Il Santuario della conversione dell’Apostolo
UN MEMORIALE PER DAMASCO erso la metà del secolo XIX i francescani di Terra Santa comprarono un terreno tra i giardini di Tabbaleh, posto 500 metri a sud della Porta Orientale, dove si trovava un rialzo roccioso chiamato al-Sakhra o el-Tell. In esso vi era un passaggio sotterraneo che formava una grotta. Il sito era oggetto di venerazione della popolazione locale che vi ricordava, in modo vago, la Visione di Saulo e – in un secondo tempo – la breve sosta di riposo e di preghiera che egli vi avrebbe fatto durante la sua fuga precipitosa da Damasco, dopo essere stato calato in una cesta dalle mura della città. I frati della parrocchia di Bab Tuma comprarono il terreno proprio perché conservava tale tradizione, nonché per adibirlo a cimitero della parrocchia latina, fornendo così alle autorità ottomane un valido motivo per l’acquisto. Durante i primi anni del Mandato Francese, i frati entrarono in possesso di una seconda parcella, anch’essa separata, da adibire a cimitero. Nel 1925, infine, eressero una piccola chiesa accanto alla Grotta. Cominciarono così a giungere religiosi e fedeli in pellegrinaggio a Bab Tuma, ogni 25 gennaio, per celebrare solennemente la Conversione dell’Apostolo. La chiesetta fu poi abbattuta nel 1967, sostituita dalla nuova basilica del Memoriale.
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Tradizioni e testimonianze storiche Le guide di Terra Santa cominciano oggi a ubicare qui, in modo esplicito, il luogo dell’apparizione di Gesù a Saulo raccontata in Atti 9,3-8. La 70 - ANNO II - N. 13 LUGLIO/AGOSTO 2009
La cappella del tradizione damascena non è tuttavia unanime nel Santuario, edificato collocare esattamente qui l’apparizione e indica nel 2008, vuole anche altre località. Per alcuni sarebbe a Daraya rievocare la forma di (14 km da Damasco), per altri a Kisweuna tenda di pastori. Marjisafra (25 Km), mentre la maggioranza Qui sotto: alcune delle credono sia in Kaukaba, a 18 kilometri sculture attorno al venendo dal Golan, dove ancora oggi sono Santuario. Nella pagina a visibili i resti di una cappella crociata fianco, in alto: una lapide medievale. Insistiamo nel mettere in del 1953 ricorda il luogo risalto che il testo lucano – «lo presero attribuito tradizionalmente alla conversione dell’Apostolo. per la mano e l’introdussero nella Sotto: vetrata che ricorda la città» (At 9,8) – indica una breve fuga di Paolo, calato dalle mura distanza, e 18 kilometri era quasi il di Damasco in una cesta (At 9,25). viaggio di una giornata. Le fonti scritte che parlano di Kaukaba risalgono poi al 1225, col cronista Giacomo di Vitry:
non essendo riusciti i crociati a prendere Damasco, cominciarono a dedicare le loro chiese ai ricordi cristiani nelle zone vicine. Un quarto possibile luogo sarebbe il quartiere di Tabbaleh, dove è oggi ubicato il Memoriale di San Paolo. Vi erano in questa zona, secondo le testimonianze scritte, un monastero e una chiesa dedicati all’Apostolo e visitati da parte dei pellegrini. Così è menzionata da Antonino di Piacenza (anno 570), da san Willibaldo (secolo VIII), da Antonio di Cremona (secolo XIV) e, finalmente, dal pellegrino francese Mislin (anno 1870), che scrisse nel suo diario Les Saints Lieux: «Ho visto nel Tell dodici tronchi di colonne caduti per terra che appartenevano a un’antica chiesa». E il Tell o Sakhra si trova proprio nel Memoriale di San Paolo a Tabbaleh. A nord ovest della proprietà si vede un piccolo promontorio roccioso, di superficie piana (80 cm di altezza x 4,5 di larghezza x 15 m). Sotto vi si trova una grotta, nella quale si scende per due scale laterali di diciassette gradini. Questo sito è conosciuto con i nomi: el-Tell (“il Monticello”), as-Sakhra (“la Roccia”) oppure “Grotta di san Paolo”. Promontorio e grotta si sono conservati intatti attraverso i tempi, perché all’interno di una zona rurale. Il piccolo rialzo potrebbe essere un tratto della via romana che da Damasco si dirigeva a sud della Siria dove, a Dara’a, si divideva in due: una strada conduceva a Beit Shean-Gerusalemme, mentre l’altra attraversava la Decapolis, terminando nel porto marittimo di ‘Aqaba. Questa strada commerciale e militare, chiamata “Via Regia”, era protetta dai soldati. Sappiamo, infatti, che re Erode aveva posto un distaccamento militare a Bassir (60 km a sud di Damasco) per proteggere gli ebrei della diaspora che – dalle città di Siria, Mesopotamia, Babilonia e altre regioni – si recavano a Gerusalemme in pellegrinaggio. È logico pensare che Saulo abbia percorso proprio la Via Regia, cioè la strada più sicura per recarsi da Gerusalemme a Damasco. Ed è su questo tratto della strada romana, quindi, che avrebbe avuto luogo la visione raccontata in Atti 9,38. In un secondo periodo i fedeli avrebbero scavato una grotta, a scopo
devozionale, al di sotto della strada. Ed è in questo luogo che i fedeli di Damasco hanno sempre venerato il ricordo dell’Apostolo, unendo confusamente l’episodio della visione e quello della fuga: qui, infatti, si sarebbe riposato Saulo/Paolo, calato dalle mura di Damasco in un cesto, prima d’incamminarsi verso Gerusalemme. In occasione dell’Anno Paolino il santuario è stato ristrutturato e adattato al culto eucaristico, inglobandolo in una cappella che rievoca la grande tenda dei pastori. Inoltre, l’ingresso al santuario è stato pavimentato con lastre di basalto, come le strade della parte più antica di Damasco, mentre il piazzale antistante è stato arricchito da cinque sculture monolitiche che invitano alla meditazione. Sulle mura della chiesa è stato inciso il testo della visione paolina nelle quattro lingue sacre del tempo: greco, latino, siriaco e arabo.
