2 La Questione Dio

  • November 2019
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LA QUESTIONE DI DIO OGGI In questa unità presenteremo dei dati, succinti ma sostanziali, sulla situazione in cui versa la questione di Dio oggi. Essi ci forniranno un punto di partenza più realistico per la nostra ulteriore ricerca. 1. Perché affrontare questa problematica? Partiamo da alcune constatazioni facilmente verificabili da chiunque ha gli occhi sufficientemente aperti per vedere la realtà. In passato, fino a non molto tempo fa, la questione radicale su Dio, quella che riguarda la sua esistenza, in genere non si poneva. O almeno non si poneva ad un livello veramente esistenziale, nel senso che partisse da un dubbio vero e reale. • Infatti, nell'umanità in genere l'esistenza di Qualcosa di superiore, di divino, di luminoso che dava consistenza e senso a tutto, costituiva un'evidenza scontata, non tanto intellettuale quanto esperienziale, vissuta. Era una certezza che "si respirava" sin dalla nascita e che accompagnava tutta la vita personale e sociale dei singoli e delle collettività. La religiosità, come tentativo almeno generico di rapporto con il divino, era una delle componenti essenziali di tutte le culture. Queste risultavano infatti costituite da tre componenti basilari, svariatamente articolate tra di loro: natura, uomo. Dio. Un'articolazione in cui Dio occupava senza discussioni sempre gerarchicamente il primo posto. Di conseguenza, l'ateismo era praticamente inconcepibile e, se in qualche raro caso isolato si dava, veniva visto come una vera anormalità, perfino sociologica. Un ateismo massiccio era praticamente impensabile. • Nelle chiese cristiane, a sua volta, il Dio "cristiano", ossia il Dio rivelato da Cristo, costituiva ugualmente un'evidenza scontata. La domanda veramente impegnativa su Dio non era in realtà quella radicale del "se ci sia" (an sii), ma piuttosto quella del "cosa sia" (quid sit). Si discorreva, in ambito teologico, sulla sua natura e sui suoi attributi, dando per scontata la sua esistenza. La questione sull'esistenza di Dio, se veniva presa in considerazione, era affrontata a scopo soprattutto apologetico, per rendere perspicue le ragioni della fede in essa1. 1

Si vedano, per es., la Summa Theologica, nella sua Pars prima, quaestio secando, e la Summa contra Gentiles, nel suo Liber primus, capp. 10-13, dove S.Tommaso tratta la questione dell' an sit in due contesti diversi.

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Ciò vale certamente fino alla fine del Medio Evo. Ma anche dopo, quando questo Dio della cristianità venne messo in dubbio o perfino rifiutato, come successe nell'ambito del deismo2, la certezza del Dio fondamento e rettore ultimo della natura, e della società rimase intatta. Oggi, invece, la situazione è globalmente molto diversa, almeno per buona parte dell'umanità. • Da una parte l'illuminismo, nato quale legittima difesa nei confronti delle controversie religiose dell'epoca, con la sua esaltazione della ragione quale strumento di emancipazione dell'uomo da ogni forma di asservimento finì col provocare un radicale cambiamento dal punto di vista religioso, specialmente - ma non solo – nel mondo occidentale3. Nati dalla sua matrice, tanto le contestazioni formulate a livello teorico dai cosiddetti "maestri del sospetto" (Marx, Freud, Nietszche), quanto i profondi e radicali mutamenti avvenuti su scala mondiale a causa soprattutto del processo scientifico-tecnico, misero in crisi non soltanto la fede cristiana, fondata su una determinata idea di Dio, ma anche e semplicemente la religiosità in quanto accettazione e adesione a una qualsiasi divinità. Effetto di questi fattori fu ed è il fatto che per non pochi uomini e donne d'oggi Dio non è più una realtà ovvia e scontata. Anzi, in alcuni paesi dell'antica cristianità europea l'essere cristiani o semplicemente credenti è diventato quasi un'eccezione. Infatti si parla oggi di situazione di post-cristianità in diversi paesi centro-europei, situazione che è poi concretamente una condizione di post-cristianesimo e, in molti casi, di post-fede e post-religione. Pur con le innegabili manifestazioni di un certo risveglio religioso a cui accenneremo subito. Al comune e implicito consenso di altri tempi si è di fatto sostituita in larga misura il dissenso, oppure, ancora molto più frequentemente, l'indifferenza nei confronti delle fede cristiana e di Dio stesso. Ma anche in quei posti dove questa crisi non ha avuto le proporzioni e la radicalità appena ricordate, come nei paesi non ancora raggiunti in pieno dal processo scientifico-tecnico, o in cui predominano le antiche religioni cosiddette naturali o cosmiche, l'impatto degli sconvolgimenti 2

Cf G. CAPONE BRAGA, Deismo, in CENTRO DI STUDI FILOSOFICI DI GALLARA, Enciclopedia Filosofìca, Sansoni, Firenze 1957,1 1435-1446. 3 Cf H. ZAHRNT, La ricerca di Dio. Dialogo teologico tra fede e indifferenza, Rizzoli, Milano 1992, specialmente il primo capitolo (11-26).

