Criminal Profiling Il Caso Rimaru - Tatiana Tudurache

  • May 2020
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  • Words: 19,765
  • Pages: 64
“One sin, I know, another doth provoke; murder’s as near to lust as flame to smoke” (Shakespeare, Pericles, I, 1) “In the intercourse of the sexes, the active or aggressive role belongs to man… This aggressive character, however, under pathological conditions, may likewise be excessively developed, and express itself in an impulse to subdue absolutely the object of desire, even to destroy or kill it.” (Krafft-Ebing, Psycopathia Sexualis)

INTRODUZIONE

I sentimenti che ho sempre provato e che credo appartengano a molti di fronte ad un omicida seriale è l'incredulità e lo stupore. L'apparente assenza di movente, la serialità,

la

ripetizione

accompagnata

dalla

mostruosità

dell'azione

portano

inevitabilmente a domandarsi: perché si commettono crimini così atroci? È davvero la follia a fare di un uomo un serial killer? Il motivo dell'interesse per gli assassini seriali deriva dal fatto che questi soggetti rappresentano quanto di più vicino al concetto di cattiveria assoluta: uomini che agiscono svincolati da ragioni di carattere passionale o vendicativo, con un movente che consiste nell'uccidere perché dalla morte altrui si trae un piacere diretto o indiretto. Questo è ciò che avvicina il serial killer al dominio del male più totale: prevale la distruzione sulla costruzione, la morte rispetto alla vita, l'orrore rispetto al piacere. L'assassino seriale rappresenta, per definizione, la negazione stessa della società organizzata, l'annullamento del rispetto e della solidarietà. Proprio lo sgretolamento del tradizionale valore intrinseco della vita umana è una delle costanti dell'omicidio seriale. Di fronte ad un'aggressività e ad una violenza spropositate e gratuite, tutti tendono ad attribuire alla follia, a riversare negli altri, ciò che ci genera paura; l'importante è placare quell'angoscia dell'incomprensibile che suscitano taluni eventi e talune condotte. Del resto, è insito nella natura umana il bisogno di collocare tutto quanto accade nel grembo di una spiegazione generale che dia certezza. È la necessità di

rassicurazione che spinge a fare questo, proprio perché ciò che viene spiegato appare, naturalmente, meno angoscioso di ciò che non si comprende. Nella seconda metà del 1970 e l’inizio del 1971 Bucarest fu sconvolta da una serie di crimini di una ferocia senza precedenti: utilizzando diverse armi come l’accetta, una sbarra di ferro o il coltello, un individuo sconosciuto attaccava le donne che tornavano da sole a casa dal lavoro. Prevalentemente colpiva dopo mezzanotte avvantaggiandosi di condizioni atmosferiche a lui favorevoli: tempeste di neve, pioggia e vento forte, nebbia o comunque freddo. A causa del rifiuto delle forze di polizia di divulgare informazioni corrette sugli omicidi, la paura prese proporzioni ingiustificate: le donne non uscivano più di casa dopo le nove di sera, se non accompagnate. Solo dopo diversi delitti, le autorità comuniste dichiararono di trovarsi davanti a un serial killer e dopo un anno di inchiesta Rîmaru venne catturato il 27 maggio del 1971. L’indizio che portò al suo arresto fu un frammento di certificato medico intestato all’Ospedale Studentesco Bucarest e trovato sotto il corpo di una delle sue vittime che inoltre stringeva tra le dita alcuni capelli dell’assassino. A distanza di undici giorni, gli investigatori riuscirono a stabilire che il certificato medico era stato rilasciato dall’ambulatorio del dottor Octavian Ienişte nel marzo del 1971. Questo aveva visitato ottantatre studenti in quel mese dei quali soltanto quindici non avevano presentato i certificati agli uffici dell’università. Le forze di polizia controllarono quindi tutti i sospetti ed il 27 maggio 1970 venne eseguita una perquisizione nella stanza di Rîmaru Ion all’alloggio studentesco. Verso l’una di notte arrivò anche il sospettato e dentro la sua borsa furono ritrovate un’accetta ed un coltello. Le testimonianze delle vittime sopravissute, insieme ad altre prove inconfutabili non lasciarono ombra di dubbio: era lui l’assassino. I delitti a suo carico erano: 1° Elena Oprea – 8/9 aprile 1970 – tentato omicidio (non stuprata perché l’arrivo di un vicino lo spaventò facendolo fuggire); 2° Florica Marcu – 1/2 giugno 1970 – stupro (colpita alla testa davanti casa sua e portata in stato di semicoscienza nel cimitero Sfânta Vineri, fu spinta brutalmente sopra il muretto, violentata e accoltellata; l’assassino le succhiò il sangue dalle ferite. Non venne uccisa per l’arrivo provvidenziale di un camionista);

3° OCL Negozio “Confecţia” – 19/20 luglio 1970 – furto a danno della proprietà pubblica; 4° Margareta Hanganu – 24 luglio 1970 – furto aggravato; 5° Olga Bărăitaru – 22/23 novembre 1970 – tentato omicidio aggravato, stupro e furto aggravato; 6° Gheorghiţa Sfetcu - 15/16 febbraio 1971 – tentato omicidio aggravato e furto aggravato; 7° Elisabeta Florea – 17/18 febbraio 1971 – tentato omicidio aggravato; 8° Fănica Ilie – 4/5 marzo 1971 – omicidio aggravato premeditato, stupro e furto aggravato; 9° Gheorghiţa Popa – 8/9 aprile 1971 – omicidio aggravato, stupro e furto aggravato (48 coltellate alla testa, al petto, all’inguine e gambe, cinque colpi di piccone alla testa, contusioni toraco - addominali, la zona pubica lacerata con i denti); 10° Stana Sǎrǎcin - 1/2 maggio 1971 – tentato stupro; 11° Mihaela Ursu - 4/5 maggio 1971 – omicidio aggravato, stupro; 12° Maria Iordache – 4/5 maggio 1971 – tentato omicidio aggravato (attaccata due ore dopo Mihaela Ursu, riuscì a scappare quando all’aggressore sfuggì di mano la sbarra di ferro con cui la colpiva da dietro); 13° Viorica Tatu – 6/7 maggio 1971 – tentato omicidio aggravato; 14° Elena Buluci - 6/7 maggio 1971 – tentato omicidio aggravato; 15° Iuliana Funzinschi – maggio 1971 – furto aggravato in danno della proprietà pubblica e privata. Dopo l’arresto, Rîmaru rimase in silenzio per il resto della giornata, guardando attonito nel vuoto. Come risposta al suo rifiuto di parlare, i poliziotti pensarono ad una strategia e introdussero nella sua cella un presunto ladro, in realtà uno di loro, con il compito di farlo parlare. Dopo due mesi di interrogatorio, Rîmaru confessò ventitrè delitti. In realtà, al momento dell’arresto lui fu accusato soltanto di tre omicidi; gli altri reati (un altro omicidio, sei tentati omicidi, cinque stupri, un tentato stupro e sette furti) vennero confessati da lui successivamente o rivelati dal proprio padre. Rîmaru durante il processo tentò di convincere le autorità che non era capace di intendere e di volere e che

non si rendeva conto che le donne potessero morire. Il terrore da lui seminato fu cosi grande che le vittime sopravissute e portate a fare l’identificazione cominciavano a tremare quando i loro sguardi si incrociavano con gli occhi di Rîmaru. Le autorità ipotizzarono che il padre fosse a conoscenza delle attività delittuose del figlio perché a volte gli lavava alcuni indumenti sporchi di sangue e anzi si ipotizzò che il padre stesso abbia potuto non solo aiutare il figlio ma addirittura ispirarlo. Durante l’inchiesta, il padre venne arrestato tre volte, pero ogni volta fu rilasciato sia perché i familiari stretti non possono essere costretti a testimoniare contro gli altri membri della famiglia sia per la scarsità di prove a suo carico. Dopo l’ultimo reato di Ion di derubare una cassiera, la mamma andò a fargli visita presso l’alloggio studentesco e trovò i soldi sotto il cuscino. Informatone il padre questi si recò da Ion che gli fa vedere dove e come era successo. Il padre prese i soldi e li nascose nella sua casa di Caracal, con l’intento di comprare una casa nuova, e gli sottrasse l’accetta ed il coltello, che Rîmaru era andato a prendere il giorno dell’arresto. Il processo suscitò nella opinione pubblica romena un interesse senza precedenti: Rîmaru sperava, inoltre, di aver convinto la giuria della sua insanità mentale, quindi rimase molto sorpreso quando fu ritenuto capace di intendere e di volere e condannato a morte. A quel punto tentò di cambiare immediatamente la sua deposizione, ritirando tutto ciò che aveva detto in precedenza e si rifiutò di rispondere alle domande del suo avvocato. Nonostante ciò, l’appello fu respinto dal Tribunale Supremo che mantenne la sentenza a morte. Il 23 ottobre 1971 Ion Rîmaru fu portato alla prigione Jilava con un furgoncino, successivamente e ironicamente venne trascinato come lui aveva fatto tante volte con le sue vittime, al posto dell’esecuzione e qui fucilato. I tre membri del comando di esecuzione lo legarono faticosamente ad un albero, perché era in uno stato di forte agitazione, cercava di mordere i vestiti e riuscì comunque a girarsi intorno all’albero, gridando continuamente: “Chiamate mio padre, cosi può vedere che mi sta succedendo! Fatelo venire! È lui l’unico colpevole!”. Chiestogli di esprimere l’ultimo desiderio, egli risponse: “Voglio vivere!”. A causa del suo costante movimento fu difficile sparargli frontalmente, infatti le pallottole lo colpirono tutte da dietro. Fu sepolto nel cimitero della città, a cinque kilometri dalla prigione; la sua tomba è rimasta anonima non recando il suo nome.

CAPITOLO 1: SERIAL KILLER & CRIMINAL PROFILING 1.1. I SERIAL KILLER Inoltrarsi nel mondo dei serial killer è una sfida in quanto sono sempre stati considerati personaggi enigmatici: le loro uccisioni non sembrano, infatti, avere alcun senso immediatamente evidente. Le vittime sono spesso persone a loro del tutto sconosciute e prive di qualsiasi colpa punibile con la morte. Ma chi sono i serial killer? Nonostante oggi se ne parla quasi quotidianamente, esiste una grande confusione in quanto il termine è a volte utilizzato come un contenitore onnicomprensivo in cui sono inseriti indistintamente tutti i casi in cui un assassinio uccide più di una vittima. In accordo con il Crime Classification Manual (1992), testo di riferimento in materia, possiamo dividere gli assassini multipli in tre categorie – ad eccezione dei double killer che uccidono due vittime nello stesso tempo ed in un solo luogo, e dei triple killer, che uccidono tre vittime nelle stesse condizioni: •

Mass Murderer (“assassino di massa”): uccide quattro o più vittime in un medesimo luogo, in uno stesso evento. Il soggetto non conosce le sue vittime, che per lo più, sono scelte casualmente.



Spree Killer (“assassino compulsivo”): uccide due o più vittime in luoghi diversi ed in uno spazio di tempo molto breve; questi delitti spesso hanno un’unica causa scatenante e sono tra loro concatenati; anche in questo caso, il soggetto non conosce le vittime, e dato che non nasconde le sue tracce, tende ad essere catturato facilmente.



Serial Murderer (“assassino seriale”): uccide tre o più vittime in luoghi diversi e con un periodo di «raffreddamento» emotivo (cooling off time) fra un omicidio e l’altro; in ciascun evento delittuoso, il soggetto può uccidere più di una vittima; può colpire a caso oppure scegliere accuratamente la vittima; spesso, si ritiene invincibile e quindi ama sfidare le forze dell’ordine. Il crimine seriale quindi è un tipo particolare di violenza situato nella categoria

dell’omicidio plurimo. Il serial killer è stato recentemente definito da Holmes &

Holmes1 come un soggetto che uccide ripetutamente, ad intervalli di tempo variabili (da poche ore a mesi e perfino ad anni) con una coazione a ripetere che viene interrotta solo dall’arresto o dalla morte del mostro stesso. La vittima in genere è una persona sconosciuta o della quale egli ha una conoscenza solo superficiale. Essa non svolge un’azione induttrice diretta sull’omicida. Mancano motivi apparenti o espliciti quali la vendetta, il lucro, la passione, l’ira o il litigio2. La maggior parte delle vittime sono giovani donne che hanno un’età compresa tra i 15 e i 24 anni. I serial killer si servono di armi “impugnabili” (ossia uccidono con corpi contundenti o addirittura a mani nude) e anche lo strangolamento ricorre sovente. Il fatto che l’omicidio possa apparire privo di senso al profano non significa che non ne possiede alcuno in termini assoluti. Per capire l’omicida seriale occorre capire le motivazioni ed il tipo di incentivo, di ordine prettamente psicologico, che hanno ispirato l’opera dell’assassino. In base al significato che il delitto e le sue modalità possano avere per l’omicida, Holmes & Holmes3 hanno sviluppato una classificazione che include quattro differenti tipi di serial killer: •

The Visionary Serial Killer (“l’allucinato”): è uno psicotico e soffre di un grave distacco dalla realtà. Una voce interiore o un’apparizione gli ordina di uccidere.



The Mission Serial Killer (il “missionario”): questo soggetto, che non è francamente psicotico, si assume il compito di “liberare” il mondo o la comunità da un gruppo di persone da lui considerate indesiderabili. Si suddividono in due gruppi: gli inviati del diavolo e gli inviati di Dio.



The Hedonistic4 Serial Murderer (“l’edonista”). Questa categoria ha tre sottotipi:  The Lust Killer (l’omicida orientato al piacere sessuale);  The Thrill Killer (l’omicida che cerca il brivido);  The Comfort Killer (uccide per tornaconto personale). I primi due sottotipi sono simili in quanto entrambi hanno stabilito una connessione totale tra la violenza personale e la gratificazione sessuale, con la

1

R.M. Holmes, S.T. Holmes, Omicidi seriali, p.40. Ressler R.K., Burgess A. W., Douglas J. E., Sexual Homicide: Patterns and Motives, p.5 3 R.M. Holmes, S.T. Holmes, op.cit., p.82. 4 L’edonismo va qui inteso come una serie di atti aggressivi attuati per procurarsi il piacere. 2

differenza che nel caso del lust killer atti di necrofilia possono accompagnare l’uccisione; per il killer che cerca il brivido, invece, è importante che gli atti di violenza avvengano quando la vittima è ancora viva. L’omicida per tornaconto personale uccide per soddisfare aspettative di tipo materiale. •

The Power/Controll Serial Killer (l’assassino orientato al controllo e al dominio della vittima): desidera soggiogare totalmente la sua vittima e ama l’idea che il destino di quest’ultima sia nelle sue mani. Non esiste una causa unica che trasforma un individuo in un assassino seriale,

ma una serie di fattori di tipo biologico, psicologico e socio-ambientale che facilitano l’insorgenza di questo comportamento e che hanno diversa rilevanza secondo la persona. Escludendo quei soggetti con una malattia psichiatrica che inficia il contatto con la realtà causando allucinazioni e deliri di varia natura, la maggior parte dei serial killer viene definita, nel linguaggio comune, “psicopatica”. Per di più, quasi sempre riscontriamo la presenza di una o più perversioni sessuali. “… i dati a nostra disposizione dimostrano che non esiste una predisposizione a diventare serial killer, ma che si entri nella «categoria» attraverso un lungo percorso che comincia proprio nell’infanzia, con i primi traumi e le prime angosciose situazioni da superare. Si innescano le prime perversioni che si stabilizzano con il tempo e che fanno in modo che un soggetto maturi disposizioni psichiche molto particolari. Le intenzionalità sono deviate fin negli impulsi più profondi a tal punto da spingere i serial killer a trovare maggiore piacere nel manipolare il corpo di un essere umano deceduto, piuttosto che intrattenere una normale relazione con una persona viva5.” Il fattore che sta alla base del comportamento omicidiario seriale è una particolare condizione psicopatologica di tipo parafilico denominata necromania, una perversione dell’istinto della vita che determina un interesse patologico per la morte, esperito mediante il dare la morte ed il contatto successivo col cadavere. È un bisogno compulsivo, ossia un impulso irresistibile a ricercare il contatto diretto con la morte. Il carattere compulsivo di tale bisogno spinge il necromane ad uccidere ripetutamente. Infatti, la serie omicidiaria può essere interrotta solo da un fattore esterno alla sua volontà: l’arresto, la cura o la morte.

