2006 Marzo

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  • Words: 2,230
  • Pages: 4
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Salve, lettori del nostro bollettino parrocchiale “Gioite”! In questo spazio dedicato gentilmente a noi “scrittori in erba” vorrei spiegare a tutti voi il significato, che ha per noi scout la specialità. Essa è l’occasione di mettere i nostri talenti a servizio di tutti, in poche parole è adempire alla parola del Signore, che ci disse in una delle sue parabole di far fruttare i nostri talenti e non di tenerli per noi. Quando uno scout raggiunge lo scopo di prendere una specialità ha, da quel momento, la responsabilità di metterla al servizio di tutti. Naturalmente ognuno di noi è stato dotato di una capacità diversa dagli altri e così abbiamo la possibilità di sceglierle tra una vasta gamma: redattore, attore, cantante, sarto, astronomo, amico degli animali, amico della natura…Queste, poi, vengono raggruppate, a seconda delle loro

pro manuscripto

caratteristiche, a formare i cosiddetti brevetti. Quando un esploratore o una guida riesce a conferire quattro specialità appartenenti allo stesso gruppo gli è conferito il brevetto. Ottenerlo per noi è un onore anche perché per arrivarci dobbiamo sicuramente sudare “sette camicie”. Le prove che abbiamo da superare per prendere ogni specialità sono molte. Io sto lavorando per ottenere quella di attrice. Il teatro per me è una passione nata da quando ero piccola e mia madre decise, poiché ero un po’ timida, di iscrivermi ad un corso estivo di recitazione assieme a mia sorella. Devo dire, che restai affascinata da quella nuova esperienza e da quel giorno il palcoscenico divenne per me un habitat naturale. La mia passione è stata coltivata nel tempo. Oggi, che sono una chiacchierona, mia madre non perde l’occasione di pentirsi della scelta, che fece; io invece la ringrazio perché mi ha fatto scoprire un lato di me che altrimenti sarebbe rimasto nascosto e incolto. Ho deciso quindi di mettere la mia passione a disposizione degli altri durante il mio cammino scout non perdendo l’opportunità di partecipare ad ogni spettacolo, che organizziamo. Colgo allora l’occasione per pregare il mo maestro di specialità, cioè colui che mi prepara le prove e mi segue nell’esecuzione di esse, di darmela una volta per tutte!!!!!!! Un saluto cordiale a tutti voi. Ilaria Pacchione SQ. DELFINI

Anno IX - Marzo 2006 - n. 3

Bollettino Mensile della Parrocchia Cuore Immacolato di Maria - Silvi Marina

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Siamo ancora nel deserto quaresimale, decisi ormai si spera, a lasciare la schiavitù del peccato ma ancora in cammino verso la terra promessa. In questo primo semplice sguardo generale alla nostra vita di comunità, abbiamo già usato tre immagini tratte dalla Scrittura. E’ impossibile per un credente parlare della propria vita prescindendo dall’esperienza di chi lo ha preceduto nella fede. Pur cambiando le circostanze, il contesto storico, il nome dei protagonisti non c’è una situazione della nostra esist en za che non trovi nella Bibbia un indicazione,

un’analogia, una simbologia adeguata ad esservi calata in maniera vitale. Prendiamo allora ad uso una delle immagini proposteci dalla liturgia in questo periodo quaresimale e vi troviamo Mosè che percuotendo la roccia,col suo bastone, ne fa sgorgare l’acqua. Che Mosè è colui che Dio sceglie per guidare il popolo, è abbastanza chiaro. Cosa possa significare l’acqua, specialmente nel deserto…è evidente, è la vita! E’ uno dei segni più ricorrenti nella Scrittura e riveste una molteplicità di significati, Gesù stesso lo usa per significare se stesso, dice alla samaritana “Chi berrà la mia acqua non avrà più sete in eterno”. Che per vivere abbiamo bisogno del Signore come, e più dell’acqua, è chiaro; l’immagine dell’-

Antico Testamento ci fornisce, un indicazione su come, però, la Parola di Dio diventi per noi sorgente vitale se percossa dal bastone di Mosè. E’ nella Chiesa che ci viene dispensata, spiegata, spezzata perché ci si sveli in tutta la ricchezza dei suoi significati. Dice S. Paolo che la Parola di Dio “non va soggetta a privata spiegazione” e attingendo proprio al Magistero della Chiesa, ci siamo detti anche di più nella catechesi per adulti; il “Verbo fatto carne”, non può essere avvicinato in maniera intellettiva ma va “toccato”, ne va fatta esperienza là dove diventa vivo, cioè nella comunità dei credenti. Il percorso della Liturgia di questo tempo, c’invita quindi ad essere grati al Signore, per la mensa del Pane e per quella della Parola, che nella nostra