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in corso nell'umanità intera si è fatto sentire con maggiore e minore intensità e in svariati modi nell'ambito della fede e della religione. • Dall'altra parte, quasi come dalle ceneri generate da questa crisi stanno sorgendo con forza quasi incontenibile delle nuove forme di religiosità che sconvolgono tutte le previsioni fatte precedentemente sul futuro di Dio e della religione nel mondo. Ora, davanti a questa panoramica per ora appena sommariamente abbozzata, chi è preoccupato di continuare ad annunciare Dio, e più precisamente il Dio della fede cristiana, non può oggi restare indifferente. È sollecitato invece a sottoporre a revisione questo suo annunzio. A meno che si accontenti di continuare a ripetere meccanicamente l'annuncio formulato in altre condizioni storiche, come se niente fosse avvenuto. Cosa che, come vedremo, comporta generalmente delle conseguenze molto negative. È anche questa nuova situazione quella che spiega, in parte almeno, lo spostamento del centro di attenzione tacita problematica vissuta dalla chiesa - e dalle chiese in genere - nel periodo che seguì la celebrazione del concilio Vaticano II. Come è facile rilevare da uno sguardo sulla produzione bibliografia corrispondente a questo periodo, nel postconcilio si è passati da una preoccupazione prevalentemente ecclesiologica, presente già nello stesso Concilio e nel periodo immediatamente susseguente, ad una preoccupazione accentuatamente cristologica in un primo momento e poi, più recentemente, a una è contrazione sul problema di Dio4. Oggi è, quindi, il problema propriamente teo-logico, nel senso stretto del termine, ad occupare il centro dell'attenzione. 2. Pluralità di situazioni Come è già apparso dall'accenno generico fatto sopra, non sarebbe oggettivo affermare una omogeneità nel modo in cui gli uomini e le donne d'oggi si mettono davanti alla questione di Dio. Tale omogeneità in realtà non esiste. Ciò che invece esiste è una vera pluralità di situazioni. E tra esse non c'è solo di dettaglio, ma una diversità molto profonda. Il mondo attuale si presenta come un vero mosaico da questo punto di vista. Affronteremo ora, in un tentativo di sistematizzazione, queste molteplici situazioni raggruppandole nei principali modi in cui viene 4

Cf K. HEMMERLE, Trasformazioni dell'immagine di Dio a partire dal ) in, A. MARRANZINI (a cura). Correnti teologiche postconciliari, Città Nuova, Roma 1974, 235-253.

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affrontata la questione di Dio. Si tratta di un semplice tentativo, chiaramente consapevole dei suoi limiti. La realtà, come sempre, supera ogni sistematizzazione. 2.1. Il modo "tradizionale" Ci sono oggi, anzitutto, dei gruppi e degli individui che continuano porsi ancora davanti alla questione di Dio in maniera sostanzialmente uguale a quella in cui lo si faceva in passato, quando i mutamenti cui abbiamo accennato non erano ancora avvenuti. Diciamo "sostanzialmente uguale", perché è innegabile che l'influsso dei cambiamenti si fa sentire in qualche misura anche in questi ambiti. All'interno di questa vasta area possiamo annoverare due grossi blocchi: • quello di coloro che vivono una religiosità di tipo cosmico o naturale, • e quello di coloro che vivono una religiosità cristiana popolare, in cui si congiungono, più di una volta in modo sincretistico, elementi di fede cristiana ed elementi di religiosità cosmica5. Ci sono certamente delle diversità di rilievo tra questi due blocchi. Eppure si può dire che la radice dalla quale procede il loro modo di porsi davanti al problema di Dio è sostanzialmente la stessa: in esse il divino viene vissuto e pensato a partire da una determinata esperienza di rapporto con la natura, quella propria dell'uomo prescientifico-tecnico. La genesi della religiosità cosmica o naturale è dovuta, spiega uno studioso del fenomeno, al contrasto che l'uomo "primitivo" sperimenta tra ciò che gli è abituale, usuale e comune, e ciò che invece gli risulta insolito, non comune, sorprendentemente diverso. Esperienza che si verifica specialmente davanti ai fenomeni straordinari - in intensità o in qualità - della natura. Una delle reazioni spontanee dell'uomo nei confronti di tale contrasto è quella di cercarne la spiegazione attribuendo ciò che gli appare come insolito a "forze superiori". Il processo di tale attribuzione si completa con la personificazione di queste forze e la creazione, nella sua coscienza, del mondo del divino. 5

La bibliografia sulla religiosità popolare è oggi molto abbondante. Indichiamo alcuni utili repertori bibliografici di una certa ampiezza: R. BRIONES - P. CASTON, Repertorio bibliogràfico para un estudio del tema de la religiosidad popular, in "Communio" (Siviglia) 10 (1977) 155-192; R. TROLESE, Contributi per una bibliografia sulla religiosità popolare, in Ricerche sulla religiosità popolare, Dehoniane, Bologna 1979, 273-324; ID., Contributi per una bibliografia sulla religiosità popolare, in "La Scuola" 110 (1982) 65-84.300-313.451; 111 (1983) 450-515; 113 (1985) 546-574; GUUARRO ALVAREZ I. - MORATA BARROS J., Bibliografìa sobre religiosidad popular, in Comunidades 81 (1994) [fìchero de materias] 1-39.