5

F. Bruno, M. Mariotti, L’impronta del mostro, p.68.

1.2. IL CRIMINAL PROFILING Il criminal profiling si pone come obiettivo quello di tracciare un profilo psicologico – comportamentale dell’autore di un reato mediante l’analisi delle informazioni raccolte sulla scena del crimine, degli elementi di acquisizione autoptica, della rigorosa ricostruzione delle modalità di accadimento del delitto, al fine di poter fornire un aiuto investigativo senza alcuna pretesa di prova. Il criminal profiling ha radici antiche, ma storia recente: “È certamente con la fine degli anni ’70, presso l’Accademia dell’FBI a Quantico, in particolare alla Behavioral Science Unit, che si stabiliscono i primi seri e sistematici tentativi di studio volti a provare l’utilità del profiling come strumento nelle indagini investigative6”. Il criminal profiling parte dall’analisi delle prove rivenute sulla scena del crimine e della ricostruzione della dinamica dell’evento basata su tali prove per affrontare la questione del “perché ciò è accaduto” e “cosa questo ci racconta del soggetto che lo ha compiuto”. Non esiste una metodologia unica ed universalmente accettata nell’approccio al criminal profiling, ma vi sono tuttavia alcuni elementi fondamentali per la costruzione di un profilo psicologico che vengono riconosciuti da tutti i principali esperti del settore benché vengano trattati in maniera differente da ognuno di essi, che sono l’analisi della scena del crimine; lo studio della vittima e delle possibili relazioni con il suo aggressore, ed il case-linkage.

 Crime Scene Analysis Il modello di indagine dell’F.B.I. riguardante lo stilare un profilo psicologico del criminale autore di omicidi seriali o crimini violenti consta in sei fasi che però sono state oggetto di forti critiche poiché riflettono un tipo di ragionamento induttivo che parte dalle interviste ai criminali in carcere per poter delineare i profili psicologici e le ipotesi sulle caratteristiche di autori sconosciuti di un certo crimine. Le fasi del modello F.B.I. sono così sviluppate : 1. Profiling Inputs (Raccolta di tutte le informazioni disponibili tranne i sospetti della polizia); 2. Decision Process Models (consiste nell’organizzare il materiale informativo in 6

Picozzi, Zapallà, Criminal Profiling, p.103

domande che hanno significato ed in schemi riguardanti le molte dimensioni dell’attività criminale); 3. Crime Assessment (prima ricostruzione del comportamento dell’assassino e della sua vittima); 4. Criminal Profile (descrizione delle più probabili caratteristiche del soggetto); 5. Investigation (rapporto scritto dato agli investigatori); 6. Apprehension (arresto del sospettato). La definizione di una tipologia di aggressori suddivisa in organizzati e disorganizzati rappresenta il contributo dell’FBI più noto nello studio del profiling. Nasce da un’esigenza investigativa di semplificazione e dal bisogno di un linguaggio condiviso dalle forze dell’ordine che non utilizza termini psicologici e psichiatrici potenzialmente fonte di confusione per i non addetti ai lavori. Però dobbiamo considerare che le caratteristiche di una scena del crimine o di un criminale raramente sono del tutto organizzate o disorganizzate ed è più probabile di essere situate lungo un continuo che va da un estremo all’altro7. Ne consegue che anche il serial killer “organizzato” possiede caratteristiche comportamentali di “disorganizzazione” come conseguenza di un repertorio variabile, adattabile e modulabile e non fisso e sclerotizzato di risposte comportamentali.

 Il modello di Ronald Holmes e Stephen Holmes La posizione dei due autori non solo differisce dall’approccio adottato dall’F.B.I., ma appare anche fortemente critica nei suoi riguardi. Per Holmes & Holmes l’offender profiling deve contribuire alla : 1. valutazione psicologica e sociologica dell’aggressore; 2. valutazione psicologica degli oggetti personali trovati in possesso del presunto colpevole; 3. suggerimento di strategie per l’interrogatorio del soggetto. Il modello sviluppato secondo queste teorizzazioni si basa sui seguenti assunti : ● La personalità di un individuo non cambia radicalmente nel corso del tempo; ● Il comportamento riflette la personalità; ● Persone diverse con personalità ”simili” si comportano in maniera simile. 7

Burgess et al, Crime Classification Manual, p.9

Per cui : ► I crimini compiuti da un soggetto non cambiano nel corso del tempo; ► La scena del crimine rifletta la personalità dell’autore del reato; ► Criminali diverso con personalità “simile” compiono crimini simili.  David Canter e l’Investigative Psychology Attraverso caratteristiche importanti e studi sulle modalità di interazione tra vittima e aggressore, David Canter ha elaborato un modello centrato su cinque aspetti fondamentali che si basa sull’assunto che l’aggressore si relaziona alla vittima con modalità analoghe a come si rapporta con altri soggetti nel quotidiano. Di conseguenza, variazioni nell’attività criminale possono essere collegate a modificazioni nelle relazioni interpersonali. Il modello della psicologia investigativa si basa su cinque aspetti derivanti dalla combinazione di elementi propri della vittima ed elementi propri dell’autore dell’aggressione: 1. La coerenza interpersonale: gli assassini si comportano con le loro vittime così come si comportano con la gente nella vita di tutti i giorni; 2. Il significato del tempo e del luogo: poiché il luogo e l’ora vengono principalmente

scelti

dall’aggressore,

questi

possono

dare

indicazioni

riguardanti il luogo in cui abita, lavora o passa il suo tempo libero; 3. Le caratteristiche criminali: le modalità di esecuzione del crimine e le particolarità della scena dell’aggressione sono utilizzate dai ricercatori per sviluppare sistemi di classificazione di specifiche tipologie di criminali; 4. La carriera criminale: appare fondamentale determinare se l’aggressore sia stato coinvolto nel passato in attività criminali e, specificatamente, quali reati abbia con maggior frequenza commesso; 5. La conoscenza della legge e dei meccanismi della polizia: è qualunque tipo di prova che possa far pensare che l’aggressore sia a conoscenza delle tecniche relative all’acquisizione di prove, o ne sia del tutto ignaro.

 Brent Turvey e la Behavioral Evidence Analysis Tale modello comportamentale si basa sull’assunto che durante l’interrogatorio, la maggior parte dei criminali mente e che spesso, anche la trascrizione più oggettiva di un dato crimine, altro non è che una ricostruzione dei fatti realmente accaduti. Tale metodo si divide in quattro fasi : 1. Equivocal Forensic Analysis: scopo di questo stadio è quello di formulare una prima interpretazione delle prove; 2. Victimology: consiste nell’analisi accurata di tutte le informazioni riguardanti e provenienti dalla vittima; 3. Crime Scene Characteristics: tratta le caratteristiche distintive della scena del crimine

che

apportano

informazioni

sul

comportamento

decisionale

dell’aggressore riguardo la scelta della vittima e del luogo; 4. Offender Characteristics: è lo stadio ch porta alla stesura del profilo comportamentale e personologico dell’autore del crimine. Queste quattro fasi possono essere utilizzate in due momenti o fasi principali: ovvero nella fase investigativa (inductive criminal profiling) e nella fase del processo (deductive criminal profiling). La prima riguarda la fase iniziale di un crimine in cui l’autore è sconosciuto e permette di ridurre il numero dei sospetti, collegare il crimine in questione con altri delitti, valutare la possibile escalation di violenza, suggerire e fornire modelli da seguire per gli investigatori. La seconda si riferisce invece ai crimini in cui l’autore è noto e serve principalmente nello sviluppo delle strategie di interrogatorio avvalendosi della comprensione dello stato mentale dell’aggressore.  Il modello di Vernon Geberth & R. N. Turco È un modello a quattro fasi: 1. Analisi della scena del crimine intesa come un test proiettivo di personalità; 2. Riferimento

alla

discontrol

syndrome

necessaria

per

interpretare

il

comportamento criminale; 3. Elaborazione del profilo che offra una valutazione delle interazioni ed espressioni dei primi tre anni di vita dell’offender; 4. Lo studio delle caratteristiche demografiche del crimine.

 Geographical Profiling L’obiettivo del profilo geografico è quello di delimitare un’area geografica quale probabile luogo di residenza del reo, autore di una serie di crimini. La presunta conoscenza della zona in cui è più probabile che il ricercato risieda permette un razionale impiego delle forze impegnate nelle indagini e rappresenta un criterio aggiuntivo per l’elaborazione della lista dei sospetti. E’ un metodo elaborato presso il dipartimento

di Psicologia Investigativa

di

Liverpool diretto dal prof. Canter e basato sui seguenti aspetti: 1. Si deve trattare di crimini che possono, con una certa ragionevolezza, essere collegati tra loro cioè commessi da un unico aggressore; 2. Devono esserci almeno cinque delitti nella serie perché effettuando analisi geografiche con un numero inferiore, la probabilità di localizzazione decresce. Ogni informazione geografica relativa alle caratteristiche delle vittime deve essere tenuta in particolare considerazione come la dislocazione areale del crimine e le strade di collegamento. Possibilmente, l’esame dettagliato della scena

del crimine, della

disposizione del cadavere e delle fotografie della zona si debe avvalere del metodo computerizzato. La conoscenza del profilo territoriale si affianca a quello psicologico e si caratterizza in due componenti principali: una oggettiva (basata su procedure statistiche e quantitative per stabilire zone di maggiore probabilità di localizzazione dell’aggressore) ed una soggettiva (ricostruzione ed interpretazione della mappa mentale dell’aggressore con le interazioni provenienti dal profilo psicologico). La scelta del luogo, da parte dell’autore del crimine è influenzata da diversi fattori, prima di tutto dal principo del minimo sforzo secondo cui, a parità di altre condizioni, il serial killer sceglierà come luogo d’azione quello più vicino al suo punto di partenza. Altri fattori che influiscono sono: la disponibilità di un determinato mezzo di trasporto, l’appetibilità delle zone d’origine e di destinazione per effettuare lo spostamento e la familiarità con le vie di comunicazione con la presenza, quantità e qualità delle barriere geografiche ovvero di strade alternative. In generale, le principali osservazioni basate su tali studi portano a concludere che: •

il crimine viene spesso compiuto in prossimità del luogo di residenza del reo;



il numero di crimini commessi da un certo delinquente decresce all’aumentare della distanza dalla sua abitazione;



i giovani criminali commettono delitti molto vicino alla residenza e sono meno mobili degli adulti;



esistono differenti comportamenti spaziali, in relazione al tipo di reato commesso. I crimini violenti, per esempio, si verificano più vicino alla residenza del reo;



all’incremento della “carriera” criminale corrisponde un allargamento dell’area di attività in cui si esercita l’azione predatoria e un aumento del tempo impiegato per gli spostamenti;



gli spostamenti criminali spesso avvengono verso zone ad alta concentrazione di reati.

CAPITOLO 2: BREVE INCURSIONE NELLA STORIA DEI SERIAL KILLER ROMENI 2.1. IL CONTESTO STORICO-GEOGRAFICO La Romania (in romeno România) deriva il suo nome dall’aggettivo latino Romanus, (Romano) ed è uno stato del sud-est d’Europa. Il termine è emblematico per le origini culturali e linguistiche della nazione romena risalenti alla colonizzazione romana dell’antica provincia della Dacia. L'occupazione romana durò solo 165 anni, ma lasciò un'eredità permanente sulle terre che avrebbero costituito la futura Romania. Dopo la Seconda guerra mondiale, la Romania divenne una nazione comunista ruotante nell'orbita dell'Unione Sovietica, alla quale la Romania rimase sostanzialmente allineata fino alla fine degli anni cinquanta. Nel 1948 fu abolita la monarchia e varata la Costituzione della Repubblica Popolare Romena, che diede luogo ad una realtà sociale che presuppone la comunanza dei beni di produzione a cui si accompagna l’assenza delle classi sociali. Si instaurò la collettivizzazione che portò alla nascita delle fattorie collettive e statali che controllavano il 77% delle terre arabili, e la nazionalizzazione con l’acquisizione da parte dello stato delle banche, delle fabbriche e delle società elettriche e di gas, ecc. Negli anni sessanta i contrasti con l'Unione Sovietica, di natura principalmente economica, portarono ad una politica estera indipendente e, nel 1965, al varo della nuova Costituzione della Repubblica Socialista di Romania. Nel 1965 iniziò il governo dittatoriale del presidente Nicolae Ceauşescu il quale adottò una politica indipendente sfidando la supremazia dell’Unione Sovietica in Romania e condannò pubblicamente l’invasione della Cecoslovacchia del 1968. 2.2. LA ROMANIA COMUNISTA ED IL CONTESTO SOCIALE Nel 1966 il regime decretò il divieto di qualsiasi forma di contraccezione o aborto ed introdusse altre politiche a sostegno dell'incremento del tasso di natalità, inclusa una tassa tra il dieci e il venti per cento del reddito sia per gli uomini che per le donne (sposati o celibi/nubili) che dopo i 25 anni rimanevano senza prole. L'aborto era ammesso solo per le donne alle quali il parto avrebbe messo la vita in pericolo, quando la gravidanza era il risultato di uno stupro o dell’incesto, oppure quando esisteva la possibilità che il bambino nascesse con una deformazione o malattia congenita. Madri

che avevano più di cinque bambini ricevevano vari benefit, mentre le madri di più di dieci bambini erano dichiarate madri-eroine, ricevevano una medaglia d'oro, una macchina gratis, trasporto gratuito sui treni ed altri bonus. Poche donne in ogni caso raggiunsero questi obbiettivi e la famiglia romena aveva mediamente da due o tre bambini. Inoltre, un numero considerevole di donne morì o contrasse gravi malattie durante l'esecuzione di aborti clandestini8. Il governo si diede anche l'obiettivo di diminuire la percentuale dei divorzi rendendo l’annullamento del matrimonio molto più difficoltoso e possibile solo in casi eccezionali. Nel 1967 furono ammessi soltanto 28 divorzi in tutto il paese, mentre solo l’anno prima erano stati 26.000. Nei tardi anni Sessanta la popolazione iniziò a crescere accompagnata da un incremento della povertà e del numero di persone senza fissa dimora (bambini di strada) nelle aree urbane. Un nuovo problema iniziò a rendersi manifesto a causa della crescita incontrollata del fenomeno dell'abbandono dei bambini: una crescita esponenziale della popolazione degli orfanotrofi che facilitò la diffusione dell'AIDS negli ultimi anni Ottanta. Il contagio e il conseguente aumento dei casi di malattia conclamata fu favorita anche dalla decisione del governo di non ammettere l'esistenza di questa malattia in Romania e di conseguenza di non permettere l'esecuzione del test HIV. Inoltre fu impedita sia la fabbricazione che l’importazione di contraccettivi e il ricorso all’aborto clandestino divenne l’unico sistema di controllo delle nascite tanto che ancora oggi anche dopo la legalizzazione dell’aborto le donne romene sia in patria che all’estero sono quelle che più di altre ricorrono a tale pratica. La sessualità è sempre stata considerata per tradizione un argomento tabù tanto che qualsiasi informazione sul tema anche negli anni ottanta era praticamente inesistente. La politica pro natalista ebbe un effetto immediato, il numero di nati vivi passò da 273,687 nel 1966 a 527,764 nel 1967 con un aumento del 92,8%. Gli aborti legali precipitarono drammaticamente nel 1967 ne furono effettuati 52.000 contro i più di un milione del 1965. Questo risultato fu ottenuto con metodi coercitivi quale ad esempio quello della presenza di polizia negli ospedali9. Tutto ciò non fece altro che incrementare enormemente il numero degli aborti clandestini con le note e gravi conseguenze sulla salute delle donne romene.

8

Communist Romania's Demographic Policy, U.S. Library of Congress country study, http://www.country-studies.com/romania/demographic-policy.html 9 Idem

Vi furono anche altri abusi e violazioni dei diritti umani, tipici dei regimi stalinisti: un massiccio uso della polizia segreta (la "Securitate"), la censura, gli spostamenti della popolazione dalla campagna in città. La polizia segreta mantenne un assoluto controllo sui media e su qualsiasi tipo di discorso e non tollerò nessun tipo di opposizione interna. La cultura divenne uno strumento per la propaganda politicoideologica e l’individualità fu abolita dal controllo stalinista esercitato da Ceauşescu su ogni aspetto religioso, educativo, commerciale, sociale, artistico della vita civile. A partire dagli anni ‘70, Ceauşescu istituì un programma di sistematizzazione e industrializzazione della Romania: il programma di demolizione, ristrutturazione e costruzione cominciò nelle campagne e culminò con un tentativo di completo rimodernamento della capitale del paese, Bucarest.

