Bambini sani, ricchi ed intelligenti, creati a tavolino, su ordinazione. È un gioco da ragazzi. Basta pagare. In un laboratorio di Chicago sono stati “progettati” cinque neonati per fornire cellule staminali ai propri fratelli e sorelle che soffrono di leucemia e di una rara malattia non ereditaria chiamata DBA (DiamondBlackfan Anaemia) e che, soprattutto, hanno dei genitori che possono sborsare fior di quattrini. Usando una orripilante tecnica chiamata PGD (Diagnosi di Preinnesto Genetico) vengono testati gli embrioni per verificare che un certo tipo di tessuto corrisponda a quello dei fratellini malati. Gli embrioni non compatibili vengono congelati per essere utilizzati in futuro, quelli buoni vengono fatti crescere e poi nascere nel ventre di mamme in carne e ossa. Non è la prima volta che dei “salvatori artificiali” vengono progettati e creati in laboratorio. Il team guidato da Anver Kuliev, del Reproductive Genetics Institute di Chicago, ha già sperimentato in precedenza una simile procedura per venire incontro a nove coppie con figli che necessitavano di un trapianto di midollo osseo tra il 2002 e il 2003. Usando tecniche di fertilizzazione in-vitro, hanno creato 1999 embrioni di cui quasi un quarto - 45 embrioni - sono stati selezionati come compatibili. Da un totale di 28 embrioni trasferiti “in utero”, sono state “prodotte” 5 gravidanze e relativi parti. Dal cordone ombelicale dei nascituri sono state poi prelevate le cellule per il trapianto. Quindi, ricapitolando, per ottenere cinque “bambini-farmaco”, sono stati “sacrificati” 1994 embrioni finiti o nel congelatore o nella spazzatura. E nessuno ci dice quanto sono stati pagati quei 5 bimbi “miracolosi”, a peso d'oro probabilmente. Questa è la realtà-horror della scienza moderna: la vita come merce, la cura per qualsiasi malattia. Al di là di ogni etica. Basta solo potersela permettere. La procedura, dichiarata “fuorilegge e eticamente inaccettabile”, è stata bandita in Inghilterra dalla HFEA (Human Fertilisation and Embryology Authority) che ha vietato ad una coppia inglese di ricorrere a questo metodo per tentare di salvare il proprio bambino Charlie che soffre di DBA. Hai capito gli inglesi, come sono umani. LESBICHE ORDINANO BAMBINO SORDO Non è uno scherzo, ma un titolo apparso su un quotidiano qualche tempo fa. Una coppia omosessuale, composta da due donne sorde fin dalla nascita, decide, in America, di avere un bambino. Ovviamente si affidano alla fecondazione assistita. ma, attenzione: ordinano il seme di un uomo non udente, che ha nel suo corredo genetico all'incirca cinque generazioni di non udenti. Le due mostruose signore, decidono di vivere la gioia di un bambino e, essendo donne, una di loro si presta a vivere la maternità di questo sogno che hanno in comune. Ma perché richiedere un seme di una persona non udente?
Perché la coppia vuole avere un figlio con la stessa malformazione dei suoi genitori (sarebbe meglio dire i suoi padroni, ndr) per preservarlo da tutte le idiozie e le sporcizie di cui secondo loro sarebbe pieno il mondo. Si tratta dunque di una scelta morale. Sarà lui, una volta divenuto adulto o comunque nell'età della ragione, a scegliere se riacquistare l'udito con un apparecchio specifico oppure continuare a vivere nel silenzio. (pubblicato su Ecplanet, 05-06-2004) Five "designer babies" created for stem cells New Scientist 05 maggio 2004 Designer babies: Creating the perfect child CNN 30 oottobre 2008 The Need to Regulate "Designer Babies" Scientific American maggio 2009 La continua, per molti aspetti folle, ricerca di metodi di fertilizzazione "non convenzionali" è approdata ad un nuovo, strabiliante, per quanto inquietante, risultato. Il team di ricercatori del Wales College of Medicine alla Cardiff University ha usato un enzima prodotto dallo sperma, chiamato “PLC-zeta”, o "phospholipase C-zeta", che gioca un ruolo chiave nella fertilizzazione delle uova umane, per spingere le uova a dividersi. Fornendo in questo modo una tecnica eticamente più accettabile per creare cellule staminali "embrionali" che non contengono alcun cromosoma paternale e dunque non possono svilupparsi in un bambino. La tecnica potrà essere usata, secondo i ricercatori, anche per aiutare le coppie impossibilitate ad avere figli. I ricercatori dicono di aver trovato la "scintilla della vita". (pubblicato su Ecplanet, 14-12-2004) Eggs 'fertilised' without sperm BBC News 02 dicembre 2004 Nel 2002, due genitori hanno visto i loro gemelli neonati per la prima volta, concepiti dopo un lungo travaglio dovuto ad un trattamento di inseminazione artificiale (In Vitro Fertilisation - IVF). Alla fine, tutto sembrava essere andato per il meglio. Eccetto che i due gemelli erano di razza mista, mentre i genitori erano