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A contatto con l'irruzione del divino nel mondo dell'esperienza quotidiana, cioè con il "sacro" come epifania delle forze superiori nel suo mondo usuale, la prima reazione istintiva dell'uomo primitivo è quella dello stupore. Ma questa reazione spontanea si evolve successivamente a seconda dell'immagine che egli si fa delle forze superiori e sotto la spinta di altri sentimenti da essa suscitati. Se tale forze vengono pensate come avverse o minacciose alla sicurezza e al benessere, lo stupore iniziale sfocia nella paura, se invece vengono pensate come almeno parzialmente benevole e benefiche, il primo sentimento di stupore si trasforma in ammirazione. L'uomo cerca inoltre di entrare in rapporto con le forze superiori che si manifestano nel mondo, e così nasce la religione. Essa è però diversa nelle sue espressioni, a seconda dell'immagine o idea del divino che si fa. Se il divino viene da lui concepito come avverso o temibile, sotto la spinta prevalente della paura si possono generare due diverse espressioni religiose: il tabù e la magia. • II tabù è espressione del tentativo dell'uomo di creare un muro di contenimento che impedisca al divino temibile e minaccioso di irrompere nell'ambii • La magia invece è la pretesa di manipolare, mediante determinati gesti rituali, la potenza divina al servizio della sicurezza e del benessere intramondani. Se invece il divino viene concepito come almeno parzialmente benevolo dell’ammirazione che provocano i suoi interventi sgorgano la lode e il ringraziamento da parte dell’uomo, due forme più nobili di religiosità. Occorre tener presente che, in realtà, queste diverse forme di religiosità difficilmente allo stato puro tra i popoli cosiddetti "primitivi". Sono piuttosto momenti integrativi della religiosità cosmica o naturale, con la prevalenza però di quelle derivate dalla paura. L'immagine di Dio che presiede questi tipi di religiosità è di carattere principalmente cosmico, poiché, come è chiaro, Dio viene identificato in tutto o in parte con la natura (cosmos). Quest'immagine incide poi profondamente sul modo di concepire e vivere l’intera esistenza umana: tutto - fenomeni naturali e anche sociali – viene più o meno intensamente sacralizzato, ossia collegato in forma immediata e diretta con il divino. Per gli uomini e le donne che si muovono all'interno di questi due blocchi, Dio è qualcosa di evidente, di non problematico. La religiosità permea con naturalezza l’intera esistenza, personale e sociale. Tale 5

evidenza può tuttavia andare soggetta a momenti di crisi. Non tanto nell'ambito della religiosità puramente cosmica, che considera ogni manifestazione della realtà come un intervento diretto e immediato del divino (fatum), ma piuttosto in quello della religiosità popolare cristiana. Il motivo più frequente di tale crisi è l'esperienza problematica del male, e specialmente della sofferenza ingiusta, incolpevole6. Si fa fatica a conciliare quel tratto eminente del Dio della rivelazione cristiana, che è la bontà illimitata, e quell'altro, tipico dell'immagine di Dio nella religiosità cosmica, che è il suo dominio assoluto e immediato su quanto accade nel mondo, con l'esistenza del dolore innocente. La crisi che ne scaturisce o si risolve mediante un rassegnato appello alla misteriosa "volontà di Dio", oppure sbocca nella negazione della sua esistenza. Oggi, poi, tale crisi viene acuita, presso non pochi, dalla presa di coscienza sempre più diffusa della situazione di ingiusta povertà in cui giacciono milioni di uomini e donne per via delle strutture economicosocio-politiche che si sono venute creando nel mondo all'insegna del processo scientifico-tecnico7. Bisogna notare, per finire questo punto, che non è raro trovare nei due blocchi sopra accennati delle persone che, avendo ormai subìto in qualche misura l'impatto della civiltà scientifico-tecnica, hanno già abbandonato a livello intellettuale la loro immagine cosmica di Dio, ma continuano a viverla a livello esistenziale. Ragione frequente di questa specie di schizofrenia è la paura. Si teme cioè che, lasciando cadere certe credenze o certe pratiche religiose, crolli l'intero edificio della fede. Oppure si ha paura di incorrere nel castigo di Dio. Gli antichi atteggiamenti della religiosità cosmica rimangono quindi spesso come comportamenti residuali. 2.2. Un modo segnato dalle conseguenze della modernità illuminista