2.3. SERIAL KILLER ROMENI Forse il più noto serial killer romeno può essere considerato il conte Dracula. Personaggio letterario diffuso dalla penna di Bram Stoker è stato successivamente identificato come figura storica realmente esistita in Romania nel 1400 con il nome di Principe Vlad Ţepeş detto l’Impalatore, nato in Transilvania nel 1431 e morto nel 1476 sui Monti Carpaţi. Ţepeş deriva dalla parola romena “l'impalatore” poiché questa era la tecnica prediletta dal principe per uccidere i suoi nemici. In una lettera datata 11 febbraio 1462 indirizzata al re d'Ungheria Egli si vanta di aver ucciso con questa tecnica ben 23.883 turchi in soli tre mesi e di aver voluto assistere personalmente a molti di tali esecuzioni. In Romania ancora oggi è considerato un principe di grande potenza ed il suo nome è sinonimo di rispetto verso colui che riuscì a portare la regione della Transilvania e della Moldavia all'indipendenza strappandola cosi dall'Impero Ottomano. Ma fu un principe estremamente spietato e sadico con i suoi nemici dando sfogo alla sua vendetta facendo impalare tutti i nobili che nel tempo lo avevano tradito; addirittura si racconta che dopo il rifiuto di tre emissari turchi di togliersi il copricapo quando erano davanti alla sua presenza ordinò ai suoi soldati di infilzare un palo nelle loro teste prima di rimandarli al sultano. L'associazione di Vlad Ţepeş con la leggenda del vampiro è solo una semplice e felice combinazione letteraria in quanto non ci sono prove che

dimostrano sia stato un "bevitore di sangue” delle sue vittime. L'impalamento avveniva però nel più brutale dei sistemi: infilzando un palo unto di miele su per l'intestino e conficcandolo su fino alla scapola della spalla facendo attenzione che non lesionasse organi vitali, solo cosi la morte dei malcapitati poteva essere più atroce e l’agonia durare addirittura dei giorni. A quanto sappiamo aveva anche altre tecniche di tortura comunemente usate nel medioevo come lo squoiamento, il rogo o l'allungamento del corpo forzato da una ruota che gira. La realtà che tutt'oggi non ha mai trovato spiegazione è il fatto che non è mai stato ritrovato il corpo di Vlad Ţepeş all'interno della sua tomba. Mistero o realtà? Storia o leggenda?

 VERA RENCZI: periodo omicidi 1920-1935 Vera Renczi uccise più di trenta uomini e conservò i loro corpi in cantina dentro delle bare di zinco. Lei differisce dalle Vedove Nere perché il suo motivo era la gelosia e non il profitto. La sua ossessione non era legata ai soldi dei suoi uomini, ma alla loro devozione poiché non riusciva a sopportare l’idea che i suoi due mariti, i suoi amanti e suo figlio finissero nelle mani di altre donne. Nata nel 1903 a Bucarest, era l’erede di un'emergente famiglia aristocratica ungherese. La sua incapacità a mantenere una relazione di coppia cominciò a manifestarsi sin da quando lei era giovanissima: disse ai suoi amici che non avrebbe mai tollerato di non essere sempre al centro dell'attenzione del suo fidanzato e che se questo fosse successo sarebbe fuggita lontano da lui. Tuttavia, le radici del suo problema erano molto più profonde e si esprimevano in una profonda convinzione che lei non dovesse avere fiducia negli uomini. Il solo sospetto che il suo uomo stesse guardando un'altra donna le provocava un tale stato di crisi psichica da indurla ad uccidere il suo partner. Il suo primo matrimonio con un uomo molto più grande di lei fu un disastro. Lei lo sospettò patologicamente di tradimento, finché lo avvelenò con l’arsenico. E la storia si ripetè una seconda volta quando ancora un altro marito scomparve. Lei l'aveva avvelenato, anche stavolta convinta della sua slealtà. Quindi, decise di non sposarsi più continuando però ad avere relazioni che si concludevano, dopo alcune settimane o mesi e a volte pochi giorni, con l’uccisione per

sua mano dei vari partner. Molti di loro erano sinceramente innamorati, ma ciononostante lei continuava a vedere in loro l'infedeltà. Crescendo, il figlio Lorenzo scoprì la verità sulla madre e provò a ricattarla, ma pagò anche lui con la vita questa sua “infedeltà”. Poiché molti degli amanti di Vera erano sposati, le mogli di questi cominciarono a guardarla con diffidenza e sospetto e una di loro provocò la sua cattura. Una sera una signora dopo aver seguito suo marito fino alla porta di Vera lo aspettò invano per tutta la notte. Vedendo che non usciva più chiese spiegazioni all’assassina e dopo che quest’ultima negò di aver mai conosciuto l'uomo, lei chiamò la polizia. Gli agenti condussero una ricerca di routine nella residenza di Vera Renczi e trovarono i resti di più di un marito disperso. Nella sua cantina, come in un quadro ispirato da Edgar Allen Poe, si imbatterono in trentadue cadaveri maschi, ognuno conservato nella sua propria bara di zinco personalizzata. Lei spese il resto della sua vita in prigione.

 ION SÂRCǍ: periodo omicidi 1941-1943 in Bucarest – otto

omicidi Ion Sârcǎ traeva in inganno i giovani in cerca di lavoro: gli proponeva di lavorare presso le fattorie che si trovavano nei dintorni di Bucarest e con la scusa di accompagnarli attraverso i campi li rapinava rubandogli i vestiti e legandogli le mani ed i piedi. Per le dodici rapine commesse fu condannato a cinque anni di prigione nel 1936. Nel 1943, sempre sui campi nella vicinanza di Bucarest la Polizia trovò i cadaveri di otto giovani nudi con le mani e i piedi legati e che presentavano segni di strangolamento. Si trattava di un unico autore, ipotesi sostenuta anche dalla modalità particolare di fare i nodi intorno ai polsi delle vittime e dalla costatazione che in tre casi il filo apparteneva alla stessa bobina. Sui corpi di tutte le vittime furono ritrovati segni di violenza sessuale. Per attuare lo strangolamento l’assassino utilizzava tutte e due le mani mentre si trovava dietro le sue vittime poiché sulla parte posteriore del collo erano rimaste imprese i segni di pressione effettuati con i pollici. Nelle vicinanze dei cadaveri furono rivenute delle bottiglie vuote di alcol: le impronte presenti su di esse erano identiche fra loro. Si procedette quindi alla ricerca negli schedari contenuti negli archivi

cartacei e si scoprì che le impronte digitali appartenevano a Sârcǎ Ion che arrestato confessò tutti gli omicidi10.  ION URSACHE: periodo omicidi 1970-1972 in Predeal,

Braşov - tre omicidi e cinque tentati omicidi Mise in atto un comportamento primitivo, selvaggio, tipico del criminale disorganizzato: seguiva le vittime sui sentieri isolati, preparava l’agguato e attaccava all’improvviso strangolando le vittime; poi le trascinava nei posti appartati dove le stuprava e le rapinava11.  ROMULUS VEREŞ, l’uomo col martello: periodo omicidi

1972-1974, in Cluj-Napoca - tre omicidi e cinque tentati omicidi Nel periodo che va dal settembre al dicembre del 1972, la città di Cluj-Napoca fu travolta da una serie di omicidi e tentati omicidi con stupro aventi come vittime ragazze e donne di età compresa tra i 9 e 84 anni. Il criminale si introduceva la mattina presto o la sera tardi nell’abitazione delle vittime e le tramortiva con violenti colpi alla testa. A volte finiva l’azione omicidiaria accoltellando a morte la vittima. Dopo essersi impossessato della biancheria intima delle donne e dei diversi beni trovati, l’aggressore incendiava la stanza dove era avvenuto l’attacco e di solito il focolaio iniziale fu localizzato nell’armadio. Nel 1974, a distanza di due anni dai precedenti reati, fu attaccata nella sua abitazione una signora di 84 anni: le autorità stabilirono che si trattava dello stesso modus operandi e quindi dello stesso assassino. In quel caso, però, l’incendio ebbe come sorgente il cuscino della vittima. Furono verificate più di 4000 persone tra quale anche i malati psichiatrici e l’attenzione degli investigatori si concentrò su Vereş Romulus, diagnosticato come parafrenico. Durante la perquisizione domiciliaria vennero trovate un trattato di medicina legale con diverse annotazioni riguardanti i traumatismi cranici e le morti

10 11

Constantin Ţurai, Elementi di criminalistica e tecnica criminale, pp311-321 Dr. Tudorel-Severin B.Butoi, Criminali seriali. La psicologia del crimine, p.69

violente, diversi libri con tematica sessuale e filosofica ed alcuni quaderni-diario che rivelarono un delirio mistico a sfondo sessuale e confermarono che era lui l’assassino. Il posto preferito di Vereş Romulus per le sue preghiere era un armadio, dove lui sosteneva che incontrava lo spirito di Satana il quale gli ordinava di commettere gli omicidi e di purificare il posto attraverso il fuoco. Durante il processo non si riconobbe colpevole, ma ammise che Satana l’aveva mandato in quei posti contro la sua volontà. Il Vereş fu dichiarato colpevole per aver commesso i fatti, però incapace di intendere e di volere e di conseguenza venne ricoverato in un manicomio criminale dove rimase per altri 20 anni fine alla sua morte12.

 FRANCISC TROMBIŢAŞ: periodo omicidi 1992-1999 in

Bistriţa-Nǎsǎud – cinque omicidi Vedovo, autore di cinque omicidi a sfondo sessuale commessi in un periodo di sette anni in un ambiente relativamente ristretto – un paesino in una regione collinare. Trombiţaş Francisc era un pastore senza istruzione né educazione, con forti pulsioni sessuali. I reati erano favoriti dal consumo preliminare di alcool. Tutti i crimini avevano alcuni elementi in comune: le vittime erano donne anziane, abitavano da sole e prima di essere ammazzate tramite strangolamento erano state violentate. Nessuna di esse fu mai rapinata. L’attacco era eseguito con comportamenti di tipo animalesco: agguati sui sentieri isolati, attacchi sorpresa. Si disfaceva dei corpi buttandoli in un pozzo dove successivamente furono scoperti dagli investigatori. Interrogato nel 2000 perché sospettato di un crimine commesso nel 1999 egli finisce per confessare anche gli altri omicidi13.

 NICOLAE PASCU, l’angelo della morte: 1990, Bucarest, 3

vittime 12

…, “Le particolarità psicologiche delle diverse categorie di delinquenti”, http://www.preferatele.com/docs/psihologie/6/particularitatile-ps11.php 13 Dr. Tudorel-Severin B. Butoi, idem, p.77

Approfittava del suo mestiere di tassista per scegliere le sue vittime, che subivano violenza sessuale seguita da strangolamento e rapina. I cadaveri erano abbandonati nelle cunette lungo la strada. Arrestato, confessa di aver ucciso le donne “per pietà” in quanto durante la corsa avevano espresso sentimenti di infelicità o insoddisfazione verso la propria vita14.  ADRIAN STROE, il torturatore di donne: 1992, Bucarest, 3

vittime Lo scioglimento del ghiaccio invernale portò alla luce due cadaveri nel lago Pantelimon, in Bucarest. Le vittime erano state strangolate e una di loro presentava segni di violenza sessuale; l’altra portava i segni di un aborto subito qualche giorno prima. Mancavano i vestiti ed i gioielli. Una terza vittima fu ritrovata ad alcuni metri dal lago, in un canale di irrigazione che in quel periodo era privo di acqua. Il cadavere apparteneva ad una donna all’incirca 25-30 anni ed era stato bruciato, ma la morte era avvenuta per asfissia tramite strangolamento. Il medico legale fra le altre osservazioni annotò che la vittima si trovava in periodo mestruale. Trovatosi davanti a prove inconfutabili, Stroe Adrian, di professione tassista privato, confessò i tre omicidi. Spiegò di averli commessi perché dopo la separazione voluta dalla moglie egli provava un forte senso di rabbia verso il mondo femminile ”colpevole” ai suoi occhi di essere frivolo. Dominato da forti sensi di frustrazione e di inferiorità egli contattava le donne che portava sul suo taxi ma al loro rifiuto di accettare un’intimità sessuale completa dopo essersi lasciate toccare e baciare faceva esplodere la sua rabbia e le uccideva15.  ION BARBU, il Carnefice: periodo omicidi 1996-2000 in

Argeş - sei vittime Fu il capo di una pericolosa banda di criminali e sopranominato “il Carnefice” per il suo sadismo accentuato e gli atti di violenza gratuiti. Insieme ad un complice, rubava i documenti delle vittime, sostituendo la foto con la sua per assumere ogni volta una nuova identità, poi inscenava una recita davanti 14 15

Dr.Tudorel-Severin B.Butoi, op.cit., pp.124-128 Idem, pp 128-137

al notaio per impadronirsi dei beni della vittima. Gli omicidi furono di una ferocia e violenza estrema: i cadaveri venivano squartati, decapitati e nascosti nelle fogne, per ritardarne il più possibile la scoperta. Uccise uno degli uomini picchiandolo selvaggiamente con un pestacarne e gettandone il corpo in un pozzo. Nel 2004 fu arrestato a Roma ed estradato in Romania16.

CAPITOLO 3: I DELITTI DEL RÎMARU Bucarest, 1970: una Romania comunista nella quale non esistevano poveri, non esistevano delitti, non esistevano problemi - la criminalità era un segreto di stato. Non 16

V.M. Mastronardi, R. De Luca, I serial killer, p.172.

esistevano malattie, non esistevano tragedie: tutta la popolazione era felice e contenta. Solo che in questo contesto “idilliaco” avvengono una serie di crimini talmente crudeli da renderne impossibile l’occultamento da parte del regime. Infatti, i testimoni confessano ciò che hanno visto e sentito ai loro parenti ed amici e i giornali non possono più evitare di parlarne. Inoltre per tali fatti criminosi la città di Bucarest si riempie di forze di polizia che setacciano la città a tutte le ore alla ricerca di qualche prova per prendere l’assassino. I delitti attribuiti al Rîmaru sono stati tutti commessi in Bucarest nel periodo che va dall’aprile 1970 al maggio del 1971. Le vittime sono state ritrovate in un’area ampia della città, come risulta dalla cartina allegata. 1° DELITTO: OMICIDIO Data e ora: la notte dell’8/9 (mercoledì/giovedì) aprile 1970, intorno alle ore 02:30. Vittima: ELENA OPREA, 26 anni, cameriera al ristorante “Bǎneasa”. Luogo dell’attacco: Via Turnul Eiffel (zona Lacul Tei) davanti alla propria abitazione. Condizioni atmosferiche: N/A. Armi usate: l’arma usata non è stata ritrovata. I rilievi eseguiti hanno fatto pensare all’utilizzo di un corpo contundente longitudinale, probabilmente una sbarra di ferro. I fatti: un inquilino dello stesso stabile della vittima alle 02:30 sente delle grida provenienti dalla strada e affacciandosi alla finestra vede un uomo che trascina, tenendolo dalle ascelle, il corpo inerme di una donna. L’aggressore, accortosi di essere stato scoperto, scappa ed il testimone chiama aiuto. La polizia trova la vittima, in stato di incoscienza e con abbondante perdita di sangue dalla testa, nei pressi dell’androne del palazzo. Poiché è ancora in vita viene accompagnata con l’autoambulanza nell’ospedale più vicino dove muore dopo circa ventiquattro ore di coma. Tale esito è dovuto ad un trauma cranico - cerebrale, conseguenza di tre colpi ricevuti sulla parte parietale destra della testa.

Reperti medico-legali: l’autopsia conferma la causa della morte per trauma cerebrale conseguenza dei colpi inferti sul cranio che hanno prodotto lesioni in un’aria di circa 15x7 cm². L’esame del cadavere da esito negativo per violenza sessuale. Osservazioni: il movente dell’aggressione fu considerata la rapina, che non avvenne a causa dell’interruzione forzata dell’aggressione; l’autore non fu catturato; per tornare a casa dal lavoro, la vittima prendeva l’auto di notte in Piazza Sfântu Gheorghe. 2° DELITTO: STUPRO Data e ora: la notte del 1/2 (lunedì/martedì) giugno 1970, intorno alle ore due. Vittima: FLORICA MARCU, sposata con una figlia, cameriera al ristorante “Tuşnad”. Luogo dell’attacco: cimitero Sfânta Vineri, vicino all’abitazione della vittima. Condizioni atmosferiche: N/A. Armi usate: possibile sbarra di ferro e coltello (entrambe le armi delittuose non sono state ritrovate in situ). I fatti: la vittima si allontana dal lavoro alle 01:30. Prende l’autobus notturno fino a Piazza Sfântu Gheorghe dove deve cambiare la linea, però si accorge di essere seguita da un giovane con capelli di colore scuro che indossa un maglione a collo alto. La giovane sale sull’autobus credendo che l’individuo sia sparito e scende alla fermata “7 Novembre” dirigendosi verso casa. All’improvviso, nei pressi della propria abitazione, la vittima viene colpita ripetutamente alla testa con un oggetto contundente. Lei comincia a gridare, lui tira fuori un coltello e la pugnala tre volte sull’avambraccio destro con cui la vittima cercava di parare i colpi succhiandole successivamente il sangue.