bianchi. La clinica ha usato lo sperma sbagliato per fertilizzare gli ovuli della madre. Il padre biologico era un uomo sconosciuto che insieme alla sua partner era ricorso anch'esso all'inseminazione artificiale. Altri Incidenti simili sono successi in America e in Olanda. Nel giugno del 2004, un rapporto commissionato dalle autorità mediche britanniche suggeriva alle cliniche di usare un sistema di controllo che obbligasse gli embriologi ad avere un collega come testimone per documentare ogni procedura in cui possono capitare degli errori. Ma per le 25 diverse procedure richieste per ogni fase dell'IVF, il sistema risultava troppo laborioso e soggetto comunque ad una alta probabilità di errore. Steve Troup, embriologo dell'HFEA (Human Fertilisation and Embryology Authority), ha proposto un'alternativa: il codice a barre. Tale sistema viene già impiegato con successo
da più di dieci anni nelle operazioni di trasfusione del sangue, riuscendo a ridurre il tasso di errore. La IMT International, di Chester, è già all'opera per sviluppare codici a barre da impiegare nelle procedure di IVF. Camere digitali all'interno della clinica leggeranno i codici a barre posti sui contenitori degli ovuli; un computer poi leggerà i codici e suonerà un allarme se non corrispondono al paziente. “Un sistema veramente sicuro”, ha dichiarato Tim Haywood, direttore della IMT International. Le tags elettroniche, conosciute come "RFID tags", lavorano in modo simile: possono essere posizionate sui contenitori degli embrioni e attivate da onde radio che ne trasmettono il codice. “Se i campioni non corrispondono al paziente, suonerà l'allarme”, dice Troup. L'HFEA valuterà ora se effettivamente questi sistemi possono garantire una maggiore sicurezza, e se le onde radio possono in qualche modo danneggiare gli embrioni. Un sistema basato sugli RFID è già stato sviluppato dalla Research Instruments di Falmouth e testato su embrioni di topo. “Le tags ahnno trasmesso ininterrottamente per 4 giorni senza provocare alcun percettibile effetto sugli embrioni”, ha dichiarato David Lansdowne, direttore tecnico della compagnia. Le tags RFID lavorano ad una frequenza di 13.5 megahertz, di molto inferiore ai 900-1900 megahertz usati dai telefoni cellulari (che tanto sicuri non sono, ndr). (Pubblicato su Ecplanet 14-04-2005) Electronic tags for eggs, sperm and embryos New Scinetist 30 marzo 2005 “Bambini su misura” per curare i fratelli maggiori affetti da gravi malattie. L'ok definitivo è arrivato dai Law Lords, la massima istanza giudiziaria britannica. Avevano già dato parere favorevole l'Autorità per la Fertilità Umana e l'Embriologia e l'Alta Corte che avevano autorizzato una coppia ad utilizzare una tecnica chiamata diagnosi genetica pre-impianto. In questo modo è possibile selezionare un embrione in grado di generare un bebè con gli stessi tessuti del figlio da curare. In altri termini, si autorizza la “fabbricazione” di bambini al solo scopo farmacologico. Gli embrioni come merce. Anne è attesa con ansia dai genitori: dalla sua nascita dipende la vita di Kate, la sorellina di 3 anni malata di leucemia. Anne è stata concepita con la fecondazione in vitro. L'embrione da trasferire nell'utero della madre è stato selezionato con la diagnosi preimpianto in modo che fosse compatibile con la sorella. Dal sangue del suo cordone ombelicale si sarebbero ricavate cellule staminali per salvare Kate. La piccola infatti sopravvive, ma non guarisce. Anne dovrà donarle il midollo osseo, per non parlare delle continue trasfusioni del suo sangue. Infine, perché Kate non muoia, le sarà chiesto di donare un rene. Allora Anne, a 13 anni, si reca da un avvocato e intenta causa ai genitori per riprendersi i diritti sul proprio corpo. È la storia provocatoria raccontata in “La Custode di Mia Sorella” (Corbaccio) dalla scrittrice americana Jodi Picoult. Un romanzo, non una storia vera, che affronta un tema molto attuale, quello dei “bambini su misura” selezionati prima di essere impiantati in utero perché si possa salvare il fratello o la sorella nati con una malattia ereditaria: leucemia, talassemia, anemia di Falconi. È di questi giorni il caso dei genitori di Marta, 13 anni, con il