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Vedere il n.37/3 della rivista "Lumen Vitae" interamente dedicato a questa tematica sotto il titolo: Comment parler de la soujfrance?', e anche L. BOFF, Passione di Cristo, passione del mondo. Il fatto, le interpretazioni e il significato ieri e oggi. Cittadella, Assisi 1978, specialmente i capitoli 6-8, pp. 118-175; E. SCHILLEBEECKX, Cristo. La storia di una nuova prassi, Queriniana, Brescia 1980, 783-847. Cf TERZERÀ CONFERENCIA GENERAL DEL EPISCOPADO LATINOAMERICANO, Puebla. La evangelización en e! presente y en el futuro de America Latina, nn. 28-30.90.-437.452.509.ecc. (trad. ital.: Puebla. L'evangelizzazione nel presente e nel futuro dell'America Latina. Testo definitivo. Unica versione autorizzata, EMI, Bologna 1979), e G. GUTIERREZ, Hablar de Dios desde el sufrimiento del inocente. Una reflexión sobre el libro de Job, CEP, Lima 1986 (trad. ital.: Parlare di Dio a partire dalla sofferenza dell'innocente. Una riflessione sul libro di Giobbe, Queriniana, Brescia 1986).

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Ci sono oggi dei gruppi e degli individui che si pongono davanti alla questione di Dio in un modo diverso da quello "tradizionale". Nel contesto di tale novità si riscontrano però anche delle differenti prese di posizione. Nel punto che segue prenderemo in considerazione quel modo di rapportarsi alla questione di Dio che appare profondamente segnato dalle conseguenze della modernità illuminista. 2.2.1. Le diverse forme di ateismo teoretico Troviamo, anzitutto, la posizione (oggi in sensibile declino) degli atei teoretici ossia di coloro che negano l'esistenza di Dio per motivi riflessi. Alcuni di essi, sotto l’influsso della critica marxista alla religione, altri sotto quello della critica freudiana. La questione da essi comunemente sollevata è se si possa essere veramente uomini, individualmente o collettivamente, ammettendo l'esistenza di Dio. La loro risposta è decisamente negativa. Per essi, Dio è una "ipotesi nociva". • Com'è ampiamente conosciuto, la critica freudiana alla religione prende di mira una concezione di quest'ultima strettamente collegata allo psichismo8. Per Freud, infatti, la religione è in sostanza il culto del Padre onnipotente, legislatore, di un, Dio che è provvidenza protettrice. La genesi di questa concezione si ritrova ultimamente, secondo lui, in un plesso di fattori pulsionali, alla cui base c'è la "libido", ossia il desiderio di soddisfare il narcisismo primitivo esistente in ogni uomo. La "libido" poi si incarna nel complesso psicologico fondamentale, il "complesso di Edipo" (la rivolta contro il padre visto come principale ostacolo alla realizzazione del desiderio narcisista di unità con la madre), il quale a sua volta conduce al desiderio di uccidere il padre, generando di conseguenza il complesso di colpa e il bisogno di espiazione. Per antitesi, sorge poi un altro sentimento complementare, quello dell'ammirazione e della nostalgia del padre, che sbocca nella sublimazione e nella divinizzazione del medesimo. Finché resta in vigore questo sentimento, l'uomo non può 8

Un'analisi della critica freudiana alla religione la si può trovare nell'opera di H. Kùng op. cit. pp. 226-232.

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crescere personalmente; egli resta infantile, perché è incapace di assumere le proprie responsabilità nella vita. Freud applica questo schema, inizialmente individuale, anche all'ambito sociale: secondo lui, nella psyche collettiva avviene qualcosa di simile a ciò che in quella degli individui, il che è all'origine alla religione. Il complesso collettivo di Edipo conduce anzitutto l'umanità primitiva all'assassinio del padre (ipotesi-postulato che Freud afferma senza dimostrare), assassinio che, attraverso il senso di colpa, sfocia nel riconoscimento del Padre grandioso. Dio. I giudei, più tardi, mossi dallo stesso complesso, ripetono lo stesso processo nell'uccisione prima del loro padre Mosè, poi dei profeti, e infine di Gesù. In questo modo si arriva, con il cristianesimo, alla più pura spiritualizzazione e divinizzazione della figura paterna, il Dio-Padre. Ecco dunque la concezione della religione nel pensiero di Freud: essa è paragonabile a una nevrosi ossessiva, non però di tipo individuale bensì sociale. È un'illusione collettiva. Costituisce tuttavia uno stadio necessario nell'evoluzione dell'umanità. Per arrivare alla fine del processo di maturazione, l'umanità deve accettare in pieno la sua colpevolezza, rinunciare alla soddisfazione della religione (= superamento della "libido") ed entrare nel regno dell'etica della ragione e dell'onestà (chiaro influsso illuministico). Nell'opinione di Freud, quindi, ammettere l'esistenza di Dio equivale a impedire all'uomo di essere vero uomo, dal momento che Dio costituisce una mera proiezione alienante dei suoi desideri che non gli permette di assumersi le proprie responsabilità. Dio, quindi, anche il Dio della fede cristiana che proclama la paternità divina, è una ipotesi nociva perché mantiene l'umanità in stato di infantilismo. Anche se nata nell'ambito ristretto degli "addetti ai lavori" psicologici, questa posizione ateo-psicologica ha avuto una notevole diffusione a livello popolare, almeno in occidente. Un certo approccio psicoanalitico all'esperienza è alle volte finito con lo spazzare via ogni fede e ogni religione.

