo la voce della religione. Nessuna massa o popolo può essere considerato religioso in quanto il secondo principio irrazionale fondamentale pretende la coscienza della pari dignità; e la coscienza riconduce inesorabilmente all’ego, all’individuo. 41

Eresia: sinonimo di nobiltà di pensiero. Chi pretende che altri facciano politica in propria vece, non rifiuta, forse, i tre principi razionali fondamentali che lo rendono uomo?: facoltà di intendere e di volere coscienza della facoltà di intendere e di volere azione nella coscienza della facoltà di intendere e di volere. Che fai i sabato sera? Chi pretende che altri facciano religione in propria vece, non rifiuta, forse, i tre principi irrazionali fondamentali che lo rendono uomo?: pari dignità coscienza della pari dignità azione nella coscienza della pari dignità. Quella telefonata, l’hai più fatta? L’uomo non deve perdere la speranza poiché politica e religione sono destinate ad incontrarsi e riconoscersi ed accettarsi allorché, giunte sulla riva del mare al quale stanno avvicinandosi e che dovranno fatalmente attraversare a nuoto, saranno costrette a spogliarsi e, guardandosi, senza più vesti né simboli a nascondere le proprie forme, potranno vedere di essere le due metà perfette di una unità di equilibrio. Ottobre 1996

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QUATTORDICESIMODIALOGO IL PROCESSO * ...dopo aver scoltato... dopo aver preso nota... dopo essersi consultati ecc. questa Corte condanna l’imputato alla detenzione a vita. L’imputato ha qualcosa da dire? + Si. Ringrazio la Corte che mi permette di esprimere il mio pensiero, ora che tutto è stato deciso. Ora che sono coinvolto personalmente nella storia dell’uomo, posso constatare, con gioia, che il potere nasconde sotto le belle parole, il proprio operare criminale. Il potere amministra la giustizia, giusto: amministra. Ebbene signori, mi permetto di ricordarvi che la giustizia, per rimanere tale, esige di essere servita. Chiunque amministri la giustizia, la spoglia della sua proprietà sacra e divina; chiunque amministri la giustizia può cambiarle volto e proprietà. Nel vostro verdetto, avete dimostrato di essere degli abilissimi amministratori, non servitori della giustizia, ed essa ha cambiato volto: nelle vostre mani è diventata Vendetta. Voi state vendicando un reato e vi serve un colpevole, state vendicando un morto e vi serve una vittima. L’avete trovata, ma mi accorgo che non siete punto soddisfatti. Leggo la delusione nei vostri occhi poiché la vittima non si ribella. A che è servito calpestare le vostre istituzioni, se poi non potete godere di neanche un grido di disperazione? A che è servito calunniare il vostro codice “la legge è uguale per tutti” se poi non potete godere nemmeno un gesto di ribellione? Sono dispiaciuto davvero di avervi delusi, ma purtroppo io vi amo, meravigliosi, deboli, 43

inermi, sconfitti uomini; e lascio che, nell’accettazione casta e dolorosa della mia condanna, la vostra vergogna, voi meditiate e scopriate la strada della vostra revisione e redenzione. Se avessi posseduto miliardi, mi avrete condannato in base ai miei miliardi; se avessi avuto amici potenti, non mi avreste condannato affatto. Invece poiché non ho nulla e nessuno, e mi vanto della mia povertà, voi avete avuto modo di riflettere e vi siete resi conto del pericolo che rappresento: uno come me è fuori dalle lobby, dalle segreterie, dalle protezioni; uno come me se ne ride del potente e perciò non obbedisce, non si allinea, non si vende, non rende, non serve a questa società eretta sull’interesse di alcuni e sulla viltà dei tanti; uno come me è il granello di plastica nel circuito integrato; uno come me è un uomo libero, un uomo da condannare. Voi giurati assistendo ai dibattiti in aula, avete ascoltato le deposizioni dei testimoni, avete preso visione degli atti processuali, avete avuto modo di osservarmi e forse, di assolvermi, poiché ciascuno comprende che ogni azione di un uomo è motivata dalle azioni di altri uomini. Però il vostro voto è stato di condanna. Ora permettetemi non di domandarvi, ma di affermarvi il perché del vostro voto negativo: voi non avete condannato l’azione di un uomo, avete condannato ciò che di più sacro, di più spaventoso, di più incomprensibile, l’uomo, nel suo essere, rappresenti: si è presentata ai vostri occhi l’indipendenza dall’interesse, la noncuranza dell’interesse, la liberazione dall’interesse. Avete visto un uomo oltraggiare questa umanità, rifiutandola, e vi siete comportati nell’unico modo a voi possibile e comprensibile: da schiavi. Potreste anche protestare, togliermi la parola, seppellirmi, magari! Significherebbe già qualcosa. Invece rimanete immobili, impassibili, vuoti, inutili. Ciò dimostra che siete perduti, che avete già trovato in voi ogni giustificazione. Dimostra 44