L’aggressore la obbliga a seguirlo al cimitero Sfânta Vineri che si trova nelle vicinanze, la spinge brutalmente oltre il muretto e subito dopo salta pure lui. Lei casca davanti ad una lapide dove brucia una candela e l’uomo le

dice:

“Eh,

sei

stata

fortunata perché la candela è accesa!” Qui, dopo averle chiesto se era ortodossa, la obbliga

a

mettersi

in

ginocchio davanti ad una croce e di giurare che lo amerà e lo sposerà. Le chiede

di

spogliarsi

completamente, dopo di che la stupra sopra una tomba mordendole le guance e la coscia sinistra. Dopo essersi fatto promettere che il giorno seguente si sarebbero incontrati davanti al negozio “Adam”, l’uomo la vuole accompagnare a casa pero subito dopo l’uscita dal cimitero cambia idea e gli chiede di seguirlo dentro un cortile condominiale. Temendo per la sua vita, la ragazza si salva buttandosi davanti ad un camion che passa; l’autista la porta in polizia, però nessuno crede a ciò che le è appena successo. La ricoverano in un istituto di malattie mentali dove subisce provocazioni tutti i giorni. Per paura, la donna non reagisce alle varie violenze che subisce per opera del personale. Inoltre, tutti i giorni, è portata dai polizziotti in caserma, dove è interrogata e picchiata per fargli confessare il nome dell’aggressore, convinti che la donna lo conoscesse. Non potendone più, indica il ragazzo di una sua collega, che è arrestato e picchiato finché si attribuisce la violenza. Davanti al giudice però, Florica Marcu ritira l’accusa contro di lui. L’aggressore comunque non si presenta all’appuntamento concordato con la vittima per il giorno seguente, forse perché le forze dell’ordine in divisa erano dappertutto. Sulla base delle dichiarazioni della vittima, si realizza un identikit: “Età intorno ai 27-28 anni, altezza 1,75-1,80 m, snello, moro, con un viso allungato e sguardo torvo, la voce grossa e rauca, parla usando parole corte, con pause in mezzo”.

Osservazioni: il reo non fu catturato. Più tardi, durante il processo, Rîmaru dichiarò riferendosi all’evento in discussione: “Sono uscito dal dormitorio portando un piccone. Quel giorno mi sentivo molto agitato. Sentivo il bisogno di avere una donna, non trovavo più pace e non avevo la testa per studiare. Non ero tranquillo neanche nella Casa dello Studente: i colleghi mi chiedevano sempre qualche cosa, e allora per paura di arrabbiarmi e far casino lì dentro malmenando qualcuno, sono uscito fuori sulle strade per cercare una donna che mi potesse capire. Ero disposto a pagarla pur di avere un rapporto sessuale e se si fosse rifiutata ero pronto ad obbligarla con la forza”. L’aggressore anche in questo delitto esprime le sue tendenze sessuali anomale: succhia il sangue, stupra, morde manifestando un comportamento aggressivo associato al rapporto sessuale. 3° DELITTO: TENTATO OMICIDIO, STUPRO E FURTO Data e ora: la notte di 22/23 (domenica/lunedì) novembre 1970, intorno alle ore due. Vittima: OLGA BĂRĂITARU, sposata con una figlia, barista al bar “Uranus”. Luogo dell’attacco: il secondo piano del palazzo dove abita la vittima. Condizioni atmosferiche: nevischio, freddo. Armi usate: corpo contundente non rivenuto sulla scena dell’aggressione. I fatti: la vittima arriva a casa dal lavoro verso le due di notte. Un individuo la aspetta nell’androne della scala e la colpisce da dietro fortemente alla testa con un corpo contundente provocandole sette ferite. La vittima sviene e lui la trascina dietro il palazzo dove la stupra. Improvvisamente, al piano terra si accende una luce che induce l’aggressore a scappare con la borsa della vittima rimasta in stato di incoscienza. Osservazioni: la vittima si ricorda di aver visto più volte un individuo strano sul tram di notte, quando lei tornava a casa dal lavoro. 4° DELITTO: TENTATO OMICIDIO Data e ora: la notte del 17/18 (mercoledì/giovedì) febbraio 1971, intorno alle ore tre. Vittima: ELISABETA FLOREA, cameriera al ristorante “Vulcan”.

Luogo dell’attacco: Via Ştefan Negulescu, in prossimità dell’abitazione della vittima. Condizioni atmosferiche: pioggia forte. Armi usate: coltello non ritrovato sul posto. I fatti: intorno alle tre di notte la ragazza esce dal ristorante dove lavorava insieme a dei colleghi e arrivano con l’autobus notturno a Piazza Sfântu Gheorghe, dove lei deve cambiare la linea per arrivare nel quartiere Floreasca dove abita. Alla fermata successiva sale un giovane che mostra l’abbonamento al controllore. La vittima scende in Piazza Dorobanţi dirigendosi verso casa situata in Via Banu Antonache no.7, e l’uomo di cui sopra la segue. A un certo punto le tira il cappotto con una mano, mentre con l’altra tira fuori un coltello minacciandola di morte. Elisabeta Florea comincia a gridare e lui la spinge dentro un cortile condominiale e le infligge sette coltellate sulla testa, tre sulla mano con la quale la ragazza si difende e altre due coltellate sulla gamba destra. Svegliato dalle grida, un inquilino si affaccia ad una finestra e ciò induce alla fuga il Rîmaru. Osservazioni: l’autore non è stato catturato. 5° DELITTO: OMICIDIO, STUPRO E FURTO Data e ora: la notte del 4/5 marzo 1971, intorno alle ore due. Vittima: FĂNICA ILIE, 31 anni, sposata con una figlia, cameriera al ristorante “Vulturul”. Luogo del ritrovamento del cadavere: nel cortile condominiale dell’immobile situato in Via Scǎrlǎtescu no.46, nei dintorni della Piazza 1 Maggio, in prossimità dell’abitazione della vittima. Condizioni atmosferiche: tempesta di neve. Armi usate: corpo contundente non ritrovato, probabilmente una sbarra di ferro. I fatti: intorno alle ore cinque di mattina un inquilino trova il corpo insanguinato di una donna nel giardino condominiale. Era una mattina fredda, aveva nevicato per tutta la notte e all’ora del ritrovo ancora stava nevicando. L’uomo chiede agli altri condomini di non uscire fuori di casa per non inquinare la scena del delitto e chiama la

polizia, che arriva, però con un ritardo considerevole perché l’ufficiale di turno pensava che si trattasse di un’ubriacona.

SC & cadavere: il corpo era posizionato abbastanza in vista, in fondo al sentiero che dal portone conduce all’ingresso del palazzo. Situato tra il muro di questo ed il muretto che separa i giardini di due condomini, è coperto da uno strato di neve spesso dieci centimetri, che una volta tolto scopre anche due imprecise orme di scarpe che si suppone appartenessero all’assassino. La donna è stata trascinata dal portone al posto dove è stata trovata, ipotesi sostenuta dalle grosse macchie di sangue rivenute lungo il sentiero, mentre fuori del portone sono state trovate soltanto alcune gocce, e dal ritrovamento di un guanto appartenente alla stessa lungo il viottolo. Il cadavere è ritrovato in posizione supina con le mutande, il reggicalze e la gonna strappate a coltellate e messe accanto al corpo. La morte si presume sia dovuta alle lesioni craniche di cui due frontali nella parte sinistra e cinque parietali, tutte prodotte da un corpo contundente. Sul corpo vengono trovati anche segni di denti: l’assassino aveva morso la mammella sinistra della vittima ed entrambe le cosce nella parte superiore. Reperti medico-legali: l’autopsia eseguita subito dopo il ritrovamento del cadavere diede i seguenti risultati: i primi due colpi sferrati alla radice dei capelli sul lato sinistro del cranio hanno determinato la frattura dello stesso tanto da far pensare che ci fosse nell’aggressore l’intenzione

di uccidere. L’analisi delle ferite fa pensare ad un autore destrimano che ha applicato i primi due colpi davanti al cancello di entrata del condominio e gli altri cinque mentre la vittima era caduta a terra nel cortile condominiale. Nella vagina della vittima vengono repertati spermatozoi appartenenti ad un soggetto avente il gruppo sanguino A2 tipo secretorio e soprattutto nessuna lesione o abrasione della mucosa sanguinanti, ciò portando alla certezza della violenza sessuale eseguita mentre la vittima si dimenava negli spasmi della morte o era già morta. Spunti criminalistico-investigativi: la donna era priva di borsa e di documenti. Durante le indagini si scopre che le mancava anche l’orologio comprato insieme con un’amica, che ne ha uno identico. La borsa, invece, era stata confezionata su ordinazione, il ché induce gli organi di inchiesta di distribuire le foto della borsa e dell’orologio nella capitale. L’inchiesta segue diverse piste secondo il movente ipotizzato: l’aggressione ha come scopo principale la rapina, seguita da stupro e omicidio, oppure si tratta di un omicidio a sfondo sessuale con occultamento di oggetti personali per deviare le indagini, oppure la borsa e l’orologio sono stati presi come “trofei” o ricordi dall’assassino. Per la prima volta è utilizzata in Romania la tecnica del prelievo delle impronte dentali.

In

pratica

non

esistevano

precedenti

riguardanti

la

procedura

dell’identificazione a base dell’orma dentale del morso. È utilizzato l’alginato, una sostanza liquida che si indurisce al contatto con l’aria. L’applicazione di tale sostanza nei buchi lasciati dai denti sulla pelle permette di ottenere un calco positivo dei denti dell’aggressore. Il morso più profondo è quello sul seno sinistro e l’arcata dentaria superiore produce la traccia più rilevante. Si riesce a ricostruire un dente e mezzo, fotografati e disegnati sulla carta utilizzata per il prelievo di impronte digitali. Un gruppo di specialisti stomatologi dell’ospedale “Victor Babeş” di Bucarest stabiliscono che l’arcata dentale superiore dell’assassino è di forma trapezoidale e presenta una malformazione: l’incisivo è spinto verso l’interno. Sempre per la prima volta in campo criminalistico le procedure di sopralluogo si avvalgono della tecnica fotografica che utilizza la pellicola a colori: tutto viene immortalato sui film Agfa e Kodak che costituirono la base per lo sviluppo delle pellicole a colori moderne.

Osservazioni: Viene fuori l’ipotesi dello psicopatico sessuale in seguito al ritrovamento degli morsi sul corpo della vittima, quindi si comincia a cercare nei dossier delle unità di neuropsichiatria, dominio non tanto sviluppato nel comunismo perché i malati mentali erano una categoria negata dal regime. In Romania era il periodo nel quale la dittatura di stato cominciava a diventare culto della personalità ed un individuo del genere non poteva esistere perché non si allineava agli standard promossi dal Ceausescu. Il criminale non contribuiva a sostenere l’ideologia comunista e anzi obbediva soltanto ai suoi istinti. Cert’è che l’omicidio scatena una follia generale: il fatto che un assassino si intrattiene sessualmente con un cadavere non poteva essere compreso dall’opinione pubblica dell’epoca. Si organizzano pattuglie di volontari per aiutare la cattura di un tale individuo pericoloso che minacciava la sicurezza della capitale. Ancora non si fa nessun collegamento con i delitti precedenti della stessa tipologia. 6° DELITTO: OMICIDIO, STUPRO E FURTO Data e ora: la notte di 8/9 (giovedì/venerdì) aprile 1971, intorno alle ore due. Vittima: GHEORGHIŢA POPA, 35 anni, separata, cameriera al ristorante “Prietenia”. Luogo del ritrovamento del cadavere: nel cortile condominiale dell’immobile situato in Via Vulturi no.40, nella zona del settore 4 di Bucarest. Condizioni atmosferiche: tempesta, pioggia, vento forte. Armi usate: arma di taglio e punta, accetta/piccone non ritrovate sulla scena del crimine. I fatti: nella notte dell’omicidio la vittima lascia il ristorante “Prietenia” dove lavorava intorno alle ore 01:30 insieme con una collega con la quale arriva nella Piazza Sfântu Gheorghe, dove si separano. Gheorghiţa Popa cambia l’autobus e scende alla fermata “Traian”. Intorno alle due di notte un inquilino sente una donna urlare e la mattina del venerdì, 9 aprile, le forze dell’ordine ricevono una telefonata che li avverte che nel cortile condominiale della persona che aveva chiamato giace il corpo di una signora a pancia in su, sfigurata e piena di sangue.

SC & cadavere: il corpo è trovato in posizione supina, vicino ad un muretto con ringhiere che separa il condominio dalla strada. Presenta numerose lesioni inflitte con un’arma da taglio e punta disposte nelle zone della testa, petto, pube e membra inferiori e sembra essere stato stuprato. Si prelevano tracce di sperma dalla zona vaginale, sopra la coscia destra e da sopra la gonna della donna. Questa stringeva nella mano tre capelli castani della lunghezza di 2,5 cm probabilmente appartenenti all’assassino che le aveva morso i seni, il pube e le cosce, strappando con i denti lembi di carne che non furono più trovati. I vestiti della donna erano stati lacerati a coltellate; una parte del reggiseno e delle calze sono stati appoggiati sull’albero accanto al cadavere ad un’altezza di circa 1,40 m da terra. Sotto il corpo sono stati rivenuti i pezzi mancanti degli indumenti intimi: le mutande, parti del reggiseno e del reggicalze. Le scarpe della vittima furono trovate una vicino all’altra sotto una panchina nello stesso cortile. Sulla strada, ad una distanza di circa 17 metri dal portone del condominio, è trovata una macchia di sangue del diametro di 25-30 cm, che si prolunga fino all’entrata del cortile, il ché fa avanzare l’ipotesi che la fase iniziale dell’attacco sia avvenuto in strada, e poi la vittima incosciente è stata trascinata nel cortile.