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Le prospettive fondamentali della critica marxiana alla religione sono, invece, le due riduzioni a cui quest'ultima viene sottoposta da Marx. Anzitutto, la riduzione antropologica (una chiara eredità feuerbachiana e, quindi, anche illuminista, nel pensiero di Marx): consiste nell'affermare che ciò che la religione attribuisce a Dio è soltanto una realtà umana: è l'uomo che fa Dio a sua immagine e somiglianza, e non il contrario. La riduzione sociologica della religione (una novità marxiana nei confronti di Feurbach) consiste nell'affermare che la religione nasce non dall'esperienza psicologica della propria finitudine - cosa secondo lui ancora astratta -, ma da una situazione sociale concreta: essa è una sovrastruttura di origine economica, è espressione della situazione economica in cui vive l'uomo, e allo stesso tempo una protesta - alienata certamente - contro di essa. Ciò che caratterizza questa sovrastruttura e la distingue dalle altre (politica, arte, ecc.), è il fatto di essere essenzialmente reazionaria, cioè non assimilabile in ordine all'umanizzazione dell'uomo. •

La genesi di questa seconda riduzione si trova in diversi conflitti acutamente percepiti da Marx al suo tempo: quello creato dal rapporto tra fede cristiana e mondo pluralista in formazione (guerre di religione), che lo porta a giudicare la falsità della religione dai suoi effetti sociali negativi; quello creato dal rapporto tra religione e politica (uso della religione per appoggiare i diritti divini dei re), che lo porta concezione della religione come sovrastruttura nata da e in un determinato gruppo sociale per sostenere i suoi privilegi; quello creato dal rapporto tra religione e giustizia sociale (i ricchi la usano contro gli operai e questi trovano in essa un'anestesia), che lo porta alla concezione della religione come ideologia, nel senso di un sistema di idee mirto a giustificare la situazione di privilegio di un gruppo sociale. La caratterizzazione del pensiero di Marx come semplice negazione (= a-teismo) è quindi insufficiente e inadeguata. Il marxismo vuole essere soprattutto un umanesimo. La tesi fondamentale del marxismo ateo non è in realtà "Dio non esiste", bensì "l'uomo esiste" (sempre l'istanza illuminista di fondo). Ma è pure chiaro che da questo umanesimo scaturisce, di fatto e come logica conseguenza, un ateismo. E questo ateismo porta con sé una determinata concezione di Dio: Egli è nient’altro che la proiezione sociale dell'uomo; è anche, e 9

perciò stesso, una forza alienante dell'uomo, un ostacolo alla sua realizzazione come uomo. Quanto questa presa di posizione teoretica, elaborata da specialisti in materia, abbia avuto un'ampia diffusione nel mondo, lo attesta la recente storia, soprattutto dei popoli che sono stati (o sono ancora) sotto i regimi comunisti. In essi si è passato dalla teoria alla pratica, dando origine a delle persecuzioni di ogni tipo allo scopo di far scomparire la religione. In poche parole, davanti all'alternativa "o Dio o l'uomo", tanto i seguaci di Freud quanto quelli di Marx decidono per l'uomo. La loro conclusione pratica è che bisogna quindi eliminare Dio o, meglio ancora, non Dio, che non esiste perché è un semplice prodotto dell'uomo, ma la religione che ne afferma l'esistenza. Il Dio creato dalla religione è, per loro, "un'ipotesi nociva"9. Va tuttavia tenuto presente che, prima ancora della recente caduta dei regimi comunisti, ci sono state nel marxismo delle correnti revisioniste le quali hanno tentato di ripensare il ruolo della religione nella società10; come pure che, mentre una forte corrente psicoanalitica continua ad essere radicalmente atea, ci sono dei psicanalisti che hanno rivisto la posizione di Freud ammettendo una possibilità non-atea del suo progetto di pensiero e di intervento in ordine alla umanizzazione dell'uomo11. •

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Il terzo tipo di ateismo teoretico è quello propugnato da F. Nietszche, ed è più radicale ancora dei due precedenti nel suo giudizio sulla religione. Ai suoi occhi il Dio della fede cristiana, e specialmente quello della teologia elaborata in Occidente a partire da essa, si rivela come la suprema menzogna, come la "maschera del nulla"12, un nulla che porta fatalmente con sé anche il nulla di tutti i cosiddetti valori tradizionali. Questo Dio è, secondo lui, l'assurdo nemico della vita dell'uomo. E ciò perché su di Lui si sono fondati quei pseudovalori che hanno impedito per secoli lo sprigionarsi della volontà di potenza dell'uomo.