morbo di Cooley, che si sono recati al Memorial Hospital di Istanbul, in Turchia, per mettere al mondo con le tecniche di procreazione assistita un fratellino “compatibile”. La legge 40, approvata a marzo 2004 (il 12 giugno sarà sottoposta a referendum), vieta la diagnosi preimpianto sull'embrione e per questo alcuni scelgono di recarsi all'estero. Il romanzo propone un punto di vista particolare, quello di una bambina donatrice, messa al mondo in funzione della sorella Kate malata. “La possibilità di salvare la vita di un figlio non è deprecabile” dice la scrittrice incontrata da Panorama. Il dibattito sulla liceità di creare “designed baby” talora non tiene conto della complessità delle dinamiche di questa scelta. Che coinvolge non solo i genitori, ma anche il figlio che viene messo al mondo per salvare il proprio fratello, del cui destino nessuno sembra curarsi. E di bambini concepiti con l'obiettivo di salvare un fratello nato con una malattia ereditaria nel mondo ce ne sono ormai molti. Esiste una rete che consente la donazione sia del midollo osseo sia del cordone ombelicale. “Le tecniche di procreazione di cui oggi si dispone ci propongono questioni etiche inedite. Occorre però uno sforzo razionale per sintonizzarsi con nuove realtà”, sostiene Demetrio Neri, ordinario di bioetica all'Università di Messina. Quanti rifiuterebbero di donare una parte del corpo per salvare una persona cara? La cronaca ci riporta casi di genitori o figli che sacrificano un rene o una porzione del fegato per un congiunto. C'è chi ritiene che usare una persona solo come mezzo sia eticamente discutibile. Significa portare alla vita un bambino in modo condizionato, a fini strumentali. “Un figlio ha un valore intrinseco e non può essere considerato un fornitore di pezzi di ricambio”, afferma Giorgio Zamboni, pediatra ed esperto di bioetica all'Università di Verona. (Pubblicato su Ecplanet 13-05-2005) Designer babies to wipe out diseases approved Telegraph 09 settembre 2005 Una sorellina su misura 12 giugno 2005
Jodi Picoult | My Sister's Keeper Nel numero del 7 luglio 2005 di The New England Journal of Medicine, lo specialista di IVF Dr. Sherman Silber annunciava di aver trapiantato un tessuto ovario da una donna alla sua sorella gemella, resa sterile da un trattamento di chemioterapia per la cura del cancro. Grazie al trapianto, è rimasta incinta e ha dato alla luce un bambino sano, geneticamente identico (un clone). Il limite di questa tecnica è che non tutti dispongono di un donatore gemello e anche che i tessuti ovari possono facilmente danneggiarsi nell'operazione di trapianto. Tuttavia, scienziati israeliani dell'Institute of Animal Science hanno annunciato di aver trapiantato con successo intere ovaie in una pecora e che le uova prodotte dalle ovaie hanno prodotto embrioni.
“La completa restaurazione ormonale e la normale ovulazione è possibile dopo criopreservazione e trapianto dell'intera ovaia”, hanno dichiarato i ricercatori. Si pensa già di applicare la stessa tecnica anche sulle donne. Il Dr. Marcelle Cedars, che dirige il Center for Reproductive Health alla University of California di San Francisco, crede che quella di congelare le uova sia la soluzione migliore. (Pubblicato su Ecplanet 12-01-2006) Ovarian Transplantation between Monozygotic Twins Discordant for Premature Ovarian Failure 07 luglio 2005 Baby born after ovary transplant BBC News 12 novembre 2008 Ovary-transplant birth raises fears of ethical dangers The Independent 16 novembre 2008 I “designer babies” (bambini prefabbricati) sono una realtà. Più di 1.000 bambini sono stati monitorati allo stato embrionale da “diagnosi genetiche pre-impianto” (PGD): una cella, presa da un embrione, è analizzata per verificare che cromosomi e geni siano a posto, in modo da diagnosticare eventuali malattie genetiche. La tecnica è usata anche per selezionare il sesso del nascituro. L'1 novembre 2004, i Proceedings of the National Academy of Science riportavano la notizia che un team guidato da Ralph Brinster, alla University of Pennsylvania, intendeva crescere cellule staminali “spermatagoniali” di topo in laboratorio. Conosciute come “SSCs” (Spermatogonial Stem Cells), questo tipo di cellule staminali possono eventualmente diventare sperma. Nel 2001, Brinster aveva alterato geneticamente le SSCs (essendo cellule sessuali, tale alterazione verrebbe riprodotta di generazione in generazione). Gli scienziati definiscono questo "lavoretto" un cambiamento della “linea germica” (germ line), che secondo la grande maggioranza dei bioetici non dovrebbe essere toccata, perché può alterare una specie intera. In teoria, questa tecnologia dovrebbe servire a fornire lo sperma per gli uomini sterili, ma se si altera geneticamente questo sperma si rischia di procurare un danno a tutta la specie. Nelle ultime tre decadi, da quando si sono affermate le tecniche di ferttilizzazione artificiale "in vitro" (IVF), una miriade di innovazioni tecnologiche hanno forzato i confini tra scienza e sesso. Niente sarà più come prima. La dissacrazione operata dai tecno-scienziati è completa. La riproduzione non appartiene più alla sfera del privato, del sacro, del magico, del romantico, dell'irrazionale, ma a quello della tecnica, della matematica, della programmazione, del freddo calcolo eugenetico.