dell’Apostolo s’intensificasse sempre più il dialogo ecumenico. Per attuarne la realizzazione, la Custodia di Terra Santa mise a disposizione della Santa Sede il terreno del santuario della Conversione di san Paolo. Lì fu eretta una basilica, in forma di tenda per espresso desiderio del Papa quale simbolo dell’incontro di tutti cristiani, con accanto una casa capace di albergare una cinquantina di orfanelli. Ma non avendo potuto realizzare l’opera secondo quanto auspicato, l’edificio fu destinato all’accoglienza di preti e pellegrini. Il complesso fu inaugurato il 23 giugno 1971 dal cardinale M. de Fürstenberg e la Santa Sede affidò tutto il complesso alla Custodia di Terra Santa. La chiesa-
Il Memoriale di San Paolo Paolo VI, durante la sua visita in Terra Santa nel gennaio 1964, s’incontrò a Gerusalemme con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Atenagora, scambiandosi un fraterno abbraccio. Un gesto storico, giunto dopo mille anni di separazione, che nell’aprile dello stesso anno il Pontefice volle ricordare con la fondazione di un’opera. Paolo VI volle che il memoriale di quell’Abbraccio fosse costruito proprio a Damasco, affinché con la protezione ANNO II - N. 13 LUGLIO/AGOSTO 2009
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Interno del Santuario. Sulle mura è stato inciso il dialogo tra Saulo e Cristo (At 9,3-6) in greco, latino, arabo e siriaco (foto sotto).
basilica, dedicata alla conversione di san Paolo, fu costruita dall’architetto Farid Awad secondo i piani di Italo Viesi, architetto del Vaticano. La decorazione interna – opere in bronzo, vetrate, mosaici – si deve tutta ad artisti italiani. La grande porta bronzea riporta alcuni episodi del pellegrinaggio di Paolo VI in Terra Santa: l’abbraccio con il patriarca Atenagora; in alto, Gesù tra gli apostoli Pietro e Paolo; sotto, i simboli dei quattro evangelisti. Varchiamo ora la soglia. Sulla destra abbiamo la cappella
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della Vergine, con scene musive tratte dal vangelo dell’infanzia. Alla sinistra, la cappella di Giovanni Battista: il Precursore è presente anche nella moschea degli Omayyadi, un tempo cattedrale di Damasco e dedicata probabilmente alla sua memoria. La chiesa-basilica ospita alcune opere in marmo bianco di Carrara: un’acquasantiera, ornata con la guarigione del cieco nato, e l’altare maggiore sostenuto da due cherubini, con in mezzo la scritta: «Giustificati per la Fede, siamo in pace con Dio per N.
S. Gesù Cristo» (Rm 5,1). In bronzo vi sono una statua dell’Apostolo a grandezza naturale; la Via Crucis, opera di Vincenzo Gasperetti; e il leggìo, con la colomba simbolo dello Spirito Santo che sostiene le sacre Scritture. Le vetrate della parete a nord rappresentano le tre scene paoline ambientate a Damasco (la conversione, il battesimo, la fuga), mentre le vetrate laterali del presbiterio presentano alcuni simboli paleocristiani (àncora, pesce, barca, pavone, spighe, grappoli), e quella centrale riproduce il Cristo paolino per eccellenza – cioè il Crocifisso Glorioso – opera di Trento Longaretti. Il tabernacolo bronzeo, dono personale di papa Paolo VI, è un cestino di pani sul quale sono rappresentati un pesce che abbocca all’amo e un pellicano. Attualmente il Memoriale di San Paolo, diretto da un religioso della Custodia di Terra Santa e da tre suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria, è costituito da: il santuario (la cripta); la chiesa-basilica; la casa di accoglienza per sacerdoti e pellegrini (la Casa Nova); un salone per le riunioni dei vescovi, del clero e per incontri ecumenici; il dispensario medico di beneficenza; il centro di catechismo dove ricevono istruzione cristiana circa 300 alunni del quartiere; l’asilo dei bambini (una novantina), eretto specialmente per aiutare le mamme che lavorano durante la mattinata. Tutte le opere che si svolgono nel Memoriale di San Paolo fanno riferimento all’ecumenismo, che qui in Siria è vissuto in un’atmosfera speciale, proclamando al mondo intero la sua urgenza come dialogo, ma soprattutto come pratica di carità e rispetto. Romualdo Fernández ofm