Sulla stessa Strada Vulturi, al no.50, è trovata la borsa della vittima contenente una ricetta medica e un cavatappi; dopo qualche giorno un uomo porta alla polizia anche la carta d’identità della vittima, trovata sempre nelle vicinanze. Dalla borsa mancano i soldi e alla vittima gli è stato preso anche l’orologio marca “Pobeda” che le aveva regalato un ex-fidanzato. Reperti medico-legali: l’esito dell’autopsia conferma la morte dovuta alle 48 lesioni inflitte sul corpo di cui: cinque ferite profonde al livello cranico procurate con l’accetta/piccone sia con la parte contundente che con quella tagliente che aveva presumibilmente una lama lunga 10 cm e una larghezza di 9 cm. I colpi inflitti fanno pensare che l’assassino stava dietro la vittima, un po’ spostato verso sinistra. L’autore ha utilizzato due armi: il piccone ed il coltello, con quest’ultimo infligge due tagli alla trachea di 2 cm ognuno e due tagli al seno sinistro; il seno destro presenta orme di morsi. La zona pubica appare interessata da due profonde ferite trasversali da arma da taglio e dai segni di diversi morsi; altri tagli e morsi vengono rinvenuti sulle cosce (12 ferite sulla destra e 9 sulla sinistra con dimensioni tra 2 e 8 cm); si riscontrano anche altre lesioni contusive toraciche ed addominali. Il coltello è appuntito con un lato tagliente; la lunghezza della lama è di 16 cm e la larghezza vicino al manico di 2 cm. Poiché la maggior parte dei morsi e delle ferite sono poco sanguinanti, si deduce che sono state inflitte quando la vittima era moribonda oppure post-mortem. Spunti criminalistico-investigativi: sulla base di alcuni elementi comuni si fa il collegamento con l’omicidio di Fǎnica Ilie avvenuto circa un mese fa. Entrambe le vittime sono cameriere, hanno più o meno la stessa età, stavano tornando dal lavoro verso le due di notte, sono state attaccate nei pressi della loro abitazione e poi trascinate in un cortile condominiale dove sono state stuprate e morse dall’assassino dopo averle strappate i vestiti. Entrambe presentano fratture cranio-cerebrali causate da contusione con corpo contundente non ritrovato. Il rapporto sessuale è consumato in condizioni atmosferiche estremi (freddo, neve, pioggia) con le vittime in fin di vita o già decedute. Sono state depredate degli orologi e dei soldi. Sorge l’ipotesi che l’assassino non attacca all’improvviso, ma prima sceglie le vittime poi le segue aspettando il momento propizio. Sembrerebbe quindi adottare una vera e propria tecnica di caccia: individuazione della vittima, inseguimento, scelta del luogo e del momento opportuno dell’attacco, predazione della vittima. Infatti, l’autista

si ricorda che Gheorghiţa Popa è scesa da sola alla fermata “Traian”. Quindi l’assassino l’ha aspettava nascosto nelle vicinanze della sua abitazione, conoscendo le strade, l’illuminazione, il tragitto che la vittima percorreva tutte le sere. Il fatto che l’assassino ha usato armi che si era portato con se fa nascere la certezza della premeditazione. Si analizzano le impronte dentali sul cadavere per vedere se corrispondono con quelle rilevate nell’omicidio di Fǎnica Ilie e le indagini si concentrano sugli uomini aventi un comportamento sessuale aberrante: si ipotizza che i sintomi non si sono sviluppati improvvisamente, ma che si sono evoluti in lasso temporale piuttosto lungo. Si inizia quindi ad esaminare i dati dell’Istituto di Medicina Legale riguardanti gli esami su donne che hanno subito aggressioni simili, con particolare attenzione per quelle che presentano morsi. Negli archivi della polizia si rivedono anche i casi irrisolti simili e si risale agli altri delitti successivamente confessati dal Rîmaru: Elena Oprea, Florica Marcu, Elisabeta Florea, Olga Bǎrǎitaru. La notizia dell’uccisione di Gheorghiţa Popa si propagò nell’opinione pubblica romena più ad opera dei testimoni e dei sospettati di allora che non dagli organi di informazione: era la terza volta che una donna veniva uccisa brutalmente per poi essere violentata. Considerando l’aspetto mostruoso del delitto, la ferocia e l’aggressività dell’assassino nonché il carattere seriale degli omicidi, le autorità romene avviano l’operazione “Airone”, che ha preso il nome dalla strada dove Gheorghiţa Popa è stata uccisa. 6000 uomini appartenenti a diverse divisioni di sicurezza, 100 macchine e 40 motocicli pattugliarono le strade di Bucarest tutte le notti. Il personale medico, i conducenti di bus e tram dei turni notturni, gli addetti agli alberghi e bar sono stati allertati, per non parlare dei dipendenti della Polizia Segreta (Securitate), Ministero degli Interni e Polizia di Stato. Ci sono stati più di 2500 arresti e più di 8000 persone sono state fermate, Rîmaru però continua a colpire pressoché indisturbato. Osservazioni: escalation, necrofilia, cannibalismo, overkilling. In questo delitto l’autore esprime il massimo della sua follia omicida. All’interrogatorio Rîmaru cosi ricorderà quest’omicidio: “Una sera sono uscito dalla Casa dello Studente con un coltello ed il piccone. Ad un certo punto ho visto venendo verso di me una donna sola sullo stesso marciapiede. Gli ho chiesto di venire con me. La donna mi ha detto di andare via se no in caso contrario avrebbe gridato. Mi ha spinto dicendomi delle parolacce. Le ho inflitti tanti colpi per la rabbia e per

vendicarmi delle donne perché pure loro mi hanno sempre preso in giro. Sembrava che me lo facessero apposta, quando andavo all’università e sull’autobus alzavano le loro gonne per sedersi. L’ho trascinata dentro un cortile e l’ho posata vicino ad un albero. Le ho alzato la gonna e l’ho violentata due volte. Durante l’atto sessuale le ho morso i seni, non mi ricordo quale, però dopo aver sentito qualcosa nella bocca ho sputato. Per poter violentare la vittima, ho strappato e tagliato i vestiti. Penso che abbia tagliato col coltello ed abbia strappato col piccone”. La notte di 1/2 maggio 1971 Rîmaru è accusato di aver compiuto un tentato stupro a danno della signora Stana Sǎrǎcin. 7° DELITTO: OMICIDIO, STUPRO Data e ora: la notte del 4/5 (martedì/mercoledì) maggio 1971, intorno alle ore 2. Vittima: MIHAELA URSU, 39 anni, assistente universitaria alla Facoltà di Fisica Bucarest, Cattedra di ottica. Luogo del ritrovamento del cadavere: nel cortile condominiale dell’immobile situato in Strada Stupinei no.24 A, settore 3 di Bucarest. Condizioni atmosferiche: pioggia forte per tutta la notte. Armi usate: coltello, piccone non ritrovati sulla scena del crimine. I fatti: la vittima abita lontano dalla scena del crimine, però andava tutte le sere a portare cibo ai suoi sette gatti (gli abitanti del suo condominio non permettevano che lei li tenesse a casa, quindi lei pagava una persona per ospitarglieli). Un’inquilina torna a casa dal lavoro verso mezzanotte e trova il cadavere nel cortile del suo condominio.

SC & cadavere: in fondo al cortile tra il muro del palazzo ed il muretto che separa il no.24 dal no.26 giace il cadavere di una donna in posizione a pancia sotto, con il viso rivolto in giù e le gambe aperte; sotto l’addome erano sistemati tre mattoni che facevano assumere al cadavere una posizione atta alla penetrazione ab tergo. Sopra il muretto avente un’altezza di circa 2,20 m erano state appoggiate le scarpe della vittima e ad una distanza di circa 4 m da essi la borsa contenente i documenti di identità, tre agende con indirizzi e numeri di telefono, un mazzo con 25 chiavi diverse, 250 lei e un orologio d’oro. Presumibilmente l’assassino interrotto dall’arrivo della inquilina, pensa a scappare lasciando lì la borsa. Il vestito della vittima era stato tagliato nella parte anteriore e alzato per scoprire la parte dorsale e le membra inferiori. Tra le dita della mano sinistra sono stati ritrovati alcuni capelli scuri non appartenenti alla vittima. La mano destra era posata sulla borsa della spesa contenente tre candele, residui alimentari e la custodia di un ombrello, e ciò conferma il fatto che la vittima non era preparata per un appuntamento. Davanti al portone i poliziotti hanno trovato una macchia grande di sangue e dentro al cortile a tre metri dall’entrata sono state rivenute diverse macchioline di sangue di forma irregolare: ancora una volta la vittima è stata colpita fortemente alla testa in strada per poi essere trascinata in un cortile condominiale.

Reperti medico-legali: l’esame del cranio conta due ferite aperte nella regione tempo-parietale di cui una con i bordi frastagliati e l’altra con i bordi regolari e tre ferite nella regione parietale sinistra di cui una di forma rettangolare. Intorno al collo sono presenti delle ferite di cui una tanto profonda da arrivare alla trachea che appare sezionata insieme alla vena giugulare destra. Sopra la scapola sinistra si vedono i segni di un morso con le orme ben evidenti delle arcate dentali. L’esame dà risultati positivi anche per violenza sessuale. Spunti criminalistico-investigativi: il personaggio che portò alla cattura di Rîmaru non fu né procuratore, né poliziotto, né appartenente alla Securitate: quando ormai l’equipe di criminalisti era andata via, l’autista dell’ambulanza trova sotto il cadavere un certificato medico con il timbro dell’Ospitale Studentesco Bucarest. 8° DELITTO: TENTATO OMICIDIO Alle ore quattro della stessa notte (4/5 maggio 1971) Rîmaru attacca anche la signorina MARIA IORDACHE, in Strada Mehadiei, (quartiere Crangaşi). La donna si stava recando al lavoro, quando all’improvviso riceve da dietro due colpi forti in testa, ma alla fine riesce a scappare. 9° DELITTO: TENTATO OMICIDIO Data e ora: la notte del 6/7 maggio 1971, intorno all’una di notte (a 48 ore dai delitti precedenti). Vittima: VIORICA TATU, cameriera di ristorante. Luogo dell’attacco: Strada Portile de Fier, settore 2 di Bucarest. Condizioni atmosferiche: pioggia forte. Armi usate: corpo contundente, coltello non ritrovati sulla scena del crimine. I fatti: un guardiano di notte vede un giovane girovagare sotto la pioggia verso l’una e un quarto. Vedendo che inizia a correre pensa che è stato oggetto di una tentata

aggressione, esce fuori e vede una ragazza, che abitualmente tornava a casa dal lavoro a quell’ora. Allarmato dalle grida di aiuto di questa vede il giovane che tira sopra un muretto la borsa e l’ombrello della ragazza. La vittima è stata colpita alla testa due volte con un corpo contundente e sul viso presenta gravi ferite da coltello. La pioggia forte aveva lavato tutte le tracce. 10° DELITTO: TENTATO OMICIDIO Data e ora: la notte del 6/7 maggio 1971, intorno alle ore quattro (stessa notte). Vittima: ELENA BULUCI, cameriera al ristorante della Gara de Nord. Luogo dell’attacco: nella parte opposta di Bucarest, vicino al cavalcavia Constanţa, alla fermata del tram. Armi usate: accetta non ritrovata sulla scena del crimine. I fatti: la vittima si recava al lavoro, quando alla fermata del tram “Carpaţi” un giovane che la guardava insistentemente la colpì fortemente alla testa. Lei perde la coscienza e si risveglia dietro ad un palazzo, in una pozzanghera non ricordando niente di quanto è successo dopo l’attacco. Un’inquilina la aiuta a mettersi le scarpe e chiama la polizia. 11° DELITTO: RAPINA A DANNO DELLA PROPRIETÁ PUBBLICA E PRIVATA Data e ora: la sera dello stesso 7 maggio 1971, intorno alle ore 22. Vittima: IULIANA FRUNZINSCHI, 43 anni, cassiera ad un negozio di alimentari. Luogo dell’attacco: str. Carol Davila, vicino al negozio dove lavora la vittima. Armi usate: l’accetta non ritrovata sulla scena del crimine. Condizioni atmosferiche: pioggia forte. I fatti: Tutte le sere dopo la chiusura del negozio la donna portava l’incasso alla cassieria situata nelle vicinanze, sempre accompagnata da una collega. Quella sera le due escono dal negozio alle 21:55 sotto la pioggia avendo dentro la busta l’incasso che ammontava alla somma di 25.687 lei. Quando erano quasi arrivate dal cortile di un’immobile compare all’improvviso un giovane che colpisce fortemente da dietro la cassiera alla testa. La donna casca per terra, mentre l’altra scappa cercando aiuto.

Quando gira la testa, la seconda vede il giovane che continua a colpire la vittima alla testa. Ritorna dopo con un poliziotto e trovano Iuliana ferita alla testa con tre colpi d’accetta. Gli organi d’inchiesta stabiliscono che si tratta sempre di delitti commessi da Rîmaru. Osservazioni: più tardi quella sera Rîmaru è stato fermato per un controllo di routine, però riesce a fuggire. I poliziotti non fanno rapporto sull’accaduto per paura delle conseguenze. Dell’incidente Rîmaru racconterà più tardi al processo.

CAPITOLO 4: NUOVI SVILUPPI CRIMINALISTICOINVESTIGATIVI 4.1. Tecniche odontostomatologiche ed antropologiche Partendo dall’impronta dei morsi dell’assassino sui cadaveri l’esperto odontostomatologo dott. Petre Firu riesce a risalire all’immagine dei denti. È per la prima volta che in Romania le tecniche odontostomatologiche sono applicate ai fini criminalistici. In Europa all’epoca il centro di odontostomatologia era in Danimarca. Qui il professore Keiser Nielsen insieme ad altri specialisti della Francia, RFG e Spagna cercano di stabilire tecniche di identificazione della persona partendo dall’impronta dei denti. Per la conservazione delle orme dei morsi sui tegumenti si sezionava il derma e si poneva in formalina tesa su un legnetto e fissata con chiodini per evitare la ritrazione; sul derma si possono studiare le suffusioni sanguigne che indicano se la vittima è stata

morsa ancora in vita. Con questa tecnica si possono stabilire: la forma delle estremità incisiale dei denti, come sono disposti i denti sull’arcata, il grado di usura, diverse anomalie dentali, diverse particolarità delle estremità incisionali. I morsi più rappresentativi sono stati rilevati dai corpi di Gheorghiţa Popa e Mihaela Ursu, quindi gli specialisti hanno potuto ricostruire i denti frontali superiori ed inferiori da canino a canino. Il criminale ha tutti i denti superiori ed inferiori, non fa uso di protesi, il consumo dei denti è di secondo grado e quindi corrisponde ad un soggetto di età tra i 26 ed i 35 anni; presenta un’anomalia dentale (ammassamento dentale) e cioè l’incisivo laterale destro è situato in posizione più linguale del canino; tra il canino e l’incisivo destro esiste uno spazio di 1 mm. Non esistendo ammassamento dentale sulla parte sinistra, si suppone che l’assassino morde movendo la mandibola verso la destra. Partendo dalle caratteristiche dentali, il professore Firu trae un primo ritratto antropologico dell’assassino: tipo dinarico, con elementi mediterranei o alpini, altezza media di 172 - 175 cm, testa tonda, la nuca appiattita, il viso allungato, il mento sporgente a forma di zoccolo, naso aquilino, con narici larghe, orecchie alte con i padiglioni grandi, capelli neri, pelosità accentuata. “I risultati hanno soltanto valore indicativo, e non di probazione poichè questo non è un metodo validato in ambito scientifico come le impronte digitali”, dichiara il prof. Rişicuţǎ. Le sue considerazioni vengono dedotte dallo studio su una parte della popolazione rumena (30.000 persone) durante le inchieste medico-antropologiche condotte dal professore accademico Ştefan Milcu per un periodo di 10 anni (1950-1960); dopo, il professore Firu continua gli stessi studi, esaminando altri 20.000 soggetti. 4.2. L’identikit Basandosi su questi risultati, il medico Cantemir Rişicuţǎ, responsabile del Laboratorio Antropologico all’Istituto di Patologia e Genetica Medica “Professor Victor Babeş” di Bucarest disegna un identikit dell’aggressore, diffuso in numerose copie fra le forze di polizia.

4.3. Il profilo psicologico Un’equipe di specialisti psichiatri coordinati dal medico Tiberiu Vlad fanno il profilo psicologico: l’aggressore ha un’età compresa tra i 25 ed i 30 anni, mostra aggressività e ferocia massima, meticolosità, è ordinato, presenta una personalità epilettoide con o senza crisi, può essere psicopatico polimorfo e sessualmente è un primitivo. Lo scopo degli omicidi è il soddisfacimento sessuale, presenta un carattere introverso, non comunicativo, distante, caratterizzato dal sadismo sessuale, mancanza di senso morale, impulsi erotici incontenibili, tendenze necrofile, dimestichezza con l’accetta ed il coltello, non si impressiona alla vista di ferite aperte e del sangue, ha una buona condizione fisica che lo aiuta a colpire, trascinare le vittime e scappare, probabilmente ha avuto insuccessi con il sesso opposto che lo porta a vendicarsi sulle donne; possibile che faccia un mestiere che lo fa stare in contatto con il sangue. Si fa strada anche un’ipotesi al limite della scientificità e cioè che si tratti di un “uomo lupo”. Il Rîmaru è un criminale compulsivo, epilettoide che attacca e uccide seguendo dei cicli biologici e ambientali. L’incontro fra determinate situazioni climatiche e fasi interne di eccitamento determina il manifestarsi della sua follia omicida. 4.4. Le indagini tradizionali Lo studio attento con stereo microscopio del frammento di certificato medico trovato sotto il cadavere di Mihaela Ursu evidenzia nella zona superiore destra parte del numero seriale del documento che insieme alla data ben evidenta (marzo 1971) e al frammento di timbro in cui appare la scritta OCTAV porta gli investigatori all’ospedale

per gli studenti universitari dove presso la cattedra di neurologia lavora il medico OCTAVIAN IENIŞTE, il quale conferma di aver firmato il suddetto documento.