Il campo della microfluidica usa canali microscopici incisi su superfici di silicio per scopi chimici o biologici. Da diversi anni ormai, gli scienziati provano ad applicare la microfluidica nel campo della IVF. Il mese scorso, scienziati della University of Michigan hanno effettuato una IVF su topi da laboratorio usando un dispositivo microfluidico sperimentandone l'efficienza. Il sistema potrebbe in futuro diventare uno standard. Insomma, niente è precluso al progresso tecno-scientifico. Tutto è lecito. Poco importa se il sesso, così come lo conoscevamo, vada rapidamente scomparendo. Al suo posto, un atto di mera riproduzione, una questione puramente quantitativa, una roba da laboratorio, preda del Dr. Frankenstein e della volontà di onnipotenza. Che ci piaccia o no, siamo già oltre l'umano. (pubblicato su Ecplanet, 12-01-2006) Growth Factors Confer Immortality to Sperm-generating Stem Cells 03 novembre 2004 Microfluidics may be a new method of IVF 13 ottobre 2005 Tra le maggiori cause di sterilità maschile vi è la produzione di sperma debole oppure la totale assenza di sperma. Nelle donne invece la sterilità spesso si deve a uova che si “rifiutano” di procreare (questo accade soprattutto in donne avanti con l'età o che sono state sottoposte a trattamenti anti-cancro). Da un po' di tempo a questa parte, gli scienziati stanno provando ad ovviare artificialmente anche a questo problema. In Francia, nel Regno Unito, a New York e in Giappone, si lavora nel tentativo di trasformare le cellule umane regolari in cellule ovarie. I maggiori ostacoli a questi esperimenti sono dati dal fatto che le cellule regolari hanno due copie di ciascun cromosoma (cellule diploidi). Per diventare riproduttiva, una cellula deve rigettare metà dei suoi cromosomi e diventare aploide (il processo è chiamato “aploidizzazione”) in modo da ricevere l'altra metà dallo sperma e creare così un nuovo organismo. I ricercatori stanno dunque sperimentando metodi di “aploidizzazione artificiale”. Nel 2001, il Dr. Gianpiero Palermo, del Weill Medical College alla Cornell University di New York, annunciava di aver creato artificialmente uova aploidi usando tecniche di clonazione: ha rimosso i nuclei di uova “donate”, ha inserito una cellula somatica presa da un paziente adulto e poi ha fertilizzato l'uovo con dello sperma. Il 52% delle uova così “ricostituite” sono state fertilizzate (il resto lo hanno buttato nel cesso, ndr). Il problema è che, durante lo sviluppo, i cromosomi degli embrioni sono andati perduti. Nei più recenti esperimenti di Palermo e del suo team, pubblicati nel settembre 2005 da Reproductive Bio Medicine Online, le cellule blastomeres isolate dai cleaving embrioni hanno mostrato una distribuzione caotica di cromosomi. Praticamente, hanno combinato
un casino. Non contenti, hanno cambiato tattica, inserendo nelle uova cellule staminali embrionali invece di cellule adulte. Al meeting annuale dell'American Society for Reproductive Medicine (un covo di neoeugeneuti, ndr), svoltosi a Montreal, il team di Palermo ha detto che, col nuovo approccio, le cellule manipolate sono diventate, in effetti, sperma. E di aver ottenuto una seconda generazione di cellule staminali embrionali. Allo stesso meeting, scienziati della University of Pennsylvania hanno annunciato di aver creato cellule ovarie da cellule staminali embrionali di topo trattate chimicamente. Presto, secondo Palermo, sarà possibile, attraverso la clonazione terapeutica, fabbricare sperma e uova artificiali a volontà e curare definitivamente la sterilità. Anche il sempre più nutrito popolo omosessuale sarà servito. Il Dr. Alan DeCherney, un pioniere della IVF, professore alla UCLA e editore della rivista Fertility and Sterility, dice che si tratterà di poco più di 5 anni, e poi possiamo dire addio per sempre alla riproduzione naturale. (Pubblicato su Ecplanet 13-01-2006) Science Makes Sex Obsolete Wired 12 gennaio 2005 Il moderno approccio alla “riproduzione pianificata” passa attraverso le lenti di un microscopio da borsetta, il “FertilFacil”, invenzione di un’azienda spagnola che sta ora esportando il brevetto in tutto il mondo. Un apparecchio compatto e smontabile, in grado di analizzare le proprietà della saliva di comportarsi in maniera differente a seconda del momento del ciclo di ovulazione: l'aumento di estrogeni in circolo favorisce infatti la precipitazione dei sali minerali in essa disciolti. Dopo l'ovulazione, invece, l'aumento di progesterone inibisce questo fenomeno, fornendo quindi un opportuno segnale che possiamo cogliere e interpretare per gestire la nostra vita riproduttiva. La portabilità e la semplicità di utilizzazione rendono questo prodotto una soluzione pratica, tale da poter essere usata in ufficio o a scuola: si tratta semplicemente di applicare un campione di saliva sul vetrino ed esaminarla ocularmente con l'apparato. Occorrono solo alcune semplici cautele operative: tanto per cominciare bisogna fare attenzione ad evitare la formazione di bollicine d'aria e assicurarsi che la quantità di saliva applicata non sia ne' troppo scarsa né troppo abbondante. Occorre poi preferibilmente prelevare il campione dalla parte inferiore della cavità orale, dove si incontra una saliva di qualità migliore. Bisogna infine assolutamente evitare di effettuare il test dopo essersi lavati i denti o dopo il consumo di cibo o bevande (un paio d'ore di astinenza dovrebbero essere sufficienti) - e guai a fumare prima della prova. Una volta rispettate queste semplici regole, il processo è quasi rapido e quasi banale: si pone il campione sul vetrino e si lascia asciugare il tutto in posizione rigorosamente orizzontale per una ventina di minuti. Dopodiché, non resterà che assemblare il microscopio, montando corpo, la parte ottica, illuminatore e vetrino (con cautela, per non alterare il campione); applicare quindi l'occhio e mettere a fuoco.
