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Corriere della Sera > Archivio > FERRARI Uno scienziato nella terra di Lilliput ITALIANI AI CONFINI DEL SAPERE A COLUMBUS, NELL' OHIO, UN BIOINGEGNERE LAUREATO A PADOVA STUDIA LE NANOTECNOLOGIE, ROBOT MICROSCOPICI CHE POTREBBERO SCONFIGGERE IL CANCRO
FERRARI Uno scienziato nella terra di Lilliput «Progettiamo dispositivi che possano essere impiantati nel corpo e liberare farmaci» ITALIANI AI CONFINI DEL SAPERE A Columbus, nell' Ohio, un bioingegnere laureato a Padova studia le nanotecnologie, robot microscopici che potrebbero sconfiggere il cancro FERRARI Uno scienziato nella terra di Lilliput dal nostro inviato ADRIANA BAZZI COLUMBUS (Ohio) - Più di cinquecento anni fa Cristoforo Colombo è approdato in America alla guida di tre caravelle: la «replica» della Santa Maria, la più fedele di tutte, assicura una targa, è attraccata a un molo sul fiume Scioto a Columbus, capitale dell' Ohio, proprio di fronte a un monumento in onore degli immigrati italiani, una giovane coppia con una cassa di legno ai piedi. Nel 1999 un altro italiano, Mauro Ferrari, è arrivato a Columbus dalla California, su un gigantesco camper di dodici metri, con al seguito cinque bambini e la moglie. Niente bauli di legno, come quello del monumento, ma un bagaglio di 15 brevetti nel campo delle nanotecnologie. Ferrari è stato chiamato alla State University dell' Ohio, una delle più prestigiose degli Stati Uniti, per una missione ben precisa: esplorare il mondo dell' estremamente piccolo in medicina e trasformare una città del Midwest, la cui economia ha radici nel settore agricolo e nel terziario, in una Silicon Valley delle nanotecnologie. Il viaggio di Ferrari nel regno di Lilliput è cominciato a San Francisco dove, giunto dopo una laurea in matematica a Padova, ha insegnato per una decina d' anni alla Berkeley University e ha fondato la iMEDD, una di quelle società con capitale di ventura, che in America scienziati-imprenditori fondano per trasferire sul piano pratico le loro scoperte. «Preferisco Colombo a Gulliver - dice Ferrari -. Il mio lavoro sta nell' esplorare un territorio che potrebbe cambiare la faccia della medicina grazie a dispositivi di dimensioni infinitesimali. Un esempio? Microrobot che liberano, a comando, farmaci all' interno dell' organismo». Difficile spiegare una disciplina emergente che punta a scalzare, nel XXI secolo, il dominio che la ricerca biotecnologica ha avuto finora. C' è chi ci prova con la metafora artistica, come Bruno d' Arcevia, caposcuola della Nuova maniera italiana che in una serie di pitture allegoriche, esposte nel 2000 alla Ohio University, interpreta con figure mitologiche la costruzione di nanomacchine: nel «Miracolo delle perle» la dea del mare dispone perle (gli atomi) attorno a uno stampo che Tritone riempie con sabbia d' oro (silicio). E c' è chi, come Robert Freitas, ha raccolto nella sua Nanomedicine Art Gallery (su Internet al sito www.foresight.org) un campionario di fantascientifici microrobot alla caccia di nemici della salute. Lo scienziato ne parla così: «Nanotecnologia significa possibilità di lavorare con atomi e molecole e di fabbricare oggetti la cui grandezza si misura in nanometri cioè in miliardesimi di metro, come aghi indolori delle dimensioni di un capello. Si può partire dal basso, con un sistema che si chiama bottom up e costruire un oggetto atomo per atomo, come i bambini fanno con il Lego, ma è poco pratico. L' altro metodo, chiamato topdown, parte dal più grande per arrivare al più piccolo con un procedimento di "smontaggio" progressivo». Alla frontiera dell' invisibile, cadono i confini fra organico e inorganico: il punto di partenza per il top-down è sempre un wafer di un materiale inorganico come il silicio su cui si stratificano, volta per volta, sostanze diverse, alcune delle quali vengono poi eliminate con un sistema analogo alla litografia. Strato dopo strato, si possono costruire sequenze di basi che formano Dna o di aminoacidi che formano proteine e, in prospettiva, la materia vivente. Con questa tecnica Ferrari è riuscito a costruire le membrane con i buchi più piccoli del mondo. «L' idea - spiega Ferrari - è di applicare queste membrane a dispositivi che possono essere impiantati o iniettati nel corpo umano e liberare i farmaci dove serve. L' altra possibilità è il trapianto per la cura del diabete. Se le cellule del pancreas vengono incapsulate con queste membrane, producono e liberano insulina, ma non vengono aggredite dagli anticorpi, troppo grossi per passare attraverso i nanopori. Si può risolvere così il problema del rigetto». Mentre si intravvedono le prime applicazioni pratiche delle nuove scoperte, altre