All’epoca, la prassi era che i certificati medici si emettevano in un unico esemplare, servivano per giustificare le assenze da uno a tre giorni e dovevano essere consegnati dagli studenti alla segreteria della facoltà. Essi non sono annotati in un registro ma direttamente inseriti nelle cartelle cliniche degli studenti. Poichè il numero seriale del documento è in parte cancellato e si distinguono con difficoltà solo due numeri che possono essere il 42, il 62, il 47, oppure il 67 gli investigatori sono costretti a controllare circa 30.000 cartelle cliniche, facendo attenzione a quelle che contenevano una delle combinazioni sopra scritte con la data del marzo 1971. Il cerchio si stringe intorno agli ottantatre studenti che hanno ricevuto un certificato medico corrispondente ai criteri di ricerca. Tra questi, soltanto quindici non avevano ancora depositato presso la segreteria della facoltà il certificato. Di questi quindici sette lo presentano alla richiesta degli organi di inchiesta e i rimanenti otto dichiarano di averlo perso. Tra gli ultimi, il certificato medico con cui si giustificavano due giorni di malattia per psicopatia instabile e contenente la combinazione seriale 347 apparteneva a Rîmaru Ion, studente nel terzo anno alla Facoltà di Medicina Veterinaria. È lui il principale indiziato: ha il gruppo sanguigno A2 corrispondente a quello trovato nelle tracce biologiche rinvenute sulla scena dei delitti, carattere chiuso ed impulsivo e porta sempre con sè un coltello o un bisturi. Abita da solo in una stanza con due letti alla Casa

dello Studente sul boulevard Mǎrǎşeşti. La portiera dichiara che per un periodo ha tenuto la porta chiusa con due lucchetti, che spesso manca di casa la notte, e che il materasso, il tavolo e le sedie presentano tagli e punture d’accetta e coltello. 4.5. La cattura La perquisizione della sua stanza è effettuata in presenza dell’amministratore della Casa dello Studente: si trova una mappa della capitale con note e itinerari, un quaderno cifrato con annotazioni e segni strani, una lista degli oggetti che il Rîmaru aveva perso o doveva star attento a non perdere e tra i quali anche il certificato medico, frasi con le quali si descriveva come l’assassino (“Morirai in questo mese – l’uomo che ammazza donne”); sul diario inoltre egli annotava l’itinerario delle vittime e segnava con un teschio il posto nel quale le avrebbe colpite. I poliziotti sono sorpresi mentre eseguivano la perquisizione dall’arrivo di un giovane moro - il Rîmaru -, con il viso aggrottato che portava con sè un borsone grande, dentro il quale vengono trovate avvolte in un asciugamano rosso un’accetta del tipo usato dai vigili del fuoco ed un coltello da cucina con punta affilata. Successivamente fu provato che tali oggetti erano le armi con le quali erano stati commessi gli omicidi. Il sospetto oppose resistenza alla cattura, mordendo la mano del poliziotto che aveva cercato di mettergli le manette.

CAPITOLO 5: L’INTERROGATORIO, IL PROCESSO E L’ESECUZIONE DI’ ION RÎMARU 5.1. Spontanee dichiarazioni Per una settimana Rîmaru si rifiuta di dire una sola parola; dopo, comincia a rispondere monosillabico a domande generali riguardanti la sua carriera studentesca, i posti che ha visitato, la salute e altre generalità, non menzionando niente sulla sua attività delinquenziale. Dichiara di avere 26 anni, altri due fratelli e di essere nato a Caracal dove ha passato l’infanzia e l’adolescenza. Dopo aver superato l’esame di ammissione alla Facoltà di Medicina Veterinaria si sposta a Bucarest. I genitori erano separati, ma in relazioni buone. La mamma era rimasta a Caracal insieme ai due fratelli

più piccoli ed il padre invece abitava a Bucarest insieme alla sua nuova compagna, e lavorava come autista di autobus. Poiché entrambi abitavano nella capitale, Rîmaru vedeva più spesso il padre che la madre. Il padre lo visitava alla Casa dello Studente, gli dava i soldi per l’università e altre spese e a volte uscivano insieme. Interrogato, il padre riconosce che il figlio gli ha confessato di aver derubato una cassiera sulla Strada Carol Davila colpendola alla testa con un’accetta e insieme si mettono d’accordo di seppellire i soldi dentro un pollaio nella casa di Caracal. È sempre il padre che gli lavava i vestiti sporchi di sangue: Rȋmaru gli diceva che si era ferito cadendo dopo aver bevuto, oppure che si era azzuffato con altri studenti. Il padre non può essere incriminato, perché non divulgare il fatto commesso da un parente prossimo non costituisce reato. La mamma dichiara invece che il padre era molto violento e la picchiava tutti i giorni. Ion è stato un bambino difficile e gli piaceva entrare in conflitto con gli altri ragazzini che picchiava spesso per dimostrarsi forte e dominante. Quando non gli stava bene qualcosa, sbatteva i pugni e i piedi contro al muro fino a diventare livido e che anche quando era piccolo spesso diventava fisicamente violento verso la propria madre.

5.2. L’interrogatorio ed il processo. La probazione Rîmaru, dopo lunghi e continui interrogatori, confessa di aver ucciso Mihaela Ursu, Gheorghiţa Popa, Fǎnica Ilie, Elena Oprea nel 1970 e ammette pure di aver commesso altri sei tentativi di omicidio utilizzando una sbarra di ferro e nello stesso tempo indica anche il luogo dove è nascosta. Durante il periodo della detenzione per gli interrogatori la notte si mostra vigile e disposto a rispondere alle domande mentre durante il giorno appare sonnolente e taciturno, ciò è da mettere in relazione allo stile di vita che il soggetto aveva assunto negli

ultimi anni. Infatti, egli si aggirava nelle strade di Bucarest dalla sera tardi all’alba alla ricerca delle sue vittime. Ion Rîmaru confessa che non colpiva per derubare, ma che l’idea di prendere gli effetti personali delle vittime gli veniva durante o dopo che l’attacco era iniziato: “Attaccavo le donne di notte e volevo avere un rapporto sessuale con loro. A volte, dopo che le colpivo, mi veniva l’impulso di impossessarmi dei loro oggetti personali”. Allora, perché colpiva le donne? “Per rinfrescarmi un po’… sessualmente”, risponde. Alla domanda se era consapevole che poteva provocare la morte come conseguenza dei colpi di accetta o sbarra di ferro, Rîmaru si difende dicendo che è stato malato e quindi non era cosciente che la vittima poteva morire. Le prove a sostegno della sua colpevolezza erano inconfutabili: ● le armi utilizzate nei delitti sono state trovate in suo possesso; ● le sue impronti dentali corrispondono con quelle lasciate sulle tre vittime Fǎnica Ilie, Gheorghiţa Popa, Mihaela Ursu; ● le prove sierologiche depongono contro di lui: Rîmaru ha il gruppo sanguinino A2, che corrisponde alle tracce biologiche rivenute sulla scena dei crimini; ● le macchie presenti su diversi abiti a lui appartenenti risultarono essere sangue umano; ● i capelli ritrovati nella mano di Gheorghiţa Popa avevano caratteristiche strutturali e morfologiche identiche a quelle dell’assassino; ● l’orologio marca “POBEDA” appartenente alla vittima Gheorghiţa Popa fu trovato al polso dell’assassino e fu riconosciuto senza orma di dubbio dall’amica della vittima e dall’ex fidanzato che glielo aveva regalato; fu ritrovato anche l’ombrello di Mihaela Ursu e i soldi rubati alla cassiera Iuliana Funzinschi. ● il modus operandi è identico in quasi tutti i delitti: attacca di solito le vittime nei pressi della loro abitazione, le colpisce con violenza da dietro mirando alla testa e le riduce in stato di incoscienza, le finisce a coltellate e poi le violenta; preferisce le condizioni meteo insolite: pioggia, neve, nevischio, tuoni e fulmini, attaccando sempre di notte e più o meno alla stessa ora. La maggior parte delle vittime lavorano nei ristoranti e nei bar e hanno intorno ai trent’anni. Sono attaccate nei pressi della loro abitazione.

● commette i reati con premeditazione, mettendo in atto un comportamento predatorio: esce di casa portando l’arma con sè, da la caccia pedinando la vittima per giorni e giorni prima dell’assalto e aspetta il momento opportuno per colpire. 5.3. La perizia psichiatrica Durante la detenzione e prima del processo venne eseguita una perizia psichiatrica qui di seguito riportata integralmente. Nel leggerla bisogna tenere conto sia delle difficoltà che ho incontrato nel tradurla e sia della situazione culturale e scientifica del periodo. Infatti, all’epoca prevaleva nella psichiatria l’orientamento organicista che poneva alla base della psicopatologia le determinanti genetiche con scarsa o nulla attenzione agli aspetti psicodinamici e inconsci. La commissione psichiatrica è stata costituita da nove periti, che si sono dovuti pronunciare sui seguenti quesiti: - se, da un punto di vista oggettivo, considerando le esplorazioni funzionali, si evidenzia la presenza di una malattia psichica in grado di compromettere la capacità di intendere e di volere; quale sarebbe questa malattia e che esami di natura oggettiva la confermano. - se, rapportandosi alle manifestazioni del soggetto all’interno della famiglia, scuola, società e alle osservazioni cliniche si evidenzia la presenza di una malattia a sfondo psichico, qual’ è ed in quale misura influenza la capacità di intendere e di volere. - se, considerando le circostanze nelle quali ha commesso i reati, ci sono reali fondamenti per concludere che nel momento nel quale ha agito, il soggetto si trovava in uno stato totale oppure parziale di infermità mentale; - se si avverte il bisogno di misure di sicurezza con carattere medico e quale sarebbe la loro finalità. Le conclusioni: Dati anamnestici, somatici e di laboratorio che possono essere considerati:

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Proviene da una famiglia disorganizzata, con i genitori divorziati, sono tre figli di cui lui è il più grande. Il secondogenito, sempre di sesso maschile, presenta alcuni disturbi di comportamento. In famiglia è presente un’atmosfera di immoralità: ha uno zio con antecedenti penali. Il padre, essendo a conoscenza di una serie di violenze e rapine commesse dal figlio, non soltanto non prende provvedimenti, ma lo consiglia su come nascondere i beni ed i soldi rubati. L’indagato stesso ha precedenti penali: nel agosto del 1965 ha colpito gravemente un guardiano che lo ha sorpreso mentre rubava cocomeri dalla proprietà dello stato, reato per il quale è condannato a 5 mesi di prigione per rapina.

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Durante il periodo scolastico, ottiene risultati molto scarsi, ripete il primo anno alle superiori, ed il liceo lo assolve con la media di 5,33/10. Sempre nella prima superiore provoca uno scandalo pubblico nella città natale perché sorpreso mentre aveva rapporti sessuali con la figlia minorenne di un suo professore.

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Si nota una discrepanza tra il voto per buona condotta (10, durante il liceo) ed alcune dichiarazioni dei professori e dei colleghi: sin d’allora presentava una serie di manifestazioni particolari (durante una gita scolastica è stato sorpreso mentre urinava sopra la maniglia di una porta).

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Ammesso alla facoltà con la media 5,33 (il minimo era il 5,00) nel 1966, approfittando del fatto che erano meno candidati che posti. Ripete il secondo anno universitario e quando è arrestato stava per ripetere il terzo, sotto la prospettiva di essere espulso a causa di innumerevoli assenze e risultati catastrofici nello studio.

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Durante l’università, abita alla Casa dello Studente e dalle dichiarazioni dei colleghi e professori risulta che i disturbi comportamentali e l’asocialità di Rîmaru erano evidenti per tutti. Questo ha portato ad un crescente evitamento da parte dei colleghi, che si sono rifiutati di abitare nella stessa stanza con lui.

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Sono stati segnalati stati di ubriachezza seguiti da manifestazioni comportamentali gravi come per esempio quando ha urinato in una stanza vicina sul letto di un collega oppure quando ha camminato in maniera dimostrativa a piedi nudi sui pezzi di vetro.

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Nei momenti di rabbia ha presentato anche tendenze auto aggressive, come si può dedurre dalla constatazione che sulle braccia e sulle gambe presenta più di 20 piccole ferite da arma da taglio provocate da lui stesso. La sua aggressività ed il

carattere impulsivo risultano anche dalla violenza con la quale ha distrutto il tavolo, il materasso ed altri mobili della stanza. -

Ha presentato e presenta un capovolgimento del ritmo sonno-veglia. Quasi tutte le notti lasciava l’asilo tra le ore 22 e 4 del mattino. Durante l’inchiesta si è mostrato più propenso a rispondere alle domande durante la notte, mentre durante il giorno si mostra sonnolento e chiuso. Un collega ha raccontato che durante il sonno spesso saltava all’improvviso e bruscamente dal letto, producendo rumori strani. Le sue attività notturne culminano con l’arrampicamento sul parafulmine della struttura.

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Il contenuto della sua mente, la problematica connessa alla scuola ed ad altre sue preoccupazioni sono estremamente povere. I colleghi si rendevano conto di tutto questo. Viorel Ciurea, uno dei suoi professori, lo definisce come “un timido, con un linguaggio povero contenendo non più di 300 parole” - questa definizione rappresenta un’esagerazione, ma ci fa rendere conto dell’incultura e dell’orizzonte spirituale estremamente povero dello studente.

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Un collega racconta come una volta per difendersi dall’ipotesi che soffriva di lue, si è tagliato con un bisturi per dimostrare che il suo sangue era sano.

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Per quanto riguarda la sessualità si è dimostrato sin dall’adolescenza senza inibizioni, senza freno morale (vedi il rapporto sessuale in sala di classe alla età di 15 anni!). Durante l’università si racconta come una notte non ha dormito per niente girando intorno alla stanza dove una ragazza era venuta a visitare un suo collega.

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Sin dal 1967 nella cartella clinica sono state annotate considerazioni come “nodo in gola”, “spasmo esofageo” (06.06.1967) e sindrome nevrotica reattiva (1968). Nel 1969 si è aggiunto alla diagnosi di sindrome nevrotica reattiva la menzione “disadattamento” con la raccomandazione di un esame elettroencefalografico. L’esame EEG effettuato all’epoca evidenzia un tratto medio - voltato debolmente espresso, dove comparivano spontaneamente frequenti onde teta, con la preponderanza nella regione temporale. Il 04.03.1971, il medico dell’ospedale studentesco nota uno stato confusionale lieve, che registra come “sospetto di crisi comiziale temporale”. La coincidenza di questa manifestazione nella stessa mattinata che l’accusato ha commesso un crimine di un sadismo raramente

incontrato pone in modo giustificato il problema se la visita medica richiesta ha avuto un carattere premeditato, per nascondersi eventualmente dietro una diagnosi psichiatrica oppure si trovava effettivamente in uno stato psichico particolare ma direttamente collegato all’intenzione di commettere un altro crimine. -

I tratti elettroencefalografici effettuati durante l’inchiesta non mostrano onde che potrebbero confermare da un punto di vista bioelettrico la comizialità temporale.

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Altre annotazioni nella cartella clinica di Rîmaru Ion mostrano confermando le ipotesi su esposte e cioè una frequente corrispondenza tra le visite mediche richieste ed effettuate e gli atti antisociali commessi. Per di più, dopo l’efferata uccisione sulla str. Vulturi si fa ricoverare presso l’ospedale di chirurgia plastica per effettuare un intervento ai tendini del polso che si era lesionato due mesi prima durante un tentato stupro con rapina.

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Ulteriori annotazioni cliniche sono: “Ulcero duodenale, disprotidemia, curva di entrambi i piedi fortemente cava. I tegumenti, fortemente pigmentati, presentano al livello delle estremità una lieve tendenza violacea”.

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Gli esami psichiatrici effettuati ripetutamente durante l’inchiesta non hanno evidenziato disturbi di tipo psicotico. Non si sono evidenziati stati allucinatori, confusionali, deliranti o di altra natura psicotica. Nonostante nel primo periodo si sono

manifestati

fenomeni

di

tipo

isteroide

(negativismo,

opposizione

all’ortostatismo, perdita episodica del tono posturale e risposte pseudo demenziali: quartiere Floreasca – Fiorentina, Il Monastero Casin – Costin, Piazza Unirii – Uniunii), atteggiamento sospettoso davanti al cibo, queste manifestazioni furono valutate come aspetti di tipo reattivo nei confronti della situazione post arresto, della quale è stato sempre cosciente. Questi aspetti con carattere reattivo sono state risolti rapidamente tramite l’intervento tempestivo di mezzi terapeutici psichiatrici. -

Nello stesso modo interpretiamo i precedenti scritti nella cartella clinica riguardanti la cosiddetta “nevrosi” sempre come manifestazioni psicopatiche situazionali, condizionate dalle sue stesse azioni.