comunità ha come strumento anche la catechesi permanente, svolta dai gruppi ed associazioni, dai catechisti, dal parroco. Se ancora non ci avvaliamo di questo dono, perché non ne cogliamo l’importanza, è stata forse provvidenziale la testimonianza di don Giorgio, sacerdote polacco, predicatore dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, ospite della nostra parrocchia qualche settimana fa. Abbiamo ascoltato dal suo racconto la tragedia della guerra, della mancanza di libertà, della fame. La sua testimonianza ci ha detto quanto, laddove l’uomo soffre, il primo bisogno è Dio. Ci ha detto come e quanto l’indispensabile sia per poter sovvenire a questa sete ricreare la comunità, la Chiesa, rendere possibile la celebrazione dei sacramenti, l’ascolto della Parola! Per ritornare al segno dell’acqua da cui siamo partiti, il Beato Papa Giovanni XXIII diceva che “la Parrocchia è la fontana del villaggio alla quale tutti ricorrono per la loro sete”, che non ci accada di sciupare tanta grazia di Dio… magari per mancanza di sete! Tiziana Mariani

temi. - incontri di gruppo, dove rimettere in circolo i concetti, le provocazioni, le esperienze ed i dubbi per aiutarci reciprocamente nello sforzo di “cump r e n d e re” (prenderci dentro) attraverso la nostra esperienza e conoscenza. - intergruppi e workshop con cui chiarire aspetti, individuare nuove piste e costruire prospettive di approfondimento. - dialogo di coppia per riprendere il discorso a due nella prospettiva di “un noi” più autentico e vivo dove rimettere a fuoco, chiarire, supportare. La sintesi estrema di questo percorso : i temi dell’affettività e della sessualità sono tra di loro strettamente congiunti perché coinvolgono l’uomo nella sua interezza. La dimensione sessuale nasce con l’uomo ed è l’integrazione (la risultante) di fattori biologici, psichici e spirituali : se queste tre dimensioni ci coinvolgo-

no e si sviluppano insieme si può parlare di “salute ed armonia sessuale” e di un giusto modo di vivere la sessualità. Se invece la sessualità viene privata di uno o più di questi aspetti, allora possono verificarsi, nei casi più gravi, deviazioni e/ o perversioni o più co m u n e m e n t e disfunzioni sessuali. Nella coppia la sessualità implica la relazione, il dono, il tempo, la fedeltà, la tenerezza, la dimensione ludica e ciascuno di questi “segreti” meriterebbero di essere approfonditi per assimilarli e viverli. Tra le varie coppie presenti (di tutta l’Italia) si sta creando un vero clima di famiglia; noi sentiamo di tornare ogni volta a casa arricchiti non solo di conoscenze, ma anche di nuove amicizie e rapporti. Maria Grazia e Loreto Mariani

testimonianza, di promozione culturale per un vero benessere di qualità di tutta la famiglia. Solo a questo punto si è introdotto il tema “Affettività e sessualità” avendo come riferimento ciò che Santa Teresa d’Avila dice rivolgendosi al “ Suo amato” : “Dolce amore, dimmi dove, come e quando Cosa vuoi da me ?.... Sono tua, per te sono nata. Cosa vuoi da me ? Dunque non cosa io voglio o voglio da te, non il “tutto per me” o il possessivo “sei mio,” ma cosa puoi farmi capire di te in modo che, entrando nel tuo intimo, io possa donarmi

ed essere strumento della tua felicità ? Si è affrontato il tema con un cambio di prospettiva per parlare del “vero amore”, non semplicemente dell’amore come i “media” spesso ce lo presentano. Si è voluto proporre una cultura del positivo, di reciproca responsabilità, di attenzione e di cura di uno per l’altro, per cui più che i malfunzionamenti della coppia e/ o della famiglia, ha interessato scoprire i “segreti” che portano ad un loro buon funzionamento. Quale è stato il “metodo” di questo modulo di formazione ? -ASCOLTO RECIPROCO : inteso come attiva compartecipazione e scambio nella vita di coppia, in cui si dovrebbe mettere in comunione i diversi capitoli umani (affettivi, emotivi, di intelligenza…) per una maggiore unità di pensiero, sentimento ed azione. I “contenuti”: - brevi riflessioni su alcune frasi significative riguardanti l’affettività e la sessualità per entrare in temi così profondi con apertura, disponibilità d’animo e lo sguardo rivolto verso l’alto. relazioni di esperti per comprendere e aprire la mente alla conoscenza dei vari