Cf D. ANTISERI, Semantica del linguaggio religioso, in "Civiltà delle macchine. Religione e cultura" 27 (1979) 101. Cf per es. M. MACHOVEC, II problema di Dio e l'ateismo moderno, in AA.W., Dio e l'ateismo moderno, Cittadella, Assisi 1974, 44-62. Si veda, per esempio, V. FRANKL, Dio nell'inconscio. Psicoterapia e religione, Morcelliana, Brescia 1975. E. FINK, La filosofia di Nietszche, Marsilio, Milano '1980, 165.

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Nietszche ritiene che Dio deva morire per poter dar passo all'avvento del "oltreuomo" (il "super-uomo"), dell'uomo vero, attualmente schiacciato dai valori imposti dalla religione e della conseguente morale occidentale. Solo morendo Dio può risuscitare l'uomo. II pensiero di Nietszche, anche se forse riflessamente accolto, almeno in parte, solo da diversi di coloro che si dedicano ex professo alla riflessione filosofica, non ha, lasciato di esercitare il suo influsso anche, indirettamente, su un più vasto pubblico. Il suo nichilismo dei valori è oggi ampiamente diffuso, specialmente nel mondo giovanile. Tra gli atei teoretici occorre annoverare anche quelli, più recenti e molto meno numerosi dei gruppi precedenti, che si professano tali in forza dei loro presupposti semantici. Quelli cioè per i quali il problema di Dio è semplicemente un pseudo-problema, dal momento che i termini stessi della sua formulazione mancano di senso. La loro presa di posizione è espressa bene in queste poche frasi di uno studioso del fenomeno: "Chiedersi se Dio esiste ha solo l'apparenza grammaticale di un problema genuino (quale il chiedersi 'se esiste il protone'), ma la realtà è che la logica e la semantica mostrano come in effetti siamo davanti ad un inganno linguistico. Il problema di Dio non è un problema, ma una Sinniosigkeit [senza senso]"13. L'ateismo semantico è una logica conseguenza della filosofia del "Circolo di Vienna"14. Per il Neopositivismo logico da esso professato, infatti, il principio di verificazione è quello che porta a distinguere tra proposizioni sensate e proposizioni insensate. Sono sensate le proposizioni passibili di verifica empirica o fattuale, cioè quelle che 13

Cf ANTISERI, Semantica del linguaggio religioso, 101. Circolo di Vienna Gruppo di filosofi e scienziati che tenne periodici incontri di discussione a Vienna negli anni Venti e nei primi anni Trenta del XX secolo, avviando il programma di ricerca del neopositivismo. Al circolo, che si riuniva intorno al filosofo Moritz Schlick, aderirono, tra gli altri, Rudolf Carnap, Otto Neurath e Kurt Gödel. Le tesi del circolo di Vienna furono sviluppate sulla base delle idee del "primo" Wittgenstein, di Ernst Mach, Gottlob Frege e Bertrand Russell. Caratteristica del circolo fu la sua opposizione alla metafisica, accusata di elaborare teorie fondate su proposizioni prive di significato. 14

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appartengono all'ordine delle scienze empiriche. La metafisica, l'estetica e la religione sono invece un insieme di proposizioni solo in apparenza sensate ma in realtà insensate, dal momento che non possono venire verificate. Esse servono, tutt'al più, ad esprimere determinate emozioni o stati d'animo (ancora l’influsso illuministico). Parlando specificamente di Dio si afferma in questo ambito: "La nozione di una persona i cui attributi essenziali sono non empirici, non è neppure una nozione intelligibile [...]. La pura e semplice esistenza del sostantivo basta ad alimentare l'illusione che vi corrisponda una entità reale o almeno possibile. Solo quando andiamo a cercare quali siano gli attributi di 'Dio', scopriamo che Dio', in questo uso tradizionale, non è un nome autentico"15. Per questi atei, quindi. Dio non solo non è utile, ma non è neppure formulabile: è una ipotesi in-sensata. 2.2.2. L'indifferenza religiosa Assieme ai quattro gruppi di atei teoretici che abbiamo appena elencato, dobbiamo accennare anche oggi ad altri gruppi o individui che non si pongono (o non si pongono più) la domanda su Dio. Ne sono semplicemente indifferenti. Troviamo però diversi tipi di indifferenza16. Come in altri tempi, continuano ad esserci, anzitutto, dei praticamente indifferenti. Sono quelli uomini e donne che hanno trovato il loro assoluto in qualche realtà di questo mondo, che li appaga talmente da eliminare dal loro orizzonte la domanda su un altro Assoluto che trascenda il mondo. Tra queste realtà mondane assolutizzate attualmente prevalgono il denaro, il potere, il piacere, l'ideologia politica, ecc. Occorre tuttavia osservare che non pochi di questi indifferenti pratici si trascinano dietro, sia per educazione ricevuta sia per condizionamenti psicologici o sociologici, 15 16

l.c. Si veda l'intero numero XIX,5 della rivista "Concilium" (1983), dedicato appunto al tema dell'indifferenza religiosa.