Il risultato dovrebbe saltare all'occhio: il minerale disciolto cristallizza infatti con un numero elevato di ramificazioni nel momento dell'ovulazione – mentre decisamente più ridotta è la sua spigolosità all'allontanarsi dal momento cruciale, fino ad arrivare a strutture tipo punti o bollicine che dovrebbero significare un periodo tranquillo. L'immagine che apparirà, confrontata con le fotografie del campione premurosamente fornite dal produttore, ci indicherà il nostro (probabile?) grado di fertilità del momento; per maggiore sicurezza viene comunque raccomandato di effettuare consecutivamente una seconda prova. In questo modo, in meno di un'ora al giorno, saremo in grado di tracciare il nostro grado di fertilità. L'affidabilità del sistema è affermata dal produttore essere attorno al 98%: abbastanza buona nel caso stiate cercando di fare un bambino, forse troppo ridotta (data la posta in gioco) nel caso cerchiate invece di evitarlo. (pubblicato su Ecplanet, 21-01-2006)
Fertilfacil Test de fertilidad y ovulacion reutilizable 15 aprile 2009 Per la prima volta, un gruppo di embriologi ha mostrato che a partire da cellule staminali embrionali è possibile produrre spermatozoi funzionali in grado di generare una nuova vita. L'esperimento è stato condotto da un gruppo di ricercatori anglo-tedeschi dell'Università di Newcastle e dell'Università di Göttingen, utilizzando cellule staminali di topo che hanno portato alla nascita di sette topolini. La tecnica, hanno detto i ricercatori - che hanno pubblicato un articolo sull'ultimo numero di Developmental Cell - non è perfetta: delle 210 uova fecondate con gli spermatozoi di origine staminale solo 65 hanno iniziato il processo di moltiplicazione cellulare e appena sette sono state le nascite. Inoltre, uno dei sette topolini non è arrivato all'età adulta. Gli altri - che hanno mostrato anormalità nei tassi di crescita - sono morti all'età di cinque mesi. Il metodo utilizzato è dunque ben lontano da un possibile impiego per trattare la sterilità maschile nell'uomo, ma la ricerca, secondo gli scienziati, rappresenta comunque un notevole passo in avanti nella comprensione dei processi di spermatogenesi. (Pubblicato su Ecplanet 09-08-2006) Early-stage sperm cells created from human bone marrow Ad oggi, sono più di 3 milioni i bambini nati a seguito di fecondazione in vitro (IVF). La notizia è stata data da Jacques de Mouzon, dell'International Committee for Monitoring Assisted Reproductive Technologies (ICMART), secondo quanto riportato dalla Reuters il 21 giugno 2006, nell'ambito dell'incontro annuale della European Society of Human Reproduction and Embryology, svoltosi a Praga. Lo studio dell'ICMART si basa su dati provenienti da 52 Paesi, che coprono due terzi di tutte le procedure di fecondazione in vitro nel mondo, distribuite in modo piuttosto disomogeneo. Circa il 56% di tutti i trattamenti di FIV si svolgono in Europa. E quasi la
metà di questi si svolgono in soli quattro Paesi: Stati Uniti, Germania, Francia e Gran Bretagna. La notizia sui numeri dei “bambini artificiali”, nati grazie alla IVF, è stata accolta con favore dai mezzi di comunicazione laici. Ma ci sono stati anche commenti non altrettanto positivi: un comunicato stampa degli organizzatori, del 19 giugno, avvertiva che le condizioni in cui gli embrioni vengono coltivati in laboratorio, nell'ambito delle procedure di FIV, potrebbero essere causa di errori genetici. Si tratterebbe di errori associati allo sviluppo di sindromi e di anormalità nella crescita e nello sviluppo, come il basso peso alla nascita. I timori provengono dalla ricerca sull'imprinting genetico negli embrioni dei topi. L'imprinting è il processo in cui alcuni geni si attivano o meno a seconda se sono stati ereditati nei cromosomi della madre o del padre. I risultati, tuttavia, sono solo preliminari, ha avvertito Paolo Rinaudo, scienziato presso il Center for Reproductive Sciences dell'Università della California, a San Francisco. Un altro problema emerso all'incontro è che gli embrioni concepiti con IVF hanno maggiori probabilità di essere maschi, secondo il quotidiano australiano Sun-Herald del 25 giugno. L'embriologo australiano Jean Scott ha riferito alla conferenza che questo fenomeno si verifica quando gli embrioni vengono cresciuti