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S. Pietro, nella sua prima lettera, afferma: “Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio perché ne seguiate le orme. Egli portò i nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti”. In questo tempo di grazia, ogni cristiano è chiamato a rivivere personalmente la passione di Gesù nostro Signore; ad ogni battezzato è richiesto di ripercorrere con Lui la stessa strada di sofferenza e di salvezza. Nei quaranta giorni che precedono la Pasqua, risuona incessantemente nei nostri cuori l’ invito divino: “chi vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. Noi, d u n q u e , “predichiamo Cristo crocifisso”, il Figlio di Dio, che ha fatto

di uno strumento di morte un albero di vita, donando a tutti la redenzione. In questo mese di marzo, ho pensato di non parlarvi di un santo in particolare, ma ho scelto alcune frasi, tratte da diverse biografie, che possono essere spunto per la nostra riflessione. In esse troverete racchiusa l’ esperienza di uomini e donne, che davvero hanno seguito Cristo sul calvario e che esaltano la sofferenza come unica via per giungere alla gloria della resurrezione. Infatti, chi scende dalla croce, muore, ma chi vi rimane saldamente attaccato, vive in eterno. Il primo pensiero è di s. Elisabetta della Trinità, monaca carmelitana, che muore a 26 anni di una malattia allora incurabile: “sulla mia croce dove gusto gioie sconosciute, comprendo che il dolore è la rivelazione dell’ amore e io mi ci precipito. E’ la mia abitazione prediletta. E’ qui che trovo la pace e il riposo, qui dove sono sicura di incontrare il mio Maestro”. Poi, mi hanno affascinato le parole di Benedetta Bianchi Porro, una giovane laureanda in medici-

na, affetta da un terribile morbo che progressivamente la priva dei cinque sensi: “mi sono accorta, più che mai, della ricchezza del mio stato, e non desidero altro che co n se r v ar l o ” . “Prima nella poltrona, ora nel letto che è la mia dimora, ho trovato una sapienza più grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed è amore, fedeltà, gioia, certezza, fino alla consumazione dei secoli...”. “La vera gioia passa per la croce. Mi piace dire ai sofferenti, agli ammalati che se noi saremo umili e docili, il Signore farà di noi grandi cose”. Altrettanto impressionanti sono le parole di s. Giuseppe Raffaele Kalinowski, polacco, costretto a dieci anni di lavori forzati in Si-

beria: “al di fuori della preghiera, non ho niente da offrire a Dio. Non posso digiunare, non ho quasi nulla da dare in elemosina, mi mancano le forze per il lavoro; mi resta solo il soffrire e il pregare. Però mai ho avuto tesori più grandi. E non voglio altro”. Questi santi, in momenti, situazioni e tempi diversi, hanno percorso fino in fondo la loro “via crucis”: condannati spesso alla solitudine e all’ abbandono, caricati di una croce sentita a volte troppo gravosa, caduti sotto il peso della stanchezza e dello sconforto. Anche loro, come Gesù, hanno incontrato nel difficile viaggio, i volti di tanti fratelli che hanno alleviato la loro fatica e la loro sofferenza. Prima fra tutti, Maria, Madre tenerissima e fedele, che a nessuno dei suoi figli fa mancare il premuroso affetto e il prezioso

conforto. Anche questi uomini, come Gesù, hanno saputo donarsi fino all’ ultimo respiro, con quell’ amore semplice e gratuito che solo salva il mondo. A loro il Signore ha concesso la ricompensa del servo buono e fedele: “entra nella gioia del tuo padrone!”. Con Cristo, “primizia di coloro che risuscitano dai morti”, essi partecipano ora alla Pasqua eterna e condividono la sua stessa corona di gloria. Enrica Mariani

)$0,/<SRLQW 3HU³IDUFUHVFHUH´ ODIDPLJOLD Anche quest’anno abbiamo partecipato al “Week-end formativo per famiglie” tenutosi a Loppiano (una cittadella del Movimento dei Focolari vicino Firenze) sul tema: “Affettività e sessualità”. In altri numeri di Gioite abbiamo già riportato qualche breve riflessione sulle tematiche precedenti riguardanti la “La Comunicazione nella coppia” , “L’educazione in famiglia,” il “Benessere e malattia –la salute in f am i gl i a” . Come premessa questa volta si è partiti da due domande: c’è bisogno di una cultura della famiglia ?

se sì, di quale cultura della famiglia ? Alla prima si è risposto di sì : oggi più che mai, in quanto tutte le generazioni vivono in un clima di disorientamento diffuso. Si vive improvvisando (la sindrome della non scelta, seguendo le mode), per cui occorre un segnale controcorrente che concorra a formare percorsi, donare esperienze, stimolare riflessioni per comprendere in modo più coraggioso e coerente i segni ed i significati della vita (anni e risorse spesi per formare un laureato e per imparare ad amare ?). Se sì, di quale cultura si tratta? Non certamente di una cultura chiusa, di difesa, ma di

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