possibilità stanno nascendo dal matrimonio delle nanotecnologie con la robotica. Robert Michler è un famoso cardiochirurgo dell' Ohio University, il primo ad aver utilizzato, negli Stati Uniti, il cardio-robot Leonardo da Vinci per interventi di by-pass alle coronarie: il chirurgo, manovrando alla consolle i tre bracci del robot, arriva al cuore senza aprire il torace. «Con un sistema così poco traumatico commenta Michler - si può pensare di impiantare, nel cuore, microdispositivi che liberano sostanze capaci di ricostruire i vasi sanguigni e di ridare vita a un cuore danneggiato da un infarto». Ma la sfida più grande per Ferrari è trovare nuove cure contro il cancro. Lo spinge la curiosità dello scienziato, ma anche il ricordo della prima moglie, morta a 32 anni per un tumore devastante, uno di quelli che uccidono con grande sofferenza, la sofferenza fisica che i medici chiamano dolore intrattabile da cancro. A lei è dedicato il «libro della mamma» che raccoglie pensieri e disegni dei suoi tre bimbi e che il papà tiene in studio. A lei sono dedicati una targa del reparto di oncologia dell' ospedale universitario e un premio che annualmente vuole riconoscere la migliore ricerca nel campo della terapia del dolore. «Crediamo nell' ipotesi di Judah Folkman - spiega Ferrari - il ricercatore americano che ha teorizzato la possibilità di distruggere il tumore, impedendo l' angiogenesi, cioè la formazione di vasi che portano nutrimento al tumore. Stiamo pensando a una micro-macchina, da iniettare nelle vene, capace di riconoscere soltanto le cellule dei vasi sanguigni tumorali, di agganciarle e di liberare una sostanza tossica. La sostanza è la mellitina, estratta dal veleno delle api: una volta entrata nella cellula, la uccide rapidamente e si inattiva nel giro di pochi minuti. Così non può andare lontano e non danneggia le cellule sane». Ferrari, da settembre in poi, continuerà le sue ricerche nel Science Village, un supercentro costato circa cento miliardi di lire: è il primo al mondo che riunisce clean room (camere sterili perché un semplice granello di polvere diventerebbe un gigante) per la nanotecnologia e laboratori di biologia. La medicina dell' invisibile promette risultati straordinari nel giro di pochi anni. Ma c' è chi ipotizza, per il futuro, scenari inimmaginabili. Eric Drexler, considerato il padre di questa scienza, nel suo libro Engines of creation (Anchor Books) del 1986 parla di macchine molecolari per l' autocostruzione di organi e di ibernazione dei corpi. «Fantascienza - taglia corto Ferrari, anche se è stato appena chiamato da Ronald Bass, lo sceneggiatore di Rain Man, come consulente per un film sulle nanotecnologie tratto dal best seller di Robert Mawson La bambina Lazarus (Mondadori) -. Cerchiamo di stare con i piedi per terra». Ferrari poteva diventare un sassofonista (la passione per la musica l' ha trasmessa ai figli così come li ha contagiati con il suo amore per la natura: qualche volta papà e bambini dormono di notte, con il sacco a pelo, nel giardino di casa per vedere scoiattoli e procioni da vicino). Poteva anche diventare un grande giocatore di basket: le premesse c' erano. Ma ha preferito sfidare l' America con la sua scienza. Vincendo. Un matematico al servizio della medicina interna Laureato in matematica a Padova, Mauro Ferrari, 42 anni, è direttore del Centro di Ingegneria biomedica all' Ohio State University dove è anche professore di Medicina interna e di Ingegneria meccanica. E' consulente di nanotecnologie per i ministeri americani dell' energia, della difesa e della salute, per la Nasa e per l' Istituto nazionale per il cancro Nelle due foto in alto si possono vedere due robot microscopici all' opera. Il piccolo strumento della seconda immagine agisce in un' arteria per ripulirla dai depositi di colesterolo Nell' immagine qui sopra un nanorobot a sei piedi si muove nelle arterie, con i globuli rossi, a caccia di eventuali nemici dell' organismo. (Le tre immagini sono di World Book) Bazzi Adriana