per un certo periodo di tempo prima di essere impiantati. Quando l'ovocita e lo spermatozoo vengono uniti al di fuori del corpo e l'embrione viene fatto crescere allo stadio di blastocisti, prima di essere impiantato nella donna, vi è una probabilità del 56% che il bambino sia maschio. Il direttore di IVF Australia, il dottor Ric Porter, ha affermato che questo avviene a causa del fatto che i medici selezionano l'embrione che si divide per primo e questi tendono ad essere maschi. C'è poi la questione delle frodi di identità. Secondo il dottor Luca Sabatini, del Center for Reproductive Medicine del St. Bartholomew's Hospital di Londra, la ricerca ha dimostrato che molte cliniche nel Regno Unito ritengono di non essere tutelate a sufficienza nel controllo dell'identità dei pazienti. L'equipe del St. Bartholomew's Hospital ha preso in esame 70 cliniche autorizzate nel Regno Unito. Di queste, 45 hanno risposto e il 37% ha riferito di aver avuto casi effettivi o sospetti di frode sull'identità dei pazienti. Comportamenti fraudolenti possono essere diretti ad ottenere aiuti pubblici che altrimenti sarebbero esclusi per il paziente. La frode può avvenire anche quando la coppia si separa nel corso di un trattamento di fecondazione assistita e uno di loro tenta di proseguire nel trattamento con un partner diverso. Oppure possono esservi casi in cui lo sperma dell'uomo sostituito da quello di una persona più giovane e che l'uomo continui a voler essere il padre legittimo. Ma il tema più controverso sollevato durante la conferenza è stato quello dello “screening genetico”: i medici britannici hanno annunciato di aver elaborato un nuovo esame per diagnosticare malformazioni genetiche negli embrioni. Invece di cercare geni alterati, legati a malattie ereditarie, il nuovo test analizza le impronte digitali del DNA, i marcatori, che si trovano vicini ai geni; in questo modo, gli embrioni “problematici” vengono esclusi e solo quelli sani vengono usati per esser impiantati nell'ambito di una IVF. Il nuovo sistema diagnostico è stato elaborato presso il Guy and St. Thomas' National Health Service Foundation Trust di Londra. Ad oggi è stato usato su sette donne, cinque delle quali sono ora incinte. Anche a questo riguardo, le critiche non si sono fatte attendere. Sul quotidiano britannico Daily Mail del giorno successivo, Josephine Quintavalle, di Comment on Reproductive Ethics, ha dichiarato: “Non si tratta di prendere gli embrioni per curarli, ma di sottoporli a
diagnosi e di gettarli via”. Simone Aspis, del British Council of Disabled People, ha avvertito: “Eliminare l'autismo attraverso lo screening potrebbe ingenerare il timore che chiunque sia in qualche modo diverso non venga accettato”. Il Daily Mail ha anche pubblicato un commento di Virginia Bovell, madre di Danny, un bimbo autistico di 11 anni. Dopo aver dichiarato di essere rimasta costernata dalle notizie sul test, la Bovell ha spiegato di comprendere bene le difficoltà di chi ha un bimbo autistico. Ma ha aggiunto che “il problema non riguarda l'autismo in sé, ma il modo in cui la nostra società risponde ad esso”. Per iniziare, il Governo potrebbe aiutare molto di più le coppie con bambini disabili, ha sostenuto la Bovell: “Posso assicurare che Danny è la cosa più bella che mi sia mai capitata e che l'idea che sarebbe stato meglio se non fosse mai nato è intollerabile”, ha concluso. Altri invece hanno accolto con favore l'annuncio del nuovo tipo di diagnosi. L'editorialista del Sunday Times, Minette Miriam, ha descritto le nuove tecniche quasi come “divine”, respingendo le critiche secondo cui disfarsi degli embrioni con problemi sia come giocare ad essere Dio. “Ma cosa diamine c'è di male con chi gioca ad essere Dio?”, scrive Miriam, “io sono totalmente favorevole, proprio perché Dio non sembra farlo per conto suo”. E conclude: “L'uomo è il risultato di un'opera ed ora è in parte anche opera del lavoro di uomini simili a dei”. (Pubblicato su Ecplanet 11-08-2006) Three million babies born using assisted reproductive technologies European Society of Human Reproduction and Embryology IVF babies more likely to be boys study finds 25 giugno 2006 IVF Identity Fraud: A Phenomenon That Puts Patients, Children, And Clinics At Risk 23 giugno 2006 Outcry as clinic offers 'designer