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Durante l’inchiesta non si sono segnalate crisi parossistiche di perdita o alterazione dello stato di coscienza. I dati anamnestici che segnalavano in passato una serie di anomalie elettroencefalografiche non sono state confermati dagli esami

elettroencefalografici effettuati durante la detenzione presso l’ospedale n° 9 di Bucarest. -

I risultati degli esami clinici psichiatrici, effettati ripetutamente, i dati anamnestici, la storia della vita del Rîmaru evidenziano chiaramente spiccate deviazioni e anomalie del carattere, anomalie a carattere familiare in quanto presenti in altri membri del suo nucleo originario (ha un fratello con tratti simili) ma anche elementi che fanno pensare ad uno sviluppo disarmonico al quale ha contribuito senza ombra di dubbio l’ambiente familiare, con un’influenza negativa diretta e un’eccessiva tolleranza verso comportamenti disturbati e violenti da parte dei membri del contesto sociale nel quale viveva.

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Il quadro psichico dell’accusato è molto variegato, contenendo quasi l’intera gamma dei tratti negativi con cui si manifestano le strutture psicopatiche della personalità. Tra

queste

dobbiamo

menzionare per

primo

l’aggressività,

l’impulsività, la crudeltà feroce, viscosità e la lentezza dei processi ideativi, con inerzia tra i processi di eccitazione e inibizione e soprattutto l’amoralità assoluta con aberrazioni sessuali di un’intensità difficilmente incontrata anche nella letteratura specialistica. 1. SADISMO – esempio: il caso della vittima M.F. (mentre la obbliga a saltare il muretto del cimitero Santa Venerdì, bruscamente la spinge provocandone la caduta a terra e la vittima perde conoscenza battendo il capo contro il suolo). 2. VAMPIRISMO – lo stesso caso M.F. – la vittima che si è salvata dopo lo stupro ha successivamente riferito agli inquirenti che il reo dopo averla ripetutamente punta con il coltello le aveva succhiato il sangue che fuoriusciva dalle ferite. 3. CANNIBALISMO – morde le vittime nelle regioni erogene: vagina, pube, mammelle, strappando pezzi di carne che non sono mai stati trovati sulla scena del crimine evidenziandosi soltanto la mancanza di sostanza sui corpi. 4. FETICISMO – gli indumenti intimi delle vittime sono tagliati, ordinati ed esposti con un’attenzione ed una ritualità che suggerisce l’estasi feticista. 5. TENDENZE NECROFILE – la tendenza di continuare l’atto sessuale anche dopo la fine degli spasmi agonici. Per di più, in alcuni casi (particolarmente in quello sulla str. Vulturi) l’aggressività indifferenziata continua anche dopo la morte della

vittima, cosi come risulta dai risultati degli esami medico-legali che segnalano multiple ferite non sanguinanti e provocate dopo la morte delle vittime. -

La sua impulsività esplosiva prende un’apparenza epilettoide non solo per l’intensità della ferocia, ma anche per la viscosità, povertà intellettuale, adesività, tendenze nel dettagliare e minuziosità (sistema tutti gli oggetti delle vittime con un ordine da rituale) ed anche attraverso manifestazioni di misticismo paradossale (giuramenti sulle croci, la frequentazione delle chiese e preghiere notturne anche nella cella).

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L’ intelletto limitato dell’accusato, insieme al contenuto povero di nozioni è dovuta alle scarse preoccupazioni verso la suola, la disciplina, la cultura, la morale, la convivenza sociale e le soddisfazioni di ordine superiore.

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Non si sono segnalati sintomi di malattia organica cerebrale.

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Non presenta segni di intossicazione cronica da alcool. Le alterazioni embrionali segnalate in anamnesi hanno avuto un carattere incidentale dimostrando anche il tipo di psicopatia polimorfa esplosiva la cui sensibilità all’alcool è spesso menzionata in letteratura.

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La commissione di esperti psichiatrici stabilisce la diagnosi di Rîmaru Ion: “psicopatia polimorfa con carattere dominante impulsivo e perverso sessuale”.

CONCLUSIONI: -

Come risultato dei ripetuti esami psichici e neurologici, insieme alle esplorazioni funzionali effettuate, non si è evidenziata la presenza di una malattia con carattere psichico di natura tale da influenzare la capacità di intendere e di volere.

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Riferendosi alle manifestazioni dell’accusato in ambito familiare, scolastico, sociale e dalle osservazioni cliniche si evince uno sviluppo anomalo della personalità di proporzioni mostruose, che però non ha annullato lo stato di lucidità della sua coscienza.

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Rapportandosi alle circostanze nelle quali ha commesso i delitti, non sono stati riscontrati fondamenti per concludere che al momento del fatto-reato il Rîmaru si

trovasse in stato di incoscienza (totale o parziale). Al contrario, tutti i dati risultanti dall’inchiesta insieme alle dichiarazioni e le risposte date direttamente alla commissione di esperti dimostrano lo stato di coscienza vigile e correttamente orientata con il quale sono state effettuate. -

Le misure con carattere medico non trovano giustificazione, essendo le sue azioni commesse

in condizioni di premeditazione, con preparazione adeguata,

intenzionalità chiara e profitto. Il trattamento medico-sociale, che nel passato sarebbe stato utile ed efficiente, è adesso inutile. I reati gravi commessi non possono essere giustificati da impulsi irresistibili con carattere sessuale perchè l’aspetto sessuale è stato più volte associato ad interessi meschini come la rapina ed il furto e anche perchè egli interrompeva le azioni ogni volta che compariva il pericolo di essere sorpreso. L’opinione degli esperti sull’oggetto della perizia (relazioni tra i reati commessi e gli aspetti psicopatologici): Gli aspetti psicopatologici di questo caso singolare, cioè di anormalità, non hanno mai superato i limiti della psicopatia cioè di certe anomalie dei tratti di carattere, temperamento e personalità delle quali Rimaru Ion era totalmente cosciente. Inoltre, durante la sua evoluzione antisociale e criminale si è evidenziato uno sviluppo progressivo di un metodo sempre più perfezionato ed elaborato nel commettere i suoi atti criminali. Sotto questi aspetti, la commissione di esperti psichiatrici non considera giustificato nessun argomento che potrebbe attenuare le gravi colpe davanti alla società e ai suoi simili. La commissione. 5.4. “Voglio vivere!” Durante il processo - che durò due(!) giorni – Rîmaru confessa tutti i reati commessi. Di conseguenza, il pubblico ministero chiede la pena di morte, che viene accolta dal giudice.

Nel momento dell’esecuzione, Rîmaru comincia a sbattere le mani e i piedi e grida “chiamate mio padre, è lui il colpevole” e riesce a girarsi dietro l’albero dove era legato esprimendo l’ultimo desiderio: “Voglio vivere!”. Purtroppo, non si approfondisce il ruolo del padre nella follia omicidiaria del figlio, poiché il processo doveva essere portato a termine il più presto possibile perché tutti volevano vedere il vampiro di Bucarest giustiziato. .

CAPITOLO 6: UN AFFARE DI’ FAMIGLIA Il padre di Rîmaru è stato anche lui un criminale seriale, conosciuto come “l’assassino della tempesta” perché colpiva in condizioni meteorologiche particolari allo stesso modo in cui venticinque anni dopo lo farà Ion Rîmaru17. Nel giugno 1944 Bucarest era sotto i bombardamenti degli alleati. Accanto alle notizie sulla guerra, i giornali dell’epoca descrivevano in dettaglio una serie di crimini avvenuti nella capitale. Le vittime, tutte donne, abitavano in seminterrati dove 17

Traian Tandin, Il caso Rîmaru, pp379-388.

l’assassino entrava approfittando delle condizioni atmosferiche peculiari (tempesta, pioggia, vento forte) e le tramortiva con un oggetto contundente. Ogni volta, l’assassino lasciava impronte digitali e l’orma di una scarpa militare no.42 o 43. Nella notte del 29/30 giugno 1944 è uccisa Elena Udrea di 19 anni. La vittima lavorava come donna di pulizie nell’immobile situato in str. Dr. Staicovici no.22, in un quartiere residenziale di Bucarest e abitava in una stanza nel seminterrato del palazzo, dove è attaccata mentre dorme. Quella notte era in atto una tempesta forte con pioggia torrenziale che è durata fino all’alba, ed ciò impedì agli altri inquilini di sentire alcun rumore. La ragazza aveva il cranio fracassato e l’arma del delitto sembra essere stata un’accetta. Dalla stanza non manca niente e non ci sono segni che l’assassino ha cercato o preso qualcosa. La camera era chiusa dall’interno, quindi è presumibile che l’assassino avesse forzato la finestra. Infatti, si preleva un’impronta chiara dell’indice della mano sinistra sull’infisso della finestra, più altre di tipo monodeltico utile ai fini dell’identificazione, che però non hanno trovato un immediato riscontro nell’archivio della polizia. Sul pavimento sono state trovate impronte di una scarpa maschile di tipo militare no. 42 che ha determinato con approssimazione l’altezza dell’ assassino: 1,75 metri. Nella notte del 23/24 luglio 1944 è attaccata Maria Ionescu, 36 anni, mentre tornava a casa dal lavoro e poi trovata incosciente verso le ore 2 in un campo limitrofo alla propria abitazione. La donna presentava profonde ferite alla testa e morirà all’ospedale senza poter dire niente su come e chi gli avesse procurato quelle ferite mortali. L’esame medico-legale conclude che le ferite lasciate dal corpo contundente sul suo cranio corrispondono a quelle inferte a Elena Udrea: lo stesso tipo e forma di ferita fanno pensare alla stessa arma del delitto e allo stesso aggressore. Questo era sostenuto anche dal fatto che l’aggressione si era svolta nelle stesse condizioni meteorologiche particolari. Per di più, alla vittima non era stato preso niente. La notte del 12/13 ottobre 1944 è uccisa Elena Locusteanu, detta anche Julieta, in età di 17 anni. La ragazza lavorava come parrucchiera e abitava in un seminterrato in str. Apolodor 10. Fu uccisa nel sonno con colpi d’accetta alla testa in condizioni atmosferiche identiche a quelle degli altri delitti: pioggia torrenziale, vento forte.

Sugli infissi della finestra della camera da letto è prelevata un’impronta digitale uguale a quella trovata nella casa di Elena Udrea e, proprio come nell’altro caso di omicidio, dalla stanza non manca niente, quindi l’ipotesi della rapina è esclusa. La mattina del 12 novembre 1944 è trovata morta Rozalia Coroiu, 20 anni, colpita alla testa con un corpo contundente mentre tornava a casa. Siccome anche quella notte aveva piovuto a dirotto, nel suolo umido si erano impregnate le orme delle scarpe militari dell’assassino: no.42. I documenti di identità nonché le chiavi di casa ed il portafoglio con soldi sono stati ritrovati nelle tasche della vittima: ancora una volta non si tratta di aggressione a scopo di rapina ed il movente e l’autore rimangono sconosciuti. Nella notte del 16/17 novembre 1944 il corpo senza vita di Maria Vizitiu è ritrovato nella sua abitazione situata al seminterrato di un immobile situato in Strada Nouă no.8. La ragazza è uccisa in condizioni simili: colpi d’accetta che gli hanno sfondato il cranio, nebbia, pioggia e vento forte, e dalla stanza non manca niente. Andando via, il criminale prende un gallo dal pollaio al quale gli strappa la testa successivamente ritrovata nel cortile. Il contesto storico dell’epoca (gli assassinati politici, il cambiamento di regime politico, la riforma della polizia) hanno deviato l’attenzione dai suddetti casi, i quali però rimarranno presenti nella memoria di Constantin Ţurai, all’epoca ufficiale criminalista. Lui non scorderà mai il disegno papillare particolare dell’ indice della mano sinistra, riscontrato una volta ogni 3000 persone. A distanza di venticinque anni, nel 1970, un nuovo assassino seriale colpisce nelle stesse identiche condizioni. Nasce la domanda: poteva essere lo stesso assassino? Considerando che nel 1944 avrebbe avuto sui 20-25 anni, nel 1971 avrebbe dovuto avere sui 50 anni e considerando l’agilità del criminale del ‘71 era quasi impossibile che fosse lo stesso. Infatti, è incolpato Ion Rîmaru, giustiziato poi il 23 ottobre 1971. Nel frattempo, il prof. Ţurai era diventato il capo del Laboratorio di Biocriminalistica dell’Istituto di Medicina Legale di Bucarest. Il caso Rîmaru è stato un’occasione per ricordare i terribili crimini del 1944. Esattamente un anno dopo la morte di Rîmaru Ion, attraverso una strana coincidenza, sul tavolo di autopsia all’Istituto Medico-Legale arriva il cadavere di un uomo trovato morto in seguito ad una caduta dal treno in movimento in circostanze ancora da scoprire: incidente, suicidio, omicidio? Era Florea Rîmaru, il padre di Ion.

Ufficialmente, il decesso è stato catalogato come incidente, anche se è possibile che gli agenti della polizia segreta lo abbiano voluto eliminare. Il suo corpo è portato all’Istituto di Medicina Legale dove il caso vuole che lo stesso criminalista che si era occupato dei delitti del ’44 gli prende le impronte e constata con sorpresa che sono identiche a quelle che erano state trovate vent’anni prima sui luoghi dei delitti. Tudorel Butoi, uno psicologo di Bucarest che si è da sempre interessato ai vari serial killer romeni, teorizza che un gene contenente la predisposizione al crimine violento sia stato trasmesso dal padre al figlio, considerando le circostanze più o meno identiche delle aggressioni. Per capire tali affermazioni bisogna far riferimento a quanto già detto in merito alla tradizione psichiatrica romena e alla sua predilezione per le determinanti organiche in merito alla genesi delle psicopatologie. Ci troviamo comunque di fronte ad un caso più unico che raro e cioè padre e figlio entrambi serial killer. In epoche diverse operano con modalità in parte simili diventando probabilmente anche complici. Ma questo legame fra padre e figlio pone anche alcuni interrogativi: ● il padre riconosciuto come l’assassino del 1944 perché ha interrotto la serie omicidiaria? ● perchè Rîmaru alle soglie della fucilazione accusa il padre dei delitti a lui imputati? ● in quali condizioni e attraverso quali sistemi coercitivi ha confessato Rîmaru, ben sapendo come si svolgevano le indagini all’epoca? ● geneticamente, il padre è veramente il padre? Se ciò non è dimostrato, come fanno certi “scienziati” a chiamare il caso “un’illustrazione della teoria del delinquente nato”?

CAPITOLO VII ASPETTI CRIMINOGENETICI E DI’ PERSONALITÀ. CONSIDERAZIONI SUGLI OMICIDI Ion Rîmaru nasce a Corabia, una cittadina al sud della Romania ed è il primo dei tre figli di Florea ed Ecaterina. Il padre picchiava regolarmente la madre finchè non si sono separati ed il padre si è trasferito a Bucarest, dove cominciò a lavorare come conducente d’autobus.