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un bagaglio religioso che, in certi momenti soprattutto difficili della loro vita, fa riemergere in loro la domanda su Dio. Si possono includere tra gli indifferenti pratici anche i nichilisti attuali. Sono tutti quelli che, come abbiamo detto sopra, sulla scia conscia o inconscia di Nietszche vivono "in pratica un nichilismo di valori". Si tratta di un "nichilismo sommesso, latente, per nulla patetico - privo cioè del pathos di un Zarathustra, ma non meno pericoloso”. La logica conseguenza è che essi si disintendono di Dio. Tale nichilismo si può considerare una conseguenza pratica, non sempre tematizzata, non inevitabile certamente ma storicamente innegabile, del processo di autonomia del pensiero moderno. • Ci sono poi i teoreticamente indifferenti. Per essi Dio è "un'ipotesi inutile". Molti di questi sono arrivati a una tale conclusione a conseguenza della loro mentalità scientifica. Secondo essi, nel mondo tutto si può spiegare sufficientemente senza dover ricorrere a quel misterioso "fattore X" che le religioni hanno chiamato Dio, per ignoranza. • Altri, specialmente nel mondo più ricco e industrializzato, sono approdati a quest'indifferenza a causa del processo di secolarizzazione, frutto della nuova esperienza del rapporto tra uomo e natura che fa passare gli uomini dalla condizione di servi sottomessi a quella di sempre più liberi signori17. Essi sono convinti che tutto può funzionare perfettamente al mondo senza bisogno di un Dio. Alcuni anni fa questo impatto si fece sentire vivamente anche nell'ambito cristiano, soprattutto nord-occidentale. Ne nacque la cosiddetta "teologia della morte di Dio"14, che non è certamente una forma di indifferenza religiosa, ma che pur tuttavia ne risente l'influsso. 2.3. Il fenomeno del risveglio religioso Accanto al fatto dell'ateismo teoretico di diversi tipi, alcuni dei quali sono oggi in forte crisi nella maggior parte del mondo, e accanto al fatto ampiamente diffuso dell'indifferenza religiosa teorica e pratica, si registra oggi un altro modo di porsi davanti alla questione di Dio. In questi ultimi anni si assiste infatti a un crescente fenomeno di 17

Tra l'abbondante bibliografia sulla secolarizzazione citiamo solo l'eccellente articolo di J.RAMOS REGIOOR, Secolarizzazione, desacralizzazione e cristianesimo, in Rivista Liturgica 5-6 (1979) 473-495, con amplia bibliografia su quanto era stato scritto fino a quel momento.

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risveglio della religiosità, anche lì dove prima si era arrivati a situazioni di ateismo. Le previsioni che facevano pensare, quale effetto del processo di secolarizzazione, ad una rapida e quasi totale scomparsa della religione, sono smentite dai fatti18 Si coglie un pò dappertutto un ritorno al sacro, al religioso. Tale risveglio religioso si manifesta spesso come una "fame di contatto immediato con Dio", come un'ansia di esperienza diretta del divino. La ragione profonda di ciò la si ritrova, come si è visto dalla citazione fatta poco sopra, nello sbocco a cui è approdata la modernità illuministica. Come sostiene lo studioso citato, "l'eccesso di risultati positivi si è tradotto in una sfida che non ha precedenti. L'illuminismo moderno ha evocato quattro minacce: lo sterminio nucleare - la devastazione del creato - la miseria del terzo mondo - la regressione dell'uomo al livello di beato analfabeta". Proprio perché l'illuminismo aveva concentrato tutta la sua attenzione sulla ragione, trascurando quasi completamente le altre componenti dell'esistenza umana, le conseguenze negative (oltre a quelle indubbiamente positive, innegabili) sono quelle menzionate, e la reazione si sta facendo sentire intensamente. L'approccio puramente razionale alla realtà - l'impero del lògos - non soddisfa le attese più profonde dell'uomo, ne la sua fame di senso e di esperienza. Il ricorso così frequente, specialmente ma non esclusivamente da parte dei giovani, a forme di religiosità orientali, nelle quali la dimensione del sacro e del mito è fortemente presente, ne è un vistoso segno. Siamo quindi, specialmente in Occidente, ma anche nelle zone del mondo da esso influenzate, davanti a un vasto fenomeno di "nuova religiosità". Si tratta, in realtà, non di una religione con un messaggio ben definito, ma piuttosto di una religiosità generica, accentuatamente sincretistica, dove trovano spazio le più svariate componenti delle religioni, antiche e moderne. La parola chiave, tuttavia, che sta al suo centro è "esperienza". Essa esprime allo stesso tempo una reazione e un bisogno; la reazione nei confronti delle religioni ufficiali, segnate da una forte tendenza intellettualistica, e il bisogno di "sentire" il divino (non ragione, ma sentimento; non 18

Vedere al riguardo, tra l'altro, l'intero numero XIX, 1 della ri-vista "Concilium" (1983) sui nuovi movimenti religiosi.