baby' embryo screening for 200 diseases 13 novembre 2006 In precedenza, nella rivista Reproduction, il Professor Karim Nayernia aveva annunciato di aver creato i progenitori degli spermatozoi a partire da cellule staminali prelevate dal midollo osseo di quattro volontari e fatte crescere in tessuti muscolari. Ora, Nayernia e i suoi colleghi del Northeast England Stem Cell Institute di Newcastle, nei laboratori di Gottingen, in Germania, stanno conducendo un altro esperimento su topi femmina per valutare la possibilità di ottenere sperma dal loro midollo spinale: facendo crescere in laboratorio le cellule genitrici estratte dal midollo, e addizionandole di vitamina A, gli scienziati hanno ottenuto la produzione di cellule spermatogonali, ovvero cellule che dovrebbero evolvere in sperma. Tra qualche mese, l'esperimento potrebbe essere esteso a delle volontarie. Ed è per questo, che il professor Nayernia ha chiesto di poter proseguire i test presso il laboratorio di Newcastle, quello stesso dove è stato clonato il primo embrione umano. Lo scopo originario della ricerca era di restituire la fertilità a uomini che l'avessero persa a causa di trattamenti terapeutici contro il cancro. L'orizzonte si è adesso quasi ribaltato: l'ipotesi della creazione di un embrione a partire da materiale genetico appartenente a due
donne si fa a questo punto molto più vicina. Un invito alla prudenza è arrivato dal Professor Harry Moore, dell'Università di Sheffield, preoccupato dalle mutazioni genetiche permanenti che queste manipolazioni di cellule staminali potrebbero innescare. Ma l'obiezione più forte, condivisa da altri esponenti del mondo scientifico, è di Robin Lovell Badge, del National Institute of Medical Research di Londra, che fa notare come per la formazione dello sperma sia indispensabile il cromosoma Y, di cui è dotato esclusivamente il patrimonio genetico dell'uomo. La sola matrice femminile, pertanto, potrebbe non bastare all'autoproduzione delle cellule spermatiche. (Pubblicato su Ecplanet 19-04-2007) Bone stem cells turned into primitive sperm cells 13 aprile 2007 Sperm cells created from female embryo 01 febbraio 2008 Bone Marrow has produced from sperm cells 03 gennaio 2009 È un orgoglio dell'Italia, precisamente dell'equipe dell'European Hospital di Roma, l'annuncio della prima nascita al mondo di un bambino maschio sano ottenuto mediante la fecondazione in vitro di ovociti congelati con cellule germinali testicolari. L'intervento è stato effettuato dall’équipe di Ermanno Greco, Direttore del Centro di Medicina della Riproduzione dell’European Hospital di Roma, mediante una tecnica descritta dettagliamente sul prossimo numero della prestigiosa rivista scientifica americana Fertility and Sterility. Il paziente maschio presentava una particolare malattia genetica (sindrome di Klinefelter) che ne aveva determinato l'assenza totale di cellule germinali nel testicolo e pertanto l'assenza completa di spermatozoi nel liquido seminale (azoospermia). Grazie ad una particolare tecnica microscopica di prelievo testicolare multiplo è stato possibile raccogliere prima e congelare poi alcune cellule germinali mature (spermatidi allungati). In una seconda fase, sempre in laboratorio, le cellule scongelate sono state microiniettate nelle uova congelate materne. La tecnica riveste particolare importanza per le molteplici coppie che in Italia ogni anno effettuano la fecondazione in vitro: il timore di doversi sottoporre ripetutamente a procedure di stimolazione ormonale ovarica, per il divieto di congelare embrioni, spinge queste coppie ad affrontare difficili e costosi viaggi all'estero (turismo procreativo), mentre ora è possibile, pur nel rispetto dell'attuale normativa, ottenere soddisfacenti risultati anche nei casi dapprima ritenuti insolubili, come quello illustrato da Fertility and Sterility. L'acronimo FIVET (Fertilizzazione in Vitro con Trasferimento di Embrione) è utilizzato per definire una tecnica di procreazione assistita tra le più comuni: la tecnica fu sviluppata nel Regno Unito da Patrick Steptoe e Robert Edwards. Il primo essere umano nato da questa tecnica fu Louise Brown, nata a Londra il 25 luglio 1978. In alcuni Paesi, tra i quali l'Italia, la legge prevede delle limitazioni anche notevoli a tali procedure).