che la meraviglia dell’universo, l’essere completo, la creatura sublime si è venduta integralmente al suo nemico più acerrimo: l’Astuto è riuscito a convincere l’uomo di essere soltanto un corpo, un meccanismo, un tristo passante. Permettetemi di esternare la tristezza furente che ora mi opprime, permettetemi di piangere per voi, amici miei cari, miei diletti amati uomini, permettetemi di sperare che un giorno vi risveglierete, permettetemi di augurare alla giustizia un popolo di veri servitori, un popolo di esseri liberi. Novembre 1985 SEDICESIMODIALOGO APPUNTI + equilibrio, condizione di ogni esistenza. Contrapposizione di due potente paritetiche. Emissione di potenzialità. Livellamento di potenzialità. Regressione di potenzialità nei canali periferici. Stabilità continuativa di potenzialità nei nuclei centrali. Uomo e donna, analisi comparata in presenza di avvenimento, necessità. * la visione poetica nasce dal caos dell’intuizione, suscitata dall’energia primordiale dell’anima, catturata dalla libido vitale della volontà, costruita dalla vis realizzandi della memoria. + eroe è colui che, in assenza del proprio sé, agisce in funzione di una compenetrazione mistica o mitologica. * nessuna cosa esiste al di fuori di se medesima. + nessuna cosa ha valore in funzione di se medesima. * tutto esiste in funzione dell’intelletto. + la creazione esiste in se stessa. 45

* il suo valore esiste in funzione dell’essere “partecipe della ragione”. + l’intelletto dell’uomo ha limiti. * quindi l’uomo non esiste in funzione della ragione. + se l’esistenza della materia dovesse la sua realtà ad una conoscenza intellettiva, a chi dovrebbe l’uomo, la sua realtà di esistenza cognitiva? * “cogito ergo sum” se ciò fosse vero, bisognerebbe prendere atto di una discriminazione esistenziale: ciascuno dovrebbe esistere di più o di meno a seconda della capacità del proprio intelletto. + esisto in funzione di una intelligenza cosmica. * Tarcose non può agire come gli altri, non può pensare come gli altri. Egli è tuttora in cerca della libertà e finché non avrà compreso la verità di questo termine, non potrà tenere conto dell’amore, di nessun amore, neppure del suo. + è un uomo senz’anima. * si, la sua anima non è in lui, ma davanti a lui; e non può fare altro che seguirla. + è... terribile! * Perché? + Ciò vuol dire che egli soffre... eternamente. * la libertà è un qualcosa che sta da qualche parte in attesa di essere trovato. Non è una condizione sociale, non è un metodo di vita. La libertà è un motu propio, una considerazione personale, una esclusiva collocazione individuale. + prendi Joyce, per esempio, e Bellow il burlone, e Buchosky lo sporcaccione. + sentiva di essere un grappolo ricco di acini densi di succo, attendeva qualcuno che avesse il coraggio di spremerlo senza timore, fanciullescamente incosciente. 46

Mani sporche? Che importa! Potrebbe uscirne dell’aceto, ma anche del vino anche del vino nobile. Aprile 1984

DICIASSETTESIMODIALOGO L’ANTICRISTO

Nell’oasi di El Abba, sulla strada che dal Monte conduce a Damasco di Gerico, un uomo sedeva vicino al pozzo. Un sereno sorriso addolciva il suo volto spargendo serenità per tutta l’oasi. Un viandante si avvicinò al pozzo, azionò la carrucola, attinse una brocca d’acqua, se ne versò la maggior parte sulla testa, si lavò le mani e infine bevve. Il viso scavato da una mistica tensione e gli occhi, neri, profondi, pervasi da una luce diamantina e terribile si posarono sull’uomo tranquillamente seduto. * Siedi Paolo, prenditi un po' di riposo. Ti stavo aspettando. + Chi sei tu che conosci il mio nome? * Colui a cui ti sei sostituito. + Io, sostituito? * Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. Sono le tue parole, le vai ripetendo continuamente. + Sono le mie parole, ma tu chi sei? * E’ ben strano il tuo cuore, Paolo. Non hai avuto dubbio nel riconoscermi in un raggio di luce e un accecamento momentaneo, ed ora che ti sono davanti non credi ai tuoi occhi? Se non credi ai tuoi occhi, credi al tuo cuore. 47