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intelletto, ma istinto; non riflessione, ma intuizione; non razionalità, ma emotività). Questa nuova religiosità è di solito accompagnata da una concezione "olistica" del mondo, nella quale l'elemento fondamentale è l'esperienza dell'unità universale, del legame che unisce l'individuo a tutto il mondo vivente. Per arrivare all'esperienza della totalità cosmica occorre dilatare i confini della propria coscienza. In questo modo, si produce un "reincantamento del mondo" e, con esso, l'"operazione salvezza". Perché è appunto prendendo coscienza di questa profonda unità con il mondo che quest'ultimo riacquista la sua sacralità e che l'uomo trova la sua salvezza. Da questo punto di vista, la nuova religiosità può essere considerata come una nuova gnosi, una gnosi moderna. In definitiva, ancora una conseguenza dell'illuminismo. 3. La problematica all'interno del cristianesimo In ambito cristiano si constata in primo luogo che, tra coloro che hanno subito più fortemente l'impatto del cambio culturale provocato dal processo scientifico-tecnico, la domanda su Dio si è frequentemente convertita in uno stimolo alla ricerca di un nuovo volto del Dio della rivelazione. Non pochi di essi hanno preso coscienza dell'influsso che i condizionamenti culturali hanno avuto in passato sul modo di pensare e di vivere il Dio della loro fede. Perciò il loro sforzo attuale consiste principalmente nel coinvolgere anche l'immagine di Dio nel processo di cambio culturale che si sta verificando nell'umanità odierna. Tale coinvolgimento verrebbe ad implicare diverse cose. Negativamente, la non-identificazione di Dio con la natura, mediante il riconoscimento reale dell'autonomia del mondo (cf GS 36b); positivamente, la rilettura del suo volto in chiave storica19. Oltre a questa problematica generale, non si può ignorare un altro problema, di tipo settoriale, oggi fortemente sentito presso quelli (cristiani o meno) che rispondono affermativamente alla questione radicale su Dio; quello del discorso religioso in quanto tale. A renderlo più acuto ha contribuito quella recente corrente filosofica che, in buona parte stimolata dal già citato ateismo semantico, lo ha fatto oggetto centrale della sua attenzione20. Essi si domandano se si possa 19 20

Si veda, al riguardo, l'opera di E. SCILLEBEECKX, Dio il futuro dell'uomo, Paoline, Roma 1970. Anche su questa tematica la bibliografia si fa oggi sempre più abbondante. Ne accenneremo più avanti, nella quinta unità. Per ora scegliamo due scritti a carattere generale: D. ANTISERI, La filosofia del linguaggio. Metodi, problemi, teorie, Morcelliana, Broscia 1973; P. RICOEUR, Langage, in Encyclopedia universalis, Encyclopedia universalis France, Parigi

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fare oggi un discorso su Dio, se lo si debba fare e, in caso di una risposta affermativa, come lo si possa fare. • In questo contesto non mancarono alcuni che, tenendo conto di tutta la problematica suaccennata, hanno sostenuto la necessità di un periodo di silenzio totale su Dio. Secondo loro sarebbe meglio tacere su di Lui finché non scompaia una sua immagine ormai inadeguata. Se essa continua a sussistere, non fa che favorire l'adorazione di un idolo. • Altri, invece, non si pongono così radicalmente la questione. Pensano che sia sufficiente adeguare il modo di parlare di Dio alle attuali esigenze culturali, tenendo presenti soprattutto le istanze dei grandi "maestri del sospetto" del nostro secolo. 4. Conclusione Abbiamo presentato questa veloce - e forse troppo schematica carrellata sulle principali prese di posizione davanti alla questione di Dio oggi. Esse costituiscono, come dicevamo all'inizio, il punto di partenza realistico per la ricerca di un adeguato annuncio del Dio di Gesù Cristo agli uomini e alle donne d'oggi. Senza di esso tale annuncio correrebbe il rischio di cadere verticalmente su di essi, e conseguentemente di non calare nella loro realtà. L'importante sarà trovare il modo di venire incontro a questa situazione affinché l'annunzio acquisti le modalità da essa richieste.

1968, IX 771-781, con segnalazioni bibliografiche. Per la ripercussione di questa problematica sull'ambito teologico, si veda B. MONDIN, Il linguaggio teologico: come parlare di Dio oggi, Paoline, Roma 1977; C. MOLARI, Linguaggio, in G. BARBAGLIO - S. DIANICH (a cura). Nuovo Dizionario di Teologia, Paoline, Roma 1977, 778-814.

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