Vive un’adolescenza tumultuosa: è bocciato nella prima superiore, provoca uno scandalo pubblico quando è sorpreso a intrattenersi sessualmente con la figlia minorenne di un suo professore, a 18 anni è condannato a cinque mesi di prigione per furto aggravato (dei cinque ragazzi che erano andati a rubare cocomeri, è l’unico che aggredisce il guardiano). Nel 1966 è ammesso all’Università di Medicina Veterinaria di Bucarest con il voto di 5.33/10. Ripete il secondo anno e, al momento del suo arresto, sta per ripetere anche il terzo a causa di assenze e scarsi risultati scolastici. Uno dei professori lo descrive come timido e semi letterato, con un vocabolario povero ed una ristretta area di interessi. I colleghi dell’università lo evitano a causa del suo comportamento bizzarro: sfoga la sua rabbia attraverso atti di autolesionismo (quando catturato, le braccia e le gambe presentavano più di venti cicatrici di ferite pregresse da punta di arma da taglio) ed una libido irrefrenabile. Nel 1967, all’età di 21 anni, i medici diagnosticano una sindrome reattivo nervosa e spasmi esofagei. Ion Rîmaru ha quindi una storia familiare dominata della figura di un padre autoritario con tratti psicopatologici e una madre assente con atteggiamenti di rifiuto e abbandono. Ha difficoltà di inserimento nell’ambiente scolastico e fin dall’infanzia appare scontroso, non socievole e taciturno. Il suo isolamento affettivo e sociale va aumentando con il trascorrere degli anni. Le donne rappresentano unicamente un oggetto da usare per soddisfare il desiderio sessuale e poi disfarsene. Infierisce sui cadaveri e l’eccitamento sessuale raggiunto causa un senso di potenza e di benessere sia fisico che psichico. La carriera criminale è favorita dal fatto che conduce una vita isolata: non ha amici, non lega con nessuno. Anche la profonda solitudine è un aspetto della sua personalità disturbata perchè incapace a relazionarsi col mondo esterno. Si impadronisce di oggetti appartenenti alle vittime, vuoi per uno scopo utilitaristico, vuoi per un rituale feticistico nel quale una parte dell’Altro

rappresenta

il

tutto

di

cui

impossessarsi. L’idea è rinforzata dal rituale

totemico dell’introiezione dell’Altro attraverso modalità orali (cannibalismo e vampirismo). Le autorità investigative hanno definito il suo modus operandi come feroce e crudele, caratterizzato dalla sua propensione a tagliare i vestiti e gli indumenti intimi delle vittime, morderne la carne, trascinare le vittime in luoghi appartati dopo averle tramortite in strada, accoltellarle in varie parti del corpo non solo con lo scopo di ucciderle, stuprarle prevalentemente e ripetutamente quando queste donne si trovavano in stato di incoscienza e spesso quando erano già morte. Rîmaru è stato definito come aggressivo, impulsivo e sadico, mostra aspetti di vampirismo e di cannibalismo: per esempio, fa dei tagli nel braccio di Florica Marcu e poi le succhia il sangue, morde le parti genitali, pubiche e i seni e delle parti anatomiche strappate o tagliate alle vittime non se ne trova più traccia in nessun luogo. Egli mostra inoltre tendenze necrofile continuando gli stupri, i colpi e gli accoltellamenti anche dopo la morte della vittima. Il

criminologo

romeno

Tudorel

Butoi

ha

visionato

le

registrazioni

dell’interrogatorio di Rîmaru qualche anno dopo l’esecuzione. Nella sua opinione i delitti frenetici di Rîmaru sono una forma di compensazione per il suo complesso di inferiorità che sentiva sin da piccolo: infatti, proviene da una famiglia povera, è timido, disadattato socialmente ed ha sempre avuto relazioni disfunzionali con le donne. Allo stesso tempo, Rîmaru è stato catalogato come “uomo-lupo” e Tudorel Butoi teorizza che fosse affetto da una forma di licantropia clinica. A sostegno della sua tesi egli evidenzia il camminare con fare predatorio, l’inseguimento, l’energia istintiva e animalesca che deriva dalle condizioni meteo insolite e dal fatto che considera le sue vittime come una preda. Rîmaru calcolava il percorso della vittima, seguendole verso il proprio domicilio per alcune notti ed attaccandole quasi davanti casa. Tudorel Butoi mette in discussione l’affermazione di Rîmaru di aver cercato di abbordare una donna in una maniera civilizzata, considerandola come una simulazione, “scuse perverse”. Nel XV secolo, quando veniva trovato il corpo mutilato di una donna, la popolazione si rifiutava di credere che un altro essere umano era stato capace di un’atrocità del genere, e quindi si finiva per concludere che fosse stata una forza sopranaturale, come un vampiro o un uomo-lupo a uccidere la donna con tale violenza selvaggia. Ogni volta che una sagoma umana fosse avvistata nelle vicinanze della scena del crimine si pensava che l’essere umano si fosse trasformato in un lupo, aveva

commesso il crimine e poi si sarebbe ritrasformato in uomo. La credenza in licantropia (dal greco lykos, lupo e anthropos, uomo) è abbinata al ciclo lunare e alla convinzione che la luna piena favorisce la trasformazione. Cercare oggi le spiegazioni di un comportamento criminale in una tale tesi è assurdo. Krafft-Ebing18 nota che alle soglie della civiltà umana, gli uomini del periodo premoderno utilizzavano spesso la violenza e l’aggressione per ottenere le femmine necessarie alla propagazione della specie. In questo senso, il comportamento di Rîmaru ripresenterebbe un’illustrazione di una pratica atavica, con la differenza che l’istinto di vita è pervertito. Gli omicidi però soddisfano la propria necessità di un soddisfacimento sessuale. Le aggressioni rivelano sempre lo stesso modus operandi: l’assassino sceglie le vittime che rientrano a casa nelle ore notturne, aggredendole di solito vicino alla loro abitazione. La mappa mentale comprende i posti di massima accessibilità alla vittima: i nodi (stazioni di autobus o cortili condominiali) e le rotte giornaliere percorse dalle donne. La dinamica dei delitti ed il suo blocco-notes evidenziano come il criminale pianifichi attentamente il crimine. L’esame medico legale e l’analisi della scena del crimine mostrano che le vittime sono state stuprate nel momento della morte. Sessualmente competente, si sente più a suo agio compiendo il rapporto sessuale con il cadavere, o quanto meno con una donna che non reagisce. Si può dire che è intimorito dalle donne ed ha un problema relazionale con il sesso opposto che probabilmente proviene dalle indicazioni paterne. I suoi elementi psico-patologici sono stati rinforzati dalla psicopatologia del padre che mostrava anch’esso segni di un grave disturbo nella relazione con il mondo femminile, tanto che diceva al figlio che le donne devono essere picchiate. Il padre lo consiglia di inserirsi nella facoltà di scienze perché è frequentata da molte ragazze. E’ stato sempre il padre a dargli un “consiglio utile” per favorire l’avvicinamento delle ragazze: “Picchiale!” e poi dichiara che se lui ritornasse giovane un’altra volta e avesse voglia di una ragazza, l’avrebbe trafitta con un ferro e poi l’avrebbe violentata. La relazione padre-madre rispecchia i canoni di una relazione vittima-carnefice e quindi lui probabilmente ripete ossessivamente la stessa modalità che vedeva in casa. Di fatti lui ripeteva all’infinito questa situazione, cercando una soluzione per la sua 18

Krafft-Ebing (1886), Psychopatia Sexualis, p.60.

impotenza. Il necrofilo è da ritenersi assolutamente incapace di rapportarsi a una donna viva e quindi ricorre ai cadaveri delle sue vittime per cercare di soddisfare il proprio bisogno di amore, passione, sessualità. Lui si relaziona con un oggetto inanimato e ha bisogno di possedere completamente la vittima. In questo modo cerca probabilmente e disperatamente di riproporre la relazione con la madre in cui lui ha rappresentato l’oggetto in totale possesso della stessa, privato di qualsiasi attributo di identità. Egli ripropone tale modalità relazionale con le vittime invertendo però i ruoli: ora è lui che può possedere totalmente l’altro a cui nega qualsiasi identità propria e lo fa diventare solo oggetto dei propri bisogni perversi. Tale modalità perversa di relazionarsi originatasi attraverso il rapporto con la madre nei primissimi anni di vita è stata poi ulteriormente confermata e sostenuta dalla relazione con un padre anch’esso perverso e psicopatico. Tant’è che lui stesso da piccolo aggrediva la madre imitando il padre. Il suo comportamento si è sviluppato in modo univoco in relazione ai fattori ambientali e biologici. Gli psicopatici necrofili ottengono il soddisfacimento sessuale quando hanno il dominio completo sul corpo di un essere umano. Il senso di potere totale agisce come un afrodisiaco e dissipa anche la paura dell’inadeguatezza nella prestazione sessuale con le donne19. I cadaveri/corpi delle vittime sono abbandonati in una posizione e/o luogo che facilita il ritrovamento. Lasciandole con le gambe divaricate, il criminale intende umiliare e ulteriormente degradare la vittima, provocando uno shock a chi scoprirà il cadavere. Mostra i segni di un disturbo ossessivo – compulsivo in quanto sistema nei due dei omicidi le scarpe delle vittime una accanto all’altra, sotto una panchina nel omicidio Gheorghiţa Popa e sopra un muretto dopo l’uccisione di Mihaela Ursu. Per di più, il Rîmaru ha un blocco-notes dove annota tutte le mosse utilizzando un codice cifrato. Si autodefinisce come “l’uomo che ammazza donne” e si rimprovera per la perdita del certificato medico. Ha l’idea che le donne hanno un’attenzione particolare al suo riguardo: “Sembrava che me lo facevano apposta, quando sull’ autobus alzavano le loro gonne per sedersi”. Il suo comportamento criminale non è influenzato dalla reazione delle vittime. Rîmaru utilizza un approccio a blitz20 ed un alto livello di forza che ha come scopo 19

20

Robert Simon, (1997), I buoni lo sognanao, i cattivi lo fanno, p.50.

Blitz: utilizzo immediato della forza per vanificare ogni possibile reazione della vittima (Burgess & Warren, The Serial Rapist: His Characteristics and Victims in Picozzi, Zappalà, Criminal profiling, p.109)

l’annientazione immediata della vittima. Catalogato come killer che uccide per piacere (Lust Killer), lui ha bisogno di un contatto di tipo fisico, “a pelle”, con la vittima ed è ciò che avviene sotto la forma di un brutale assalto che esige un contatto diretto con il corpo della donna. La dose di violenza messa in atto dall’aggressore è significativa per i suoi bisogni emozionali e motivazionali. Lui non vuole interagire, ma avere sin da subito il controllo totale sulla vittima e ciò mostra il conflitto sottostante con il mondo femminile e la mancanza di empatia e comprensione. Il controllo totale è l’unico modo per sconfiggere i propri sentimenti di inadeguatezza ed i complessi di inferiorità. Il bisogno di controllo sugli altri si evidenzia già nell’ infanzia di Ion Rîmaru, il quale provocava sempre i compagni di classe ed era noto per il suo comportamento aggressivo nei confronti degli altri ragazzini, i quali venivano intimiditi con le minacce e con manifestazioni di violenza diretta. Infliggere il dolore è un mezzo per creare sofferenza e provocare le risposte desiderate di ubbidienza, sottomissione, umiliazione, paura e terrore. Poichè queste possono essere le caratteristiche del sadico sessuale21 che si eccita in risposta alla sofferenza altrui, non consideriamo che Ion Rîmaru appartenga a questa categoria. I suoi desideri sessuali sono centrati sul cadavere o quantomeno sulla vittima completamente inattiva. Lui non tortura le vittime prima di ammazzarle e non mostra nessun interesse di tenere la vittima in vita il più a lungo possibile per poter godere della sua sofferenza. Ha desideri necrofili in quanto non è il dolore esplicito della vittima a determinare l’eccitamento sessuale ma il suo bisogno di relazionarsi con una vittima – oggetto inanimato che non gli risvegli e non gli ricordi le sue angosce. Dimostra rabbia e overkilling che rappresentano un tema costante di dominio sul corpo inerme derivati dall’ira e dalla collera di non poter sostenere un rapporto con una donna viva. Il possedere e dominare l’Altro in quanto “cosa” e non come “persona” dà il massimo di sensazione di onnipotenza e di piacere e il minimo di ansia relazionale, anche se in questo modo si attua un’inversione di un istinto. I cadaveri presentano quasi sempre segni di taglio o accoltellamento, in modo particolare al petto o al livello genitale; sono frequenti i morsi della pelle, a volte un desiderio di bere sangue e di mangiare la carne. 21

Dietz et all, The Criminal Sexual Sadist, in Practical Aspects of Rape Investigation, pp.361-362

Il dizionario Zingarelli fornisce la definizione odierna del sadismo: “Tendenza ad associare la soddisfazione sessuale con l’infliggere dolori al compagno”. Nel 1886, Krafft-Ebing aveva una visione diversa in quanto definiva il sadismo sessuale come dovuto “al dominio e controllo totale di un oggetto umano impossibilitato a difendersi” e “al desiderio di sottomettere completamente una donna”, senza fare la differenza tra il comportamento sadico attuato sul vivente o sul cadavere. Il DSM IV include il sadismo tra le parafilie sessuali: “…implica azioni (reali, non simulate) in cui il soggetto ricava eccitazione sessuale dalla sofferenza psicologica o fisica (inclusa l’umiliazione) della vittima. Alcuni soggetti con questa parafilia sono infastiditi dalle loro fantasie sadiche, che possono essere evocate durante l’attività sessuale ma non agite altrimenti; in questo caso le fantasie sadiche di solito implicano il fatto di avere un controllo completo sulla vittima, che è terrorizzata dall’anticipazione dell’atto sadico imminente. […] Ancora altri soggetti con Sadismo Sessuale agiscono i propri impulsi sessuali sadici con vittime non consenzienti. In tutti questi casi, è la sofferenza della vittima che è sessualmente eccitante (s.n.). Le fantasie o gli atti sadici possono comportare attività che indicano il dominio del soggetto sulla vittima (per es. forzare la vittima a camminare carponi, o chiudere la vittima in una gabbia)…”

allontanandosi dal concetto originale veicolato dal Krafft-Ebbing nel quale il potere, il dominio ed il controllo prevalgono sulla sofferenza della vittima. L’Autore pensa che la vittima incosciente oppure deceduta non può offrire al sadico quel tipo di feedback necessario per l’eccitamento sessuale (non piange, non grida, non implora, non lotta, non reagisce in alcun modo). Ecco perché gli atti postmortem (come necrofilia) oppure gli atti inflitti sulla vittima incosciente non possono essere descritti come sadici22. Come già detto sopra la più grande soddisfazione del sadico deriva dalla risposta della vittima alla tortura inflitta. Cert’è che un complesso di fattori individuali, familiari, ambientali e sociali ha fatto sì che il binomio “piacere sessuale – violenza” si è strutturato sotto forma di comportamento non più modificabile e non più rinunciabile. Come la maggior parte dei serial killer, Ion Rîmaru sapeva esattamente quello che stava facendo, e anche se può controllare la sua azione fino ad un certo punto, sceglie di non farlo perché ricava sollievo dallo stato di tensione nel quale si trova: Rîmaru dichiara che uccideva “per rinfrescarsi sessualmente”. 22

Brent Turvey, Criminal Profiling, p.448

Di solito, il killer che uccide per ottenere piacere è organizzato, se non altro perché si è preparato ai suoi crimini con complesse fantasie maturate nel corso degli anni. Rîmaru non fa eccezione, come risulta dalla tabela 1. Tabela 1 DIFFERENTI SCENE DEL CRIMINE IN OMICIDI ORGANIZZATI E DISORGANIZZATI

RIMARU ORGANIZZATO

DISORGANIZZATO

Aggressione pianificata

x

La vittima è persona sconosciuta Personalizza la vittima Controlla la relazione verbale con

x

la vittima. La scena del crimine riflette un controllo completo. Esige una vittima sottomessa Utilizza mezzi di contenzione Compie atti aggressivi prima della

x x

Aggressione improvvisa, non pianificata Vittima/luoghi conosciuti Depersonalizza la vittima Minimo controllo della relazione

x x

verbale La scena del crimine si presenta caotica e disordinata. Improvvisa violenza sulla vittima Minimo uso di contenzione fisica Atti sessuali successivi alla morte

morte Nasconde il corpo Armi e tracce/prove assenti sulla

x

Cadavere lasciato in vista Armi e tracce/prove spesso presenti

scena Trasporta la vittima o il cadavere

x

Cadavere lasciato sul luogo dell’omicidio

x x x

Bibliografia: Bruno, F. & Mariotti, M. (2005), L’impronta del mostro, Il Minotauro SRL. Butoi, Tudorel-Severin (2005), Criminali ȋn serie. Psicologia crimei, Phobos Publishing House Dietz et all (1999), The Criminal Sexual Sadist, in Practical Aspects of Rape Investigation, CRC Press. Fornari, Ugo (1996), Serial Killer, Centro Scientifico Editore. Godwin, G.M. (2001), Criminal Psychology and Forensic Technology. A Collaborative Approach to Effective Profiling, CRC Press. Holmes, R.M & Holmes, S.T. (2000), Omicidi seriali, Centro Scientifico Editore. Kocsis, Richard N. (2006), Criminal Profiling. Principles and Practice, Humana Press Krafft-Ebing, Richard von (1886), Pychopahtia sexualis Mastronardi, V.M. & De Luca, R. (2005), I serial killer, Newton & Compton Editori. Ressler R.K., Burgess A. W., Douglas J. E. (1988), Sexual Homicide: Patterns and Motives, NY Press. Rossmo, Kim (2000), Geographic Profiling, CRC Press. Schlesinger, Louis B. (2004), Sexual Murder. Catathymic and Compulsive Homicides, CRC Press. Schlesinger, Louis B. (2000), Serial Offenders. Current Thought, Recent Findings, CRC Press. Simon, Robert I. (1997), I buoni lo sognano, i cattivi lo fanno, Raffaello Cortina Editore. Tandin, Traian (2004), Cazul Rȋmaru, Editura Ruxandra Bucarest. Turvey, Brent (2002), Criminal Profiling, Elsevier Academic Press. Vronski, Peter (2005), Serial Killers. The method and Madness of Monsters, Berkley Books, NY.

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