La procedura si divide nelle seguenti fasi: alla donna vengono somministrati per via intramuscolare o sottocutanea dei farmaci (gonadotropine) finalizzati all'iperovulazione cioè allo sviluppo di più follicoli e quindi di un numero maggiore di cellule uovo (nel ciclo spontaneo ne viene prodotta di solito una sola), di modo che possa essere prelevato un numero maggiore di ovociti. La paziente viene sottoposta ad un monitoraggio teso a individuare il momento adatto a condurre a maturazione gli ovociti (ad esempio con la somministrazione di gonadotropine corioniche). Si procede quindi all'aspirazione ecoguidata dei follicoli, al fine di recuperare gli ovociti maturati. Il liquido follicolare viene esaminato in laboratorio e ne vengono recuperati gli ovociti ritenuti idonei alla fecondazione in base alla sola osservazione morfologica degli stessi, eseguita al microscopio. I gameti, cioè il seme maschile e l'ovocita della donna, vengono collocati insieme in un apposito recipiente affinché uno spermatozoo penetri nell'ovocita. Vengono a volte utilizzate delle tecniche di fertilizzazione assistita come l'ICSI (Intracytoplasmatic Sperm Injection, o Iniezione Intracitoplasmatica dello Spermatozoo), tramite la quale lo spermatozoo viene iniettato direttamente nel citoplasma dell'ovocita. L'embrione così formatosi viene introdotto in utero per via vaginale, normalmente entro 72 ore, nella speranza che si annidi, cioè che “metta radici” nella mucosa uterina (endometrio) e possa ricevere dalla donna alimento, calore ed energie per continuare a svilupparsi. Le percentuali di successo sono influenzate da molti fattori: la risposta da parte della donna alle terapie (in molti casi non viene prodotto un numero sufficiente di follicoli ed è quindi necessario ripetere la terapia con dosaggi diversi); la presenza di ovociti nel liquido follicolare: in alcuni casi gli ovociti non sono maturi e fecondabili o sono assenti; il grado di maturazione degli ovociti prelevati; la fertilità della paziente, che è molto influenzata dall'età. Per aumentare le percentuali di successo viene utilizzato il metodo di trasferire nell’utero un numero multiplo di embrioni valutato di caso in caso in modo da raggiungere un compromesso tra le probabilità di successo e il rischio di gravidanze plurigemellari; generalmente vengono trasferiti, ove siano disponibili, non più di tre embrioni. Le linee guida della ESHRE (European Society for Human Reproduction & Embryology) suggeriscono di impiantare non più di due/tre embrioni. L'introduzione della definizione di un numero massimo di embrioni impiantabili tende a prevenire gravidanze plurigemellari le quali presentano nella grande maggioranza dei casi notevoli rischi sia per la salute della donna, sia per quella dei nascituri. Si evita inoltre il dover ricorrere, come avveniva talvolta in passato, a tecniche d'emergenza quali la “riduzione embrionaria”, non sempre in grado né di garantire il proseguimento della gravidanza, né di salvaguardare la salute della donna. La riduzione embrionaria, solitamente eseguita nell'ottava settimana di gravidanza, prevede l'induzione della morte di un embrione (o più) iniettando direttamente nel suo cuore, attraverso la parete addominale materna, un farmaco (generalmente cloruro di potassio) che provoca l'arresto cardiaco. La morte dell'embrione dovrebbe provocarne l'eliminazione e garantire la sopravvivenza di quello (o quelli) rimasti. Tuttavia, in diversi casi, l'operazione ha condotto ad una completa interruzione della gravidanza e ad infezioni a carico della donna, con notevoli rischi sulla sua futura capacità di procreare.
Poiché l'iperstimolazione gonadotropinica, che potrebbe insorgere a seguito delle tecniche tese a innescare l'iperovulazione, presenta notevoli rischi per la salute della donna, e il successivo prelievo di ovociti è comunque un piccolo intervento chirurgico poco gradevole, si cerca di ottenere in un solo ciclo il massimo numero possibile di ovociti, i quali vengono fecondati tutti e poi trasferiti in utero - se ve ne sono di adatti - solo alcuni, mentre laddove ne siano disponibili - vengono conservati gli altri in vista di eventuali ulteriori tentativi. La conservazione viene effettuata congelando gli embrioni a 196 gradi centigradi sotto lo zero (crioconservazione), con uso di azoto liquido. Fino ad oggi non sono sufficientemente sviluppate tecniche tese a congelare e quindi scongelare gli ovociti senza interferire negativamente e in modo significativo sulla loro vitalità e capacità di essere fecondati. Tecniche simili sembrano avere migliori risultati quando applicate agli embrioni e agli spermatozoi. Diversi centri medici specializzati nella ricerca sulla fecondazione assistita, pertanto, raccomandano la congelazione degli embrioni cosiddetti “soprannumerari”. (Pubblicato su Ecplanet 22-07-2007) Nati otto bambini sani con la fecondazione in vitro a Roma 4 Dicembre 2008 Fertility and Sterility® ESHRE - European Society for Human Reproduction & Embryology
Intracytoplasmic sperm injection - Wikipedia Edwards: The IVF pioneer COMMERCIO DI CELLULE BABY BUSINESS PORNO CYBORG 2 MERCANTI DI IMMORTALITA’
IL NOSTRO FUTURO POSTUMANO NATURA VS. CULTURA