+ Il mio cuore mi dice che porti con te la pace, ma altro non so, non ti conosco. * Tu non vuoi conoscermi, ma il tuo cuore non può rifiutarmi. Chi porta la pace, Paolo? + Solo lo spirito di Dio può portare la pace. * Dunque io sono quello che affermo di essere e tu sei colui che è venuto a nascondermi. + Come puoi dire questo? Tutta la mia vita è dedicata al tuo nome. Nel tuo nome ardo del fuoco della predicazione, sopporto umiliazioni e percosse, fatiche e privazioni. * Dici bene: tutto questo nel mio nome, e sul mio nome costruisci te stesso annullando me. + Non te in me, sono io che annullo me stesso in te. * Paolo, io sono venuto per guarire gli ammalati, per dare la speranza ai sofferenti. Io ho portato loro il Padre e la sua misericordia, mentre tu... + Io cosa? * Tu porti loro il terrore dell’ira di Dio, spargi sale sulle loro ferite, neghi loro la speranza. + No, no! Io ardo d’amore per loro, per costruire una società di giusti. * Sono io forse venuto per costruire una società di giusti? I giusti non hanno bisogno di giustificazione, non hanno bisogno di me. Io non sono venuto a costruire, sono venuto per indicare a coloro che si sentono Figli, quale sia la via da seguire per poter ritornare nella casa di colui che sentono Padre. + Ma costoro hanno bisogno di una guida, di un pastore. * Dici bene, hanno bisogno di un pastore che dia loro dei pascoli, non di cani da guardia che li costringano chiusi nei recinti. + Per proteggerli dai loro nemici. * I nemici delle mie pecore sono coloro che le chiudono nei recinti, e insieme ci chiudono anche quelle che non mi 48

appartengono. Così vanno orgogliosamente affermando di custodire immensi greggi per il loro padrone, mentre invece soddisfano solo la propria boria ed ingannano il padrone. + Io non capisco. * Tu vai affermando di essere mio servo, apostolo per vocazione, prescelto per annunciare il mio vangelo. + Si, su questa via di Damasco. * Tu conosci i miei apostoli, quelli che ho scelto uno ad uno, con i quali ho mangiato e camminato insieme, ai quali ho parlato ed indicato la via da seguire. + Si, li conosco. * Come mai, Paolo, essi che hanno ascoltato la parola dalla mia bocca, scompaiono di fronte a te che prima d’ora non mi hai mai visto? + Io ho creduto nella tua voce. * Chi ti assicura che fosse la mia voce? + Il miracolo. I miei occhi erano spenti e il tuo servo Anania mi ha ridato la vista. * Quindi la tua fede non è venuta dal cuore; la tua fede viene dall’intelletto sconvolto dal mistero. Senza il miracolo avrei avuto da te credito? Eppure il miracolo non è la condizione della fede, il miracolo è la conseguenza della fede. Ma tu affermi che la tua fede è venuta dal miracolo. Tu sei fariseo, Paolo, sei nato fariseo, istruito fariseo e questo tuo vestito lo stai ora tessendo addosso a me. Mi stai nascondendo, ma non posso impedirti di compiere l’inganno. Porterai Gerusalemme a Roma; e Caifa e il Sinedrio avranno la loro rivincita. Deporranno ed eleggeranno re a loro piacimento, baceranno le mani di mammona, sacrificheranno le mie pecore sull’altare della legge, la stessa legge che invocarono contro di me. Tutto questo è necessario che accada affinché la mia vittoria sia completa allorché la verità si manifesterà all’inizio del 49

nuovo Ciclo. Vai in pace, Paolo. Nonostante l’inganno che ti ha partorito, la mia parola è stata pronunciata. Essa arriverà a chi la ha attesa per accoglierla, meditarla, praticarla. Dicembre 1989

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